Alba Fucens: Pompei d’Abruzzo
GIUSEPPE M. DELLA FINA
la Repubblica, 4 dicembre 2006
UN'ESPOSIZIONE SULLA RISCOPERTA DELLA CITTÀ ROMANA
Roma
Ci sono grandi mostre che al visitatore non lasciano nulla, altre invece più modeste e realizzate con costi contenuti che riescono ad imporsi, a lasciare una traccia nella memoria. Tra queste ultime si può annoverare l'esposizione «Poco grano, molti frutti. Cinquant'anni di archeologia ad Alba Fucens» allestita attualmente a Roma presso l'Accademia Belgica (sino al 10 dicembre). I curatori, coordinati da Adele Campanelli, intendono narrare un'avventura archeologica quale è stata la riscoperta di Alba Fucens, una città fondata dai Romani negli ultimi anni del IVsecolo a. C. all'interno del territorio degli Equi. Dove in seguito, quando Roma era divenuta una potenza mediterranea, vennero confinati alcuni tra i suoi nemici più pericolosi: il re africano Siface, alleato sino all'ultimo di Annibale, e il sovrano macedone Perseo sconfìtto a Pidna.
Protagonisti della sua riscoperta furono archeologi belgi e italiani che, nell'immediato secondo dopoguerra, iniziarono a collaborare intorno a un progetto ambizioso quale era riportare alla luce la «Pompei dell'Abruzzo». La scelta del sito venne suggerita a Fernand De Visscher, allora direttore dell'Accademia Belgica, da Giuseppe Lugli. Valerio Cianfarani, al tempo Soprintendente archeologo competente sull'area, facilitò l'avvio delle ricerche che ebbero inizio il 25 aprile 1949. A De Visscher si affiancò da subito Franz De Ruyt, successivamente si aggiunse all'impresa Joseph Mertens destinato a diventare il principale artefice degli scavi di Alba.
Lungo il percorso espositivo sono restituiti con vivacità gli studiosi, colti attraverso immagini fotografiche che li ritraggono al lavoro o raccontati attraverso le pagine dei loro diari, eicoprotago-nisti dell'impresa: gli assistenti di scavo e gli operai italiani, gli studenti belgi. I volti suggeriscono più una differenza di ceto sociale e disponibilità economica che di nazionalità. Visi che oggi avremmo difficoltà a riconoscere come italiani.
Si tratta comunque di una mostra prevalentemente archeologica e non mancano antichità di ritrovamento più o meno recente. S'incontrano dischi-corazza di bronzo, ceramiche a vernice nera, lucerne, diversi ritratti in marmo maschili e femminili, alcune statue sempre in marmo fra le quali una Venere di notevole fattura, la vera di un pozzo con la raffigurazione di un thiasos dionisiaco rinvenuta solo da pochi mesi nell'area di una villa rustica rinvenuta in località Macerine. Sono il frutto delle campagne di scavo avviate nel 1949.
L'esposizione dopo Roma, raggiungerà Bruxelles.
GIUSEPPE M. DELLA FINA
la Repubblica, 4 dicembre 2006
UN'ESPOSIZIONE SULLA RISCOPERTA DELLA CITTÀ ROMANA
Roma
Ci sono grandi mostre che al visitatore non lasciano nulla, altre invece più modeste e realizzate con costi contenuti che riescono ad imporsi, a lasciare una traccia nella memoria. Tra queste ultime si può annoverare l'esposizione «Poco grano, molti frutti. Cinquant'anni di archeologia ad Alba Fucens» allestita attualmente a Roma presso l'Accademia Belgica (sino al 10 dicembre). I curatori, coordinati da Adele Campanelli, intendono narrare un'avventura archeologica quale è stata la riscoperta di Alba Fucens, una città fondata dai Romani negli ultimi anni del IVsecolo a. C. all'interno del territorio degli Equi. Dove in seguito, quando Roma era divenuta una potenza mediterranea, vennero confinati alcuni tra i suoi nemici più pericolosi: il re africano Siface, alleato sino all'ultimo di Annibale, e il sovrano macedone Perseo sconfìtto a Pidna.
Protagonisti della sua riscoperta furono archeologi belgi e italiani che, nell'immediato secondo dopoguerra, iniziarono a collaborare intorno a un progetto ambizioso quale era riportare alla luce la «Pompei dell'Abruzzo». La scelta del sito venne suggerita a Fernand De Visscher, allora direttore dell'Accademia Belgica, da Giuseppe Lugli. Valerio Cianfarani, al tempo Soprintendente archeologo competente sull'area, facilitò l'avvio delle ricerche che ebbero inizio il 25 aprile 1949. A De Visscher si affiancò da subito Franz De Ruyt, successivamente si aggiunse all'impresa Joseph Mertens destinato a diventare il principale artefice degli scavi di Alba.
Lungo il percorso espositivo sono restituiti con vivacità gli studiosi, colti attraverso immagini fotografiche che li ritraggono al lavoro o raccontati attraverso le pagine dei loro diari, eicoprotago-nisti dell'impresa: gli assistenti di scavo e gli operai italiani, gli studenti belgi. I volti suggeriscono più una differenza di ceto sociale e disponibilità economica che di nazionalità. Visi che oggi avremmo difficoltà a riconoscere come italiani.
Si tratta comunque di una mostra prevalentemente archeologica e non mancano antichità di ritrovamento più o meno recente. S'incontrano dischi-corazza di bronzo, ceramiche a vernice nera, lucerne, diversi ritratti in marmo maschili e femminili, alcune statue sempre in marmo fra le quali una Venere di notevole fattura, la vera di un pozzo con la raffigurazione di un thiasos dionisiaco rinvenuta solo da pochi mesi nell'area di una villa rustica rinvenuta in località Macerine. Sono il frutto delle campagne di scavo avviate nel 1949.
L'esposizione dopo Roma, raggiungerà Bruxelles.