Dagli scavi in centro sbuca l'antica città romana
Luisa Ciuni
Il Giorno (Milano) 27/07/2006
MILANO — Sotto gli Ottovolanti delle Varesine, in una zona da anni abbandonata e negletta, i lavori di movimento terra disposti per la riqualificazione urbana del quartiere stanno portando alla luce un ampio sito archeologico. Il campo di scavo, grande come un isolato urbano, parte da via Vcspucci, percorre in parte via Melchiorrc Gioia, corre lungo viale della Liberazione per girare in via Galilei. Oggi, chi guarda con occhio attento al di là della nuova palizzata alta quasi due metri che difende i reperti dalla vista, nota spuntare fra le erbacce e sullo sfondo dei grattacieli una lunga serie di archi in parte ancora sotto terra, alcune mura e le tracce, forse, di costruzioni successive.
Datare il materiale è difficile per un profano ma la struttura rivelata dagli scavi ed emersa da secoli di oblio sembra molto ma molto antica. C'è chi azzarda, addirittura che si possa trattare di resti tardo-romani ancora semisepolti dalla terra e dalla polvere e quindi destinati, dopo gli opportuni lavori di recupero, ad apparire molto più alti di come sembrino adesso. Lo spazio archeologico è, indubbiamente, di grandissime dimensioni, uno dei maggiori ritrovati a cielo aperto nella nostra città negli ultimi anni (probabilmente dai tempi degli scavi della metropolitana) e in mano agli esperti saprà raccontare molto delle pagine storielle che Milano ha vissuto da quando era insediamento dei Galli Insubri e poi dei romani che la chiamarono «Mediolanum» cioè «terra di mezzo» data la sua posizione strategica nella pianura e il suo essere racchiusa fra l'Adda e il Ticino come fiumi maggiori e fra il Lambro e l'Olona come corsi d'acqua di dimensioni inferiori. Pagine di cui ancora non è fatta la ricostruzione completa dato che la maggior parte della città romana è ancora nascosta nel sottosuolo o visitabile sotto varie costruzioni ottocentesche o moderne. L'insediamento venuto fuori, oltre alla sequenza di archi regolarmente distanziati e fatti di mattoni di terracotta (poi riempiti di laterizi a riprova di un uso diverso e successivo alla costruzione) mostra alcune mura anch'esse di mattoni ma di largo spessore che fanno pensare ad una cinta difensiva però non di natura militare. Ci anche sono un muretto più basso di epoca probabilmente precedente ed una serie archi ciechi che vanno a finire nella prima successione. Una novità assoluta per questa zona della città da sempre pensata come quartiere da bonificare e che, invece, sta lentamente dischiudendo i suoi tesori.
Ma analizzando bene le carte d'epoca che mostrano il decumano romano (si estendeva attorno a via Circo, all'Anfiteatro e all'attuale corso Magenta su un'asse che raggiungeva Porta Romana), si viene a scoprire che dal centro attraverso l'attuale via Manzoni (dove le vestigia imperiali sono attualmente in mostra) partiva una strada che doveva collegare Milano proprio con le zone esterne attraversando gli attuali Giardini Pubblici di via Manin e salendo verso la pianura, quindi più o meno lungo l'insediamento che è apparso in questi mesi. E' chiaro, in ogni caso, che solo l'analisi degli addetti ai lavori potrà dirci davanti a cosa ci troviamo, al di là della bellezza di quanto apparso sotto le rovine di quel vecchio e brutto parco dei divertimenti fermo da anni e da sempre rifugio di sbandati o di insediamenti volanti. Che ne sarà? Per adesso, nonostante le rovine stiano venendo alla luce alla velocità dei funghi in autunno dopo la pioggia (del primo arco emerso si parlava già in giugno ed è già stata disscpolta una struttura di almeno altri venti in pochi mesi) e mentre si lavora non si sa ancora quale sarà la destinazione di quanto emerge. Quello che è certo che una grande palizzata ne nasconde la vista ma che da via Marco Polo, nella parte a lato dell'hotel Principe di Savoia, le vestigia sono ugualmente visibili così come basta affacciarsi ad un balcone di via Melchiorre Gioia o di via Galilei per osservarle.
