mercoledì 30 novembre 2022

Prima delle nazioni

Prima delle nazioni

Popoli, etnie e regni fra Antichità e Medioevo


Stefano Gasparri


Nis la nuova italia scientifica, Roma, 1997


Nei secoli che segnano il passaggio dall'Antichità al Medioevo - tra i meno familiari alla cultura italiana - si vennero configurando alcune delle peculiarità della storia europea.

Questo libro analizza uno degli aspetti più interessanti di tale periodo: le profonde trasformazioni etniche che mutarono radicalmente il quadro politico europeo, occidentale e mediterraneo, rispetto all'Antichità.

L'analisi prende le mosse dalle etnie indigene il cui risveglio, spesso in rapporto con le correnti più estremistiche  del pensiero cristiano, scosse l'Impero romano nei suoi ultimi secoli, dall'Africa alla Gallia, dalla Spagna alla Britannia, accelerandone  la fine.

L'arrivo nell'Occidente romano delle popolazioni germaniche determinò la formazione, tra gli altri, dei regni ostrogoto, longobardo, franco e visigoto, al cui interno, accanto all'elemento romano e a quello germanico, continuarono a vivere, in alcuni casi, anche le culture indigene preromane. Infine, la grande costruzione dell'Impero carolingio unificò, sia pure per breve tempo, un'area territoriale molto vasta, completando l'integrazione delle etnie germaniche a nord delle Alpi e ad est del Reno, e fornendo le sue fondamentali caratteristiche unitarie all'Europa occidentale; dalla dissoluzione di questo impero dovevano nascere tre grandi nazioni: Francia, Germania e Italia. I diversi popoli e le loro faticose, e talvolta effimere, costruzioni politiche, sono, dunque, i protagonisti di questo volume, che tenta di ripercorrere la preistoria delle future nazioni europee alla luce di un approccio che tiene presenti i risultati della ricerca etno-antropologica e dell'archeologia


da pagina 29

… Alla vigilia del grande scontro di Adrianopoli nel 378 tra Visigoti e truppe Imperiali. in quell'occasione, operai e tecnici delle Miniere d'oro della Tracia passano dalla parte dei Visigoti, mostrando loro i percorsi più favorevoli Per compiere  scorrerie in territorio Romano. nel 406, poi, i “nemici di Pannonia”,  come li definì san girolamo in una famosa lettera, cioè i provinciali pannonici ( contadini e schiavi), si unirono al diluvio ti genti barbariche - Vandali, eruli, burgundi e tanti altri - che sfondò il confine Imperiale su Reno e dilagò in Gallia.


Quelli del 378 del 406 furono però episodi limitati, e quindi non è giusto enfatizzarne la portata, come faceva la storiografia marxista Sovietica di 40 o 50 anni fa, parlando a sproposito dei sintomi evidenti di una “rivoluzione degli schiavi” che avrebbe portato alla caduta stessa dell'”impero schiavistico” di Roma.


martedì 29 novembre 2022

Iudaea capta

 Iudaea capta

Il ruolo dell'élite ebraica nella rivolta contro Roma (66-70 d.C.)



di Martin Goodman


Ecig, Genova, 1995


Nel mese di Ab del 70 d.C., Gerusalemme, dopo una cruenta e, da ultimo, strenua resistenza, soccombeva all'irriducibile impero del figlio di Vespasiano, il futuro imperatore Tito: quattro anni erano passati da quando, in un crescendo di malintesi, provocazioni e ripicche, l'artificiale classe dirigente ebraica - composta di speculatori ed ex-favoriti erodiani - si era aggrappata al potere sposando la causa antiromana di una popolazione stremata dai tributi e impoverita dall'ottusa avidità di questa elite. Cosa aveva scatenato la rivolta? Perché uno scherzo da ragazzi aveva innescato un evento cruciale della storia? Numerose e controverse sono le spiegazioni avanzate nel corso dei secoli, a cominciare dalla nostra principale fonte storica, Giuseppe Flavio. Martin Goodman ne dimostra qui l'insufficienza e formula qui una nuova tesi: il catalizzatore della rivolta fu l'incapacità di governo dei ricchi ebrei cui i Romani avevano affidato, nel 6 d.C., sulla scorta di pregiudizi precedenti, l'amministrazione della nuova Provincia. Basandosi su un'analisi minuziosa delle fonti e delle più recenti scoperte archeologiche, egli rende conto delle incongruenze testuali e interpretative, spiegando, in un contesto coerente, la vana sicurezza e l'infelice scelta politica dei governanti di Gerusalemme, le oscure faide che dilaniarono la città durante l'assedio, le "amnesie" e le nascoste "verità" dell'autore del Bellum Iudaicum, nonchè il dispiegarsi delle ideologie di fronte ad un evento che rimane centrale non solo per la storia ebraica, ma anche per la comprensione delle origini del cristianesimo e della struttura amministrativa dell'Impero romano.


da pagina 121:

La maggioranza degli ebrei della Giudea del primo secolo dopo Cristo aveva, Tuttavia, un estremo bisogno di una teologia che venisse loro incontro: alcuni trovarono, così, sollievo elevando la propria segregazione del mondo a reazione ideologica positiva al disordine sociale. ...

la segregazione volontaria e ostentata da ogni forma di società era considerata un comportamento Pio.

da pagina 122:

Molti poveri diavoli cercarono, agli inizi degli anni sessanta dopo Cristo, la salvezza e la fine dei loro tormenti nel deserto: alcuni di questi potrebbero esserci dati alla vita selvatica in attesa di una guida messianica.

 


giovedì 24 novembre 2022

Il fuoco Sacro di Roma

 Il fuoco sacro di Roma - Vesta, Romolo, Enea



Andrea Carandini

Editori Laterza,  Bari, 2015

A Roma la dea del fuoco pubblico era Vesta. Il suo culto è stato istituito probabilmente da Romolo intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Due secoli dopo Roma incoraggia su questo fuoco pubblico un mito fondativo più cosmopolita: sarebbe stato portato nel Lazio da Enea, che lo avrebbe salvato da Troia in fiamme. Il fuoco dei Romani è stato spento e riacceso dalle vestali ogni primo giorno di marzo nel corso di 1150 anni. Le sei sacerdotesse, strappate da bambine alla famiglia, dovevano conservarsi illibate per almeno trent'anni. In compenso veniva loro riconosciuto un rango elevatissimo ed erano le sole donne che a Roma possedessero una piena capacità giuridica. Andrea Carandini e la sua scuola hanno ricostruito il santuario di Vesta e parte del circondario, contribuendo in modo fondamentale alla comprensione del centro sacrale, istituzionale e culturale della città-stato. Grazie a uno scavo durato un trentennio è stato possibile analizzare la radura o lucus di Vesta, i luoghi di culto dei Lari, di Marte e Ops, di Giove Statore, e conoscere le capanne e le case delle vestali, dei re e dei massimi sacerdoti della città-stato. 

Raccontare la storia di questo cuore urbano a un vasto pubblico è la ragione del libro. Non sarà più possibile una storia di Roma che ignori le scoperte di questo scavo condotto alla pendice settentrionale del Palatino.

" il mondo antico è stato inteso come secolare perché vi mancava una chiesa teocratica, dogmatica, monolitica, coercitiva e il suo corteggio di preti. " pagina 105