sabato 31 marzo 2012

Quelle tombe alla Piramide riemerge la fossa degli schiavi

Quelle tombe alla Piramide riemerge la fossa degli schiavi
LAURA LARCAN
DOMENICA, 11 MARZO 2012 LA REPUBBLICA - Roma

Lo scavo in piazzale Ostiense è il cantiere Atac del tram 3: appena aperto scoperti i loculi con gli scheletri perfettamente conservati

Venti sepolture del III-IV secolo dopo Cristo. Niente corredo funerario, ma anfore e monete Forse giovani cristiani poveri


A Roma, anche la semplice operazione di sostituire le rotaie di un tram, può trasformarsi in un´avventura archeologica. E´ accaduto a piazzale Ostiense, in un´area in prossimità delle Mura Aureliane, a due passi dalla Piramide Cestia, dove l´Atac aveva avviato il 27 febbraio scorso il cantiere nel tratto est dell´anello della linea 3. In pochi giorni, al di sotto dei binari divelti, a poco meno di sessanta centimetri di profondità, è riemersa una necropoli di almeno venti tombe a fossa, ciascuna contenente uno scheletro perfettamente integro. Sono gli "amabili resti" di un cimitero giovanile: «La caratteristica di tutti i teschi è quella di avere i denti ben conservati, dettaglio che ha consentito di ricostruire le età dei defunti, tra i 15 e i 18 anni, dove spicca anche un bambino di circa 13 anni», racconta la responsabile dello scavo Anna Maria Durante. Le tombe, coperte da anfore, non hanno restituito particolari corredi funerari, con la sola eccezione di alcune monete, ed un piccolo sarcofago decorato con scene a tema cristiano, dove si riconoscono pastori accanto a greggi di pecore: «Probabilmente si tratta di poveri, forse schiavi, ma la presenza del sarcofago ha una doppia valenza - dice la Durante - da un lato ci ha permesso di datare la necropoli al III-IV secolo d. C., dall´altro ci fa pensare ad una sepoltura di cristiani».
Il numero delle tombe scoperte fino ad oggi è solo indicativo, perché le indagini da continueranno per delimitare il più possibile l´estensione della necropoli: «Le tombe sono disposte per strati - continua la Durante - al momento abbiamo individuato tre strati che scendono in profondità a due metri. L´idea è di continuare a fare saggi di scavo per verificare ulteriori sepolture. Dalle analisi fatte possiamo scavare una tomba al giorno e andremo avanti per 15 giorni». Per gli archeologi il ritrovamento è strategico: «Confermerebbe l´esistenza di una vasta necropoli che si sviluppava per oltre 30 metri lungo l´asse della piazza parallelamente alle Mura Aureliane». Già nel 2006, di fronte alle Mura Aureliane, durante lavori dell´Italgas, erano riemerse 35 tombe. Una scoperta annunciata, dunque: «Eravamo sicuri di trovare qualcosa - precisa la Durante - pertanto appena comunicato l´avvio del cantiere, per rilasciare il nullaosta la Soprintendenza ha chiesto da subito all´Atac che fossero presenti archeologi. E l´azienda ha incaricato la cooperativa di archeologi Laters che ha interagito con noi. Quando sono riemersi gli scheletri, allo staff scientifico si è aggiunto anche un antropologo». Dopo essere stati fotografati e disegnati, gli scheletri, rinvenuti con le braccia conserte sul petto o lungo i fianchi, saranno trasferiti nei laboratori di antropologia di Palazzo Altemps, i reperti più interessanti andranno nei laboratori di restauro alle Terme di Diocleziano. Lo scavo sarà, quindi, richiuso per l´apertura della linea 3 entro fine mese.

venerdì 30 marzo 2012

Il grande mosaico di Colle Oppio

Il grande mosaico di Colle Oppio
Danilo Maestosi
Il Messaggero 11/3/2012

Ecco il mosaico delle meraviglie trovato sotto le terme di Traiano
Dopo otto mesi di scavo ripulitura e restauro affiora sulle pareti decorate un affascinante corteo muliebre I lavori si sono fermati Servono procedure complesse e almeno altri 680 mila euro

