sabato 3 dicembre 2022

Quando l'Europa è diventata cristiana (312-394)

Quando l'Europa è diventata cristiana (312-394)

Costantino, la conversione, l'impero



Paul Veyne


Garzanti, Milano, 2017


La conversione di Costantino al cristianesimo è uno degli avvenimenti decisivi della storia mondiale. Nel 309 e nel 311 due feroci persecuzioni avevano provocato migliaia di vittime tra i seguaci del nuovo culto e solo una piccola percentuale degli abitanti dell'immenso impero era di religione cristiana. Ottant'anni dopo il paganesimo sarebbe stato vietato, scomparendo per sempre dalla storia. Paul Veyne individua le ragioni di quella svolta epocale: le cause storiche, che affondano le radici nella situazione politica dell'impero romano; ma anche le motivazioni personali, radicate nella psicologia di un sovrano che si riteneva il salvatore dell'umanità e che fu dunque in grado di compiere un gesto di straordinaria audacia. Questo studio ricostruisce la cornice di quella rivoluzione politica, culturale e religiosa, e ne analizza le conseguenze. La cristianizzazione dell'impero seguì un cammino tortuoso, che portò alla sintesi tra due sistemi di valori, cambiando profondamente sia la romanità sia la Chiesa, che convertì milioni di persone senza fare martiri. Ma quel processo lasciò anche cicatrici profonde: l'antisemitismo cristiano iniziò proprio allora a sedimentare i suoi veleni. Senza dimenticare che quegli eventi così lontani nel tempo riverberano ancora nel dibattito politico, come conferma la discussione sulle radici cristiane dell'Europa. Una visione documentata e a tratti provocatoria  sul rapporto tra ideologia e religione, monoteismo e psicologia, tra storia e politica.


venerdì 2 dicembre 2022

L'arte racconta il diritto e la storia di Roma

L'arte racconta il diritto e la storia di Roma



Lauretta Maganzani


Pacini giuridica, Pisa, 2016


Un’originale iniziativa editoriale: per la prima volta insieme la storia giuridica di Roma antica e la storia dell'arte, dal Medioevo ai nostri giorni, vengono narrate specularmente in una sequenza di capolavori pittorici. Essi accompagnano il lettore in un itinerario storico, giuridico e artistico capace di svelare le radici più profonde della cultura occidentale, ma anche delle sue più perverse degenerazioni. Dal XII secolo fino alla rivisitazione fascista, il mito di Roma mater legum viene presentato da una studiosa di Diritto romano, con l'aiuto di alcuni studenti, attraverso lo sguardo dei pittori di ogni epoca, fedeli interpreti delle fonti antiche, ma anche capaci di rendere Romolo, Cesare, Giustiniano protagonisti simbolici dei loro tempi. Immergersi in quest'opera è un po' come raccogliere la sfida lanciata dalle giovani generazioni dei 'nativi digitali', incontrandoli sul loro stesso terreno e offrendo loro un nuovo stimolo culturale. Un’opera che ci rende contemporanei della nostra storia.


giovedì 1 dicembre 2022

Dèi e uomini nella Città

Dèi e uomini nella Città

Antropologia, religione e cultura nella Roma antica


Maurizio Bettini

Carocci Editore, Rima, 2015


Il volume accompagna il lettore in un appassionante viaggio attraverso aspetti meno consueti, ma non per questo meno rilevanti, che caratterizzano la cultura dei Romani: il modo in cui essi immaginarono la fondazione della loro Città, assimilandola a un vero e proprio atto cosmogonico; l'apertura che caratterizzava la loro religione, che permetteva di identificare una divinità straniera con una divinità propria; il rituale che caratterizzava il funerale gentilizio, tale da combinare epica solennità e derisione del defunto; la sorprendente "biografia" della divinità più strettamente legata alla vita familiare romana, il Lar; l'origine e il significato della nozione di auctoritas, che i Romani legavano strettamente alla capacità di attribuire "crescita" e successo alle azioni che si intraprendono; infine. la singolare posizione ricoperta dai nati per mezzo del cosiddetto "parto cesareo", una pratica che ha radici non solo nelle progressive acquisizioni della tecnica chirurgica, ma anche nel mito e nella credenza. Passo dopo passo, la sequenza dei capitoli permette di scoprire una Roma di cui non si sospettava l'esistenza.


