venerdì 31 luglio 2009

«Gli scavi? Vanno proseguiti»

«Gli scavi? Vanno proseguiti»
di Redazione
articolo di venerdì 31 luglio 2009 - IL GIORNALE

«La decisione di riscoprire i Fori negli anni Trenta? Perfettamente legittima dal punto di vista archeologico, un evento importante per la storia dell’archeologia classica».

Andrea Carandini, archeologo di fama mondiale e attuale presidente del Consiglio superiore dei Beni Culturali, possiede evidentemente quell’«occhio radiografico» che scava alla ricerca del reperto più antico, occhio che tanto dispiaceva ad Antonio Cederna.

Professor Carandini, giudica dunque positivi i risultati di quella lontana decisione di scavare e demolire?

«Certo, del resto è una scelta che risale a prima del fascismo, addirittura al 1911 quando il senatore Corrado Ricci avanzò la prima proposta di scavo. I lavori degli anni Trenta, restituendo i Fori di Traiano e di Augusto, ne hanno anche rivoluzionato la planimetria, fino ad allora incerta. Le informazioni fornite sono state di estrema importanza».

Quindi lei non concorda con chi ritiene dannosa la creazione di Via dell’Impero con le demolizioni conseguenti?

«Più che altro mi sembra ormai una polemica inutile. Invece, ora che gli scavi degli anni Trenta e anche degli anni successivi sono stati effettuati, occorre proseguirli. I lavori si sono infatti fermati prima di rendere ben comprensibile l’intera struttura dei Fori che attualmente, così com’è, non è leggibile. La commissione mista composta da Stato e Comune, creata dalla precedente amministrazione, deve far ripartire i lavori al più presto».

E quali sono gli interventi più importanti?

«Bisogna innanzitutto eliminare la via Alessandrina che separa le due parti del Foro di Traiano e attualmente non è che un moncone, la sopravvivenza inutile di una strada che in realtà non esiste già più».

Ma è pur sempre una importante testimonianza cinquecentesca...
«Sono cinquecentesche anche due cantine che appartengono a due edifici già abbattuti da tempo. Anche queste sovrastrutture vanno tolte. Il problema è quali informazioni oggi noi vogliamo ottenere. È noto infatti che non tutti i reperti danno informazioni dello stesso significato, dello stesso peso. C’è una certa differenza tra i Fori romani e una costruzione, sia pure del Cinquecento. Una volta fatti i dovuti rilevamenti e gli studi necessari, queste strutture possono essere eliminate».

Ci saranno altre proteste...
«Si dovrebbe invece protestare perché non esiste tuttora una pubblicazione scientifica sugli scavi dei Fori imperiali. Anche questa è una lacuna che aspetta di essere al più presto colmata».

giovedì 30 luglio 2009

Il sileno di marmo riaffiora a Roma

Il sileno di marmo riaffiora a Roma
GIOVEDÌ, 30 LUGLIO 2009 LA REPUBBLICA - Cultura

Ha ancora gli occhi di pasta vitrea incorniciati dal volto sconvolto dalla paura. Ed è integra nel perfetto, armonico modellato. Una rara scultura di Marsia scorticato è stata scoperta tre giorni fa nel corso dello scavo, condotto dall´American Institut, nella villa d´età adrianea delle Vignacce nel Parco degli Acquedotti: un ritrovamento eccezionale. La statua è in marmo rosso antico. «Spicca - dichiara il sovrintendente Umberto Broccoli - per l´ottimo disegno anatomico». Alta 150 centimetri, copia romana di un originale greco, raffigura il sileno che, sconfitto da Apollo in una gara musicale, sta per essere scorticato vivo dal dio. L´episodio è stato rappresentato anche negli esemplari romani ai musei Capitolini e al Louvre. (c. a. b.)

domenica 26 luglio 2009

Ritrovate a Ventotene cinque navi romane

Ritrovate a Ventotene cinque navi romane
Domenica 26 Luglio 2009 CULTURA Pagina 49 L'ARENA

