venerdì 30 settembre 2011

Palatino

                                                                    Palatino

domenica 18 settembre 2011

Scoperto un anfiteatro romano la campagna di scavo a Formia

Scoperto un anfiteatro romano la campagna di scavo a Formia
SABATO, 10 SETTEMBRE 2011 LA REPUBBLICA -- Cultura

L´archeologia

Un´indagine archeologica avviata nella scorsa primavera sta riportando alla luce un anfiteatro di notevoli dimensioni nella città di Formia. Il monumento era noto solo sulla base di indicazioni scaturite dalla fotografia aerea: esse hanno spinto ad avviare una campagna di scavo. Gli archeologi, guidati da Nicoletta Cassieri (Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio), hanno rinvenuto sei ambienti coperti a volta e disposti a raggiera che costituivano il basamento su cui poggiavano le gradinate in pietra per gli spettatori; parte di uno degli ingressi principali, che comunicava con l´arena; un ambulacro interno con le pareti rivestite da intonaci. I primi risultati delle ricerche, che saranno presentati nella rassegna Le notti di Cicerone dedicata alla storia antica (a Formia dal 16 al 18 settembre), suggeriscono che l´edificio venne costruito in una zona suburbana raggiungibile anche dal mare durante il I secolo d.C. quando la città si conformò al modello urbanistico dettato da Roma.

La nave romana di Marausa, ieri via all'operazione recupero

La nave romana di Marausa, ieri via all'operazione recupero
Giacomo Di Girolamo
Giornale di Sicilia 13/9/2011
Il relitto fu scoperto nel 1999. È aperto «a libro». Probabilmente l'imbarcazione era destinata ai commerci con l'Africa
Gli archeosub impegnati ieri pomeriggio nelle acque vicino a Trapani

TRAPANI. Il primo pezzo di legno dalle dimensioni più significative è stato tratto fuori dal mare ieri alle 17.45 dall'archeosub Francesco Tiboni e dall'operatore tecnico Francesco Scardino della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientale del mare della Regione. «È un "corrente di stiva"», dice, quasi esultando, l'ingegnere Gaetano Lino, della Soprintendenza, direttore dei lavori del cantiere che sta effettuando l'intervento di recupero di una nave «oneraria» romana (destinata ai commerci tra Roma e l'Africa) del terzo secolo dopo Cristo, che giace in mare a circa 150 metri dalla costa di Marausa Lido, ad una decina di chilometri da Trapani, coperto da uno strato di 40 centimetri di argilla e da poseidonia. Del relitto, che è stato avvistato oltre 12 anni fa (11 agosto 1999) dai sub Tony Di Bono e Dario D'Amico, la Soprintendenza si sta occupando da alcuni anni. L'intervento di recupero era fermo, per mancanza di fondi, dal mese di settembre del 2009 quando sono stati portate alla luce alcune centinaia di colli di anfore (recanti delle vere e proprie «punzonature», altre iscrizioni e simboli forse punici e fenici), cocci di vasi ed altro materiale di grande interesse archeologico oggi arricchito da numerosi frammenti di fasciame interno («"serrette" in abete e pino», chiarisce l'ingegnere Lino) che hanno lasciato ancora più visibile lo scavo che è pressoché integro, protetto dai fondali argillosi. «La chiglia è dritta - afferma Francesco Tiboni - e la nave è aperta "a libro". Entro una ventina di giorni trarremo fuori dal mare tutto il fasciame esterno». All'intervento di recupero collabora la ditta specializzata «Legni e segni» di Salerno che effettuerà il trattamento conservativo che, con un procedimento modernissimo, ridarà al legno pressoché il suo aspetto originario. A seguire i lavori uno degli scopritori, Tony Di Bono. «Siamo già in ritardo in ordine ad una concreta ipotesi di musealizzare "in loco" il relitto - ribadisce -: c'è il rischio che venga destinato non a Trapani». Ma il sindaco Mimmo Fazio sostiene che il problema non si pone: «È immediata la disponibilità dei locali dell'ex Lazzaretto, un sito assolutamente idoneo visto che si affaccia sul porto».

