mercoledì 29 aprile 2009

L’Ager Tiberinus e un Ercole tutto da venerare

L’Ager Tiberinus e un Ercole tutto da venerare
di Nica Fiori
IL GIORNALE n. 102 del 2009-04-29 pagina 8

Villa Adriana mette in mostra una parte poco conosciuta dei suoi tesori archeologici
L’Ager Tiburtinus, ossia l’antica Tivoli, è sempre stato un luogo affascinante dal punto di vista paesaggistico, tanto che già in età tardo imperiale vi si erano insediate numerose ville. Questa vocazione raggiunse il massimo splendore con la costruzione di Villa Adriana, le cui architetture si ispirano a luoghi visitati da Adriano (117-138) nei suoi molteplici viaggi. Questo complesso archeologico, che tutto il mondo ci invidia, stranamente ha subito negli ultimi anni un calo progressivo dei visitatori, tanto che nel 2008 si sono registrate 263.000 presenze contro le 318.000 del 2000. La mostra «Frammenti del passato. Tesori dall’Ager Tiburtinus» (fino al primo novembre nell’antiquarium del Canopo di Villa Adriana), ci si augura possa favorire un incremento turistico, in quanto propone un’ottantina di reperti per lo più inediti, finora conservati nei magazzini della Soprintendenza. Sono vere novità archeologiche, dovute a scavi recenti nell’area della Palestra di Villa Adriana, che forse doveva essere un iseo-serapeo. Da qui provengono diversi pezzi, tra cui una bella sfinge acefala in marmo cipollino, che sottolineano l’influenza che ha avuto la cultura egizia su Adriano. Sempre dalla Palestra, così chiamata per le statue di atleti trovate nel ’700, provengono un bellissimo torso virile nudo e una statua frammentaria di Artemide. L’altro materiale proveniente da Villa Adriana, pertinente alla sua decorazione architettonica, anche se frammentario dà l’idea della raffinatezza della progettazione adrianea. Si tratta di architravi di marmo bianco scolpiti con eroti, delfini, cesti di frutta, ma anche pilastri e capitelli, antefisse e fusti di candelabro relativi agli edifici riservati all’imperatore. Un ritratto di Caracalla giovane testimonia l'utilizzo della villa, dopo la morte di Adriano, anche da altri imperatori.
Tra i reperti provenienti dalle altre ville e domus dell’Ager Tiburtinus, sono significative dal punto di vista storico alcune testimonianze epigrafiche, come quella relativa al senatore Numonio Vala, e le fistule in piombo per la conduzione dell’acqua con i nomi dei fabbricanti e a volte dei proprietari. Coppe di ceramica ricordano come l’antica Tibur fosse un importante centro per la produzione della ceramica.
Di grande interesse sono le meravigliose statue frammentarie rappresentanti Ercole, la più importante divinità venerata a Tivoli. Proprio nel santuario di Ercole Vincitore si stanno effettuando dei lavori per il restauro e il riuso del teatro, che quanto prima sarà inserito nell'itinerario archeologico di Tivoli.

domenica 26 aprile 2009

Ultimi ritrovamenti nel santuario del guerriero

Ultimi ritrovamenti nel santuario del guerriero
CARLO ALBERTO BUCCI
DOMENICA, 26 APRILE 2009 LA REPUBBLICA - Roma

Un monumentale muro laterale del tempio è emerso dagli scavi. Prima di nuovi restauri

Come se dopo secoli di oblio avesse conservato ancora qualche stilla della mitica forza del dio che gli ha dato il nome e la fama, il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli si sta scrollando di dosso cumuli di terra e di cemento. Per mostrare l´inedita, potente struttura del muro laterale del tempio: un alzato lungo 21 metri e alto più di sei. Ma i lavori di scavo iniziati nel 2008 hanno riportato alla luce, lì a fianco, anche la gradinata del teatro con vista mozzafiato su Roma che, scoperto negli anni Cinquanta, era stata protetta da una copertina di cemento. E una sonda è scesa fino a 12 metri sottoterra per rilevare che nei sei livelli di terrazzamenti affacciati sull´Aniene ci sono ambienti, volte e storie ancora da esplorare.
Le indagini - condotte dall´archeologa Maria Grazia Fiore della Soprintendenza del Lazio, mentre a dirigere i lavori c´è l´architetto Maria Picarreta, della Direzione regionale del Lazio – servono a restituire visibilità e funzione al meno noto tra i gioielli di Tivoli, famosa per le ville d´Adriano, Gregoriana e d´Este. Le tre principesche dimore e il tempio di Ercole fanno del resto parte dell´intesa per la gestione integrata tra ministero Beni culturali e Fai che verrà siglata il 20 maggio.
Ma le benne degli operai non sacrificheranno le strutture ottocentesche per andare a ripescare le vestigia dell´edificio innalzato nel secondo secolo avanti Cristo sul colle che s´affaccia sul fiume. E questo perché il progetto del "Polo Tiburtino" prevede per il santuario intitolato al dio guerriero e protettore dei commerci il rispetto totale dell´archeologia, anche quella industriale. Sulle rovine dei 3000 metri quadrati di estensione del santuario d´età repubblicana che, gemello di quello di Palestrina, circondava con un grande porticato il tempio, sorsero a partire dal XVI secolo una villa e un convento; quindi, fu Luigi Bonaparte a installarvi una ferriera e una cartiera le cui acque di scarto servirono in seguito a dare energia, a valle, al vecchio molino della Pantanella. Alla fine dell´Ottocento, il mastodontico muro del tempio veniva usato per il contenimento delle vascone dell´Enel.
A Tivoli la teatrale, suggestiva integrazione tra remoti culti pagani e resti dell´industria ai suoi albori, che a Roma ha visto la luce con l´allestimento nella centrale Montemartini, ha un´origine più antica e radicata. E rimarrà come tratto costitutivo del progetto di rinascita del santuario che, redatto dalla Direzione regionale del ministero, prevede il ritorno degli spettacoli nell´anfiteatro liberato dal cemento, la messa in mostra dei reperti in un antiquarium, servizi d´accoglienza, un bookshop. Infine, la valorizzazione delle vecchie fabbriche che hanno inglobato (in parte salvato) il dominio di Ercole.

venerdì 24 aprile 2009

Un teatro romano sotto la Borsa

Un teatro romano sotto la Borsa
Annachiara Sacchi
Corriere della Sera - Milano, 19/07/2006

Verranno riprodotti le voci degli attori e gli odori del 1 secolo dopo Cristo. Recuperato dalla Camera di Commercio e dall'Università Cattolica

Gioiello archeologico. Alla fine del restauro recite virtuali di tragedie classiche.
Dopo due anni di scavi sotto la Borsa e la Camera di Commercio, torna alla luce un teatro romano del primo secolo dopo Cristo. Da dicembre, sarà possibile visitarlo tra percorsi guidati e ricostruzioni interattive. E rivivere i tempi di quando si esibivano mimi e acrobati, si rappresentavano le tragedie di Eschilo e le commedie di Plauto, l'acqua riempiva l'orchestra e avevano inizio le naumachie, le battaglie navali.
Oltre mezzo milione di euro investiti, un lungo periodo di studi ed esami, infine la scoperta: l'ossatura delle gradinate (un sistema di muri radiali) destinate a un pubblico che andava dalle 4 mila alle 9 mila persone.
La zona sarà aperta al pubblico. Una passerella trasparente permetterà di camminare sopra le mura.

Realizzato nel I secolo dopo Cristo, poteva ospitare 9 mila spettatori. I lavori finanziati dalla Camera di Commercio. L'ingresso sarà gratuito
Milano scopre un teatro romano sotto piazza Affari

