A QUESTO punto, la Lupa Capitolina è solo un mistero.
di FABIO ISMAN
Giovedì 01 Marzo 2007 , IL MESSAGGERO
Il Dipartimento d’archeologia della Sapienza convoca una ventina di docenti ed esperti a dibattere se sia etrusca, o invece medievale, e il match (perché tale talora diventa, s’intende puramente scientifico) dà un esito non univoco: undici la vogliono antica, ma sei la dicono più recente. I “campioni” degli schieramenti sono forse Adriano La Regina (medievale) e Andrea Carandini (etrusca); ma altri offrono probabilmente le maggiori sorprese. Anna Maria Carruba, che la Lupa ha restaurato, dà fuoco alle polveri: una forbita serie di considerazioni sulla fusione e su certi dettagli, per lei la fanno post-datare. Però Claudio Parisi Presicce, dei Musei Capitolini, mostra che già in antico si facevano grandi fusioni a cera persa, fa scorrere esempi remoti di ciocche del pelame, di vasi sanguigni in vista e di posture dell’animale simbolo di Roma (tratte da monete imperiali), che fanno decisamente inclinare la bilancia a suo favore.
E se Mario D’Onofrio è l’unico a reputarla «carolingia», Anna Mura Sommella ne ha trovato dei prototipi nei dipinti di Tarquinia. Ma per Maurizio Sannino, dei Musei Vaticani, “nasce” nel IV secolo avanti Cristo (dunque, non etrusca), come surroga d’un precedente esemplare distrutto. C’è poi chi non d’arte, bensì di esami di laboratorio si occupa. E gli ostacoli per continuare a ritenere la Lupa un esemplare classico ed antico, si moltiplicano. La terra di fusione proviene dalla Valle del Tevere, tra Roma ed Orvieto; ma il piombo, dalla miniera sarda di Calabona, vicino ad Alghero: piombo cui Roma accedeva in età classica, e certo non nel Medioevo. Ma dall’Università di Milano-Bicocca arriva Marco Martini e racconta che la luminescenza data quel bronzo dal X al XV secolo; per Gilberto Calderoni, Scienza della Terra alla Sapienza, il radiocarbonio la colloca invece verso il 650 dopo Cristo; altri spiega che la struttura della lega è quella degli etruschi, e mostra perfino una fusione a cera persa, di una scultura che proviene da Susa, in Iran, alta un metro e 20 e oggi al Louvre, che risale a ben 14 secoli prima di Cristo; e Marina Righetti, pur essendo medievista, crede alla versione classica (ed antica): rigetta l’ipotesi che la Lupa sia del 1200. Insomma, un bel guazzabuglio. Condito dalle solite velate polemiche tra chi si dedica ad esami di laboratorio e gli studiosi d’arte. Un pomeriggio intero a discuterne, nella certezza che (D’Onofrio) «non è semplice rimuovere consolidate convenzioni». E alla fine, un archeologo famoso e saggio come Antonio Giuliano, se ne va chiedendosi: «Ma perché non lasciano in pace questa Lupa benedetta? Tanto, ad una verità comprovata ed accettata da tutti non s’arriverà mai».
di FABIO ISMAN
Giovedì 01 Marzo 2007 , IL MESSAGGERO
Il Dipartimento d’archeologia della Sapienza convoca una ventina di docenti ed esperti a dibattere se sia etrusca, o invece medievale, e il match (perché tale talora diventa, s’intende puramente scientifico) dà un esito non univoco: undici la vogliono antica, ma sei la dicono più recente. I “campioni” degli schieramenti sono forse Adriano La Regina (medievale) e Andrea Carandini (etrusca); ma altri offrono probabilmente le maggiori sorprese. Anna Maria Carruba, che la Lupa ha restaurato, dà fuoco alle polveri: una forbita serie di considerazioni sulla fusione e su certi dettagli, per lei la fanno post-datare. Però Claudio Parisi Presicce, dei Musei Capitolini, mostra che già in antico si facevano grandi fusioni a cera persa, fa scorrere esempi remoti di ciocche del pelame, di vasi sanguigni in vista e di posture dell’animale simbolo di Roma (tratte da monete imperiali), che fanno decisamente inclinare la bilancia a suo favore.
E se Mario D’Onofrio è l’unico a reputarla «carolingia», Anna Mura Sommella ne ha trovato dei prototipi nei dipinti di Tarquinia. Ma per Maurizio Sannino, dei Musei Vaticani, “nasce” nel IV secolo avanti Cristo (dunque, non etrusca), come surroga d’un precedente esemplare distrutto. C’è poi chi non d’arte, bensì di esami di laboratorio si occupa. E gli ostacoli per continuare a ritenere la Lupa un esemplare classico ed antico, si moltiplicano. La terra di fusione proviene dalla Valle del Tevere, tra Roma ed Orvieto; ma il piombo, dalla miniera sarda di Calabona, vicino ad Alghero: piombo cui Roma accedeva in età classica, e certo non nel Medioevo. Ma dall’Università di Milano-Bicocca arriva Marco Martini e racconta che la luminescenza data quel bronzo dal X al XV secolo; per Gilberto Calderoni, Scienza della Terra alla Sapienza, il radiocarbonio la colloca invece verso il 650 dopo Cristo; altri spiega che la struttura della lega è quella degli etruschi, e mostra perfino una fusione a cera persa, di una scultura che proviene da Susa, in Iran, alta un metro e 20 e oggi al Louvre, che risale a ben 14 secoli prima di Cristo; e Marina Righetti, pur essendo medievista, crede alla versione classica (ed antica): rigetta l’ipotesi che la Lupa sia del 1200. Insomma, un bel guazzabuglio. Condito dalle solite velate polemiche tra chi si dedica ad esami di laboratorio e gli studiosi d’arte. Un pomeriggio intero a discuterne, nella certezza che (D’Onofrio) «non è semplice rimuovere consolidate convenzioni». E alla fine, un archeologo famoso e saggio come Antonio Giuliano, se ne va chiedendosi: «Ma perché non lasciano in pace questa Lupa benedetta? Tanto, ad una verità comprovata ed accettata da tutti non s’arriverà mai».