Siamo tornati, in anteprima, otto mesi dopo la scoperta, a visitare il grande mosaico sotto le Terme di Traiano. Una scoperta, sigillata nel luglio scorso dalla presentazione ufficiale del cantiere, che aveva fatto sensazione. Mai a Roma, dove la decorazione musiva ha lasciato testimonianze importanti quasi esclusivamente nelle pavimentazioni di fontane, ville e grandi impianti pubblici, si era rinvenuta una parete decorata a mosaico di così grandi dimensioni e pregevole fattura. Una parete come quella affiorata nei grottoni del Colle Oppio, sotto le fondazioni e gli interri delle Terme di Traiano, a poca distanza dal luogo dove dodici anni prima aveva fatto il giro del mondo la notizia del ritrovamento di una facciata affrescata che raffigurava monumenti, piazze e palazzi di una città ideale, condensato simbolico dei maggiori porti e capisaldi urbani del vastissimo regno dei Cesari. E dove, appunto, siamo tornati per un controllo in anteprima. Un muro di quattordici metri di lunghezza e largo almeno una decina di metri interamente coperto di tessere di pietre e pasta vetrosa incastonate a rappresentare gli scorci architettonici di un edificio inghirlandato a festa, tra le cui cornici si intravedevano il corpo leggiadro di un Apollo con la cetra sotto al braccio, qualche sbiadita figura femminile e le sagome di un centauro e altre figure fantastiche. Quasi uno schermo dove la Roma di duemila anni fa tornava a proiettare i fantasmi dei suoi fasti perduti la prima finestra che gli scavi avevano aperto, con quella lunga fascia alta appena un paio di metri strappata alla terra e calcinata dalla polvere e dall'umidità. Otto mesi dopo, la prosecuzione degli scavi e i primi interventi di ripulitura e restauro, trasformano in certezza l'ipotesi di trovarsi di fonte ad un'opera unica, che sovrasta per imponenza, ricchezza d'impianto e qualità i rari esempi di mosaico parietale fino ad oggi registrati nella capitale: dal mitreo Barberini ai lacerti di villa Adriana fino a quella scena di vendemmia, più vivace forse ma sicuramente meno raffinata, scoperta proprio qui al Colle Oppio, in un altro grottone sul lato opposto della facciata affrescata della città ideale. Insomma un vero capolavoro, destinato a riscrivere la storia dell'arte romana, perché a differenza di altri tesori musivi più tardi, come quelli di piazza Armerina e di alcune colonie africane del IV secolo d.C., viene realizzato proprio qui nel cuore dell'Impero e nella fase del suo massimo splendore. Lo si capisce appena si mette piede nella trincea di scavo, che finalmente restituisce l'esatta dimensione dell'ambiente: un enorme stanzone, in comunicazione con un ninfeo, ai cui pochi resti rinvenuti molto tempo fa si accede ora attraverso una botola. Un padiglione di cui i tagli delle fondazioni di sostegno delle terme traianee, hanno lasciato in piedi solo la elle di due pareti perpendicolari. Scesi al centro della sala di altri quattro metri, gli sterri hanno rimesso in luce una partitura architettonica a due ordini, un intreccio di capitelli, colonne tappezzate di addobbi floreali, che ne gonfiano e impreziosiscono le forme, lesene, piani aggettati di incredibile audacia e precisione prospettica e nitore cromatico, che muovono il fondale, lo riscattano dal ruolo apparente di pura cornice. Un angolo del mosaico, all'innesto delle due murature, sopravvissuto quasi intatto ai saccheggiatori che in epoca traianea hanno scalpellato l'intonaco, probabilmente per togliere e riusare le tessere scure dello sfondo, e ripulito dai restauratori, disegna, ritagliato da un faretto, uno spettacolo di colori, segni, sfumature di straordinaria suggestione. Ma toglie ancora più il fiato la vista che si apre in una seconda trincea, che sul lato sinistro, ha prolungato di altri quattro metri lo scavo. Rivelando la presenza di un terzo ordine architettonico: una balconata, evidenziata in basso da uno zoccolo di modanature rosso cupo, tra le cui colonne, decorate con maschere teatrali, si affacciano i busti di quattro donne. Anche qui i saccheggiatori hanno fatto man bassa, lasciando a definire gli sfondi solo un alveare di esili veli di pietra, ma lo scempio ha risparmiato le figure. E probabilmente a scongiurarlo è stata proprio la bellezza misteriosa di quei volti. Ognuno con un tratto diverso. Ora l'acconciatura, i diademi, che sembrano assegnare ai personaggi di quel corteo muliebre ruoli e gerarchie distinte. Ora l'increspatura delle labbra, o un bagliore negli occhi. E poi la ricchezza dell'incarnato, resa da tre diverse sfumature di colore. Altri volti sbucano come gemme dai bordi del terriccio ancora da rimuovere. Sicuramente quei busti dal seno nudo coprono anche il resto della parete. Chi sono? Probabilmente muse e ancelle a loro servizio. «Perché - spiega il soprintendente comunale Umberto Broccoli - associata all'immagine di Apollo che troneggia su in alto e a quella di un filosofo barbuto, scoperta ancora più su nel corso di un sondaggio preliminare nel grottone, la loro presenza rafforza l'ipotesi che quel salone decorato fosse un «museion», uno di quei luoghi consacrati alla cultura, alla filosofia, al teatro, alla declamazione di poesie di cui le fonti hanno attestato l'esistenza a Roma in residenze altolocate, nell'epoca tra la fine del regno neroniano e la fase traianea cui l'edificio risale». Sotto quella ringhiera di enigmatiche muse, altri quattro metri di terra fino al pavimento e probabilmente di mosaici che completano la decorazione e potrebbero chiarirne il vero significato. Ma qui iniziano i problemi. La parete è malmessa e senza quel terrapieno di rinforzo rischia di crollare. I lavori si sono fermati. Servono procedure complesse e finanziamenti. Almeno altri 680 mila euro, per completare l'intervento e aprire il sito alle visite. Ma Broccoli conferma che questo sito figura tra le priorità e si impegnerà di iscrivere la somma in bilancio.