ARCHEOLOGIA. LE IMBARCAZIONI,TUTTE PRECRISTIANE,ERANO CARICHE DI ANFORE E VASELLAME

Cinque navi di epoca romana (I a.C.-IV secolo d.C.), ancora cariche di anfore e vasellame sono state ritrovate nel mare di Ventotene, nell’ambito di una campagna di archeologia subacquea condotta dalla soprintendenza per i beni archeologici del Lazio insieme con la fondazione americana Aurora Trust, Ocean Exploration and Education Tru.
Un ritrovamento «eccezionale», sottolinea dal nucleo operativo di archeologia subacquea l’archeologa Annalisa Zarattini, «che aggiungerà conoscenze fondamentali per lo studio dell’archeologia navale». La presenza dei cinque relitti nei fondali dell’isola pontina, fa notare l’archeologa, prova che Ventotene era un importante crocevia di antiche rotte, «ma soprattutto rivela che nel mare intorno all’isola giace un vero museo subacqueo, con infinite possibilità di valorizzazione».
Tutti e cinque i relitti individuati, che tra l’altro conservano ancora intatta la parte lignea dello scafo, si trovano a grande profondità, adagiati su un letto di sabbia a 100 metri dal pelo dell’acqua. Gli archeologi subacquei li hanno individuati grazie anche alla collaborazione dei tecnici della fondazione americana, che hanno usato prima un Side Scan Sonar, poi veicoli filo guidati con i quali sono state fatte riprese e misurazioni, che hanno permesso di identificare le diverse provenienze e le diverse epoche delle navi e dei loro carichi. E alla fine, proprio per controllare e studiare la tipologia e lo stato di conservazione, sono stati recuperati alcuni oggetti (un’anfora, precisa l’archeologa, e 4 mortaria, ciotole per mescolare il cibo).
Il relitto più antico, attribuibile secondo gli archeologi al I secolo a.C, misura 18 metri e trasportava anfore italiche. Il più carico, che gli archeologi hanno datato al I secolo dopo Cristo. conserva ancora nella sua stiva centinaia di anfore spagnole.

venerdì 24 luglio 2009

Vetulonia si scopre romana

Vetulonia si scopre romana
VENERDÌ, 24 LUGLIO 2009 IL TIRRENO - Grosseto

La nuova campagna di scavi nell’antica città etrusca fa affiorare un edificio eretto dalla civiltà latina

Un altro preziosissimo tassello del grande insediamento collinare

VETULONIA. Vetulonia, città etrusca, si scopre un po’ romana. Reperti romani, infatti, sono affiorati nell’area “Poggiarello Renzetti”, denominata “Scavi di Città” e situata alle porte della frazione. I lavori di scavo all’interno della superficie recintata sono ripresi in virtù di un accordo tra Soprintendenza ai beni archeologici della Toscana, Comune di Castiglione e Museo di Vetulonia.
«Grazie a questa sinergia si è potuto riprendere a scavare in una zona “vergine” dell’area, sopra la città antica e per questo il Comune ha dato l’input giusto», spiega Sandra Mainetti, vicesindaco di Castiglione.
L’attività ha consentito di far affiorare resti di una struttura antica che sorgeva - nel periodo III-I a.C. - all’interno della città di Vetulonia, in un quartiere eretto con tutta probabilità dai romani. A emergere nell’area circoscritta dai tecnici sono un bastimento - che sembra essere una strada, comunque una struttura lastricata - elemento caratteristico dell’epoca romana, e un muro a secco (formato da sola terra senza malta, particolare tipico etrusco) posto tra due abitazioni, caratterizzate da un impluvio ed un atrio. Vera testimonianza dell’esistenza di una realtà urbanizzata anche da un’altra civiltà, oltre a quella etrusca. Il ritrovamento dei resti storici - piatti, ceramiche, pesi, rocchetti e macinelle, impiegati per uso casalingo e lavorativo - è dovuto ai sei volontari presenti, mentre l’organizzazione e l’esecuzione dei lavori è affidata all’impresa archeologica Intrageo.
La ricerca finirà il 7 agosto, dopo quattro settimane di lavori intensi - dice Simona Rafanelli, direttrice del Museo di Vetulonia - e riprenderanno nell’estate del prossimo anno, in attesa dei finanziamenti ministriali che abbiamo richiesto».
«Ad aprire il ciclo di “scoperte” è stato Isidoro Falchi, a cui il Museo di Vetulonia è intestato, con alcune pietre dell’antica città portate alla luce fino al 1896; poi l’archeologa Anna Talocchini, che riprese il lavoro interrotto da Falchi», spiega Giuliana Agricoli della Soprintendenza. «Quindi fu il professor Cygielman, negli anni Ottanta a far emergere la “Domus Medea”, la casa caratterizzata da lastre architettoniche di stile romano - conclude - la cui esistenza è confermata da questi reperti appena affiorati».
La ditta Intrageo lavora con i tecnici Carlo Zoccoli, Stefano e Federico Spinganti, Sara Trippetti. Ma si avvale anche di sei giovani e preziosi volontari: Lamberto e Giacomo Bai, Roberto Rossi, Walter Mazzelli, Osvaldo Barbetti e Roberto Borgianni.
Stefano Fabbroni