Restaurato un tesoro archeologico. Verranno ricostruite le tragedie classiche: voci e immagini grazie a un computer
Una scala porta sottoterra. Buio. Sopra, i marmi della Borsa, le voci degli agenti che comprano e vendono titoli. Sotto, gli archeologi che scavano tra mura antiche venti secoli, tra le gradinate da cui il pubblico applaudiva attori e saltimbanchi. C'è un teatro romano a Milano, sotto piazza Affari. Lì si esibivano mimi e acrobati, si rappresentavano le tragedie di Eschilo, le commedie di Plauto. L'acqua riempiva l'orchestra e avevano inizio le naumachie, le battaglie navali. Era il teatro dei milanesi del primo secolo dopo Cristo. Da dicembre, tra percorsi guidati e ricostruzioni interattive, sarà possibile visitarlo.
I lavori sono stati appena ultimati. Dopo due anni di scavi (e un secolo e mezzo di ricostruzioni storiche, datazioni approssimative e piccoli ritrovamenti), sarà aperto al pubblico quanto rimane del teatro romano ritrovato sotto la Borsa e la Camera di Commercio. Il «Gigante», come lo definì Pompeo Castelfranco, l'archeologo che per primo lo identificò alla fine del XIX secolo.
La Camera di Commercio — i resti si trovano sotto la sede di Palazzo Turati, in via Meravigli, a circa dieci metri di profondità rispetto alla strada — ha affidato l'operazione di recupero agli archeologi dell'Università Cattolica. Oltre 500 mila euro di investimento, anni di studi ed esami (cominciati nel 2004), quindi la scoperta: l'ossatura delle gradinate (un sistema di muri radiali) destinate a un pubblico che andava dalle 4 mila alle 9 mila persone. Un teatro di medie dimensioni per i circa 25 mila abitanti della Milano romana, una città di circa 20 ettari.
Strumenti di precisione, migliaia di archiviazioni e un mosaico fatto di piccoli, innumerevoli frammenti. Così gli esperti (professori, ricercatori, dottorandi) hanno svelato il grande mistero che avvolgeva il teatro, la data di costruzione. Enigma risolto: tra il primo secolo avanti Cristo e il primo dopo Cristo. Piena età augustea.
«Finalmente — spiega Furio Sacchi, responsabile del progetto — siamo riusciti a datare con certezza quanto rimane del teatro. Un altro tassello della Milano romana si aggiunge all'anfiteatro di via De Amicis, usato per la caccia alle belve, al museo archeologico di corso Magenta, a San Lorenzo».
Tutta la zona di scavo (ingresso da via San Vittore al Teatro, e il nome non è un caso) sarà aperta al pubblico. Una passerella trasparente permetterà di camminare sopra le mura. Ma non sarà una visita asettica, destinata a pochi estimatori dell'età classica. In programma c'è una sorta di viaggio sensoriale: proiezioni tridimensionali illustreranno le rappresentazioni, saranno riprodotte le voci degli attori (rigorosamente in latino) e gli odori del tempo (così promettono dalla Camera di Commercio). Pannelli illustrativi e opuscoli (uno interamente dedicato alle scuole) guideranno il visitatore lungo il percorso. L'ingresso sarà gratuito.
«Sappiamo da un'epigrafe — continua l'archeologo — che erano rappresentate anche le tragedie di Eschilo. Erano seguite da un pubblico colto, anche se il teatro era aperto a tutta la società romana, sia ai nobili che alla gente comune. Per esempio, piacevano molto le storie tragiche, particolarmente cruente. Ma anche gli spettacoli di acrobati, i giochi pirotecnici. Una fonte del IV secolo parla di battaglie navali nel teatro di Milano». La struttura funzionò fino agli inizi del V secolo, quando Milano, capitale dell'impero, riceveva la corte. Poi, tra V e VI i Padri della Chiesa si opposero alle rappresentazioni e cercarono di chiuderla. «Grazie alla Camera di Commercio e al supporto della Sovrintendenza — conclude Sacchi — abbiamo scoperto un monumento fondamentale per Milano».
Gli archeologi della Cattolica hanno raccolto informazioni anche sul quartiere intorno al teatro: case dai ricchi pavimenti, sedi di funzionali dell'impero. Le fonti medievali ricordano che, ancora poco prima della distruzione all'epoca di Federico Barbarossa, sulle gradinate del teatro i milanesi si sedevano per prendere decisioni importanti. Successivamente, sui ruderi dell'edificio, furono costruite due chiese destinate a due potenti corporazioni: i falegnami e i sarti.
Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio, aggiunge: «Vogliamo rendere disponibile al pubblico i resti del teatro romano perché crediamo che palazzi e istituzioni siano di tuti. È un contributo della Milano nodo globale del terzo millennio, a Mediolanum, la terra di mezzo romana».

“Venite con me, vi farò varcare le porte di Augusta Taurinorum”

“Venite con me, vi farò varcare le porte di Augusta Taurinorum”
MARINA PAGLIERI
La Repubblica (Torino) 22/07/2006

Domani per la prima volta dopo i lavori di recupero si potrà passeggiare con l'archeologo nell'area della Torri Palatine. Parte alle 10.30 la visita guidata organizzata dai Servizi didattici del Museo di Antichità attraverso il cuore di Torino, lungo un percorso che riassume stratificazioni e sovrapposizioni dall'età romana in poi. Visita che noi abbiamo compiuto in anteprima e vi raccontiamo. L'appuntamento è alla biglietteria del Museo, in via XX Settembre 88, ad attenderci l'archeologa Patrizia Petitti. Ci si ferma a osservare ciò che resta di un tratto di mura romane, dell secolo dopo Cristo, edificato sovrapponendo con la malta ciottoli di fiume e mattoni, e si osserva la base quadrata di una torre. La prima tappa è il nuovo bastione che si affaccia su corso Regina Margherita, ricostruito sul luogo dove sorgeva la fortificazione seicentesca, poi abbattuta nell'800. Dove in un tempo abbastanza recente c'era un parcheggio selvaggio per i carretti degli operatori del mercato, camuffato con una sorta di allestimento scenografico, è sorto ora un terrapieno su cui si può salire, dotato di camminamento. «Dell'antico tracciato difensivo rimangono i due bastioni dei Giardini Reali e qualche tratto di mura, per il resto il percorso fortificato fu smantellato in epoca napoleonica perché giudicato inutile» dice l'archeologa. Ci si avvia verso la Porta Palatina e, grande emozione, vi si passa sotto. Non era mai successo, in tempi moderni. La porta, insomma, è di nuovo una porta: per anni è stata off limits, circondata da auto e furgoni, ancora quelli del mercato di Porta Palazzo. La Porta Palatina, una delle meglio conservate tra quelle romane ancora in piedi, reca i segni di vari restauri, il più consistente fu all'inizio del ‘900 quello dell'architetto e studioso Alfredo d'Andrade. L'archeologa mostra la fascia in marmo di Foresto, originale del periodo romano, e le prese d'aria in pietra di Gassino, quelle invece moderne, il doppio fornice negli archi riservati ai carri e alle persone («La sera si chiudeva il passaggio con delle grate e iniziava il presidio notturno»), e ciò che resta della «statio», Era una costruzione difensiva addossata al lato sud della Porta, fornita di un cortile interno («cavedio»), dotata di camminamento di ronda e poi demolita. Si percorre il «basolato» ricostruito sull'antico «cardo», una delle direttrici principali della città romana (che si incontra più avanti con il «decumano», che corrisponde all'attuale via Garibaldi), ci si ferma ad ammirare il restauro della tardo medievale Casa del Pingone («Un restauro interessante che mette in evidenza le sovrapposizioni operate nel corso del tempo»), di lì si passa in via Conte Verde, dove è stato ricostruito un piccolo «ambiente termale» romano, e in via Tasso, per osservare un isolato dall'impianto medievale. «Questa parte di visita può essere più o meno estesa, dipende dalla richiesta e dagli interessi dei partecipanti, se qualcuno lo desidera arriviamo fino a Palazzo Madama e alla sua Porta Decumana» spiega Patrizia Petitti. Poi si torna nell'area archeologica, si ammira lo skyline determinato dalla successione degli edifici (in questa nuova visione d'insieme, perfino il Palazzo dei Lavori pubblici ha assunto una nuova dignità, non è poi così male), ci si ferma di fronte al mosaico del XII secolo rintracciato nell'antica basilica di San Salvatore, di fianco al Duomo, si visita il Teatro romano (scoperto ancora da D'Andrade durante i lavori per la costruzione della Manica nuova di Palazzo Reale) e si entra infine nel Museo di Antichità. Lì si compie un breve percorso tematico, alla ricerca dei reperti di area torinese collegati con ciò che si è appena visto. E lì la visita termina: vi rimarranno ancora tante curiosità, però certo avrete le idee più chiare e ne saprete di più. Il tutto dura dalle due ore alle due e mezzo e vi costa 6 euro: ne vale assolutamente la pena (prenotazioni allo 011/4396140, appuntamento ogni domenica alle 10,30 fino al 1° ottobre).

Colosseo. Stendhal rapito da quelle rovine

Colosseo. Stendhal rapito da quelle rovine
Sabato 22 Luglio 2006 , Il Messaggero

“Il Colosseo offre tre o quattro punti di vista completamente diversi l’uno dall'altro. Il più bello è forse quello che si presenta al curioso quando è sull'arena dove combattevano i gladiatori, e scorge quelle immense rovine che gli sorgono dinanzi tutt’intorno. Quel che a me fa più impressione è questo cielo d’un azzurro così puro che appare attraverso le finestre della parte superiore dell'edificio”. L’ha scritto Stendhal nelle sue “Passeggiate Romane”, impressionato dal monumento simbolo di Roma, dove furono celebrate con combattimenti sanguinosi, vittorie militari, feste religiose, anniversari.
Era il posto preferito dai romani, affamati di spettacoli cruenti. Circa 70mila spettatori urlanti seguivano eccitati i gladiatori che si sfidavano in duelli all'ultimo sangue: Reziari, con reti e tridenti, contro Mirmilloni; Sanniti, con la spada corta, contro Traci, con scudo e gladio. In uno solo, voluto dall'imperatore Traiano e durato 117 giorni consecutivi morirono 10mila gladiatori. Qui venivano montate incredibili scenografie per rendere eccitanti i combattimenti che duravano dall'alba fino spesso a notte fonda. I più sanguinosi, le sportule , inventate dall'imperatore Claudio, consistevano in mischie furibonde di centinaia di gladiatori tutti contro tutti dove la strage doveva compiersi nel più breve tempo possibile. Sotto l'arena un labirinto di sotterranei ospitava gladiatori e belve: in quei gironi infernali tra urla e ruggiti, attendevano di emergere alla luce abbagliante dell'arena, dove li aspettava il pubblico in delirio. All’anfiteatro sono legate le feroci persecuzioni dei cristiani, interrotte da Costantino. Il Colosseo ospitava lotte tra animali ( venationes ), l'uccisione di condannati da parte di animali feroci o altri tipi di esecuzioni ( no xii ), combattimenti tra gladiatori ( munera ). In principio si svolsero anche battaglie navali ( nau machie ). Per l’inaugurazione, si svolsero giochi per 3 mesi, morirono circa 2.000 gladiatori e 9.000 animali.