giovedì 29 marzo 2012

Piramide, quella necropoli sotto le rotaie del tram

Piramide, quella necropoli sotto le rotaie del tram
11 marzo 2012 CORRIERE DELLA SERA

Riemergono dopo 18 secoli di sepoltura scheletri, crani, pezzi di anfora sotto un deposito dell’Atac

Lo scheletro ritrovato (Ansa)Lo scheletro ritrovato (Ansa)

ROMA - D’accordo, non è una scoperta archeologica destinata a cambiare i manuali. Infatti gli addetti ai lavori non si scompongono: «Si sa da sempre, è zona di necropoli...». E va bene, ma in quale altra città basta scavare pochi metri sotto le rotaie del Tram linea 3 per imbattersi in un cimitero del II secolo? Può accadere solo a Roma, per esempio a piazzale Ostiense, all’ombra della Piramide Cestia. Lo scheletro se ne sta lì, perfettamente al suo posto, con le braccia conserte per niente scomposto dopo circa 18 secoli di sepoltura e almeno sessant’anni di traffico caotico. E poi altri resti umani, altri crani (tra cui quello di un bambino), pezzi di anfore, tracce di sepolture organizzate. Nulla di straordinario, appunto. Ma fa effetto pensare che tutto si trovi lì, a una profondità molto relativa, sotto il passaggio del Tram linea 3. La scoperta dovrebbe risalire all’inizio di marzo, le prime repertazioni portano la data del 5.