lunedì 20 luglio 2009

Scatta il recupero del carico di cinque navi romane

Scatta il recupero del carico di cinque navi romane
Messaggero 09/07/2009

LATINA - E' partita la seconda campagna di ricerca archeologica, condotta nel mare di Ventotene dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Lazio e dalla Fondazione statunitense Aurora trust. Gli eccezionali ritrovamenti, effettuati nel 2008, di cinque imbarcazioni di epoca romana con un carico intatto di anfore e vasellame, attribuiti a un periodo compreso tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C., fanno di Ventotene non solo un importante crocevia di antiche rotte, ma aggiungono conoscenze fondamentali per lo studio dell'archeologica navale.

Affiora l'antica Roma

Affiora l'antica Roma
Nicola Capezzuto
Ciociaria oggi 13/07/2009

SAN PIETRO INFINE - Riportati alla luce numerosi reperti archeologici risalenti all'epoca romana. La scoperta è stata fatta nei giorni scorsi lungo l'antica via Latina durante i lavori condotti ad opera del consorzio di bonifica. In particolare, tali reperti, consistenti in un agglomerato urbano oltre ad una strada di collegamento, sono stati riportati alla luce durante le opere di escavazione effettuate per la costruzione di nuove condotte idriche. La ditta incaricata dei lavori una volta capito che si trattava di reperti archeologici ha da subito allettato gli amministratori comunali, i quali, notata l'importanza dei reperti ha sollecitato l'intervento della sovrintendenza dei beni archeologici. Al termine dei sopralluoghi e dopo lacune ricerche gli esperti della sovrintendenza hanno lasciato intendere che là scoperta era di notevole importanza e quanto custodito da secoli nell'area è un vero e proprio patrimonio storco - culturale. «I reperti trovati - ha spiegato il sindaco di San Pietro Infinè, Fabio Vecchiarino - sono la testimonianza di un'intensa attività relativamente all'epoca romana che si è sviluppata nella zona; Aevamo buoni motivi per credére che pioprio su quell'area si potessero trovare antichetestiinonianze architettoniche visti gli studi che sono stati compiuti sul territorio e questa scoperta ne è la dimostrazione. Di certo quanto venuto alla luce è rilevante sia da un punto di vista artistico che storico e cu1tiraleed in piena. sintonia con la stessa Sovrin tendenza stiamo valutaiid la possibilità di creare una vera e propria area archeologita». In effetti sono riemersi una parte di quello che fu un insediamento abitativo oltre ad una strada che evidentemente fungeva da collegamento tra i vari agglomerati tanto che gli stessi esperti, ed in particolare i respon abili della Sovrintendenza, hanno lasciato intendere che continuando nell'opera di recupero sia possibile trovare un intero insediamento e che per il momento solo una parte è stata recuperata.

Mostra all´archeologico di Napoli. La storia delle maschere romane

Mostra all´archeologico di Napoli. La storia delle maschere romane
13 LUGLIO 2009 LA REPUBBLICA

"Il teatro antico e le maschere" è la mostra allestita all´interno del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (sino al 31 agosto). I curatori - Pietro Giovanni Guzzo, Mariarosaria Borriello e Valeria Sampaolo - hanno voluto, attingendo per lo più alle straordinarie collezioni del museo partenopeo, ripercorrere per grandi linee la storia del teatro in Grecia, a Roma e nel mondo romano. Il percorso espositivo risulta articolato in quattro parti dedicate rispettivamente alle origini, ai generi del teatro romano, alla produzione teatrale popolare e agli edifici che ospitavano gli spettacoli. Nella prima sezione è la pittura vascolare ad eccellere: vasi attici a figure nere testimoniano la strettissima connessione del culto di Dioniso con i primi passi dell´attività teatrale; ceramiche greche e italiote a figure rosse rinviano ad opere dei grandi tragici greci come Euripide.
Nel settore successivo sono le maschere in terracotta e in marmo a prendere il sopravvento e a testimoniare i generi - commedia e tragedia - che Roma prese dalla Grecia. Senza sottovalutare l´apporto che il mondo etrusco seppe dare agli iniziali, fondamentali passi del teatro romano: lo storico Tito Livio ricorda che i primi attori giunti a Roma erano di origine etrusca; dall´etrusco derivavano inoltre alcuni termini fondamentali del lessico teatrale romano come attore (histrio) e maschera (persona). Nella terza sezione sono presentate al pubblico - riunite per la prima volta - quindici maschere in gesso a grandezza naturale rinvenute a Pompei nel 1749. L´ultima sezione è dedicata alla presentazione degli edifici teatrali romani della Campania, una regione ricca di testimonianze. Al suo interno spicca il teatro di Napoli che solo negli ultimi anni è stato riscoperto e fatto conoscere attraverso campagne di scavo e interventi di restauro.

