Ara Pacis, l'ultima sconfitta
Giorgio Muratore
L'opinione della Libertà, 23/4/2003
Oggi che sembra iniziata la fase definitiva della fortunosa ricostruzione e che il cantiere pare riprendere vita sciagurata ci pare opportuno ripercorrere brevemente alcune tappe di quella polemica che ci ha visto, come era facilmente prevedibile e data l'entità delle forze in campo, soccombere. E tanto più opportuno ci pare riflettere sulla annosa questione in quanto, nella sua travolgente oscenità, la vicenda Ara Pacis rappresenta assai bene lo spaccato esemplare di una realtà contemporanea incapace di fare i conti in maniera ragionevole con il suo passato, con la sua storia, con la complessità delle sue stesse contraddizioni e quindi anche con il suo futuro.
Ara Pacis, quindi, "ultima" e "sconfitta", perché alla fine è stata la Storia ad essere beffata dalle astuzie meschine di quanti hanno avuto la pretesa e l'illusione di raddrizzarle le gambe pensando che cancellandone qualche traccia, oscurando qualche ultimo fotogramma del passato più recente, avrebbero potuto riscrivere l'intero film, sostituendo un finale non compreso e non condiviso e quindi, come in un videogame, giocando con la play-station del potere, "vincere", fare Bingo, affermando la loro drammatica assenza attraverso la nevrotica presenza di un gesto viziato dall'arroganza e dalla vacuità, sostanzialmente, virtuale. In questi anni sono stati nunierosi i modi anomali e tortuosi attraverso i quali si è giunti "comunque" ad un risultato prefisso approfittando soprattutto della complicità dei diversi ingranaggi e delle diverse comparse di quella filiera politico-amministrativa che ha visto convergere interessi diversi e complementari e che, sempre più spesso, ricorre alla falsificazione e alla sopraffazione mediatica, come testimoniano ancora alcune recentissime prese di posizione che tanta cospicua eco hanno avuto sulla stampa. Non rispondiamo quindi nemmeno alle insinuanti affermazioni di chi su "il manifesto" dell'ultimo anno, commentando il bel video di Sephen Natanson "Ara sine Pace" andato recentemente in onda su Raisat, si è rozzamente esibito ridicolizzando le passate polemiche, insolentendo e attribuendo la nostra opposizione a "puro puntiglio", "livore" e "rabbia" verso l'operazione di Rutelli. E neppure sarebbe da prendere in considerazione la commovente esternazione d'ufficio del Soprintendente capitolino, pubblicata con grande evidenza in prima pagina sul terzo numero de "II Giornale dell'Architettura" se non fosse per l'involontaria comicità che trapela dalle sue parole, che merita quindi riportare per esteso, per cui la nuova sistemazione sarebbe stata: "Una scelta molto criticata, ma che trova nell'architettura di Meier e nelle sue esperienze in campo ragioni che conservano tutta la loro validità alla luce delle critiche e del tempo trascorso. Lungi dal cancellare l'opera di Morpurgo (sic!), come molti hanno frettolosamente affermato, ignorando che il demolito padiglione nelle forme e nei materiali poco conservava dell'idea originale dell'architetto italiano, il progetto Meier svolge una riflessione sulle soluzioni migliori, poi non realizzate che lo stesso Ballio Morpurgo aveva inizialmente proposto per la musealizzazione del monumento. Alcuni critici (ci piacerebbe conoscerli, n.d.r.) hanno scritto in proposito di un nuovo disegno «sottilmente impegnato sul filo revival» notando le assonanze nella vicinanza dei principi. E infatti le assonanze, se per assonanza si intende riflessione e superamento, non mancano... Oggi questa continuità viene parzialmente riproposta dal progetto di prossima realizzazione nell'allineamento edilizio della gradinata con fontana e obelisco..." Parole che non hanno evidentemente bisogno dì commenti e che sbigottiscono ancor più sulle labbra di chi dovrebbe conoscere, tutelare e valorizzare la ricchezza e la complessità del nostro patrimonio culturale evidentemente affidato e probabilmente pour cause, ad un solerte funzionario "non vedente" peraltro assai abile nella tragicomica manipolazione dialettica delle più banali evidenze. Ma, evidentemente, il tragico e il comico ben si adattano alla vicenda se, già sul medesimo argomento nell'ottobre del "98, l'alloro sovrintendente di stato ai beni architettonici aveva avuto la grazia di scrivere, concedendo parere favorevole al nuovo progetto "migliorato" nella sua seconda versione, quella senza "setto murario", ma con fontana e obelisco, per intenderci, (quindi decisamente più "romana"): "...circa la presenza della «stele» marmorea ubicata tra le due chiese, si ritiene opportuno una verifica che dovrebbe essere effettuata con una simulazione."
