Pompei, dai ruderi spunta farmacia del 79 d.C.
il Mattino, Giovedì 5 Ottobre 2000
(...)
Una cassetta di pronto soccorso di venti secoli fa. L'hanno scoperta gli archeologi che da circa un anno stanno lavorando alla villa-albergo dei Sulpicii, in località Moregine, a Pompei. Non solo. Su una parete esterna, rinvenuti due quadretti, pochi centimetri quadri di intonaco coperti da pitture di squisita fattura: su fondo verde, un pavone di colore verde chiaro; poco più sotto, due animali marini fantastici, dipinti in un delicatissimo blu scuro. Il ritrovamento della «farmacia casalinga» è avvenuto proprio quando sembrava che la dimora dei ricchi commercianti originari di Pozzuoli avesse svelato ogni suo segreto e poco prima che l'edificio, spogliato di tutto quanto potesse avere anche un minimo valore culturale, ritornasse sotto terra: l'area è stata interrata ieri per sbloccare i lavori di raddoppio dell'autostrada Napoli Salerno.
Il contenitore è stato individuato dagli operai della Nu.Sco.Si di Francesco Simonelli in un ambiente «vergine», piccolo, situato al lato di una scala. Il reperto, che potrebbe risultare un vero e proprio tesoro scientifico e archeologico, interamente di legno, eccetto il bordo di ferro, proteggeva in sei scomparti altrettanti vasi di vetro. Due dei contenitori, tutti di forma quadrata, ma di differente apertura e diverso volume, sono stati rinvenuti all'esterno della cassettina della quale non è stato ritrovato il coperchio. Poco distante, poggiato in un cesto di vimini ben conservato, un piatto di ottima fattura e ripieno di noci non ancora mature. In un angolo, invece, un'anfora per il trasporto di acqua.
Il locale, quando l'eruzione sconvolse il territorio, non era ancora funzionante. I muri erano stati appena abbozzati con calcina e il pavimento si presentava ancora sterrato. La destinazione dello sgabuzzino, secondo gli archeologi che indagano (Antonio De Simone, responsabile del progetto di scavo, e Marisa Mastroroberto ispettore della Soprintendenza) per conto delle Autostrade Meridionali Spa doveva essere quello di una latrina di servizio. Cosa mai ci facessero nella stanzetta le noci e la cassetta da pronto soccorso sarà l'elemento su cui si punterà per confermare ipotesi di lavoro. E, sarà sopratutto l'analisi dei residui contenuti nelle boccette che darà indicazioni preziose sull'uso in antico dei medicinali empirici. Un dato, questo, già confermato in un ritrovamento effettuato in una fattoria d'epoca romana scavata in territorio di Scafati. I resti recuperati sul fondo di un'anfora, una volta analizzati dal Laboratorio di ricerche della Soprintendenza di Pompei diretto da Annamaria Ciarallo, hanno rivelato che il composto era il famoso antiveleno usato da Mitridate, il re del Ponto, per vaccinarsi contro eventuali attentati da parte dei nemici. E, il preparato risultò tanto efficace che, raccontano i cronisti dell'epoca, quando il sovrano tentò di sfuggire alla prigionia dandosi la morte con il veleno, quest'ultimo non fece alcun effetto e dovette ricorrere a un pugnale per suicidarsi. In particolare, nel reperto rinvenuto a Scafati, mescolati con ossa appartenenti a sette specie differenti di animali (anfibi, rettili, uccelli e mammiferi di piccola taglia), c'erano anche 47 tipi di vegetali. L'antidoto di Mitridate, di cui Pompeo, comandante delle legioni romane che sconfissero il re, trovò la ricetta scritta in greco e la fece tradurre in latino da un suo liberto: Leuco, fu migliorata da Andromaco il Vecchio, medico di Nerone, con l'aggiunta di carne di vipera. Nacque in questo modo la Teriaca Magna o di Andromaco. Il medicinale con il passare dei secoli diventò il curativo più famoso di tutti i tempi e buono per tutti i mali, restando in attività e venendo prodotto nelle farmacie - spezierie di Venezia, Bologna e Napoli sino a un secolo fa.
Ecco, se una volta analizzati, i residui delle boccette di Moregine dessero indicazioni in tal senso o permettessero di individuare altri tipi di medicinali, allora ci ritroveremmo di fronte a una scoperta scientifica e culturale di sicura eccezionalità. Un dato già significativo e che potrebbe orientare gli studiosi in tale direzione è fornito appunto dalla grossa quantità di noci scoperta accanto alla cassetta. Il mallo, vale a dire la parte dura e doppia che protegge il guscio, contiene piccole quantità di acido salicilico, costituente fondamentale dell'aspirina.