Edge of Empire - The Eagle's Eye 3D Film Trailer



Caricato da VindolandaTrust in data 09/feb/2011
Trailer for the amazing new 20 minute 3D film, Edge of Empire - The Eagle's Eye which will be on show at The Roman Army Museum (near Greenhead, Northumberland) on Hadrian's Wall when the museum reopens on 12th March 2011 after major redevelopment work funded by the Heritage Lottery Fund, ONE NorthEast and The Vindolanda Trust.

The Eagle - Secondo Trailer Italiano


Il secondo trailer italiano del film "The Eagle" di Kevin Macdonald con Channing Tatum, Mark Strong, Jamie Bell e Donald Sutherland

venerdì 16 settembre 2011

E dai rifiuti riemerse la villa romana

E dai rifiuti riemerse la villa romana
Patrizia Panico
Il Mattino - Napoli 13/9/2011
Premio a Pollena e agli archeologi
Il sito era stato inglobato in una discarica abusiva. Domani l'Heritage Prize a Oslo
Il sindaco «Con i proventi del condono potremo finanziare i prossimi interventi»

Un complesso termale, quasi interamente riportato alla luce, parte di una villa residenziale romana del I secolo d. C.: sono gli elementi che costituiscono uno dei siti archeologici più prestigiosi dell'area settentrionale vesuviana. Ed erano finiti sotto i cumuli di rifiuti di una discarica abusiva. Per il particolare sforzo posto nel recupero, scavo e restauro del sito, la European Association ofArchaeologists - la più importante associazione europea di archeologi - domani conferirà a Oslo, in Norvegia, nel corso del XVII Convegno Internazionale, l'Heritage Prize al sindaco di Pollena Trocchia, Francesco Pinto e all'archeologo direttore dell'Apolline Project, Girolamo De Simone. Il premio viene assegnato ogni anno «all'individuo o istituzione per il contributo straordinario mostrato nel proteggere e divulgare i Beni Archeologici in Europa». Il sito archeologico, scoperto e strappato alla cementificazione edilizia nel 1988 era poi stato sepolto sotto una discarica abusiva di rifiuti. Fino a pochi anni fa, quando l'archeologo Antonio De Simone del Suor Orsola Benincasa, diede vita al progetto «Apolline Project», diretto dall'archeologo Girolamo De Simone, suo figlio. L'iniziativa poté andare avanti - pur «senza un soldo pubblico» - grazie all'appoggio di Università statunitensi e inglesi. Oggi quell'intuizione rappresenta un progetto ambizioso ma considerato fattibile: «Pollena come Pompei ed Ercolano». «L'assegnazione di questo prestigioso premio - dice il sindaco Francesco Pinto - testimonia il lavoro serio che si è fatto. L'Heritage Prize rappresenta uno stimolo a continuare in questa direzione per valorizzare e restituire: si lavora alacremente al progetto di riqualificazione del sito e delle zone limitrofe, che verrà realizzato con i proventi derivanti dal condono edilizio relativi al danno ambientale». Nel mese di agosto si è conclusa con successo la sesta campagna di scavo in località Masseria De Carolis. Per cinque settimane, 77 studenti provenienti da numerosi Paesi del mondo fra i quali Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Spagna, Polonia, hanno riportato alla luce altri reperti e frammenti del passato: alcuni elementi decorativi in stucco, i pavimenti delle terme romane, il pozzo usato fino all'ultimo giorno prima dell'eruzione. La scoperta più importante di quest'anno consiste nel rinvenimento di alcuni marchi di. fabbrica sul pavimento degli ambienti termali. Attraverso i marchi è possibile datare la costruzione delle terme a solo alcuni anni dopo l'eruzione di Pompei del 79 d.C. Questa scoperta, secondo quanto spiegato ieri in conferenza stampa a Pollena, è rivoluzionaria nel mondo archeologico, perché finora si pensava che l'intero territorio vesuviano fosse rimasto disabitato per molte generazioni, almeno fino alla metà del II secolo d.C., prima che gli antichi romani decidessero di tornare ad abitarci. Il complesso termale fu scoperto nel febbraio del 1988 durante i lavori edilizi del parco Europa. Con i mezzi meccanici si cercò di distruggere il sito: tracce della benna meccanica sono ancora visibili sulle murature portate in luce; la Sovrintendenza Archeologica bloccò lo scempio e pose una recinzione a protezione dell'area. Ma la zona venne poi abbandonata e divenne una discarica abusiva. Quando nel 2004 gli archeologi hanno cercato di ritrovare il sito dimenticato, hanno scoperto il danno ambientale e, con la collaborazione del Comune, hanno cominciato la bonifica dell'area.