Ove, tralasciando l'eventualità del rendering digitale, troppo chip e banale, preferiamo prefigurare magari, in occasione di qualche prossima campagna elettorale, una scena da commedia all'italiana, forse un episodio da inserire in un prossimo remake di "Amici miei", in cui, al cospetto delle "massime autorità" della Cultura, della politica e dell'arte, i solerti uscieri della Sovrintendenza spostano cerimoniosi tra ghirlande d'alloro e al ritmo della banda dei vigili il moderno eppur classico "obelisco" (di cartone) per sceglierne finalmente la più esatta collocazione, lo spettacolo sarebbe assicurato e le coscienze più sensibili troverebbero finalmente conforto mentre le jene impazzerebbero dissacranti con microfono e telecamerine, nell'ebbrezza dionisiaca di una falloforia d'antan che, dopo i fasti penitenziali del Giubileo riporterebbe finalmente la città alla sua più vera e autentica dimensione storica; siamo sicuri che i quotidiani romani sarebbero prodighi di attenzioni per l'evento "epocale".
Per concludere anche queste brevi, sciocche e inutili parole ci piace però ricordare che, in mezzo a tanto putridume, esistono ancora persone per bene, qualcuno che, magari in silenzio e a rischio della carriera, si ostina nel suo lavoro e si assume il peso delle proprie idee, come nel caso di quell'Ispettore Centrale del Ministero per i Beni Culturali (che non conosciamo, che non ci leggerà mai, ma che, comunque, qui ringraziamo per la sua onestà) il quale, incaricato, a suo tempo, di indagare sulla vicenda, esaminata la documentazione, esprimeva nel lontano luglio del '98, le seguenti valutazioni: " L'attuale padiglione che contiene e protegge l'Ara Pacis rientra nel contesto della moderna sistemazione di Piazza Augusto Imperatore scaturita da una precisa impostazione ideologica. A parte ogni possibile valutazione in ordine alle qualità formali ed alla sua acquisita storicizzazione consolidata nel paesaggio urbano, l'immobile sembra tutt'ora rispondere allo scopo originario, pur non dovendosi escludere eventuali adeguamenti di tipo impiantistico e/o museale oltre ovviamente ai necessari interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Premesse tali considerazioni che peraltro trovano riscontro anche in quanto espresso dal prof. Muratore nelle sue successive note del 30.3.96 e del 4.3.98, circa il progetto di sostituzione non sembra sia stato adeguatamente valutato l'impatto ambientale del nuovo edificio anche in relazione ai rapporti di contiguità e intervisibilità con le vicine emergenze monumentali quali le chiese di S. Rocco e S. Girolamo ed il Palazzo Borghese. L'importanza ed il livello progettuale della proposta comportano pertanto una valutazione più ampia ed articolata sotto diversi profili..."
Naturalmente, di tutto questo non si fece nulla e le cose sono proseguite secondo copione.
Giorgio Muratore
L'opinione della Libertà, 23/4/2003
Oggi che sembra iniziata la fase definitiva della fortunosa ricostruzione e che il cantiere pare riprendere vita sciagurata ci pare opportuno ripercorrere brevemente alcune tappe di quella polemica che ci ha visto, come era facilmente prevedibile e data l'entità delle forze in campo, soccombere. E tanto più opportuno ci pare riflettere sulla annosa questione in quanto, nella sua travolgente oscenità, la vicenda Ara Pacis rappresenta assai bene lo spaccato esemplare di una realtà contemporanea incapace di fare i conti in maniera ragionevole con il suo passato, con la sua storia, con la complessità delle sue stesse contraddizioni e quindi anche con il suo futuro.