Ansa) Anche la storia è tipicamente romana. «Da qualche giorno mi ero insospettita dell’andirivieni degli operai della ditta dal deposito di via Collatina dove lavoro - spiega Rita Pozzato, una delle addette alla vigilanza dei cantieri Atac -. Dopo un po’ mi sono accorta che parlottavano fra di loro, citando un cimitero o qualcosa di simile...». Lì è scattata la segnalazione all’azienda dei trasporti e, di qui, alla soprintendenza ai Beni culturali. È infatti arrivato un archeologo e, probabilmente domani - lunedì - dovrebbe arrivare un antropologo per datare con certezza i resti umani. Il ritrovamento, secondo l’ufficio stampa dell’Atac, non dovrebbe rallentare il ripristino rapido «di una linea fondamentale per la città». Insomma, come raccontò splendidamente Flaiano, in questa città tutto è possibile. Anche che il tram 3, d’ora in poi, passi sopra una necropoli. Con buona pace (terrena) dei passeggeri.

mercoledì 28 marzo 2012

Una necropoli sotto il tram

Una necropoli sotto il tram
il messaggero - Roma 11/3/2012

Scoperta una necropoli sotto i binari del tram 3
Sono stati trovati non lontano dalla Piramide Cestia e sullo sfondo c'è l'edificio della stazione Ostiense. Risalgono al secondo secolo dopo Cristo. E secondo gli esperti l'insieme di reperti venuti alla luce è la testimonianza della presenza di un'antica necropoli. A piazzale Ostiense, nel corso dei lavori del cantiere per il tram 3, sono stati trovati ossa, crani, scheletri, anfore e numerosi frammenti di tombe. Ora i reperti sono stati fotografati, raccolti e catalogati in alcune cassette di plastica. La scoperta risale all'inizio di marzo e probabilmente è stata fatta dagli operai della ditta che sta eseguendo i lavori con un appalto dell'Atac, la Salcef. Spiega una delle addette alla vigilanza dei cantieri, Rita Pozzato: «Mi ero insospettita per l'andirivieni degli operai, ho sentito parlare di un cimitero e mi hanno mostrato le foto del materiale ritrovato nel cantiere e allora ho segnalato subito il ritrovamento all'Atac». A quel punto è stata informata anche la Soprintendenza ai Beni culturali e un'archeologa è stata inviata sul cantiere per verificare l'importanza dei reperti scoperti. L'operazione di ricerca sta proseguendo anche in questi giorni. «Come da prassi - confermano all'Atac - i lavori sono stati interrotti». Uno degli scheletri ritrovato mentre si stava scavando è intatto e ha le braccia conserte, un particolare che fa pensare, appunto, che siamo di fronte a un sepolcro e dunque a una necropoli. «Le strutture tecniche di Atac - spiegano all'azienda - sono in stretto contatto con gli uffici dei Beni culturali per garantire contestualmente la conservazione dei reperti, ma anche l'avvio più rapido possibile di una linea tramviaria fondamentale per la città». Il cantiere per la linea 3 del tram era stato aperto i1 27 febbraio e la chiusura era prevista per il 27 marzo. «Ma non ci saranno ritardi - assicurano dall'ufficio stampa dell'Atac - nell'ormai imminente riapertura della linea». In questi giorni si è anche presentato il problema della sorveglianza del cantiere con i reperti del II secolo dopo Cristo. Attualmente a proteggere l'area ci sono solo cancelli chiusi con un semplice gancio in ferro.

martedì 27 marzo 2012

Pavimento dell'Età Romana. Eccezionale scoperta archeologica della Soprintendenza nel centro di Marsala

Pavimento dell'Età Romana. Eccezionale scoperta archeologica della Soprintendenza nel centro di Marsala
LA SICILIA Sabato 03 Marzo 2012

Il ritrovamento in vicolo Neve a pochi metri da piazza della Repubblica. Il manufatto risalirebbe al III - IV secolo dopo Cristo