domenica 11 settembre 2011

La tomba del Gladiatore abbandonata tra rifiuti e calcinacci

La tomba del Gladiatore abbandonata tra rifiuti e calcinacci
Fernando Acitelli
Il Messaggero 19/8/2011

Il triste riposo del Gladiatore nella tomba dimenticata
Rifiuti, degrado, nessun segnale e il cancello sbarrato
In rovina il sito sulla Flaminia venuto alla luce solo tre anni fa

Il trionfo? Sì, delle macerie. La Tomba del gladiatore sulla Flaminia? Sì, con pulviscolo di eternit e ruggine. Il sito raggiunto grazie ad aggiornate mappe extraurbane: svincolo per la Rai di Saxa Rubra e poi ricognizione dall'alto, da dove via Maurizio Barendson è quasi una visione. Quindi discesa verso la campagna tra capannoni, stradette, vegetazione spontanea e l'indicazione d'un circolo sportivo con il ricamo d'una pista ciclabile. E finalmente l'avvistamento dell'area archeologica grazie anche ad una voce amica incontrata per strada: spettacolare l'assenza d'un solo cartello nei dintorni. La possibilità d'una giusta segnalazione già dalla consolare Flaminia? Come no! Cartelli stradali a più non posso, che uno rischia pure di confondersi vista la varietà di simboli: rete e tridente per il Reziario, gladio ed elmo per il Mirmillone, con sotto, magari, un epigramma di Marziale. Come no! E se il sogno s'impenna, ecco allora anche un'iscrizione con le parole dello storico sublime Theodor Mommsen ad attenderci sul margine destro della carreggiata, a sollevare le mani, felice d'averci avvistato, a comunicarci con quella sua esultanza che siamo giunti nel luogo sublime, alla Tomba del Gladiatore... o, più precisamente, al Mausoleo di Marco Nonio Macrino, generale sotto Antonino Pio e Marco Aurelio e proconsole in Asia. La Tomba del Gladiatore (« l'uomo che fermò i Marcomanni» secondo appunto Mommsen) in via Vitorchiano - oh, come m'è difficile indicare la strada d'un Mausoleo e non il sito archeologico... - non si può visitare. Nessuna possibilità di sfiorare il Passato, d'accarezzarlo. Niente. Cancello chiuso con catena e lucchetto, arrugginiti per bene ma ancora concreti nel loro essere. Osservandoli, viene da pensare che stonano terribilmente per un'area archeologica e che il loro posto sarebbe esatto per un capannone, di quelli ai margini del Raccordo anulare. L'area archeologica è dunque chiusa e dal cancello s'avvista in lontananza un prefabbricato, sede abituale per custodi sempre di corsa. Il citofono non conduce il suono a un destinatario, a un guardiano e dunque rimango là davanti senza possibilità di stabilire un contatto tra me e i frammenti. Pure, da segnalare, la cortesia di quanti, lì intorno, tra carrozzieri e uomini di buona volontà mi hanno indicato il modo per poter raggiungere quanto desideravo vedere. Se penso che come professione sulla Terra esiste anche quella di guardiano d'un Mausoleo e che questo custode non c'è, mi viene da riflettere, ancora una volta, alla mia fuga come medicazione. Potrei mettermi sulle tracce del custode? Con questa desolazione tutt'intorno, con questo caldo con ambizioni cartaginesi sarebbe l'inizio d'un romanzo. Alla fine, risulterebbe più difficile trovare il guardiano che non i resti del generale Marco Nonio Macrino. Chissà perché aveva scelto questa zona per il suo Mausoleo... Una domanda improponibile per molti; a ripetermela avvisto lo stupore del custode, dell'assessore, del sovrintendente, del consulente. Neppure una risposta lieve ascolterei dopo il degrado visto. Per osservare qualcosa e sentirmi accanto al generale, al «soffio vitale» anche di sua moglie Arria, e ipotizzare in lontananza i resti dell'iscrizione ritrovata, frammenti che tanto hanno svelato agli archeologi, ho dovuto abbandonare il luogo d'entrata e rasentare l'area percorrendo una pista ciclabile che gira attorno alla recinzione. Percorso quel segmento per una buona misura e avvistato un tronco d'albero sbilenco sotto il muro di cinta, mi sono arrampicato e ho potuto gettare lo sguardo all'interno dell'area e dunque su quanto resisteva di quelle scheggiature sotto il sole. A quel punto il tremore per quell'occlusione iniziale al cancello e per la mancanza di risposta a quella mia richiesta di aiuto si sono mutati in nausea per il tanto disinvolto divieto. Cosa c'era dall'alto! Quale spettacolo dal tronco esterno! Un trionfo di calcinacci, di ferro, di ruggine, di lamiere, di strutture rugginose come di controsoffitti; quindi materiali di risulta, mattoni, eternit dismesso, e poi, distanti, scheggiature classiche a più non posso tra i resti postmoderni del postmoderno fallimento del pensiero. L'antico basolato in lontananza - forse l'unica parte intatta - e quindi una solenne ammucchiata: resti di capitelli, di trabeazioni, di colonne con scanalature lese come feriti gravi. Da terapia intensiva. Ciò che è possibile nell'arte quasi mai riesce nella vita e allontanandomi, me lo sono costruito io, allora, interiormente, il Mausoleo di Marco Nonio Macrino. Che costui non sia citato nei Pensieri di Marco Aurelio non è certamente la «damnatio memoriae» di cui ho invece avuto la percezione inoltrandomi sulla consolare Flaminia, giungendo nell'area descritta. Quel generale sembra sia ancora più morto se è impossibile accedere al suo Mausoleo, visitarlo, raggruppare quei pensieri semplici che hanno a che fare con una sola parola, il Tutto, luogo dove sogniamo di ricongiungerci.