Dagli scavi affiora un antico tempio

Dagli scavi affiora un antico tempio
Corriere Adriatico 23/07/2006

OSTRA VETERE - Risultati scientifici di alto profilo sono scaturiti dalla campagna di scavi sul sito della città romana di Ostra, conclusasi nei giorni scorsi: alla luce i resti di un tempio posto su un elevato podio con tre scalinate di accesso, e una serie di sepolture tardo-antiche o altomedioevali con resti di scheletri di adulti e bambini che saranno inviati a Ravenna, in un laboratorio specializzato in indagini antropologiche, il che consentirà di approfondire le conoscenze sul rapporto fra le aree di Ostra e Suasa con riguardo ai gruppi umani che frequentarono i luoghi anche dopo la decadenza delle due città.
Il professor Pierluigi Dall'Aglio del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Bologna, l'architetto Marco Traù della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche ed il sindaco di Ostra Vetere Massimo Bello hanno presentato ufficialmente gli esiti degli scavi compiuti nell'area archeologica, chiusisi dopo due intense settimane di lavoro. Il professor Dall'Aglio, che ha condotto le operazioni in sito unitamente al collega professor De Maria, ha riferito sugli elementi conoscitivi e scientifici raccolti: quello che appariva, per i pochi resti fuori terra, un edificio sacro si è confermato per tale non appena si è iniziato a indagare più in profondità.
E' affiorato così dopo secoli così un tempio di discreta imponenza, affacciato direttamente sul foro, e al quale si accedeva da tre scalinate, una centrale e due laterali. La prospettiva, ha detto Dall'Aglio, è adesso quella di approfondire le indagini negli anni prossimi, cercando di portare alla luce anche l'area del foro, con l'obiettivo poi di iniziare a indagare la parte residenziale della città. Una scoperta che ha emozionato tutti a Ostra Vetere e che sicuramente permetterà di ricostruire la vita degli antenati nei minimi dettagli.
Quanto alle sepolture all'interno delle quali sono stati recuperati moltissimi reperti ossei, il docente dell'ateneo felsineo ha attestato che dovrebbe trattarsi di tombe realizzate in età tardo antica, probabilmente attorno al V° e VI° secolo. L'architetto Traù si è invece soffermato sui riscontri delle indagini precedentemente eseguite a cura della Soprintendenza sotto la direzione scientifica del dottor Maurizio Landolfi, e che avevano permesso di riportare alla luce, nel corso della pregressa campagna di scavi, l'antico teatro: anche per quest'ultima struttura, che si presentava abbastanza vulnerabile e bisognosa di interventi, Traù ha sottolineato la possibilità che negli anni prossimi il lavoro riprenda e venga integralmente completato.
Il sindaco di Ostra Vetere Massimo Bello ha anticipato la possibilità che si riesca a stabilizzare a Ostra Vetere una summer school di livello universitario nel sito dell'antico municipio romano, grazie al rapporto sinergico felicemente innescatosi fra il comune, l'Università di Bologna e la Soprintendenza.
Il primo cittadino ha anche ribadito la volontà del comune di riottenere almeno un calco dell'imponente Traiano conservato al Museo di Ginevra, e non ha escluso che l'amministrazione comunale muova a breve scadenza passi ufficiali nei confronti del governo, chiedendo un suo intervento a questo fine.

Dagli scavi in centro sbuca l'antica città romana

Dagli scavi in centro sbuca l'antica città romana
Luisa Ciuni
Il Giorno (Milano) 27/07/2006

MILANO — Sotto gli Ottovolanti delle Varesine, in una zona da anni abbandonata e negletta, i lavori di movimento terra disposti per la riqualificazione urbana del quartiere stanno portando alla luce un ampio sito archeologico. Il campo di scavo, grande come un isolato urbano, parte da via Vcspucci, percorre in parte via Melchiorrc Gioia, corre lungo viale della Liberazione per girare in via Galilei. Oggi, chi guarda con occhio attento al di là della nuova palizzata alta quasi due metri che difende i reperti dalla vista, nota spuntare fra le erbacce e sullo sfondo dei grattacieli una lunga serie di archi in parte ancora sotto terra, alcune mura e le tracce, forse, di costruzioni successive.
Datare il materiale è difficile per un profano ma la struttura rivelata dagli scavi ed emersa da secoli di oblio sembra molto ma molto antica. C'è chi azzarda, addirittura che si possa trattare di resti tardo-romani ancora semisepolti dalla terra e dalla polvere e quindi destinati, dopo gli opportuni lavori di recupero, ad apparire molto più alti di come sembrino adesso. Lo spazio archeologico è, indubbiamente, di grandissime dimensioni, uno dei maggiori ritrovati a cielo aperto nella nostra città negli ultimi anni (probabilmente dai tempi degli scavi della metropolitana) e in mano agli esperti saprà raccontare molto delle pagine storielle che Milano ha vissuto da quando era insediamento dei Galli Insubri e poi dei romani che la chiamarono «Mediolanum» cioè «terra di mezzo» data la sua posizione strategica nella pianura e il suo essere racchiusa fra l'Adda e il Ticino come fiumi maggiori e fra il Lambro e l'Olona come corsi d'acqua di dimensioni inferiori. Pagine di cui ancora non è fatta la ricostruzione completa dato che la maggior parte della città romana è ancora nascosta nel sottosuolo o visitabile sotto varie costruzioni ottocentesche o moderne. L'insediamento venuto fuori, oltre alla sequenza di archi regolarmente distanziati e fatti di mattoni di terracotta (poi riempiti di laterizi a riprova di un uso diverso e successivo alla costruzione) mostra alcune mura anch'esse di mattoni ma di largo spessore che fanno pensare ad una cinta difensiva però non di natura militare. Ci anche sono un muretto più basso di epoca probabilmente precedente ed una serie archi ciechi che vanno a finire nella prima successione. Una novità assoluta per questa zona della città da sempre pensata come quartiere da bonificare e che, invece, sta lentamente dischiudendo i suoi tesori.
Ma analizzando bene le carte d'epoca che mostrano il decumano romano (si estendeva attorno a via Circo, all'Anfiteatro e all'attuale corso Magenta su un'asse che raggiungeva Porta Romana), si viene a scoprire che dal centro attraverso l'attuale via Manzoni (dove le vestigia imperiali sono attualmente in mostra) partiva una strada che doveva collegare Milano proprio con le zone esterne attraversando gli attuali Giardini Pubblici di via Manin e salendo verso la pianura, quindi più o meno lungo l'insediamento che è apparso in questi mesi. E' chiaro, in ogni caso, che solo l'analisi degli addetti ai lavori potrà dirci davanti a cosa ci troviamo, al di là della bellezza di quanto apparso sotto le rovine di quel vecchio e brutto parco dei divertimenti fermo da anni e da sempre rifugio di sbandati o di insediamenti volanti. Che ne sarà? Per adesso, nonostante le rovine stiano venendo alla luce alla velocità dei funghi in autunno dopo la pioggia (del primo arco emerso si parlava già in giugno ed è già stata disscpolta una struttura di almeno altri venti in pochi mesi) e mentre si lavora non si sa ancora quale sarà la destinazione di quanto emerge. Quello che è certo che una grande palizzata ne nasconde la vista ma che da via Marco Polo, nella parte a lato dell'hotel Principe di Savoia, le vestigia sono ugualmente visibili così come basta affacciarsi ad un balcone di via Melchiorre Gioia o di via Galilei per osservarle.

La necropoli romana svela i suoi segreti

La necropoli romana svela i suoi segreti
Brescia oggi 1/8/2006

Sono 36 le tombe scoperte a San Polo dopo due mesi di scavi archeologici Tornano agli onori della cronaca le tombe romane scoperte la scorsa primavera durante gli scavi per la realizzazione del Metrobus in zona San Polo. Era il 21 aprile quando emerse la copertura di una tomba romana a incinerazione. Da quel ritrovamento infatti è stata portata avanti «una campagna, di scavi sistematici che ha consentito di indagare, in circa due mesi di lavori, una necropoli ubicata subito a ovest del corso del Garza», come spiega in una nota Filli Rossi, direttore archeologo dell'ufficio bresciano della Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia. «Sono state scavate complessivamente 36 tombe (dunque tredici in più rispetto a quante erano state scoperte in un primo tempo, ndr), trentadue delle quali a incinerazione e quattro a inumazione», prosegue la Rossi. Grazie a questa scoperta «sono state ricavate utili informazioni sul rito funebre che consisteva nella cremazione dei corpi in luoghi deputati all’interno della necropoli e nel successivo seppellimento nelle fosse dei resti cremati insieme al corredo e alle offerte alimentari: sono infatti state ritrovate anche parti delle barelle funebri e di pane carbonizzato». Per quanto concerne invece le sepolture a inumazione la Rossi precisa che “riguardavano quasi esclusivamente neonati o bambini, e adolescenti. Tra i materiali di. corredo recuperati, tutti databili tra la fine del I e il II secolo d. C. si segnala la presenza frequente di coltelli e dl lucerne; inoltre brocche, ciotole e coppe dl terracotta, una bottiglia dl vetro, aghi, uno stilo, una spatola, una piccola pisside in bronzo, oggetti d'ornamento”. Ritrovamenti questi tutti estremamente significativi, tant'è che l’archeologa osserva che «la necropoli, certamente da riferirsi a un insediamento abitativo ‘minore” a sud-est di Brixia, rappresenta un dato nuovo di estremo interesse per il territorio». E’ bene inoltre ricordare che a conclusione dello scavo, coordinato da Viviana Fausti per la Cal e condotto in piena collaborazione tra la Soprintendenza archeologica, Ati Metrobus e Brescia Mobilità, i lavori per il Metrobus, «sono regolarmente ripresi».