Luisa Ciuni
Il Giorno (Milano) 27/07/2006
MILANO — Sotto gli Ottovolanti delle Varesine, in una zona da anni abbandonata e negletta, i lavori di movimento terra disposti per la riqualificazione urbana del quartiere stanno portando alla luce un ampio sito archeologico. Il campo di scavo, grande come un isolato urbano, parte da via Vcspucci, percorre in parte via Melchiorrc Gioia, corre lungo viale della Liberazione per girare in via Galilei. Oggi, chi guarda con occhio attento al di là della nuova palizzata alta quasi due metri che difende i reperti dalla vista, nota spuntare fra le erbacce e sullo sfondo dei grattacieli una lunga serie di archi in parte ancora sotto terra, alcune mura e le tracce, forse, di costruzioni successive.
Datare il materiale è difficile per un profano ma la struttura rivelata dagli scavi ed emersa da secoli di oblio sembra molto ma molto antica. C'è chi azzarda, addirittura che si possa trattare di resti tardo-romani ancora semisepolti dalla terra e dalla polvere e quindi destinati, dopo gli opportuni lavori di recupero, ad apparire molto più alti di come sembrino adesso. Lo spazio archeologico è, indubbiamente, di grandissime dimensioni, uno dei maggiori ritrovati a cielo aperto nella nostra città negli ultimi anni (probabilmente dai tempi degli scavi della metropolitana) e in mano agli esperti saprà raccontare molto delle pagine storielle che Milano ha vissuto da quando era insediamento dei Galli Insubri e poi dei romani che la chiamarono «Mediolanum» cioè «terra di mezzo» data la sua posizione strategica nella pianura e il suo essere racchiusa fra l'Adda e il Ticino come fiumi maggiori e fra il Lambro e l'Olona come corsi d'acqua di dimensioni inferiori. Pagine di cui ancora non è fatta la ricostruzione completa dato che la maggior parte della città romana è ancora nascosta nel sottosuolo o visitabile sotto varie costruzioni ottocentesche o moderne. L'insediamento venuto fuori, oltre alla sequenza di archi regolarmente distanziati e fatti di mattoni di terracotta (poi riempiti di laterizi a riprova di un uso diverso e successivo alla costruzione) mostra alcune mura anch'esse di mattoni ma di largo spessore che fanno pensare ad una cinta difensiva però non di natura militare. Ci anche sono un muretto più basso di epoca probabilmente precedente ed una serie archi ciechi che vanno a finire nella prima successione. Una novità assoluta per questa zona della città da sempre pensata come quartiere da bonificare e che, invece, sta lentamente dischiudendo i suoi tesori.
Ma analizzando bene le carte d'epoca che mostrano il decumano romano (si estendeva attorno a via Circo, all'Anfiteatro e all'attuale corso Magenta su un'asse che raggiungeva Porta Romana), si viene a scoprire che dal centro attraverso l'attuale via Manzoni (dove le vestigia imperiali sono attualmente in mostra) partiva una strada che doveva collegare Milano proprio con le zone esterne attraversando gli attuali Giardini Pubblici di via Manin e salendo verso la pianura, quindi più o meno lungo l'insediamento che è apparso in questi mesi. E' chiaro, in ogni caso, che solo l'analisi degli addetti ai lavori potrà dirci davanti a cosa ci troviamo, al di là della bellezza di quanto apparso sotto le rovine di quel vecchio e brutto parco dei divertimenti fermo da anni e da sempre rifugio di sbandati o di insediamenti volanti. Che ne sarà? Per adesso, nonostante le rovine stiano venendo alla luce alla velocità dei funghi in autunno dopo la pioggia (del primo arco emerso si parlava già in giugno ed è già stata disscpolta una struttura di almeno altri venti in pochi mesi) e mentre si lavora non si sa ancora quale sarà la destinazione di quanto emerge. Quello che è certo che una grande palizzata ne nasconde la vista ma che da via Marco Polo, nella parte a lato dell'hotel Principe di Savoia, le vestigia sono ugualmente visibili così come basta affacciarsi ad un balcone di via Melchiorre Gioia o di via Galilei per osservarle.