un ceppo d'ancora di epoca romana

un ceppo d'ancora di epoca romana

Taranto, 20 ago. (Adnkronos) - I carabinieri del Nucleo Subacquei di Bari, unitamente ai colleghi del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, hanno individuato e recuperato, poco a largo dell'isola di San Pietro, a Taranto, un ceppo d'ancora di epoca romana (lunga circa 170 centimetri e pesante 300 chilogrammi), usata dalle navi romane commerciali, dette 'naves onerariae', che in epoca imperiale solcavano i mari della costa ionica. Il ceppo, custodito presso il Comando Provinciale dei Carabineri di Taranto, e' stato messo a disposizione degli archeologi della Soprintendenza ai Beni Culturali di Taranto.

sabato 10 settembre 2011

Lavori per la Laika, spunta fuori la villa romana

Lavori per la Laika, spunta fuori la villa romana
Andrea Ciappi
La Nazione - Firenze 18/8/2011

UNA VILLA ROMANA di età imperiale ed un edificio di epoca etrusco-ellenistica: sono i resti archeologici ritrovati nei lavori di scavo del cantiere per costruire la nuova Laika (leader per i caravan) a Ponterotto. Una scoperta eccezionale. E come tale da tutelare e da far fruire, domani, ad un vasto pubblico. Perciò, siccome il cantiere dovrà progredire (Laika al Ponterotto è fondamentale per l'economia chiantigiana), è stato raggiunto un maxi-accordo cui prendono parte la stessa Laika, il Comune di San Casciano ed il Ministero dei Beni Culturali. In pratica, queste due strutture verranno spostate "di peso" lì vicino, in un costituendo parco archeologico del Ponterotto vicino al parco fluviale del fiume Pesa che già conta su un discreto numero di visitatori e gitanti. La durata dell'accordo è di otto anni. Detto della villa, l'edificio etrusco, come ha detto ieri l'assessore Carlo Savi, dovrebbe riguardare una porzione di un'importante opera di regimazione idraulica. Il tutto farebbe presuppone che sia in epoca etrusca che più tardi in epoca romana qui ci sia stato un polo produttivo agricolo corredato appunto, in età imperiale, di una bella villa. Uno simile è una decina di chilometri più a valle, alla confluenza tra Virginio e Pesa.
QUELLA che sarà l'Area Archeologica del Ponterotto sarà a sua volta collocata in adiacenza nella zona naturalistico-sportiva della Botte, alla Botte. Lì accanto passa anche la maxi-pista ciclabile (in questo tratto già pronta) che dalla sorgente all'Arno corre accanto al corso del Pesa (oltre 50 chilometri).