Lo scandalo incombente delle maxi pale eoliche nel sito di Saepinum, la Pompei del Molise

Lo scandalo incombente delle maxi pale eoliche nel sito di Saepinum, la Pompei del Molise
Vittorio Emiliani
Airone, 3 agosto 2006

Arrivare al sito archeologico di Saepinum in primavera, al tramonto, è stata una delle emozioni della vita. Colpite da una luce ancora vivida le mura ciclo-piche dell'antica città romana, riportata alla luce pochi decenni or sono, sembravano anche più tenere e insieme più potenti. All'interno, la cavea del teatro si stagliava netta sormontata da casette medioevali, che il restauro aveva preservato. La visione dell'antica Saepinum, fondata dal console Nerazio Pansa con i denari riscossi dai pastori transumanti in cambio del ricovero entro le mura lungo il cammino da o verso il mare di Puglia, era stata improvvisa, quasi inattesa in mezzo a una campagna verdeggiante. Che subito mi sembrò "antica", essa pure con le siepi fiorite, altrove invece sradicate, a separare i campi. In alto sulla collina spiccava il borgo medioevale di Sepino, aggraziato e severo. Dentro le mura romane, oltre al teatro (come non immaginarvi una commedia di Plauto o una tragedia greca?), la città appariva leggibilissima coi suoi colonnati lungo il cardo e il decumano, col foro, la curia, la basilica, le mura perimetrali degli edifici principali, e poi gli impianti agro-industriali dell'epoca: il mattatoio, i frantoi del le olive, i depositi per l'olio, le lavanderie e le tintorie. Una vera città, in origine sannitica, potenziata e arricchita però in epoca imperiale, nel cuore del l'odierno Molise, vicino Campobasso. Allora Saepinum contava poche migliaia di visitatori all'anno. Ora è arrivata attorno ai centomila. Nel frattempo, terminati i restauri e manifestatasi una prima corrente di turisti, sono cominciate pure a fiorire le idee bislacche. Per esempio, un bel parcheggio asfaltato per i pullman dei gitanti proprio sotto le mura. Poi un motel a poche decine di metri da questa intatta città della transumanza. "Una siepe di lauri e qualche staccionata sono riusciti a metterle lungo le mura", commenta critico Oreste Rutigliano, consigliere nazionale di Italia nostra, che si batte da anni per Saepinum. In compenso nel borgo medioevale di Sepino, sono state restaurate dall'architetto Pasquale Parenze una antica taverna con alloggio e una dimora di pregio. Buoni esempi che si sperano contagiosi.

LE MEMORIE DI ADRIANO
Da qualche tempo però sono ben più gravi le minacce che si addensano su questo autentico gioiello dell'età romana, studiato e recuperato da Adriano La Regina quando era soprintendente archeologico in Abruzzo e Molise. Invece di tenersi caro questo antico patrimonio, si pensa di circondarlo di cose che potranno soltanto guastare il bel paesaggio che lo circonda. La montagna e l'alta collina della verde Valle del Tammaro, in cui è adagiata Saepinum è, infatti, minacciata dalla installazione di trenta torri per l'energia eolica, alte 120 metri l'una, su un crinale ben visibile, per la lunghezza di quattro chilometri. Non basta, purtroppo. Nella stessa vallata, soltanto in parte protetta da vincolo paesaggistico, la Regione Molise progetta un aeroporto con tutte le pesanti infrastrutture che esso comporta. Lì dovrebbe poi scorrere un grande asse stradale, che è palesemente il doppione di un altro già in via di completamento. E c'è un'area industriale da insediare, sempre nei pressi. Contro questo modello di sviluppo vecchio e pesante si sono opposte Italia nostra, il Wwf e numerosi comuni. Un primo risultato è stato ottenuto: una moratoria per le pale di Saepinum fino a quando il Consiglio regionale non con i resti avrà approvato il piano energetico (250 torri eoliche in luogo delle 900 preventivate). Ma le forze politiche in Regione si equilibrano nei prò e contro, e quindi la vigilanza deve continuare.
"Con una mano la Regione incentiva agricoltura doc e turismo culturale", dicono all'ufficio studi della Coldiretti a Roma, "con l'altra prò-, muove attività contro questi due settori fondamentali". "Noi siamo contrari al dilagare dell'eolico nel paesaggio molisano e altrove", afferma Stefano Masini della Coldiretti nazionale, "e favorevoli invece all'eolico e al solare diffuso, di fattoria". Il direttore regionale dei Beni culturali, Ruggero Martines, ci sta provando a estendere il vincolo paesistico a tutta la Valle del Tammaro ma incontra resistenze, anche nel viluppo di norme del Codice Urbani. Possibile che il paesaggio agrario, che si sposa benissimo col patrimonio dei centri storici e dell'archeologia, debba essere soltanto considerato come territorio in attesa di speculazione edilizia o comunque di sfruttamento intensivo e improprio?

Quella casa sulle pendici del Palatino là dove nacque l’mperatore Ottaviano

Quella casa sulle pendici del Palatino là dove nacque l’mperatore Ottaviano
ARISTIDE MALNATI
NAZIONE - Carlino GIORNO, 3 agosto 2006

SCOPERTA ARCHEOLOGICA

UNA SCOPERTA archeologica di rilevanza mondiale arricchisce la storia dell'antica Roma e in particolare irradia nuova luce su uno dei personaggi fondamentali per l'Urbe capitolina, l'Imperatore Ottaviano Augusto (63 a. C. - 14 d. C.)- Nei giorni scorsi l'equipe di studiosi diretta dall'archeologa Clementina Panella ha rinvenuto parte dei corridoi e delle stanze di un'importante abitazione borghese alle pendici del colle Palatino a Roma; gli esperti, combinando i dati archeologici con gli elementi storici riferiti dai numerosi biografi augustei, sono certi di aver riportato alla luce l'abitazione, in cui il primo Imperatore nacque.
NUMEROSE sono le statuette ed altri oggetti votivi in onore di Augusto; così come abbondanti sono i manufatti riconducibili alla vita privata di questo grande personaggio della romanità: soprattutto gli affreschi con scene dell'Augusto privato e figurine con una maschera che rimanda a lui si rivelano decisivi per l'importante attribuzione. Inoltre nei dintorni sono site altre due abitazioni dove il futuro Imperatore era solito recarsi. In un recente passato dallo stesso milieu archeologico sono stati rinvenuti i busti di importanti Imperatori romani, da Marco Aurelio (II secolo d. C.) a Costantino (IV secolo). Ottaviano gestì il difficile passaggio dalla repubblica all'impero, quando Roma era dilaniata dalle guerre civili, e ricevette 1'"imperium pro-consulare" nel 27 a. C, assumendo l'appellativo di augusto; tale titolo gli fu conferito in seguito alla battaglia di Azio (2 settembre del 31 a. C), in cui sconfisse la flotta e l'esercito di Antonio e alla sottomissione dell'Egitto, avvenuta dopo il suicidio di Cleopatra.

L'archeologia dietro l'angolo. Terme, ville, anfiteatri nella campagna del Lazio

L'archeologia dietro l'angolo. Terme, ville, anfiteatri nella campagna del Lazio
Lauretta Colonnelli
05 AGO 2006, CORRIERE DELLA SERA cronaca Roma

Presenze record di visitatori nelle aree archeologiche di Roma. Ma ce ne sono innumerevoli anche nelle altre provincie del Lazio, alcune famose, altre meno conosciute. Tra queste ultime ne esistono di molto importanti, sia per ragioni stori-che che per estensione del sito, ma raramente segnalate. Ne abbiamo scelte quattro, che si prestano ad essere visitate nell'arco di un fine settimana e che resteranno aperte anche nel giorno di Ferragosto.
Pochi sanno che a nord di Roma, su una collina immersa nel verde, a circa quattro chilometri dal centro abitato di Civitavecchia, si estende il parco archeologico botanico delle Terme Taurine, considerato uno dei più notevoli complessi archeologici romani in Etruria meridionale. Il luogo è stato a lungo identificato, e lo è ancora da molti, con uno stabilimento termale, ma si tratta in realtà di una grande villa d'otium concepita attorno all'impianto termale che sfruttava sorgenti di acqua calda e terapeutica della fonte della Ficoncella, che ancora oggi sgorga sotto le rovine. Per raggiungere il sito si prende l'autostrada A 12. si esce a Civitavecchia Nord e si prosegue in direzione Tolfa. (L'ingresso, 5 euro compresa la visita guidata, è dalle 9 alle 13 e dalleÌ5 fino al tramonto. Si può prenotare al numero 338.2707567 oppure 347.2709089).
La villa, che fu abitata fino alla fine del V secolo d.C, si estende su una superficie di due ettari, circondata da un roseto, da un agrumeto e dalla macchia mediterranea. I resti dell'abitazione sono in stato di conservazione eccellente e vi si possono distinguere due nuclei: il primo risale all'età tardo repubblicana o augustea, il secondo all'età flavia o adria-nea. L'impianto, che mantiene ancora oggi una fisionomia monumentale, è costituito da due peristili colonnati attorno ai quali ruotano un taepidarium. un laconicum, un calidarium e altri piccoli servizi.
Imboccando la statale che dal mare si snoda verso Viterbo e poi la via Teverina. all'altezza del chilometro otto si incontrano i resti di una città romana, l'antica Ferentum, riportata alla luce agli inizi del "900. Sorta su un insediamento etrusco del IV secolo a.C, conquistato dai romani nel 310 a.C, Ferentum fu colonia dei Gracchi e divenne in seguito municipio, ma raggiunse il massino splendore in età imperiale, soprattutto del periodo augusteo. Risalgono a quest'epoca la costruzione del teatro, dell'anfiteatro, del Foro e dell'Augusteo. Al secondo secolo datano invece le terme pubbliche e la seconda fase del teatro. Quest'ultimo è oggi il monumento meglio conservato della città, con l'imponente cavea, realizzata in peperino e cinta da ventisei arcate in blocchi, che si sviluppa attorno all'orchestra semicircolare e al palcoscenico in reticolato e laterizio. (Ingresso gratuito, tel.0761.341023).
A sud di Roma, troviamo altri due siti importanti. Il primo, in provincia di Latina, è il comprensorio archeologico di Minturnae, la colonia romana che rimpiazzò uno dei più importanti insediamenti degli Aurunci, sterminati nel 314 a.C. Vi si accede dal chilometro 156 della via Appia e ci si trova subito davanti al grande teatro, il monumento
più notevole, mentre la parte più occidentale della città è occupata da un importante tempio dedicato a Giove. Sul Garigliano, a 400 metri dal porto della città antica, sorge il santuario della dea Marica,
la dea aurunca del mare. Affiancato da un secondo tempio dedicato ad Afrodite Pontia, è uno de tipici santuari portuensi arcaici che costeggiano tutto il Tirreno, ma è di estrema rilevanza perché resta il principale testimone della cultura aurunca, essendo in funzione fin dall'ottavo secolo a.C. (Ingresso, 2 euro, tel.0771.680093).
L'altea area archeologica si trova vicino Cassino, in provincia di Frosinone. Si tratta di un parco che ha l'ingresso dalla via di Montecassino e comprende un museo e i resti dell'antica città di Casinum, la cui conformazione urbanistica, dal primo insediamento volsco-sannita fino alla sovrapposizione romana avvenuta nel periodo che va dal 11 secolo a.C. al V secolo d.C, è tuttora oggetto di numerosi studi e di scavi, che proseguono ininterrotti dagli anni Trenta del secolo scorso. Tra i monumenti di rilievo, si possono ammirare un anfiteatro, un teatro, un ninfeo arricchito da mosaici e decorazioni in marmo, un ponte, vari acquedotti, le Tenne Varroniane. un sepolcreto. (Ineresso. 2 euro. tei. 0766.301168).

