ROMA. Carandini "Pronto a collaborare” anche con Lupomanno
Marina Valensise
Il foglio, 17/5/2008
Oggi nasce la Giunta di Roma. Parla il grande archeologo
Roma. La giunta è pronta. Il sindaco Alemanno la presenta oggi a mezzogiorno, e nell’attesa ferve la speculazione sui programmi, i progetti e tentativi di discontinuità.
Gli assessori, fra cui alcuni tecnici e molti politici, come Umberto Croppi alla Cultura, però non parlano: silenzio fino al 26 maggio, quando si insedia il Consiglio.
Ma si sa già che il nuovo sindaco manterrà alcune strutture, cambiandone altre, come la Festa del cinema su cui sta lavorando Pasquale Squitieri. Bisognerà assegnare alcune poltrone chiave, per esempio il Museo d’arte contemporanea di Roma (Macro), che dopo gli ultimi dissidi difficilmente andrà a Vittorio Sgarbi; l’azienda speciale Palaexpo, che riunisce via Nazionale e le Scuderie del Quirinale; il Teatro dell’Opera e l’Argentina, uno dei più antichi d’Europa.
“E’ una macchina complessa”, ammette Croppi, ma si limita a promettere la restituzione della capitale "al ruolo di attrattore di cervelli, artisti, intellettuali". Col patrimonio storico-archeologico millenario di cui dispone non sarà difficile. Si tratta di capire cosa farà la nuova giunta con gli intellettuali già arruolati da Rutelli e Veltroni. Uno di questi è l’archeologo Andrea Carandini. Il fautore del metodo stratigrafico con cui ha scoperto cose sensazionali come la capanna delle Vestali, le mura romulee al Palatino, lo studioso capace di attrarre migliaia di persone alle sue lezioni (la prossima il 5 settembre al Campidoglio sarà sui Tarquini e Servio Tullio) guarda con molta attenzione al nuovo corso. "L’archeologia non è né di destra né di sinistra", dice il professore della Sapienza, e aggiunge: "Da tecnico, sono pronto a collaborare".
Presidente della commissione ministeriale per digitalizzare il patrimonio archeologico nazionale, Carandini conosce bene l’ordinamento barocco che presiede all’opera di tutela, dividendo le competenze tra soprintendenze di stato e comuni, spesso in concorrenza tra loro. "Un patrimonio simile è ingestibile se affidato ad archivi polverosi e inaccessibili. Occore un sistema informatico, un cervello archeologico, per garantire un’opera conoscitiva, di tutela e dì comunicazione". In Europa la digitalizzazione è un fatto acquisito, spiega Carandini, Da noi, invece, è agli inizi e per mandarla in porto serve la collaborazione tra università, ministero e comuni. Uno sforzo di Sisifo, certo, ma i benefici sarebbero enormi. "Roma - spiega infatti Carandini - è una delle poche capitali d’Europa sprovvista di un museo che ne spieghi le origini, lo sviluppo. I nostri musei, pensiamo al Massimo, a Palazzo Altemps, al Museo Borghese, derivano dal collezionismo sei-settecentesco, ma non riescono a raccontare il romanzo, l’avventura della città e la sua storia. Puntando sull’informatica e il virtuale, si potrebbe creare quel Museo di Roma e del suo territorio che ci manca e farne un portale per la visita al Foro, ai siti archeologici disseminati in periferia. Renderemmo le rovine comprensibili non solo alle masse di turisti cinesi e indiani prossimi venturi, ma a noi stessi". E in più, riusciremmo a "potenziare un turismo intelligente, finanziando la ricerca attraverso la comunicazione".
L’idea suona avveniristica, ma è a portata di mano. "Bisognerebbe razionalizzare, unificare, ma anche decentrare" insiste Carandini, che immagina succursali del Museo a Tor Pignattara, dove venne sepolta sant’Elena, a Gabi, centro importantissimo, per spiegare senza sforzo che quel territorio era parte fondamentale dell’antico suburbio.
Molte cose sono ancora sconosciute infatti, e il mistero riguarda anche il centro città, la casa di Augusto, l’area sopra sant’Anastasia, lo stesso Circo Massimo, creato dai Tarquini nel VI secolo a.C e per mille azuii teatro delle cerimonie romane. "Servirebbe una strategia, dieci grandi obiettivi da realizzare piano piano, consolidando l’esistente", dice Carandiní. "In fondo, l’unico tentativo di capire la forma della città antica fu il plastico di Gismondi esposto al Museo della civiltà romana. Ideato negli anni Trenta, potrebbe diventare il punto di partenza per un museo del tutto nuovo in armonia con la cultura del XXI secolo". E in più, l’edificio esiste già, in via dei Cerchi; una postazione strategica, accanto al Palatino e a due passi dal Foro, per lanciare ricostruzioni virtuali dell’antica Curia, del tempio di Romolo, della casa di Livia e ridare così vita a Roma caput mundi.