Marsala. Eccezionali i ritrovamenti emersi dalla ricerca archeologica condotta in città dalla Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Trapani, con la direzione dia Rossella Giglio. Ad emergere, nelle scorse ore, è stato un nuovo pavimento di età romana ritrovato nel centro storico, esattamente in vicolo Neve, una traversa di via Mario Rapisardi, vicino piazza della Repubblica.
La straordinaria scoperta archeologica proviene dalle ricerche attualmente in corso in una proprietà privata del centro storico . I lavori oltre che da Rossella Giglio, che è il direttore scientifico, sono stati seguiti in cantiere dagli archeologi Emanuele Canzonieri e Carola Salvaggio.
«E' importante sottolineare - dice Rossella Giglio - che l'area di scavo archeologico prossima a piazza Loggia, il centro marsalese, ha interessato un punto nodale della topografia della città antica, relativo all'abitato e alle strade che delimitavano gli isolati. All'interno del vano di ingresso dell'edificio un intervento di scavo archeologico preventivo, prescritto dall'Unità operativa VIII della Soprintendenza di Trapani, in corso da una settimana, ha riportato alla luce questo lacerto archeologico relativo alla città romana. In particolare, abbiamo rinvenuto un consistente lembo di pavimentazione in cocciopesto e graniglia bianca, con inserti marmorei policromi disposti secondo una maglia quadrata. In base ai primi confronti potrebbe trattarsi di un pavimento in uso intorno al III - IV secolo dopo Cristo che riutilizza frammenti di pregiati rivestimenti policromi appartenenti ad una fase abitativa più antica (età tardo-ellenistica - II secolo avanti Cristo). Il pavimento è delimitato a Nord Est da un muro intonacato, disposto parallelamente al vicino decumano massimo (attuale via XI Maggio)».
Secondo gli studi della Soprintendenza il vano faceva parte di una casa inquadrata regolarmente tra uno dei cardines (l'attuale via Rapisardi) ed il decumano stesso, distante poche decine di metri. Il contesto stratigrafico documentato al di sopra del pavimento è costituito da una serie di accumuli di età medievale, direttamente disposti sul crollo del tetto. Lo scavo è stato limitato al solo vano di ingresso per problemi di sicurezza relativi alla staticità del vecchio fabbricato e delle sue fondazioni, oggi perfettamente restaurate.
«Le nuove scoperte, che ora sono chiaramente oggetto di studio - aggiunge Rossella Giglio - sono di estrema importanza per la storia della città e per la sua topografia».
Tutto quanto emerso finora dagli scavi cittadini, iscrizioni lapidee, depositi votivi, strutture edilizie e complessi monumentali, permettono, intanto, davvero di parlare con certezza di culti e divinità sul promontorio di Capo Boeo e le scoperte effettuate da Giglio già negli anni Novanta avevano arricchito notevolmente le conoscenze sulle testimonianze funerarie monumentali con il ritrovamento dell'ormai noto ipogeo dipinto di Crispia Salvia, contraddistinto da una vivace decorazione policroma e, in aggiunta, il dedalo sotterraneo delle catacombe paleocristiane e le pitture e i mosaici dei Niccolini. Poi solo interventi sporadici, non sostenuti da un organico piano di ricerca, si erano susseguiti negli anni successivi al ritrovamento della famosa Insula Romana, ma con la rimessa in luce del Decumano Massimo e delle importanti tombe bizantine con iscrizioni dipinte in lingua greca, delle fortificazioni costiere e dello sbocco a mare del fossato, delle statue marmoree della Venere Callipige e di Iside, le ricerche archeologiche hanno ripreso nuova linfa.
Il ritrovamento più straordinario delle ricerche, iniziate nel 1999 e proseguite nel 2002, 2003, 2004 e 2008 è stato quello del Decumanus Maximus, la grande strada in uso fino al IV secolo dopo Cristo corrispondente all'attuale via XI Maggio - nel centro urbano della città - e con la sua continuazione - viale Vittorio Veneto - nel settore dell'area archeologica prospiciente il Capo Boeo.
Il Parco archeologico di Lilibeo, adesso, è la base su cui i marsalesi possono cominciare a programmare il futuro sviluppo economico e turistico ddella città. La sua inaugurazione, il suo completamente e la restituzione alla fruizione totale, rappresentano il trampolino di lancio di Marsala.
Jana Cardinale


http://giornaleonline.lasicilia.it/GiornaleOnLine/giornale_articolo.php?id_pagina=121910&pagina=39&versione=testuale&zoom=&id_articolo=1360679

domenica 25 marzo 2012

"Pompei rivive" accanto agli Scavi. In un parco sarà "clonata" la vita prima dell´eruzione