Canne, un milione per cambiare faccia - La Regione salva il parco archeologico: "Restaureremo l'Antiquarium "

Canne, un milione per cambiare faccia - La Regione salva il parco archeologico: "Restaureremo l'Antiquarium "
SABATO 5 AGOSTO 2006, LA REPUBBLICA

LUOGO di battaglia per eccellenza, simbolo di mistero e strumento di passione. Il parco archeologico di Canne, uno dei siti storici ed archeologici più grandi e importanti d'Italia, torna a essere luogo di interesse rinnovato. Il comune di Barletta e la Soprintendenza ai beni archeologici della Puglia hanno stipulato un accordo per la riqualificazione di tutta l'area della Battaglia di Canne, il recupero e la valorizzazione delle aree e dei beni più importanti dell'intero complesso e la riqualificazione dell'Antiquarium che racchiude importanti reperti e testimonianze della celebre battaglia di Annibale. Il progetto, che prevede un finanziamento di un milione 96mila euro, dovrà rendere fruibile il parco archeologico attraverso la realizzazione di un itinerario turistico-culturale completo ed esaustivo per il visitatore. E non solo.
È di pochi giorni fa la notizia di finanziamento da parte della Regione di una nuova campagna di scavi che interesserà soprattutto la Canne romana. A disposizione di studiosi e archeologi saranno messi 320milaeuro che serviranno a portare alla luce un'area ancora poco conosciuta, quella prossima alla collina-acropoli (oggi classificabile tra le Vìllae dell'età Augustea) e destinata all'organizzazione del Vicus romano di Canne. Gli scavi permetteranno di perfezionare la conoscenza dell'epoca romana del parco archeologico (gli scavi condotti l'anno scorso presupposero la presenza di altri importanti tracce romane nella zona) e renderanno possibile lo studio di arie da poco espropriate ai privati da parte del Comune. Il progetto "Dalla tomba di Palo Emilio alle evidenze romane di San Mercurio" rientra nel Pis (Piano di gestione di progetti integrati settoriali) Normanno-Svevo-Angioino destinato alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio culturale pubblico e al miglioramento dell'offerta e della qualità dei servizi culturali ed è attualmente in fase di avvio : i primi lavori dovrebbero cominciare entro marzo. Entro l'anno invece darà dato l'avvio i lavori relativi al primo finanziamento. «Sarà migliorato l'intero sistema di fruizione - dice Stefano Serpenti, architetto responsabile insieme con la collega Doriana De Tommasi dell'intero progetto - il risultato sarà un accesso facilitato e un Antiquarium dotato di una identità architettonica e con servizi di accoglienza per 1 visitatori». Dapprima semplice manufatto, poi ampliato e modificato più volte, oggi l'Antiquarium si presenta come una struttura poco armoniosa anche in relazione all'ambiente circostante. «Data l'importanza dell'architettura che conserva preziosi reperti storici - continua Stefano Serpenti - abbiamo previsto la ristrutturazione dell'intero complesso che non solo deve essere consono al paesaggio circostante, ma deve anche essere in grado di offrire servizi ai turisti».
L'Antiquarium sarà allora dotato di uno spazio per l'accoglienza, di un book shop e di tutte le possibili facilitazioni capaci di rendere fruibile il bene. Saranno inoltre realizzati percorsi di visita e si procederà con la sistemazione di cartelli informativi. Nel progetto rientra anche la realizzazione di un percorso di accesso all'interno della recisione, adiacente alla collina e parallelo rispetto alla strada che dall'area destinata al parcheggio conduca all'interno del parco. «Studiare e salvaguardare i beni archeologici è estremamente importante - precisa Stefano Serpenti -ma altrettanto fondamentale è permetterne la fruizione degli stessi da parte di un pubblico sempre più vasto che va supportato e il cui percorso della conoscenza va quanto più possibile semplificato». L'obiettivo è allora quello di ridare a Canne della Battaglia, dopo un anno dall'inizio deilavori (è questo il termine previsto dal bando di concorso), un ruolo di prestigio nella casistica dei siti archeologici non solo pugliesi, ma anche nazionali. Patrimonio prezioso di notizie sul passato, luogo da sempre di studi e approfondimenti, Canne potrà immettersi nel circolo virtuoso di un sistema turistico-culturale che in questo momento, come mai prima d'ora, sta scoprendo l'importanza del proprio patrimonio storico-archeologico. E il progetto, inrealtà, appare come il primo passo di un programma più ampio e ambizioso di riscoperta del legame che c'è tra infrastrutture e cultura. È allo studio una idea che permetterà di partecipare a un bando di concorso realizzato dai ministeri perle Infrastrutture e dei Beni culturali: l'obiettivo principale è la valorizzazione dei grandi patrimoni archeologici d'Italia che, in qualche maniera, proprio come Canne sono connessi con le antiche vie di trasporto, con le infrastrutture della storia.

Il filologo barese Luciano Canfora: "Canne ha un enorme rilievo"

Il filologo barese Luciano Canfora: "Canne ha un enorme rilievo"
05/08/2006, La Repubblica, Bari

"È un luogo che potrà dirci ancora molto"
ALLA notizia dell'inizio di una nuova campagna di scavi all'interno del parco archeologico di Canne della Battaglia, Luciano Canfora, filologo barese, non mostra esitazioni: «II fascino nasce dal mistero. Facciamo benissimo a rilanciare siti che in passato tante controversie hanno creato tra gli storici e che ancora oggi potrebbero svelare particolari importanti».
Quali?
«Elementi relativi ai luoghi, per esempio. Gervasio, archeologo molto importante, le cui opere sono ancora oggi conservate e studiate, aveva teorie non condivise da tutti, a testimonianza di quanti problemi può creare a uno storico la battaglia di Canne".
Dove risiede il fascino che questo episodio della storia ha esercitato negli anni?
«Per Annibale, stratega, grandissimo generale ed eccellente combattente capace come pochi di sopportare la fatica, chi vinceva una grande battaglia campale aveva vinto la guerra. Non successe a Roma che fu sconfitta ma non crollò: lo stato romano dimostrò una solidità che nessun re ellenico avrebbe mai potuto immaginare. Polibio alla vicenda ha dedicato una delle sue storie più affascinanti. Ha sostenuto che Roma è sopravvissuta perché aveva una costituzione perfetta. Machiavelli, più tardi, ha fatto sua questa teoria rivalutando l'idea di costituzione mista».
La nuova campagna di scavi potrebbe portare alla luce elementi nuovi dell'insediamento romano.
«Quello che ha fatto la Regione è un ottimo inve-stimento. Scavare in siti archeologici così importanti è un dovere. Bisogna continuare a studiare perché la ricerca ha restituito alla memoria elementi storici di incredibile importanza».
Quali sono gli altri siti archeologici pugliesi che per la loro importanza storica andrebbero rivalutati?
"Penso al Salento ma anche a Tarante E tutta la Daunia è ricchissima di documentazione storica che nessuno aveva mai studiato in maniera così attenta come sta accadendo negli ultimi anni. Dobbiamo I continuare su questa strada". (m.abb.)

Resti dell’antico acquedotto Fondovalle, lavori sospesi

Resti dell’antico acquedotto Fondovalle, lavori sospesi
06/08/2006 Il Mattino

Airola. Sospesi i lavori della costruenda Fondovalle Isclero in località Monticello, nei pressi del tunnel di recente inaugurazione, per disposizione della Soprintendenza per i beni archeologici delle province di Salerno, Avellino e Benevento, che ha comunicato la propria decisione al comando dei carabinieri e della polizia municipale nonché al settore tecnico dell'Amministrazione provinciale, committente dell'opera, ed all'Ufficio archeologico di Montesarchio, dopo aver costatato, tramite il funzionario responsabile di zona, a conclusione di un sopralluogo richiesto dal responsabile del dipartimento cultura dell'Udeur, Mario Salegna, la distruzione di circa cinquanta metri dell'acquedotto Giulio, fatto realizzare da Cesare Ottaviano Augusto nel 34-33 a.C.. Alla luce dei fatti, la denuncia di Salegna, recentemente inoltrata all'autorità giudiziaria, ha sortito i primi importanti ed auspicati risultati. Sul finire del 2004 l'esponente mastelliano lanciò il primo grido di allarme, ma le istituzioni presenti sul territorio non riuscirono a evitare un primo scempio al patrimonio archeologico della valle Caudina. Ora, in attesa delle ulteriori determinazioni della Soprintendenza, i lavori sono sospesi, al fine di consentire indagini più accurate. Nell'occasione, Salegna ha dichiarato: «L'auspicato interessamento della Soprintendenza mi infonde ottimismo circa la tutela della parte restante dell'acquedotto, un'opera che può essere recuperata e riportata alla luce. Allo stato dispiace che le mie sollecitazioni non siano state prese in considerazione a tempo debito, quando la distruzione del tratto dell'acquedotto, poi demolito dalle ruspe, poteva essere ancora evitata. Resta anche la minaccia per il condotto augusteo costituita dalla costruzione del cavalcavia sulla provinciale Airola-Bucciano».