Marina Valensise
Il foglio, 17/5/2008
Oggi nasce la Giunta di Roma. Parla il grande archeologo
Roma. La giunta è pronta. Il sindaco Alemanno la presenta oggi a mezzogiorno, e nell’attesa ferve la speculazione sui programmi, i progetti e tentativi di discontinuità.
Gli assessori, fra cui alcuni tecnici e molti politici, come Umberto Croppi alla Cultura, però non parlano: silenzio fino al 26 maggio, quando si insedia il Consiglio.
Ma si sa già che il nuovo sindaco manterrà alcune strutture, cambiandone altre, come la Festa del cinema su cui sta lavorando Pasquale Squitieri. Bisognerà assegnare alcune poltrone chiave, per esempio il Museo d’arte contemporanea di Roma (Macro), che dopo gli ultimi dissidi difficilmente andrà a Vittorio Sgarbi; l’azienda speciale Palaexpo, che riunisce via Nazionale e le Scuderie del Quirinale; il Teatro dell’Opera e l’Argentina, uno dei più antichi d’Europa.
“E’ una macchina complessa”, ammette Croppi, ma si limita a promettere la restituzione della capitale "al ruolo di attrattore di cervelli, artisti, intellettuali". Col patrimonio storico-archeologico millenario di cui dispone non sarà difficile. Si tratta di capire cosa farà la nuova giunta con gli intellettuali già arruolati da Rutelli e Veltroni. Uno di questi è l’archeologo Andrea Carandini. Il fautore del metodo stratigrafico con cui ha scoperto cose sensazionali come la capanna delle Vestali, le mura romulee al Palatino, lo studioso capace di attrarre migliaia di persone alle sue lezioni (la prossima il 5 settembre al Campidoglio sarà sui Tarquini e Servio Tullio) guarda con molta attenzione al nuovo corso. "L’archeologia non è né di destra né di sinistra", dice il professore della Sapienza, e aggiunge: "Da tecnico, sono pronto a collaborare".
Presidente della commissione ministeriale per digitalizzare il patrimonio archeologico nazionale, Carandini conosce bene l’ordinamento barocco che presiede all’opera di tutela, dividendo le competenze tra soprintendenze di stato e comuni, spesso in concorrenza tra loro. "Un patrimonio simile è ingestibile se affidato ad archivi polverosi e inaccessibili. Occore un sistema informatico, un cervello archeologico, per garantire un’opera conoscitiva, di tutela e dì comunicazione". In Europa la digitalizzazione è un fatto acquisito, spiega Carandini, Da noi, invece, è agli inizi e per mandarla in porto serve la collaborazione tra università, ministero e comuni. Uno sforzo di Sisifo, certo, ma i benefici sarebbero enormi. "Roma - spiega infatti Carandini - è una delle poche capitali d’Europa sprovvista di un museo che ne spieghi le origini, lo sviluppo. I nostri musei, pensiamo al Massimo, a Palazzo Altemps, al Museo Borghese, derivano dal collezionismo sei-settecentesco, ma non riescono a raccontare il romanzo, l’avventura della città e la sua storia. Puntando sull’informatica e il virtuale, si potrebbe creare quel Museo di Roma e del suo territorio che ci manca e farne un portale per la visita al Foro, ai siti archeologici disseminati in periferia. Renderemmo le rovine comprensibili non solo alle masse di turisti cinesi e indiani prossimi venturi, ma a noi stessi". E in più, riusciremmo a "potenziare un turismo intelligente, finanziando la ricerca attraverso la comunicazione".
L’idea suona avveniristica, ma è a portata di mano. "Bisognerebbe razionalizzare, unificare, ma anche decentrare" insiste Carandini, che immagina succursali del Museo a Tor Pignattara, dove venne sepolta sant’Elena, a Gabi, centro importantissimo, per spiegare senza sforzo che quel territorio era parte fondamentale dell’antico suburbio.
Molte cose sono ancora sconosciute infatti, e il mistero riguarda anche il centro città, la casa di Augusto, l’area sopra sant’Anastasia, lo stesso Circo Massimo, creato dai Tarquini nel VI secolo a.C e per mille azuii teatro delle cerimonie romane. "Servirebbe una strategia, dieci grandi obiettivi da realizzare piano piano, consolidando l’esistente", dice Carandiní. "In fondo, l’unico tentativo di capire la forma della città antica fu il plastico di Gismondi esposto al Museo della civiltà romana. Ideato negli anni Trenta, potrebbe diventare il punto di partenza per un museo del tutto nuovo in armonia con la cultura del XXI secolo". E in più, l’edificio esiste già, in via dei Cerchi; una postazione strategica, accanto al Palatino e a due passi dal Foro, per lanciare ricostruzioni virtuali dell’antica Curia, del tempio di Romolo, della casa di Livia e ridare così vita a Roma caput mundi.