"Pompei rivive" accanto agli Scavi. In un parco sarà "clonata" la vita prima dell´eruzione
16 MARZO 2012, LA REPUBBLICA - Napoli

Vivere un giorno da antico pompeiano: il Comune di Pompei ha un progetto per ricostruire in chiave contemporanea, l´ambiente dell´antica città romana. Il foro, le domus e le terme saranno "clonate" fuori del perimetro della città archeologica, all´esterno di Porta Vesuvio.


«I turisti potranno così sperimentare i gusti assaporando il vino addolcito con il miele, in un termopolio (il bar dell´antichità) simile a quello visitato il giorno prima negli Scavi - spiega il sindaco Claudio D´Alessio, che ha appena presentato il progetto al Westchester Italian Cultural Center di New York - magari pernottando in una domus fedelmente ricostruita, fantasticando su atmosfere sensuali o sui rituali presenti all´interno di Villa dei Misteri, o assistendo alla colorazione delle stoffe in una piccola fullonica, l´antica tintoria dei romani».

L´amministrazione comunale punta dunque a far nascere a Pompei un terzo polo turistico (dopo Scavi e santuario) che servirà a collegare la città degli scavi con il Parco nazionale del Vesuvio.
Il progetto del parco archeologico "Pompei rivive" è stato inserito nel piano triennale delle opere pubbliche comunale e per l´attuazione di una prima tranche di interventi occorreranno 15 milioni di euro.

«Per il completamento dell´opera, i cui costi sono al vaglio di un gruppo nominato dall´ente attuatore - annuncia il sindaco - il Comune apre le porte ai privati».

L´archeopark, esteso su di una superficie di circa un chilometro quadrato, sarà realizzato con strutture leggere e con il riuso delle vecchie costruzioni ancora esistenti nel verde dell´ager pompeianus, dove il più vecchio insediamento della città moderna sarà l´anello di congiunzione tra passato e futuro.

Oltre al ripristino dell´ingresso agli scavi di Porta Vesuvio, il progetto metterà a sistema la Pompei archeologica con il parco nazionale e con altre attrattive turistiche del territorio vesuviano. L´idea è di sfruttare la direttrice a nord degli scavi, che dalla località Civita Giuliana passa per Boscoreale e sale verso il Vesuvio, consentendo un accesso alla città romana anche dalla parte opposta a quella utilizzata oggi.

Per l´assessore Pasquale Sommese, a New York in rappresentanza del presidente Caldoro, «il progetto s´inserisce all´interno della scelta che Comune di Pompei, Regione Campania, ministero dei Beni culturali e imprenditori privati intendono sostenere per coniugare il rilancio degli studi archeologici con l´integrazione delle aree periferiche, attraverso politiche di tutela attiva del territorio». E sul valore strategico del programma "Pompei rivive" insiste il sindaco D´Alessio per il quale «attraverso questa idea passa il futuro sviluppo della città e di tutto il territorio».