Nel capitolo intitolato “Perché i Romani non Ebbero una cosmogonia?” l'autore scrive:

“per comprendere una cultura, certe volte sia più utile riflettere sulle assenze che non sulle presenze. “

sulla  mancanza di miti cosmogonici afferma “...Che cosa può spingere noi moderni a pensare che anche i romani devono per forza averne avuti. O piuttosto Siamo noi che, eredi (anche inconsapevoli) di una cultura creazionista, Non ci rassegniamo all'idea che un popolo, soprattutto se antico, possa fare a meno di un racconto sull'origine dell'uomo o del mondo?  .. gli abitanti di questa città pensavano in un modo diverso da quello che ci si aspetterebbe da loro. “

sempre sul tema  nel “... passato mitico di Roma non ci sono racconti di tipo antropogonico, ossia  riflessioni narrative sull'origine dell'uomo. … i romani non hanno mai fondato il loro prestigio o la loro identità sul fatto di essere stati i primi da qualche parte... Il racconto Romano riguarda invece gli inizi relativi alla donna in Roma. Il ratto delle Sabine illustra l'avvento della donna non, in assoluto, nel mondo dei maschi, ma all'interno di una Civitas in cui, al momento, ci sono solo maschi: e i tratti culturali che questo racconto definisce non sono quelli dell'essere umano femminile, ma quelli della futura moglie e madre Romana. anche nel caso della donna, Insomma, come in quello dell'uomo, il racconto sulle origini non riguarda il mondo in generale E gli esseri che lo popolano, Ma la città. è sempre dentro la cornice civica che inizi dei romani prendono il loro senso.”



mercoledì 30 novembre 2022

Prima delle nazioni

Prima delle nazioni

Popoli, etnie e regni fra Antichità e Medioevo


Stefano Gasparri


Nis la nuova italia scientifica, Roma, 1997


Nei secoli che segnano il passaggio dall'Antichità al Medioevo - tra i meno familiari alla cultura italiana - si vennero configurando alcune delle peculiarità della storia europea.

Questo libro analizza uno degli aspetti più interessanti di tale periodo: le profonde trasformazioni etniche che mutarono radicalmente il quadro politico europeo, occidentale e mediterraneo, rispetto all'Antichità.

L'analisi prende le mosse dalle etnie indigene il cui risveglio, spesso in rapporto con le correnti più estremistiche  del pensiero cristiano, scosse l'Impero romano nei suoi ultimi secoli, dall'Africa alla Gallia, dalla Spagna alla Britannia, accelerandone  la fine.

L'arrivo nell'Occidente romano delle popolazioni germaniche determinò la formazione, tra gli altri, dei regni ostrogoto, longobardo, franco e visigoto, al cui interno, accanto all'elemento romano e a quello germanico, continuarono a vivere, in alcuni casi, anche le culture indigene preromane. Infine, la grande costruzione dell'Impero carolingio unificò, sia pure per breve tempo, un'area territoriale molto vasta, completando l'integrazione delle etnie germaniche a nord delle Alpi e ad est del Reno, e fornendo le sue fondamentali caratteristiche unitarie all'Europa occidentale; dalla dissoluzione di questo impero dovevano nascere tre grandi nazioni: Francia, Germania e Italia. I diversi popoli e le loro faticose, e talvolta effimere, costruzioni politiche, sono, dunque, i protagonisti di questo volume, che tenta di ripercorrere la preistoria delle future nazioni europee alla luce di un approccio che tiene presenti i risultati della ricerca etno-antropologica e dell'archeologia


da pagina 29

… Alla vigilia del grande scontro di Adrianopoli nel 378 tra Visigoti e truppe Imperiali. in quell'occasione, operai e tecnici delle Miniere d'oro della Tracia passano dalla parte dei Visigoti, mostrando loro i percorsi più favorevoli Per compiere  scorrerie in territorio Romano. nel 406, poi, i “nemici di Pannonia”,  come li definì san girolamo in una famosa lettera, cioè i provinciali pannonici ( contadini e schiavi), si unirono al diluvio ti genti barbariche - Vandali, eruli, burgundi e tanti altri - che sfondò il confine Imperiale su Reno e dilagò in Gallia.


