OLBIA. Monete antiche, gioelli e utensili vari: la città romana restituisce i suoi tesori
di Serena Lullia
08-DIC-2006 Nuova Sardegna Olbia
OLBIA. Monete, orecchini d'oro, anelli d'argento. L'antica città romana continua a restituire i suoi tesori. E a raccontare anche stirie affascinanti. Come quella racchiusa tra le pareti della tomba alla cappuccina con dispositivo di refrigerium scoperta in corso Umberto. All'interno della sepoltura gli archeologi del-
la Soprintendenza diretti da Giuseppe Pisanu non hanno trovato le spoglie del defunto; la massa di terra che riempiva il monumento funebre era il vero oggetto del culto. E a quella terra sacra erano destinate le offerte che i fedeli introducevano attraverso il foro realizzato sulla superficie della tomba.
Rubens D'Oriano non ha dubbi: «Si tratta di una tomba rara, dove non risulta sepolto nessuno»
II responsabile della Soprintendenza per i beni archeologici Rubens D'Oriano ieri ha svelato alcuni segreti emersi dal passato. A partire dal tempio romano scoperto alcuni metri più avanti della piazza lastricata davanti al Comune per finire con la colonna in granito rinvenuta davanti allo Scolastico. «La struttura, della quale vediamo circa un terzo della lunghezza — ha detto D'Oriano —, è un tempio che chiudeva a ovest la piazza lastricata. La grande sala del culto, la cella, era lunga 12 metri e terminava con una fila di colonne che forse inquadravano un altare o la statua del culto. Non è possibile individuare con certezza la divinità, ma doveva essere probabilmente maschile».
Anche la ruota di granito poggiata sul pavimento a metà
della cella potrebbe essere un simbolo del potere, di un dio o dell'imperatore. Alla fine della cella gli archeologi hanno rivenuto una tomba molto rara per Olbia, del tipo a mensa con dispositivo di refrigerium, costituita da un muretto coperto di tegole rosse (embrici). Sulla superficie un foro quadrato dal quale i fedeli introducevano nella tomba e fino al defunto le offerte di cibo. «Questo esemplare costituisce un caso unico — ha aggiunto D'Oriano — perché non vi è stato sepolto nessuno, n monumento funebre è stato costruito per contenere la massa di terra che lo riempie». In quella montagna di terra gli esperti hanno trovato tanti tesori: oltre a frammenti di ceramiche, vetri, mattoncini e tessere di mosaico anche quindici monete, degli spilloni
per capelli in osso, un anello di argento o di bronzo, un orecchino d'oro con un lapislazzulì incastonato. In più un oggetto estraneo al Terzo secolo dopo Cristo, periodo al quale risale la tomba: una punta di freccia neolitica in ossidiana, finita lì per caso. «iL tipo di sepoltura — ha aggiunto D'Oriano — fa pensare alla religione cristiana più che al paganesimo, forse nel suo precoce diffondersi proprio a Olbia come primo approccio alla Sardegna». Tutti quei tesori, affiorati durante i lavori per la rete idrica, ritorneranno a riposare sotto terra, «n problema non sono gli scavi —ha detto il soprintende regia naie Vincenzo Santoni —, ma i costi di gestione. E' però importante che la comunità si appropri di questo tesoro e lo faccia diventare parte della sua identità e della sua cultura».
di Serena Lullia
08-DIC-2006 Nuova Sardegna Olbia
OLBIA. Monete, orecchini d'oro, anelli d'argento. L'antica città romana continua a restituire i suoi tesori. E a raccontare anche stirie affascinanti. Come quella racchiusa tra le pareti della tomba alla cappuccina con dispositivo di refrigerium scoperta in corso Umberto. All'interno della sepoltura gli archeologi del-
la Soprintendenza diretti da Giuseppe Pisanu non hanno trovato le spoglie del defunto; la massa di terra che riempiva il monumento funebre era il vero oggetto del culto. E a quella terra sacra erano destinate le offerte che i fedeli introducevano attraverso il foro realizzato sulla superficie della tomba.
Rubens D'Oriano non ha dubbi: «Si tratta di una tomba rara, dove non risulta sepolto nessuno»
II responsabile della Soprintendenza per i beni archeologici Rubens D'Oriano ieri ha svelato alcuni segreti emersi dal passato. A partire dal tempio romano scoperto alcuni metri più avanti della piazza lastricata davanti al Comune per finire con la colonna in granito rinvenuta davanti allo Scolastico. «La struttura, della quale vediamo circa un terzo della lunghezza — ha detto D'Oriano —, è un tempio che chiudeva a ovest la piazza lastricata. La grande sala del culto, la cella, era lunga 12 metri e terminava con una fila di colonne che forse inquadravano un altare o la statua del culto. Non è possibile individuare con certezza la divinità, ma doveva essere probabilmente maschile».
Anche la ruota di granito poggiata sul pavimento a metà
della cella potrebbe essere un simbolo del potere, di un dio o dell'imperatore. Alla fine della cella gli archeologi hanno rivenuto una tomba molto rara per Olbia, del tipo a mensa con dispositivo di refrigerium, costituita da un muretto coperto di tegole rosse (embrici). Sulla superficie un foro quadrato dal quale i fedeli introducevano nella tomba e fino al defunto le offerte di cibo. «Questo esemplare costituisce un caso unico — ha aggiunto D'Oriano — perché non vi è stato sepolto nessuno, n monumento funebre è stato costruito per contenere la massa di terra che lo riempie». In quella montagna di terra gli esperti hanno trovato tanti tesori: oltre a frammenti di ceramiche, vetri, mattoncini e tessere di mosaico anche quindici monete, degli spilloni
per capelli in osso, un anello di argento o di bronzo, un orecchino d'oro con un lapislazzulì incastonato. In più un oggetto estraneo al Terzo secolo dopo Cristo, periodo al quale risale la tomba: una punta di freccia neolitica in ossidiana, finita lì per caso. «iL tipo di sepoltura — ha aggiunto D'Oriano — fa pensare alla religione cristiana più che al paganesimo, forse nel suo precoce diffondersi proprio a Olbia come primo approccio alla Sardegna». Tutti quei tesori, affiorati durante i lavori per la rete idrica, ritorneranno a riposare sotto terra, «n problema non sono gli scavi —ha detto il soprintende regia naie Vincenzo Santoni —, ma i costi di gestione. E' però importante che la comunità si appropri di questo tesoro e lo faccia diventare parte della sua identità e della sua cultura».