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CARLO AVVISATI
il Mattino, Giovedì 5 Ottobre 2000
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Una cassetta di pronto soccorso di venti secoli fa. L'hanno scoperta gli archeologi che da circa un anno stanno lavorando alla villa-albergo dei Sulpicii, in località Moregine, a Pompei. Non solo. Su una parete esterna, rinvenuti due quadretti, pochi centimetri quadri di intonaco coperti da pitture di squisita fattura: su fondo verde, un pavone di colore verde chiaro; poco più sotto, due animali marini fantastici, dipinti in un delicatissimo blu scuro. Il ritrovamento della «farmacia casalinga» è avvenuto proprio quando sembrava che la dimora dei ricchi commercianti originari di Pozzuoli avesse svelato ogni suo segreto e poco prima che l'edificio, spogliato di tutto quanto potesse avere anche un minimo valore culturale, ritornasse sotto terra: l'area è stata interrata ieri per sbloccare i lavori di raddoppio dell'autostrada Napoli Salerno.
Il contenitore è stato individuato dagli operai della Nu.Sco.Si di Francesco Simonelli in un ambiente «vergine», piccolo, situato al lato di una scala. Il reperto, che potrebbe risultare un vero e proprio tesoro scientifico e archeologico, interamente di legno, eccetto il bordo di ferro, proteggeva in sei scomparti altrettanti vasi di vetro. Due dei contenitori, tutti di forma quadrata, ma di differente apertura e diverso volume, sono stati rinvenuti all'esterno della cassettina della quale non è stato ritrovato il coperchio. Poco distante, poggiato in un cesto di vimini ben conservato, un piatto di ottima fattura e ripieno di noci non ancora mature. In un angolo, invece, un'anfora per il trasporto di acqua.
Il locale, quando l'eruzione sconvolse il territorio, non era ancora funzionante. I muri erano stati appena abbozzati con calcina e il pavimento si presentava ancora sterrato. La destinazione dello sgabuzzino, secondo gli archeologi che indagano (Antonio De Simone, responsabile del progetto di scavo, e Marisa Mastroroberto ispettore della Soprintendenza) per conto delle Autostrade Meridionali Spa doveva essere quello di una latrina di servizio. Cosa mai ci facessero nella stanzetta le noci e la cassetta da pronto soccorso sarà l'elemento su cui si punterà per confermare ipotesi di lavoro. E, sarà sopratutto l'analisi dei residui contenuti nelle boccette che darà indicazioni preziose sull'uso in antico dei medicinali empirici. Un dato, questo, già confermato in un ritrovamento effettuato in una fattoria d'epoca romana scavata in territorio di Scafati. I resti recuperati sul fondo di un'anfora, una volta analizzati dal Laboratorio di ricerche della Soprintendenza di Pompei diretto da Annamaria Ciarallo, hanno rivelato che il composto era il famoso antiveleno usato da Mitridate, il re del Ponto, per vaccinarsi contro eventuali attentati da parte dei nemici. E, il preparato risultò tanto efficace che, raccontano i cronisti dell'epoca, quando il sovrano tentò di sfuggire alla prigionia dandosi la morte con il veleno, quest'ultimo non fece alcun effetto e dovette ricorrere a un pugnale per suicidarsi. In particolare, nel reperto rinvenuto a Scafati, mescolati con ossa appartenenti a sette specie differenti di animali (anfibi, rettili, uccelli e mammiferi di piccola taglia), c'erano anche 47 tipi di vegetali. L'antidoto di Mitridate, di cui Pompeo, comandante delle legioni romane che sconfissero il re, trovò la ricetta scritta in greco e la fece tradurre in latino da un suo liberto: Leuco, fu migliorata da Andromaco il Vecchio, medico di Nerone, con l'aggiunta di carne di vipera. Nacque in questo modo la Teriaca Magna o di Andromaco. Il medicinale con il passare dei secoli diventò il curativo più famoso di tutti i tempi e buono per tutti i mali, restando in attività e venendo prodotto nelle farmacie - spezierie di Venezia, Bologna e Napoli sino a un secolo fa.
Ecco, se una volta analizzati, i residui delle boccette di Moregine dessero indicazioni in tal senso o permettessero di individuare altri tipi di medicinali, allora ci ritroveremmo di fronte a una scoperta scientifica e culturale di sicura eccezionalità. Un dato già significativo e che potrebbe orientare gli studiosi in tale direzione è fornito appunto dalla grossa quantità di noci scoperta accanto alla cassetta. Il mallo, vale a dire la parte dura e doppia che protegge il guscio, contiene piccole quantità di acido salicilico, costituente fondamentale dell'aspirina.
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CARLO AVVISATI