Tombe romane dove c'è il cantiere

Tombe romane dove c'è il cantiere.
DAVIDE MONTANARI
LIBERTÀ – 22 marzo 2012

Castellarquato, a Cà Bianchi la scoperta della sovrintendenza: l'area sorvegliata «Nessun oggetto prezioso, erano persone comuni». Forse una visita per le scuole

Tombe romane a Ca Bianchi di Pallastrelli nell'area del cantiere della nuova casa protetta Vassalli Remondini di Castellarquato. E' questa la straordinaria scoperta che hanno fatto gli uomini della sovrintendenza per i beni archeologici, assieme agli operai delle ditte impiegate, durante le preventive operazioni di saggio del terreno. In questo luogo, fra 600 giorni lavorativi, dovrebbe sorgere la nuova dimora Vassalli Remondini per 75 anziani non autosufficienti del distretto di Levante. L'area, frutto della donazione all'Ipab della famiglia Barani Belforti, è in questo momento recintata e sorvegliata, anche dai carabinieri della stazione di Castello, per evitare la sgradevole visita di tombaroli alla ricerca di oggetti preziosi. Il pericolo infatti e che questi sciacalli devastino la "necropoli" che non dovrebbe avere conservato, nel suo ventre, monete, moniti d'oro o altri preziosi in metallo. «Se ci fosse stato qualcosa di valore, lì in quell'area così esposta, l'avrebbero già trovato» ha spiegato un anziano dei Pallastrelli. La sovrintendenza per i beni archeologici ha però deciso di non diffondere dettagli in merito alla scoperta riservandosi di farlo, in forma ufficiale, lunedì mattina, alle 10, durante una conferenza stampa organizzata sul luogo del cantiere alla presenza del sovrintendente regionale per i beni archeologici e di tutte le autorità cittadine. Per ora, pare che le tombe rinvenute siano 5 ma non è detto che altre possano saltare fuori nei prossimi giorni durante il completamento degli scavi. «Quello che posso dire - ha spiegato la funzionaria della sovrintendenza emiliano romagnola Roberta Conversi - è che non sono stati trovati oggetti preziosi nelle tombe. Accontentatevi di sapere che la scoperta ha un grosso valore storico». «Fra le tombe ritrovate non ci sono quelle di nobili ma solo tombe di persone comuni», ha detto l'architetto progettista del ricovero Patrizio Losi, anche lui ligio alla consegna del silenzio che è stata chiesta a tutti, amministrazione comunale compresa, dalla sovrintendenza. Il cimitero romano sarebbe "solo" da ritenersi un interessante ritrovamento all'interno di un'area dislocata a 300/400 metri dall'Arda e attenzionata dalla sovrintendenza per la sua alta probabilità di ritrovare reperti romani di questo tipo. Secondo quanto si è potuto apprendere, le tombe verranno rapidamente catalogate, mappate e spostate per quanto possibile al museo di Parma. Ma prima l'amministrazione si riserverà il diritto di fare compiere una visita ai ragazzi delle scuole del paese per far vedere loro, dal vivo, le modalità di sepoltura che utilizzavano i loro antichi antenati romani.

domenica 4 marzo 2012

Importante scoperta archeologica a Falerii Novi, la città etrusco-romana, nel comune di Fabrica

Importante scoperta archeologica a Falerii Novi, la città etrusco-romana, nel comune di Fabrica.

IL TEMPO 04/01/2012, FABRICA DI ROMA

Si tratta di alcuni elementi architettonici, uno in peperino e due in tufo, molto probabilmente appartenenti all'apparato decorativo di uno dei grandi monumenti funerari che fiancheggiavano la Via Amerina: un fusto di colonna con a scanalature, lungo circa 1,5 metri, del diametro di un metro e oltre 300 kg di peso, e parte di due cornici modanate in tufo.