Benvenuti nela villa del poeta Tigellio

Benvenuti nela villa del poeta Tigellio
Francesco Pinna
L'Unione Sarda 07/08/2006

Due mesi di lavoro per sistemare e ripulire l'area archeologica e renderla accessibile ai visitatori. Tutto è pronto per la riapertura (domani) al pubblico dei resti della Villa di Tigellio, una delle testimonianze d'epoca romana più affascinanti della città. A differenza di Sant'Eulalia e dell'Anfiteatro romano, i resti del complesso di case del II secolo a.C. sono un tesoro dimenticato, accessibili solo poche volte e in occasione di grandi eventi culturali. Da martedì, invece, gli scavi potranno essere visitati tutti i giorni (escluso il lunedì) sino alla fine dell'estate, con guide specializzate e itinerari che illustreranno le origini e la scoperta delle antiche domus romane.
Le visite. L'accesso all'interno del complesso archeologico sarà possibile grazie a una passerella di legno sopraelevata che il Comune ha voluto per consentire ai visitatori di ammirare i perimetri degli edifici da una posizione panoramica. In più, gli operai hanno lavorato per settimane al consolidamento del muro di recinzione, ma soprattutto all'intera pulizia dell'area. «Siamo solo all'inizio» spiega il sindaco Emilio Floris, «la Villa farà parte di un circuito di monumenti che potranno essere visitati con il supporto di guide esperte. Un intervento ancora parziale ma che ci consentirà finalmente di aprire il complesso ai cittadini e ai turisti».
La storia. In realtà, il sito non conserva solo la Villa di Tigellio, ma anche i resti di altre due abitazioni private romane, più quel poco che rimane delle antiche terme. Secondo la tradizione, ma sul tema storici e archeologici dibattono ancora, la villa sarebbe appartenuta al poeta Tigellio Ermogene, amico di Giulio Cesare, ma assolutamente poco apprezzato dai due più noti letterati dell'epoca: Cicerone e Grazio. Del sontuoso edificio sono giunti sino a noi i resti delle mura e qualche colonna, per molti anni lasciate in completo abbandono. Conosciute come la Casa del tablino dipinto e la Casa degli stucchi, nelle due domus romane sono presenti ancora i resti di un'antica sala da pranzo, ma anche mosaici e dipinti alle pareti rinvenuti dagli archeologi durante alcuni scavi effettuati alla fine dell'Ottocento. Poco o nulla, invece, è rimasto della terza villa. Sono serviti un lungo lavoro di ricerca e studio per arrivare all'identificazione del sito.
Il poeta. Descritto da Grazio come una persona avvezza ai lussi e ad una vita sfarzosa, la figura del poeta sardo Tigellio attirò la curiosità del canonico Spano che, dopo vari tentativi, scoprì la Casa degli stucchi nel 1826. Secondo gli esperti, ma anche in questo caso le versioni non sono concordanti, le tre case avrebbero fatto parte di una zona residenziale composta da case patrizie.

I giardini della Villa di Poppea così com´erano duemila anni fa

I giardini della Villa di Poppea così com´erano duemila anni fa
GIOVANNI CHIANELLI
VENERDÌ, 24 APRILE 2009 LA REPUBBLICA - Napoli

Percorsi fra le piante e gli alberi di Oplontis

Quando si dice rifiorire. Ad Oplontis, il superbo sito archeologico di Torre Annunziata, rinascono i giardini della Villa di Poppea: in mostra le piante della struttura così come dovevano presentarsi duemila anni fa. L´inedito percorso è stato reso possibile dalle avanzatissime indagini botaniche del Laboratorio di ricerche applicate della Soprintendenza di Napoli e Pompei. I lavori hanno così valorizzato la flora del sito archeologico: un ricco apparato di giardini che già al momento dello scavo, negli anni 70, fu parzialmente studiato applicando le analisi dei pollini introdotte per la prima volta in Italia dall´archeologa americana Jashemski.
Tramite una complessa ricerca dei semi di decine di specie spontanee, riproposto nella cosiddetta "aiuola dei grandi calchi", il visitatore può rivivere la magia della villa con un innovativo itinerario, al centro della manifestazione "Archeologia e natura nella Baia di Napoli", in corso in nove siti della Soprintendenza fino al 2 giugno.
Per festeggiare questi giardini, nuovi eppure antichichissimi, domani alle 12 è in programma una lettura classica dell´attrice Cristina Donadio che proporrà brani di Omero, Virgilio, Ovidio, Fedro, Marziale, Petronio (fino ad esaurimento posti, ingresso gratuito per la Settimana dei Beni Culturali).
«Oltre al Prato della Villa imperiale si possono ammirare tracce di vegetazione di epoca romana, come il ricco apparato di giardini e aiuole risalenti al primo secolo a. C., coltivati a roseti e alberi da frutta, platani, oleandri e limoni, e ancora piante da vaso, fiori e piante rampicanti», spiega l´archeo-biologa Annamaria Ciarallo, direttrice del Laboratorio della Sovrintendeza.
Presso la biglietteria di Oplontis, il sabato e la domenica dalle 10 alle 15, è aperto un infopoint. Rivivranno i vecchi olivi, melograni a cespugli, e nel viridario tre piccoli alberi da frutta; mentre nel portico adiacente alle terme la vasca centrale circolare è racchiusa in una piccola aiuola in cui erano coltivate piante in vaso. Al centro del grande viridario del quartiere servile campeggia una grande albero: poiché gli antichi non ne concepivano l´abbattimento, la fontana costruita successivamente fu adattata al tronco. Lungo la piscina rispuntano platani, oleandri e limoni, piante rampicanti lasciate crescere sulle colonne. Ironicamente la dottoressa Ciarallo così commenta l´iniziativa: «I napoletani sono talmente in cattivi rapporti con il verde che per vedere un po´ di piante bisogna andarle a pescare nella notte dei tempi».
Info www. pompeiisites. org

giovedì 23 aprile 2009

L’amore nell’antica Roma quando i gladiatori erano come i calciatori

Corriere della Sera 23.4.09
Esce oggi da Feltrinelli il nuovo libro di Eva Cantarella. Viaggio in una concezione dell’eros basata sul culto della virilità
L’amore nell’antica Roma quando i gladiatori erano come i calciatori
Le donne conquistate dal loro fascino. Lo dicevano anche i poeti
di Eva Cantarella

«Dammi mille baci» a Milano e Napoli. Anticipiamo un brano tratto dal libro di Eva Cantarella Dammi mille baci. Veri uomini e vere donne nell’antica Roma, in uscita oggi da Feltrinelli (pp. 190, e15). L’autrice incontra i lettori oggi a Milano con Giulia Cogoli (Feltrinelli di piazza Piemonte 2, ore 18,30), domani con Giuseppe Cacciatore e Marco Lombardi a Napoli (ore 18, Feltrinelli, piazza dei Martiri 1).

Che l’eman­cipazione femmini­le non fos­se un fatto di élite, ma avesse toccato anche le donne del­le classi meno alte, è chiaramente mostrato dai reperti, e più in partico­lare dai graffiti pompeiani.
Per cominciare: le donne di Pom­pei, oltre a frequentare i teatri, assi­stevano ai giochi gladiatori, ai quali pare si appassionassero non tanto per i giochi in sé quanto per i gladia­tori; i quali, se sopravvivevano alle lo­ro non facili esibizioni, diventavano le star dell’epoca — un po’ come i cal­ciatori di oggi, o come i cantanti rock, ammirati e amati dalle donne di ogni ceto sociale. A dimostrarlo, ecco le iscrizioni che a Pompei, più o meno scherzosamente, alludono al loro fascino irresistibile.
Il trace Celado, ad esempio — leg­giamo nella caserma dei gladiatori — fa sospirare le ragazze. Chi lo ha scritto, una donna o un uomo? Poco importa, in ogni caso dal graffito vie­ne una conferma del fatto che le ra­gazze di Pompei non erano insensibi­li al fascino dei muscoli e della cele­brità.
Sullo stesso edificio, un altro graf­fito ci informa che Crescente, il rezia­rio (uno dei gladiatori specializzati nel combattere con una rete, con cui dovevano difendersi dagli attacchi av­versari), era «il medico notturno del­le ragazze». Piacevano a tutte, questi gladiatori. Oltre che alle ragazze di modeste condizioni sociali, anche al­le matrone, che a quanto pare, più es­si uscivano malconci dalle lotte, più li amavano. Quanto meno, così vuol farci credere il solito Giovenale, che nella sua satira sulle donne racconta di una certa Eppia, che aveva abban­donato casa e famiglia per seguire un gladiatore, tal Sergetto, che attende­va, ormai, / con quel braccio spezza­to il suo congedo; / e molti sfregi avea nel volto, e il ciuffo / diradato dall’el­mo, e in mezzo al naso / un grossissi­mo porro; e un male acuto / gli facea sempre gocciolare un occhio. / Ma un gladiatore egli era!
Per lui, dice Giovenale, anche se era stata abituata da bambina a ogni lusso, e anche se faceva grandissime difficoltà se il marito tentava di farla salire su una nave, Eppia aveva sfida­to le onde, seguendolo fino in Egitto: quel Sergetto non doveva essere ri­buttante come Giovenale lo descrive. La patologica misoginia del poeta emerge anche in questi versi, e si con­ferma quando, generalizzando il comportamento di Eppia, scrive che quelle che a un amante / van dietro, hanno stomaco di bronzo, / quella vo­mita addosso al suo marito, / questa tra i marinai mangia e passeggia / su e giù per la nave e si compiace / nel maneggiare i ruvidi cordami.
Non le amava affatto le donne, Gio­venale. Ma, al di là delle sue esagera­zioni, possiamo cogliere una verità: anche le signore delle classi alte era­no sensibili al fascino dei gladiatori. Come del resto parrebbe confermare un altro ritrovamento pompeiano.
Nell’alloggio dove dormivano i gla­diatori, infatti, sono stati trovati i re­sti di una persona di sesso femmini­le, e dei gioielli, che presumibilmen­te le appartenevano. Cosa ci faceva, in quel posto, una signora ingioiella­ta? Esercitando un po’ la fantasia, si è diffusa l’idea che quella sera la signo­ra fosse andata, presumibilmente di nascosto, a trovare il suo bel gladiato­re. Chissà se il cataclisma la sorprese appena arrivata, o mentre si accinge­va a tornare a casa. Come che sia, mo­rì in un momento felice.
Erano molto preoccupati, i roma­ni. Nonostante l’impegno che aveva­no messo, e che continuavano a met­tere, nell’opera di educare le donne alla virtù, erano stati costretti a ren­dersi conto che qualcosa dovevano aver sbagliato.
A cavallo tra il I secolo avanti e il I secolo dopo Cristo, vedevano la città popolata da donne i cui costumi avrebbero fatto inorridire i loro ante­nati. Delle libertà (alcune delle quali concesse da loro stessi, massima del­le beffe) le donne non si limitavano a fare un uso discreto, capace di non sconvolgere le antiche abitudini: ne abusavano, ne approfittavano in mo­do indecente. Questo pensavano i ro­mani. A loro non piacevano proprio le donne emancipate. Per loro, l’emancipazione era un pericolo so­ciale. Diceva Cicerone, parafrasando Platone, che là dove donne e schiavi non obbedivano era l’anarchia. Ma le accuse più pesanti alla presunta dis­solutezza delle donne vengono dai poeti: in particolare, i poeti satirici.
Giovenale, per cominciare. In lui, la descrizione della nequizia femmi­nile raggiunge livelli paradossali. Al di là di ogni considerazione sulla en­fatizzazione e caricaturizzazione del­la realtà tipica del genere letterario, i versi di Giovenale rivelano una miso­ginia quasi patologica: «La lussuria è vizio di tutte, schiave e padrone», scrive nella sesta satira, «da quella che va scalza per le strade della città, a quella che si fa portare in lettiga da schiavi siriani, le donne, tutte, senza scampo, sono dissolute».
Certo. Lo sappiamo: la satira porta la realtà alle estreme conseguenze, ri­dicolizzandola, non di rado per esor­cizzare nel riso il disagio e, spesso, una vera e propria paura. Ma perché avevano paura delle donne, i romani? Cosa temevano?
In primo luogo, che volessero co­mandarli (come, secondo i poeti sati­rici, ormai facevano senza un mini­mo di ritegno). Soprattutto se erano ricche. Un timore diffuso, che Marzia­le dichiara apertamente: Donna ricca sposare? No. Perché, / mi domanda­te. Perché voglio / sposare, non esse­re sposato. / La moglie, Prisco, sia soggetta al marito: / è la sola egua­glianza possibile tra i due.
Più chiaro di così. Comandano, pretendono. Ormai, sono convinte che avere un amante sia un loro dirit­to. Alcune arrivano a pensare che li­mitarsi a uno solo sia quasi una con­cessione al marito.