Faragola, la villa romana apre al pubblico

Faragola, la villa romana apre al pubblico
Alessandra Benvenuto
Corriere del Mezzogiorno 18/07/2009

Il ricco sito archeologico presso Ascoli Satriano visitabile da oggi. Presto la settima campagna di scavi

Ogni promessa è debito. E così, dopo l’inaugurazione dell’area archeologica di Ascoli Satriano, domani si apriranno - per la prima volta al grande pubblico - i cancelli della meravigliosa Villa di Faragola. Ad accoglierli ci saranno laureati e studenti di archeologia dell’Università di Foggia, che gratuitamente condurranno gli ospiti attraverso un viaggio di mille anni, con pannelli, depliant in italiano e inglese, una guida a stampa, e una postazione informatica che garantisce la possibilità di una visita virtuale nelle varie fasi storiche del sito. Le sorprese riguarderanno un villaggio di età dauna con pavimento e mosaico a ciottoli (IV sec. a.C.), ambienti di una prima villa di età romana tardo antica (III IV sec d.C.) dove si ambientarono feste e banchetti di possidenti romani che scelsero come residenza la Puglia nel suo periodo di maggior floridezza.

In particolare: una cenatio costruita agli inizi del V sec. con pavimentazioni marmoree e lo stibadium , esempio di divano per banchetto in assoluto meglio conservato al mondo. Il sito fu abbandonato nel IV sec. d.C. e l’area si trasformò prima in stalla, poi in quartiere dove s’insediarono botteghe di artigiani a forgiare i metalli, utilizzando il piombo delle tubature della villa romana.

Grazie a un’intesa tra il comune di Ascoli, l’Università di Foggia e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, il personale qualificato rimarrà disponibile per il periodo estivo e autunnale, fino al primo novembre, tutti i sabati, le domeniche e i festivi (9.30 - 13.00/16.00-19:00); negli altri giorni visite su prenotazione (info@archeologicasrl.com, 0881.588.531, 347.317.60.98). Nel frattempo già nel prossimo settembre si svolgerà la settima campagna di scavo, con un cantiere-scuola internazionale, ennesima tappa di un progetto che punta alla creazione di un grande parco archeologico attrezzato.

Il finanziamento regionale di settecentomila euro ha fino a ora reso possibile solo la sistemazione di una prima parte del Parco, per rendere fruibili elementi di enorme pregio della villa di aristocratici romani. Come spiegò l’archeologo Giuliano Volpe (rettore dell’università di Foggia) nell'aprile scorso, l’impegno maggiore ha riguardato, oltre al consolidamento dei restauri realizzati in collaborazione con l’Università di Roma Tre e l’Istituto centrale del Restauro del Ministero dei Beni culturali, anche la realizzazione di una copertura che non fosse solo tettoia ma che evitassee il micidiale effetto serra.

Le antiche terme lungo la Cassia

Le antiche terme lungo la Cassia
SABATO, 18 LUGLIO 2009 LA REPUBBLICA - Firenze

Nei pressi di Buonconvento lo scavo dell´Università di Siena rivela resti del I secolo d.C.