Quelli del 378 del 406 furono però episodi limitati, e quindi non è giusto enfatizzarne la portata, come faceva la storiografia marxista Sovietica di 40 o 50 anni fa, parlando a sproposito dei sintomi evidenti di una “rivoluzione degli schiavi” che avrebbe portato alla caduta stessa dell'”impero schiavistico” di Roma.


martedì 29 novembre 2022

Iudaea capta

 Iudaea capta

Il ruolo dell'élite ebraica nella rivolta contro Roma (66-70 d.C.)



di Martin Goodman


Ecig, Genova, 1995


Nel mese di Ab del 70 d.C., Gerusalemme, dopo una cruenta e, da ultimo, strenua resistenza, soccombeva all'irriducibile impero del figlio di Vespasiano, il futuro imperatore Tito: quattro anni erano passati da quando, in un crescendo di malintesi, provocazioni e ripicche, l'artificiale classe dirigente ebraica - composta di speculatori ed ex-favoriti erodiani - si era aggrappata al potere sposando la causa antiromana di una popolazione stremata dai tributi e impoverita dall'ottusa avidità di questa elite. Cosa aveva scatenato la rivolta? Perché uno scherzo da ragazzi aveva innescato un evento cruciale della storia? Numerose e controverse sono le spiegazioni avanzate nel corso dei secoli, a cominciare dalla nostra principale fonte storica, Giuseppe Flavio. Martin Goodman ne dimostra qui l'insufficienza e formula qui una nuova tesi: il catalizzatore della rivolta fu l'incapacità di governo dei ricchi ebrei cui i Romani avevano affidato, nel 6 d.C., sulla scorta di pregiudizi precedenti, l'amministrazione della nuova Provincia. Basandosi su un'analisi minuziosa delle fonti e delle più recenti scoperte archeologiche, egli rende conto delle incongruenze testuali e interpretative, spiegando, in un contesto coerente, la vana sicurezza e l'infelice scelta politica dei governanti di Gerusalemme, le oscure faide che dilaniarono la città durante l'assedio, le "amnesie" e le nascoste "verità" dell'autore del Bellum Iudaicum, nonchè il dispiegarsi delle ideologie di fronte ad un evento che rimane centrale non solo per la storia ebraica, ma anche per la comprensione delle origini del cristianesimo e della struttura amministrativa dell'Impero romano.


da pagina 121:

La maggioranza degli ebrei della Giudea del primo secolo dopo Cristo aveva, Tuttavia, un estremo bisogno di una teologia che venisse loro incontro: alcuni trovarono, così, sollievo elevando la propria segregazione del mondo a reazione ideologica positiva al disordine sociale. ...

la segregazione volontaria e ostentata da ogni forma di società era considerata un comportamento Pio.

da pagina 122:

Molti poveri diavoli cercarono, agli inizi degli anni sessanta dopo Cristo, la salvezza e la fine dei loro tormenti nel deserto: alcuni di questi potrebbero esserci dati alla vita selvatica in attesa di una guida messianica.

 


giovedì 24 novembre 2022

Il fuoco Sacro di Roma

 Il fuoco sacro di Roma - Vesta, Romolo, Enea



Andrea Carandini

Editori Laterza,  Bari, 2015

A Roma la dea del fuoco pubblico era Vesta. Il suo culto è stato istituito probabilmente da Romolo intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Due secoli dopo Roma incoraggia su questo fuoco pubblico un mito fondativo più cosmopolita: sarebbe stato portato nel Lazio da Enea, che lo avrebbe salvato da Troia in fiamme. Il fuoco dei Romani è stato spento e riacceso dalle vestali ogni primo giorno di marzo nel corso di 1150 anni. Le sei sacerdotesse, strappate da bambine alla famiglia, dovevano conservarsi illibate per almeno trent'anni. In compenso veniva loro riconosciuto un rango elevatissimo ed erano le sole donne che a Roma possedessero una piena capacità giuridica. Andrea Carandini e la sua scuola hanno ricostruito il santuario di Vesta e parte del circondario, contribuendo in modo fondamentale alla comprensione del centro sacrale, istituzionale e culturale della città-stato. Grazie a uno scavo durato un trentennio è stato possibile analizzare la radura o lucus di Vesta, i luoghi di culto dei Lari, di Marte e Ops, di Giove Statore, e conoscere le capanne e le case delle vestali, dei re e dei massimi sacerdoti della città-stato. 

Raccontare la storia di questo cuore urbano a un vasto pubblico è la ragione del libro. Non sarà più possibile una storia di Roma che ignori le scoperte di questo scavo condotto alla pendice settentrionale del Palatino.

" il mondo antico è stato inteso come secolare perché vi mancava una chiesa teocratica, dogmatica, monolitica, coercitiva e il suo corteggio di preti. " pagina 105