mercoledì 22 aprile 2009

«Ho scoperto un sarcofago romano in giardino»

«Ho scoperto un sarcofago romano in giardino»
IL GIORNALE n. 88 del 2009-04-12 pagina 7

di Redazione

Il reperto archeologico del IV secolo dopo Cristo era abbandonato senza coperchio nel cortile di una cascina a Bruzzano Un medico in pensione lo ha trovato e la Sovrintendenza lombarda autenticato. Ma ancora oggi è usato come fioriera
La scoperta è avvenuta per caso, lo scorso autunno. Con in mano la cartina del quartiere per tentare di ricostruire la mappa archeologica della zona Aldo Bartoli, medico in pensione ed appassionato di ricerche storiche, ha riconosciuto, seminascosto tra piante e attrezzi agricoli, un reperto archeologico risalente addirittura all'epoca romana.
Un sarcofago, privo di coperchio ma ancora in buone condizioni, era sistemato nel bel mezzo di una cascina e trasformato dagli ignari affittuari in una comoda fioriera.
Un tempo ultima dimora di qualche dignitario romano, il sarcofago, fortuitamente venuto alla luce in epoche passate, si è prestato nel corso degli anni ai più svariati utilizzi: abbeveratoio per animali, contenitore per attrezzi agricoli, fino ad assumere, ai giorni nostri, la più nobile funzione di vaso per fiori. «Appena l’ho visto è stata una folgorazione - spiega Bartoli -, ho capito subito che si trattava di un reperto archeologico e ho informato immediatamente la Sovrintendenza alle antichità lombarde».
Gli esperti di archeologia della Sovrintendenza giunti sul posto, una cascina in via Pantaleoni nel quartiere Bruzzano, hanno accertato l’autenticità del reperto: il sarcofago è di epoca romana e risale al IV secolo dopo Cristo.
Una scoperta importante che ha risvegliato l’interesse di molti e movimentato la vita degli abitanti della cascina. «Adesso quasi ogni giorno - afferma Mario Fornari - arriva qualche curioso a dare un'occhiata al sarcofago».
La recente scoperta del reperto non è però una novità per i residenti della zona. Sparsi lungo le strade del quartiere si possono contare, infatti, numerosi altri reperti: vari coperchi di sarcofagi - uno dei quali esposto in piazza Alcioto a Bruzzano - e un altro sarcofago sistemato all'interno di un tempietto nel cortile di un condominio di recente costruzione.
«La zona di Affori, Dergano e Bruzzano è ricca di reperti archeologici - spiega Bartoli -, basti pensare che alla fine dell'800 un residente scoprì, tra la terra smossa dei suoi possedimenti, una tomba romana importantissima, all’interno della quale erano conservati oggetti di valore e che oggi è custodita nel museo archeologico di Varese. Questo quartiere può dirsi un vero e proprio sito di interesse archeologico».
Nonostante l’identificazione ufficiale da parte della Sovrintendenza, però, il reperto non è stato risistemato e ancora oggi rimane all’interno della cascina a svolgere la sua funzione di fioriera: «In questi giorni la sovrintendenza - continua Bartoli - provvederà a informare la proprietà della cascina del ritrovamento perché possa garantire al sarcofago una più degna collocazione».
Soprattutto perché in estate, così come la proprietà ha comunicato agli affittuari, la cascina, ex convento di fine Ottocento, verrà demolita. Al suo posto sorgeranno nuovi appartamenti.
Ma la Sovrintendenza già mette le mani avanti: «Se dovessero essere eseguiti degli scavi - afferma Mori Ceresa, direttrice della Sovrintendenza ai beni archeologici della Lombardia - qualcuno dei nostri esperti dovrà essere presente durante i lavori. Per i reperti già venuti alla luce, purtroppo, noi non possiamo esigerne la tutela, ma per i reperti scoperti sotto terra durante gli scavi la proprietà diventa dello Stato».
Intanto Aldo Bartoli ha ripreso il suo giro a caccia di nuovi reperti in vista della pubblicazione del suo prossimo libro e in Consiglio di zona 9 a breve sarà indetta anche una conferenza stampa: «Daremo comunicazione dei ritrovamenti - informa Enrico Begor, presidente della commissione Cultura - per sensibilizzare l'opinione pubblica e favorire la tutela del nostro patrimonio archeologico».
Sperando che, anche questa volta, il cemento non spazzi via, con un colpo di spugna, la storia che ha attraversato per secoli il capoluogo meneghino.

una mostra sui Flavi

una mostra sui Flavi
Carlo Avvisati
14/04/2009 IL MATTINO

Fu una vera rivoluzione l’ascesa al soglio di Roma imperiale di Tito Flavio Vespasiano, «provinciale» per eccellenza (era nato a Falacrinae, in Sabina). Tanto più che la nuova dinastia spuntava sulle rovine di quella aristocratica e dissoluta dei Giulio-Claudii, finita con la morte violenta di Nerone e dei suoi successori Galba, Otone e Vitellio. Vespasiano, quasi sessantenne, si trova davanti un buco finanziario pari a quattro miliardi di sesterzi e a un impero insanguinato da rivolte e guerre civili. Ripiana i debiti con una dura politica di contenimento della spesa pubblica, pacifica le legioni e rilancia le opere pubbliche. Per ricordare la grandezza di questo imperatore e dei suoi due figli che gli successero: Tito e Domiziano, a duemila anni dalla nascita del primo dei Flavii, tra Colosseo, Foro Romano e Palatino si articola la grande rassegna Divus Vespasianus. Curata da Filippo Coarelli con soprintendenza archeologica di Roma e Electa, la mostra, aperta sino al 10 gennaio prossimo, punta a far risaltare l’immagine dell’imperatore. Basti solo pensare al ritorno allo Stato degli spazi pubblici asserviti da Nerone per realizzarvi la Domus aurea e alla messa in cantiere, in quell’area, del Colosseo. La rassegna propone le immagini della famiglia; quindi un percorso che tocca i monumenti Flavi: Arco di Tito, la Domus imperiale, le case del Foro. Infine c’è una selezione di elementi e testimonianze provenienti dalle aree di Miseno, Ercolano e Pompei: una statua con corazza di Tito, da Ercolano; il rilievo con gli edifici del Foro di Pompei crollati per il terremoto del 62; la statua di Flavia Iulia dal Macellum di Pompei, e il ritratto di Vespasiano dall’Archeologico di Napoli. I legami tra Campania e Flavi erano difatti fortissimi. A Miseno c’era la squadra navale più importante di Roma, guidata da Plinio il Vecchio. E a Tito, il figlio di Vespasiano, appena salito sul trono, toccò disporre i soccorsi all’indomani dell'eruzione vesuviana del 79. Il suo impegno fu enorme. In poco tempo i suoi ex consoli rapidamente ripristinarono strade e comunicazioni. Di più. Tito dispose che i beni dei morti senza eredi fossero utilizzati per ricostruire le città distrutte. Insomma fece di tutto per tenere fede all’appellativo di «amore e delizia del genere umano» che gli venne dato dai sudditi.