"Si tratterebbe di un´antica stazione di posta per dignitari romani d´alto rango"

Un grande complesso termale del I secolo d. C., con ruderi e capanne databili tra il I e il VI secolo d. C. È quanto è emerso in 6 settimane di scavi nella zona di Santa Cristina, dove hanno lavorato 12 archeologi dell´Università di Siena, guidati dal professor Marco Valenti, in collaborazione con il Comune di Buonconvento e la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana. «L´area che abbiamo iniziato a indagare è estesa quasi un ettaro - dichiara Marco Valenti - e dai reperti riconoscibili in superficie sembra potersi ipotizzare uno straordinario complesso posto lungo l´antica Cassia. Una stazione di sosta lungo una strada romana, gestita dal governo centrale e messa a disposizione di dignitari, ufficiali, o di chi viaggiasse per ragioni di stato. Quindi si tratta di un insediamento di alto rango. Scavi di enorme rilevanza storica che sono stati resi possibili con i fondi dell´amministrazione comunale di Buonconvento, in collaborazione con l´assessore al Turismo Giorgio Meconcelli».
Lo scavo largo 200 metri quadrati, ha permesso di conoscere l´entità del deposito archeologico e di identificare il complesso termale risalente al I secolo d. C., ampliato poi nel corso del tempo. Tra le testimonianze, un mosaico geometrico, uno spogliatoio con il braciere per riscaldare l´ambiente, due ambienti relativi al calidario, un bagno di vapore attorniato da una vasca d´acqua fredda. Gli studiosi, augurandosi di poter ampliare le indagini, ipotizzano che il complesso termale sia stato abbandonato nel IV secolo d. C.
(m. a.)

sabato 4 luglio 2009

Dagli scavi emerge la corazza di un imperatore

Dagli scavi emerge la corazza di un imperatore
s. s.
L'Unione Sarda 01/07/2009

Dopo la statua millenaria di Ercole il sottosuolo di via delle Terme rivela un'altra scoperta stupefacente: il frammento di una corazza, con decorazioni che rimandano a un personaggio importante, forze un console o addirittura un imperatore. Ancora è presto per dirlo ma le prime indicazioni rimandano al periodo romano imperiale, secondo secolo d.C. Gli archeologi raccolgono i risultati di un lavoro incominciato qualche anno fa, in un'area considerata molto interessante. I lavori di archeologica preventiva, arrivati dopo i lavori per la costruzione di un palazzo al centro storico avevano messo in luce reperti preziosi. Fino alla scoperta più recente, la statua di Ercole, che ha rivisto la luce un mese fa. La statua millenaria sputata di recente dal sottosuolo di via delle Terme, è ora esposta al pubblico nell'Antiquarium turritano. La teca è stata preparata con cura per proteggere il busto di duemila anni fa, recuperato nel corso della campagna avviata a ridosso della Turris Libissonis d'età romana. Ripulito e analizzato, gli esperti della Soprintendenza hanno spazzato via ogni minimo dubbio: la statua rappresenta proprio il figlio di Zeus ed è testimonianza di un mito che ha attraversato l'Egeo, fino a toccare le sponde sarde. Il busto, seppur privo di testa e di parte delle braccia e delle gambe, ha un valore inestimabile. La pelle di leone scolpita riveste un corpo di marmo che in superficie presenta parti dipinte. La statua non ha subito danni durante lo scavo coordinato dall'archeologa Antonella Pandolfi. L'area di via delle Terme è uno scrigno di tesori: nel 2006 fu ritrovato un enorme mosaico policromo, unico in tutta Italia perché sopra ha impressa un'iscrizione di saluto. La costruzione di un palazzo che avrebbe dovuto sotterrare per sempre reperti di pregio fu bloccata giusto in tempo. Senza l'intervento della Soprintendenza i tesori sarebbero rimasti sepolti. Un antipasto in attesa che riapra il palazzo di Re Barbaro, il monumento simbolo di Turris Libissonis sigillato da sette anni per lavori in corso.

Pomezia. Lavinium, il museo di Enea

Pomezia. Lavinium, il museo di Enea
04/07/2009 CORRIERE DELLA SERA - ROMA

Cinque sale con tecnologia multimediale e una nuova guida che facilita la visita

Un gioiello archeologico inserito dal Ministero fra i siti «innovativi»

A Pomezia c'è un gioiello, il museo archeologico Lavinium. È il museo dell'innovazione, presente nell'elenco dei musei innovativi stilato dal Ministero per i Beni culturali. Tecnologie multimediali trasformano i reperti in personaggi di un racconto e coinvolgono il visitatore fino a renderlo partecipe della storia sottesa all'intera raccolta: la fondazione dell'antica città Lavinium ad opera dell'Eroe mitico Enea. Cinque le sale, ognuna dedicata ad un tema: Tritonia Virgo, al culto della dea Minerva Tritonia; Mundus Muliebris, alle acconciature e ai gioielli femminili; Hic domus Aeneae, al viaggio di Enea da Troia alle coste laziali; Civitas Religiosa, al Santuario dei XIII Altari rinvenuto a sud dell'antica città Lavinium; Aeneas Indiges, al monumento funebre dedicato al fondatore della città , l'Heroon di Enea.