venerdì 9 settembre 2011

UN ROSTRO TESTIMONIA LA BATTAGLIA DELLE EGADI

UN ROSTRO TESTIMONIA LA BATTAGLIA DELLE EGADI
SALVATORE FALZONE
La Repubblica 23-08-11, PALERMO

TIRAVA un brutto libeccio il 10 marzo 241 avanti Cristo tra le isole Egadi e la costa trapanese. Quel giorno l' audace ammiraglio Lutazio Catulo riuscì a sbloccare una situazione bellica che sembrava destinata alla paralisi. Le due flotte, quella romana e quella cartaginese, si fronteggiavano ormai senza alcuna prospettiva, quando il fiuto e l' ostinazione del condottiero resero micidiale l' agguato dei romani, costringendo i nemici a una rapida ritirata. Lo scontro, che risolse l' estenuante prima guerra punica, avvenne a poche miglia a nord-ovest di Capo Grosso, estremità settentrionale di Levanzo, proprio nelle acque dove sabato scorso è stata compiuta l' ultima operazione di scavo subacqueo guidata da Sebastiano Tusa: il recupero di un altro rostro, che va ad aggiungersi a quelli già rinvenuti e che «ci dà la certezza - spiega lo steso Tusa, Soprintendente di Trapani - che il luogo della battaglia fu a circa tre miglia a nordovest di Levanzo. Un' altra pagina di storia importate per il nostro passatoè stata dipanata grazie all' azione coordinata della Regione Siciliana e della Fondazione statunitense Rpm Nautical Foundation di George Robb con la direzione scientifica dell' archeologo Jeff Royal». Ricercando sistematicamente in quello spazio di mare con l' aiuto delle tecnologie sofisticate di ricerca oceanografica, gli archeologi hanno fatto ancora centro. «I rostri - continua Tusa - sono i veri protagonisti di quella battaglia. Si tratta di elementi in bronzo applicati alla prua delle navi da guerra, dotati di lame che penetravano nelle fiancate della navi nemiche affondandole. Erano applicati principalmente alle trireme, nave da guerra tra le più diffuse nell' antichità dall' epoca greca arcaica». Ma come viene effettuata, concretamente, una ricognizione del genere? «Grazie alla nave Hercules, fornita delle più aggiornate dotazioni tecniche funzionali alla ricerca archeologica. La nave viene posizionata laddove vogliamo grazie a un sistema automatico che, una volta impostata la rotta o la posizione da mantenere, la mantiene con precisione millimetrica grazie al collegamento satellitare costante che guida direttamente i motori ed il timone. La nave, dotata di tale sistema satellitare automatico di posizionamento, possiede quattro eliche indispensabili per mantenere con esattezza rotta e posizione reimpostata. Questa fattore è determinante per effettuare una ricognizione sistematica dei fondali». Perché? «Perché permette il posizionamento preciso di tutti i bersagli identificati e la possibilità di coprire con esattezza la superficie marina senza il timore di ripassare su aree già esplorate». La prima fase della ricognizione- spiega il Soprintendente- ha visto l' utilizzazione del sonar a scansione laterale che consente di "disegnare" la morfologia del fondale grazie ad emissioni acustiche emanate da un trasduttore installato su un supporto subacqueo trainato detto "pesce" fatto "volare" a distanza controllata dal fondale. «L' immagine desunta dall' eco di riflessione emesso dal trasduttore è decodificata su uno schermo video o stampata su una striscia di carta termica registrando tutte le anomalie del fondale e gli ostacoli incontrati che potrebbero celare elementi di carattere archeologico». E la seconda fase? «È quella - conclude Tusa - che serve ad analizzare con l' occhio umano i bersagli archeologici individuati per comprenderne l' esatta natura o con l' immersione diretta dell' operatore subacqueo archeologo, in basso fondale, o con i veicoli sottomarini a comando remoto».

domenica 4 settembre 2011

Antichi Sepolcri

annunciamo la creazione di un blog specifico per la pubblicazione di testi, foto e disegni di antichi sepolcri.
http://antichisepolcri.blogspot.com
dal questo blog riportiamo il seguente disegno:

cerimonia funebre da un vaso greco.