Promemoria per il ministro. A proposito di Palatino
Andrea Carandini
Corriere della Sera - cronaca Roma 23/1/2007
Il Palatino, si sa, è importante e la legge ne impone la tutela. Ma questo è un modo pigro di pensare; ce ne accorgiamo nel momento in cui servono risorse straordinariamente grandi per trasformarne le conoscenze sparse in un sistema esatto, al fine di conoscerlo integralmente, di salvarlo dai crolli, di valorizzarlo e soprattutto di farlo conoscere e amare. Grandi scavi di tipo urbano, cui singoli studiosi hanno dedicato parti importanti della vita, sono stati attuati nell' ultima generazione; la conoscenza ha proceduto rapida, sconvolgendo antichi preconcetti. Il Foro resta il grande sconosciuto, per quanto riguarda la piazza e i suoi margini, per cui servirebbero nuovi saggi. Manca forse ancora una strategia della ricerca, che può essere condotta anche con metodi non distruttivi. A cosa serve l'immane basamento della domus Tiberiana se non appunto per sostenere una domus di cui non abbiamo un'idea: è forse il casino palatino di Nerone? Dove è posto e che forma ha il Tempio della Fortuna, di cui conosciamo imponenti costruzioni lungo via di S. Gregorio? Quale è il raccordo fra i Palazzi imperiali e il Circo Massimo (bisogna aprire al più presto un ingresso da via dei Cerchi, chiudendola). E infine: raggiungeremo mai il Lupercale, il più antico santuario di Roma sacro a Fauno? Solo la conoscenza riesce a dare «valore» a queste rovine, in sé morte se non penetrate da intelligenza umana. Come che sia, dobbiamo cambiare atteggiamento: smettere di lamentarci e mi lamento frequentemente io stesso e smettere al tempo stesso di «pretendere» mezzi straordinari per il monte che crolla. Dobbiamo piuttosto unirci, funzionari dello Stato, docenti universitari, funzionari degli enti locali e privati perché la barca che affonda è una e noi siamo in quell'arca. Ma come si fa ad amare ciò che si ignora, perfino nella più ristretta conventicola archeologica... In questa prospettiva lancio l'idea di una grande mostra sul Palatino, capace non di sfoggiare oggetti, ma di narrare come la vita si è svolta su questo caput nei suoi vari aspetti, a partire dai graffiti dei pretoriani nella domus Tiberiana... Così finalmente la gente si appassionerà davanti a questa risorsa, prima ancora che ai suoi drammatici problemi di restauro monumentale. Allora, io credo, sarà più facile trovare risorse, anche private, ma questo Palatino dobbiamo finalmente condividerlo, fra noi e sopratutto con la gente, parlandone se necessario ai quattro capi del mondo. Non siamo e non intendiamo essere i custodi di un cimitero!
Andrea Carandini
Corriere della Sera - cronaca Roma 23/1/2007
Il Palatino, si sa, è importante e la legge ne impone la tutela. Ma questo è un modo pigro di pensare; ce ne accorgiamo nel momento in cui servono risorse straordinariamente grandi per trasformarne le conoscenze sparse in un sistema esatto, al fine di conoscerlo integralmente, di salvarlo dai crolli, di valorizzarlo e soprattutto di farlo conoscere e amare. Grandi scavi di tipo urbano, cui singoli studiosi hanno dedicato parti importanti della vita, sono stati attuati nell' ultima generazione; la conoscenza ha proceduto rapida, sconvolgendo antichi preconcetti. Il Foro resta il grande sconosciuto, per quanto riguarda la piazza e i suoi margini, per cui servirebbero nuovi saggi. Manca forse ancora una strategia della ricerca, che può essere condotta anche con metodi non distruttivi. A cosa serve l'immane basamento della domus Tiberiana se non appunto per sostenere una domus di cui non abbiamo un'idea: è forse il casino palatino di Nerone? Dove è posto e che forma ha il Tempio della Fortuna, di cui conosciamo imponenti costruzioni lungo via di S. Gregorio? Quale è il raccordo fra i Palazzi imperiali e il Circo Massimo (bisogna aprire al più presto un ingresso da via dei Cerchi, chiudendola). E infine: raggiungeremo mai il Lupercale, il più antico santuario di Roma sacro a Fauno? Solo la conoscenza riesce a dare «valore» a queste rovine, in sé morte se non penetrate da intelligenza umana. Come che sia, dobbiamo cambiare atteggiamento: smettere di lamentarci e mi lamento frequentemente io stesso e smettere al tempo stesso di «pretendere» mezzi straordinari per il monte che crolla. Dobbiamo piuttosto unirci, funzionari dello Stato, docenti universitari, funzionari degli enti locali e privati perché la barca che affonda è una e noi siamo in quell'arca. Ma come si fa ad amare ciò che si ignora, perfino nella più ristretta conventicola archeologica... In questa prospettiva lancio l'idea di una grande mostra sul Palatino, capace non di sfoggiare oggetti, ma di narrare come la vita si è svolta su questo caput nei suoi vari aspetti, a partire dai graffiti dei pretoriani nella domus Tiberiana... Così finalmente la gente si appassionerà davanti a questa risorsa, prima ancora che ai suoi drammatici problemi di restauro monumentale. Allora, io credo, sarà più facile trovare risorse, anche private, ma questo Palatino dobbiamo finalmente condividerlo, fra noi e sopratutto con la gente, parlandone se necessario ai quattro capi del mondo. Non siamo e non intendiamo essere i custodi di un cimitero!