Ora il Museo ha anche una guida, il volume «Guida al Museo Archeologico Lavinium» realizzato con foto in altissima qualità e con ricostruzioni in 3D. Il testo entra nei contenuti dell'esposizione che raccoglie reperti emersi dagli scavi dell' antica città ed è pensato per raccontare la fondazione dell'antica Lavinium, ma anche di tutti gli usi, i costumi e i rituali dell' epoca. Oltre 100 foto d'autore, scattate con i mezzi più sofisticati per non alterare l'impatto visivo delle opere, fotografate nel loro insieme e nei particolari più significativi per accendere la curiosità e il gusto del bello. Una chiara descrizione testuale in italiano e inglese inquadra la collezione e ne facilita la comprensione soffermandosi sui particolari più significativi e\o curiosi. Infine la ricostruzione 3D del percorso museale consente il rapido orientamento nelle sale nonché la fruizione del catalogo anche al visitatore virtuale. Il volume «Guida al Museo Lavinium» è stato realizzato dalla SD editore, nella collana Collection, in collaborazione con il Comune di Pomezia, la Provincia di Roma, la Regione Lazio e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. «La pubblicazione di questo volume rappresenta il coronamento di un percorso iniziato quattro anni fa con l'apertura del Museo» afferma Enrico de Fusco, Sindaco di Pomezia.

L´allarme nel Parco dell´Appia. Maltempo, danni al mosaico del Gladiatore

L´allarme nel Parco dell´Appia. Maltempo, danni al mosaico del Gladiatore
CHIARA RIGHETTI
SABATO, 04 LUGLIO 2009 LA REPUBBLICA -- Roma

Non c´è pace per il gladiatore Montanus. Il mosaico pavimentale di Santa Maria Nova, sull´Appia Antica, è stato danneggiato dal violento temporale che ha investito Roma giovedì pomeriggio. In poco più un´ora sono caduti 18 millimetri di pioggia, un nubifragio concentrato soprattutto fra Tiburtino e Pigneto che ha mandato in tilt i centralini delle forze dell´ordine.
Decine gli alberi caduti, le strade allagate; 2.500 le chiamate ai vigili del fuoco. A Ponte Mammolo diverse famiglie sono state sgomberate, mentre in via Seismit una donna si è ferita per il crollo di un albero; danni anche in via dell´Acqua Marcia, dove un pino si è abbattuto su un palazzo. Ieri l´Ama ha lavorato con trenta mezzi e cinquanta persone per rimuovere i detriti, tagliare gli arbusti, eliminare i tronchi che ancora ostruiscono le strade in buona parte della città.
«Diversi cipressi sono caduti anche nelle aree archeologiche, ma non sembra ci siano stati gravi danni alle strutture - spiega Rita Paris, responsabile dell´area per la Soprintendenza - . Ci preoccupa invece l´allagamento del mosaico del Gladiatore a Santa Maria Nova». La zona era già stata colpita dalla tromba d´aria del 5 novembre scorso, quando, oltre agli alberi caduti, si erano rovinati un monumento romano e l´antico basolato della strada. Il complesso termale al quinto miglio della Regina Viarum è stato rinvenuto nel 2007, e non è ancora aperto al pubblico. Poche settimane dopo la scoperta, alcuni vandali l´hanno preso d´assalto, accanendosi proprio sul grande mosaico pavimentale che raffigura il gladiatore Montanus.
«Il mosaico, tuttora in restauro - prosegue Paris - è protetto da teli che hanno ceduto sotto il peso della grandine, causando il distacco di una parte del bordo laterale. Il nostro è un lavoro come la tela di Penelope, che di recente deve anche fare i conti con condizioni climatiche eccezionali». Aggiunge l´archeologo Riccardo Frontoni: «La parte danneggiata dai vandali era stata già ricostituita all´interno del casale, ed era in attesa di tornare nella sede originaria». Ma proprio qui la pioggia ha causato il danno, con il crollo di parte dell´antico basamento. I costi sono ancora da quantificare, ma i tempi per l´apertura al pubblico si allungano.