I reperti sono stati individuati dai volontari dell'associazione l'Argilla durante una ricognizione al sito archeologico, cui hanno preso parte alcuni studenti e architetti di Zurigo (Svizzera), a poca distanza dal ponte romano sul rio Purgatorio, di fronte alle celebri mura di Falerii Novi. La scoperta è stata immediatamente comunicata alla Soprintendenza per l'Etruria Meridionale. Secondo Laura Carretta, assistente tecnico della Soprintendenza, i reperti, a una prima sommaria analisi, sono collocabili nella prima fase dell'impero romano. Dopo la catalogazione, la ripulitura e il restauro saranno esposti nella chiesa di Santa Maria di Falerii, all'interno della cinta muraria, vicino alla cosiddetta porta di Giove. Le rovine di Falerii Novi sono racchiuse da una cinta muraria quasi interamente conservata, costruita con giganteschi blocchi quadrati di tufo rosso. Si estendono per 2108 metri di lunghezza, sono alte circa 17 metri e racchiudono 27 ettari di superficie. Il loro restauro conservativo è atteso da decenni, in quanto sono a rischio crollo in più punti. Le mura erano intervallate da circa 80 torri quadrate (oggi ne rimangono 40), distanziate di circa 30 metri l'una dall'altra. La maggiore concentrazione di torri si trovava nei punti in cui le difese naturali risultavano meno efficaci. L'ingresso alla città avveniva attraverso 7 porte, ognuna delle quali affiancate da grandi torri. La principale porta è quella detta di Giove ed è considerata il primo esempio di architettura etrusca nel territorio falisco. Gli scavi hanno portato alla luce diverse case, il teatro e strade tra cui un tratto della Via Cimina. Il monumento più visibile è la chiesa romanica di S. Maria di Falerii risalente alla prima metà del XII secolo.

venerdì 2 marzo 2012

Mura romane abbandonate «Meglio lasciarle sotto terra»

Mura romane abbandonate «Meglio lasciarle sotto terra»
La Provincia, Como, 3-1-2012

3 gennaio 2012

COMO - Il «degrado» e la «situazione fuori controllo» rendono inevitabile una scelta «dolorosa»: coprire i reperti con terra e materiale inerte. Lo scrive la Soprintendenza al Comune, alzando bandiera bianca.
I reperti in questione sono le mura romane - ormai invisibili per la presenza di erbacce e detriti - scoperte quasi trent'anni fa nella zona tra l'attuale succursale del «Ciceri» e il liceo «Volta».
Nel cortile, con accesso sul lato sinistro di via Carducci (andando verso il centro), oggi trascorrono l'intervallo alcuni studenti delle ex Magistrali e proprio un insegnante della scuola - il consigliere comunale Vittorio Mottola - nei mesi scorsi aveva denunciato pubblicamente le condizioni di degrado della zona, parlando anche della presenza di topi. La parte centrale del cortile è delimitata da parapetti e racchiude una porzione delle mura romane, ma è sostanzialmente in stato d'abbandono. E la Soprintendenza, dopo un sopralluogo, non ha usato giri di parole nella lettera spedita a Palazzo Cernezzi: «La situazione di degrado in cui versa l'area di scavo - si legge - è fortemente lesiva non solo dell'integrità delle strutture archeologiche ma anche del decoro del cortile della scuola». E ancora: «Lo stato attuale mostra come la situazione sia fuori controllo e renda inevitabile, anche se dolorosa, la scelta del reinterro, peraltro esplicitamente sostenuta dall'Amministrazione provinciale». Villa Saporiti, in effetti, si è detta disponibile a collaborare, tagliando piante infestanti ed erbacce. Ma l'intervento di salvaguardia dei reperti spetta al Comune e costerà circa 30mila euro.
Oltre alla pulizia dell'area, viene chiesto a Palazzo Cernezzi «il controllo dello stato dei resti murari antichi, con eventuale pulitura degli stessi e risistemazione delle reti di protezione», per poi procedere alla «stesura di uno strato di materiale inerte e pulito» e alla «colmatura con terreno non detritico». I reperti spariranno definitivamente sotto uno strato di terra, insomma. L'unico modo per non rinunciare alla visione delle mura romane sarebbe, a detta della stessa Soprintendenza, «la redazione di un progetto che mantenga la fruizione della cinta di età romana in continuità con la valorizzazione degli adiacenti reperti della Porta Pretoria, uno dei luoghi simbolo della romanità della città di Como». Ma l'idea è già stata sostanzialmente accantonata dagli enti pubblici per carenza di risorse.