una mostra sui Flavi
Carlo Avvisati
14/04/2009 IL MATTINO
Fu una vera rivoluzione l’ascesa al soglio di Roma imperiale di Tito Flavio Vespasiano, «provinciale» per eccellenza (era nato a Falacrinae, in Sabina). Tanto più che la nuova dinastia spuntava sulle rovine di quella aristocratica e dissoluta dei Giulio-Claudii, finita con la morte violenta di Nerone e dei suoi successori Galba, Otone e Vitellio. Vespasiano, quasi sessantenne, si trova davanti un buco finanziario pari a quattro miliardi di sesterzi e a un impero insanguinato da rivolte e guerre civili. Ripiana i debiti con una dura politica di contenimento della spesa pubblica, pacifica le legioni e rilancia le opere pubbliche. Per ricordare la grandezza di questo imperatore e dei suoi due figli che gli successero: Tito e Domiziano, a duemila anni dalla nascita del primo dei Flavii, tra Colosseo, Foro Romano e Palatino si articola la grande rassegna Divus Vespasianus. Curata da Filippo Coarelli con soprintendenza archeologica di Roma e Electa, la mostra, aperta sino al 10 gennaio prossimo, punta a far risaltare l’immagine dell’imperatore. Basti solo pensare al ritorno allo Stato degli spazi pubblici asserviti da Nerone per realizzarvi la Domus aurea e alla messa in cantiere, in quell’area, del Colosseo. La rassegna propone le immagini della famiglia; quindi un percorso che tocca i monumenti Flavi: Arco di Tito, la Domus imperiale, le case del Foro. Infine c’è una selezione di elementi e testimonianze provenienti dalle aree di Miseno, Ercolano e Pompei: una statua con corazza di Tito, da Ercolano; il rilievo con gli edifici del Foro di Pompei crollati per il terremoto del 62; la statua di Flavia Iulia dal Macellum di Pompei, e il ritratto di Vespasiano dall’Archeologico di Napoli. I legami tra Campania e Flavi erano difatti fortissimi. A Miseno c’era la squadra navale più importante di Roma, guidata da Plinio il Vecchio. E a Tito, il figlio di Vespasiano, appena salito sul trono, toccò disporre i soccorsi all’indomani dell'eruzione vesuviana del 79. Il suo impegno fu enorme. In poco tempo i suoi ex consoli rapidamente ripristinarono strade e comunicazioni. Di più. Tito dispose che i beni dei morti senza eredi fossero utilizzati per ricostruire le città distrutte. Insomma fece di tutto per tenere fede all’appellativo di «amore e delizia del genere umano» che gli venne dato dai sudditi.
Carlo Avvisati
14/04/2009 IL MATTINO
Fu una vera rivoluzione l’ascesa al soglio di Roma imperiale di Tito Flavio Vespasiano, «provinciale» per eccellenza (era nato a Falacrinae, in Sabina). Tanto più che la nuova dinastia spuntava sulle rovine di quella aristocratica e dissoluta dei Giulio-Claudii, finita con la morte violenta di Nerone e dei suoi successori Galba, Otone e Vitellio. Vespasiano, quasi sessantenne, si trova davanti un buco finanziario pari a quattro miliardi di sesterzi e a un impero insanguinato da rivolte e guerre civili. Ripiana i debiti con una dura politica di contenimento della spesa pubblica, pacifica le legioni e rilancia le opere pubbliche. Per ricordare la grandezza di questo imperatore e dei suoi due figli che gli successero: Tito e Domiziano, a duemila anni dalla nascita del primo dei Flavii, tra Colosseo, Foro Romano e Palatino si articola la grande rassegna Divus Vespasianus. Curata da Filippo Coarelli con soprintendenza archeologica di Roma e Electa, la mostra, aperta sino al 10 gennaio prossimo, punta a far risaltare l’immagine dell’imperatore. Basti solo pensare al ritorno allo Stato degli spazi pubblici asserviti da Nerone per realizzarvi la Domus aurea e alla messa in cantiere, in quell’area, del Colosseo. La rassegna propone le immagini della famiglia; quindi un percorso che tocca i monumenti Flavi: Arco di Tito, la Domus imperiale, le case del Foro. Infine c’è una selezione di elementi e testimonianze provenienti dalle aree di Miseno, Ercolano e Pompei: una statua con corazza di Tito, da Ercolano; il rilievo con gli edifici del Foro di Pompei crollati per il terremoto del 62; la statua di Flavia Iulia dal Macellum di Pompei, e il ritratto di Vespasiano dall’Archeologico di Napoli. I legami tra Campania e Flavi erano difatti fortissimi. A Miseno c’era la squadra navale più importante di Roma, guidata da Plinio il Vecchio. E a Tito, il figlio di Vespasiano, appena salito sul trono, toccò disporre i soccorsi all’indomani dell'eruzione vesuviana del 79. Il suo impegno fu enorme. In poco tempo i suoi ex consoli rapidamente ripristinarono strade e comunicazioni. Di più. Tito dispose che i beni dei morti senza eredi fossero utilizzati per ricostruire le città distrutte. Insomma fece di tutto per tenere fede all’appellativo di «amore e delizia del genere umano» che gli venne dato dai sudditi.