Taglio del nastro e i Fori si riuniscono

Taglio del nastro e i Fori si riuniscono
P. Br. L. Gar.
Corriere della Sera 22/04/2009

La cerimonia

«Simbolicamente il 'Muro di Berlino' è stato abbattuto». Così il professor Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, ha salutato l’abbattimento della rete che taglia in due la basilica Emilia al Foro romano e che sanciva la spartizione (amministrativa) tra Stato e Comune. È il secondo taglio del nastro ieri pomeriggio per il sindaco Gianni Alemanno e il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi dopo l’inaugurazione della mostra al Vittoriano «La storia racconta: Natale di Roma».

Si riuniscono i Fori, da quello di Traiano ieri si è arrivati a quello romano attraverso un lungo camminamento costeggiando le «colonnacce» del Foro di Nerva e attraverso un tunnel, il «chiavicone» della Suburra coincidente con l’urbanizzazione del quartiere alessandrino: per adesso saranno richiusi, l’apertura al pubblico è in programma per il 2 giugno. «Questi festeggiamenti significano che Roma è proiettata al futuro - dice Gianni Alemanno -. Con un unico percorso si potranno attraversare due aree fino ad oggi divise. Si tratta dell’inizio di una grande opera di recupero ». «Entro l’estate apriremo al pubblico altri settori - aggiunge il sottosegretario ai beni culturali Francesco Giro - Stiamo ultimando l’allestimento di cento pannelli orientativi per il Palatino, Fori e Colosseo che mancavano da trent’anni. È stata riaperta la Curia e il criptoportico di Nerone, l’illuminazione diventerà stabile entro l’anno. E abbiamo finalmente dotato il foro romano di servizi igienici: ne era completamente sprovvisto».

Inaugurazione anche del percorso disabili con relativo ascensore: i primi a utilizzarlo Gianni Alemanno, Francesco Giro e Marta De Gennaro della Protezione civile, uno dei due vice di Guido Bertolaso. Un ascensore su ponteggi (accanto all’ingresso di largo Corrado Ricci) che hanno finito per coprire uno dei bassorilievi più importanti: il fregio della basilica Emilia con la storia e proprio il «Natale di Roma». «La struttura è troppo invasiva - ammette il sovrintendente archeologico di Roma, Angelo Bottini - però è provvisoria e si sta ripensando l’assetto. Qual fregio (anche se è un calco perché l’originale è a Palazzo Massimo), è importante: ma con l’occasione - conclude - abbiamo scoperto dei frammenti originari che adesso sono da recuperare ». E alla fine il discorso cade sul «Commissario » ai Fori, Guido Bertolaso: «Stiamo lavorando affinché possa conciliare il lavoro immane che sta svolgendo in Abruzzo con l’impegno che ha preso per l’area archeologica di Roma - ripete Francesco Giro - . Propongo che resti e nomini un vice e una squadra di sua assoluta fiducia: la priorità è il terremoto ma questo è un impegno di cui è anche orgoglioso».

Natale di Roma - La Triade in Campidoglio

Natale di Roma - La Triade in Campidoglio
Lauretta Colonnelli
Corriere della Sera 22/04/2009

Esposto per la prima volta ai Capitolini il famoso gruppo scultoreo con Giove, Giunone e Minerva

Al Vittoriano i simboli, la storia delle origini e le celebrazioni del 21 aprile nei secoli

È stata inaugurata ieri la mostra sul Natale di Roma. Carandini: «Testimonia i mille modi di celebrare la ricorrenza»

Si comincia con un viaggio nel tempo. Proiettati nel periodo precedente al 753 a.C., si visita il territorio «romano» prima della fondazione della città. Attraverso incisioni, filmati, foto, rappresentazioni topografiche del territorio, bassorilievi, statue, si ripercorrono le gesta di Ercole e le vicende di Enea, Rea Silvia e Marte, della lupa e di Romolo e Remo fino alla fondazione di Roma. Si prosegue con i segni e i simboli che caratterizzano la città eterna e la identificano nel corso dei secoli, dalla lupa capitolina all’aquila imperiale, dallo stemma con la nota sigla SPQR fino alle bandiere dei Rioni e alle uniformi dei valletti del Comune. Infine si rivivono alcune delle tante celebrazioni del Natale di Roma organizzate in passato in concomitanza con il 21 aprile, scoprendo che tale ricorrenza è celebrata fin dalle origini della città in collegamento con le feste pagane dette Palilie in onore della dea Pale, antica divinità romana della pastorizia connessa con la sacralità del Palatino.

È questo il percorso della mostra «La storia racconta: Natale di Roma», che è stata inaugurata ieri negli spazi della Gipsoteca del Vittoriano dal sindaco Gianni Alemanno, insieme al ministro Sandro Bondi e al presidente del consiglio superiore dei beni culturali Andrea Carandini. Un percorso sui simboli, la storia delle origini e le celebrazioni del 21 aprile nei secoli. Come ha commentato Andrea Carandini: «La mostra testimonia i mille modi di festeggiare il Natale di Roma, le mille forme e soprattutto i mille governi che si sono avvicendati e hanno voluto ricordare il 21 aprile. Quindi è la festa di tutti ».

Si è inaugurata ieri anche un’ulteriore sezione della grande mostra su Vespasiano, in corso al Colosseo. Progettata da Filippo Coarelli nel Palazzo Nuovo dei Musei Capitolini, la rassegna «Divus Vespasianus. Il Campidoglio e l’Egitto all’epoca dei Falvi», illustra le grandi opere edilizie che Vespasiano realizzò sul Campidoglio, quali la costruzione del tempio di Giove Capitolino e il rifacimento del tempio di Iside, elevato al rango di santuario pubblico. Fulcro dell’esposizione è il ruolo centrale che l’Egitto acquistò sotto l’imperatore di origine sabina e presso i suoi figli Tito e Domiziano, i quali riservarono una particolare devozione alle divinità orientali. Tra le opere presentate, la famosa Triade Capitolina con Giove, Giunone e Minerva, scultura trafugata e poi recuperata dal Nucleo patrimonio artistico, per la prima volta esposta in Campidoglio.

Nuovo Centro informativo

Un video racconta i Fori

Si chiama «I Fori di Roma. La storia, le storie» il nuovo centro espositivo-informativo inaugurato ieri dal sindaco Alemanno e dal ministro Bondi all’angolo tra via dei Fori Imperiali e via Tempio della Pace. Il centro, che unifica i Fori Imperiali e il Foro Romano attraverso una grande planimetria posta all’ingresso dell’area, propone anche un filmato in cui l’attore Luca Ward racconta la storia dei Fori e un video con la ricostruzione virtuale dell’area archeologica in cui la ricchezza dei dettagli dà l’illusione di un salto nella storia.

Il Natale di Roma. Gipsoteca del Vittoriano, ingresso Ara Coeli, tel. 06.69202049. Fino al 17 maggio, dal lunedì al giovedì dalle 9,30 alle 18,30; venerdì, sabato e domenica dalle 9,30 alle 19,30.

martedì 21 aprile 2009

Giochi di luci ai Fori e i centurioni in corteo

Giochi di luci ai Fori e i centurioni in corteo
Maria Egizia Fiaschetti Ernesto Menicucci
Corriere della Sera 20/04/2009

Show luminoso, ieri alle 21, ai Fori Imperiali, per il compleanno numero 2.762 ab Urbe condita (il clou sarà domani, «Natale di Roma»). Ai Mercati di Traiano, due fasci di luce blu e la proiezione in bianco della scritta «Romagnificat». In sottofondo, le note di un pianoforte, accompagnate da immagini evocative del passato: dalla dichiarazione di guerra di Benito Mussolini nel ’41, a scene del film sulla Resistenza «Roma città aperta» di Roberto Rossellini, a Papa Giovanni Paolo II. Tanti - romani e turisti - a caccia di un posto in prima fila. Tra i «vip», anche il direttore di Mercedes Benz Italia, Fabrizio Barra. Alle 20, in barba al maltempo, Raffaele Paganini ha danzato in piazza del Campidoglio, nel balletto «Chorea Mundi».

A inaugurare la kermesse, ieri mattina, è stato il sindaco Gianni Alemanno al Circo Massimo: calzando una corona d’alloro, come un novello Giulio Cesare, si è calato nell’epopea in costume. Poi, con la fascia tricolore al collo, ha «passato in rassegna» i legionari e i centurioni pronti a partire per il corteo. Prima tappa, la sfilata per le vie del centro, organizzata dal «Gruppo storico di Roma» e dall’associazione «Caput Mundi»: 35 gruppi, con centinaia di figuranti, dai centurioni alle «gentes» che hanno contribuito alla storia di Roma. Alemanno, al Circo Massimo, ha detto alle comparse: «Senza di voi si sarebbe persa una tradizione di cultura e anche il rapporto con l’identità.

In questo modo, invece, c’è una base dalla quale si parte, con la quale l’eredità di Roma vive e si fa conoscere. Viva il Natale di Roma». Polemica, l’opposizione: «Questa città merita altro della sagra paesana - così, Ivana della Portella (Pd) - al limite del macchiettismo». Domani, la maratona proseguirà con la ricostruzione del solco tracciato da Romolo che diede inizio alla storia di Roma. Sempre in mattinata, il sindaco è andato al Teatro Valle per lo spettacolo messo in scena dal soprintendente Umberto Broccoli e da Gigi Proietti. Era l’ultima puntata della serie «Romàntìca»: sei appuntamenti, per rivivere la storia dell’Urbe. «Broccoli - ha detto Alemanno - ha lanciato un nuovo modo di fare cultura, interpretando la soprintendenza non solo come salvaguardia del capitello. Ci saranno altre iniziative in periferia, con cantanti romani come Claudio Baglioni, Antonello Venditti e Renato Zero».