Ara Pacis, quindi, "ultima" e "sconfitta", perché alla fine è stata la Storia ad essere beffata dalle astuzie meschine di quanti hanno avuto la pretesa e l'illusione di raddrizzarle le gambe pensando che cancellandone qualche traccia, oscurando qualche ultimo fotogramma del passato più recente, avrebbero potuto riscrivere l'intero film, sostituendo un finale non compreso e non condiviso e quindi, come in un videogame, giocando con la play-station del potere, "vincere", fare Bingo, affermando la loro drammatica assenza attraverso la nevrotica presenza di un gesto viziato dall'arroganza e dalla vacuità, sostanzialmente, virtuale. In questi anni sono stati nunierosi i modi anomali e tortuosi attraverso i quali si è giunti "comunque" ad un risultato prefisso approfittando soprattutto della complicità dei diversi ingranaggi e delle diverse comparse di quella filiera politico-amministrativa che ha visto convergere interessi diversi e complementari e che, sempre più spesso, ricorre alla falsificazione e alla sopraffazione mediatica, come testimoniano ancora alcune recentissime prese di posizione che tanta cospicua eco hanno avuto sulla stampa. Non rispondiamo quindi nemmeno alle insinuanti affermazioni di chi su "il manifesto" dell'ultimo anno, commentando il bel video di Sephen Natanson "Ara sine Pace" andato recentemente in onda su Raisat, si è rozzamente esibito ridicolizzando le passate polemiche, insolentendo e attribuendo la nostra opposizione a "puro puntiglio", "livore" e "rabbia" verso l'operazione di Rutelli. E neppure sarebbe da prendere in considerazione la commovente esternazione d'ufficio del Soprintendente capitolino, pubblicata con grande evidenza in prima pagina sul terzo numero de "II Giornale dell'Architettura" se non fosse per l'involontaria comicità che trapela dalle sue parole, che merita quindi riportare per esteso, per cui la nuova sistemazione sarebbe stata: "Una scelta molto criticata, ma che trova nell'architettura di Meier e nelle sue esperienze in campo ragioni che conservano tutta la loro validità alla luce delle critiche e del tempo trascorso. Lungi dal cancellare l'opera di Morpurgo (sic!), come molti hanno frettolosamente affermato, ignorando che il demolito padiglione nelle forme e nei materiali poco conservava dell'idea originale dell'architetto italiano, il progetto Meier svolge una riflessione sulle soluzioni migliori, poi non realizzate che lo stesso Ballio Morpurgo aveva inizialmente proposto per la musealizzazione del monumento. Alcuni critici (ci piacerebbe conoscerli, n.d.r.) hanno scritto in proposito di un nuovo disegno «sottilmente impegnato sul filo revival» notando le assonanze nella vicinanza dei principi. E infatti le assonanze, se per assonanza si intende riflessione e superamento, non mancano... Oggi questa continuità viene parzialmente riproposta dal progetto di prossima realizzazione nell'allineamento edilizio della gradinata con fontana e obelisco..." Parole che non hanno evidentemente bisogno dì commenti e che sbigottiscono ancor più sulle labbra di chi dovrebbe conoscere, tutelare e valorizzare la ricchezza e la complessità del nostro patrimonio culturale evidentemente affidato e probabilmente pour cause, ad un solerte funzionario "non vedente" peraltro assai abile nella tragicomica manipolazione dialettica delle più banali evidenze. Ma, evidentemente, il tragico e il comico ben si adattano alla vicenda se, già sul medesimo argomento nell'ottobre del "98, l'alloro sovrintendente di stato ai beni architettonici aveva avuto la grazia di scrivere, concedendo parere favorevole al nuovo progetto "migliorato" nella sua seconda versione, quella senza "setto murario", ma con fontana e obelisco, per intenderci, (quindi decisamente più "romana"): "...circa la presenza della «stele» marmorea ubicata tra le due chiese, si ritiene opportuno una verifica che dovrebbe essere effettuata con una simulazione."
Ove, tralasciando l'eventualità del rendering digitale, troppo chip e banale, preferiamo prefigurare magari, in occasione di qualche prossima campagna elettorale, una scena da commedia all'italiana, forse un episodio da inserire in un prossimo remake di "Amici miei", in cui, al cospetto delle "massime autorità" della Cultura, della politica e dell'arte, i solerti uscieri della Sovrintendenza spostano cerimoniosi tra ghirlande d'alloro e al ritmo della banda dei vigili il moderno eppur classico "obelisco" (di cartone) per sceglierne finalmente la più esatta collocazione, lo spettacolo sarebbe assicurato e le coscienze più sensibili troverebbero finalmente conforto mentre le jene impazzerebbero dissacranti con microfono e telecamerine, nell'ebbrezza dionisiaca di una falloforia d'antan che, dopo i fasti penitenziali del Giubileo riporterebbe finalmente la città alla sua più vera e autentica dimensione storica; siamo sicuri che i quotidiani romani sarebbero prodighi di attenzioni per l'evento "epocale".
Per concludere anche queste brevi, sciocche e inutili parole ci piace però ricordare che, in mezzo a tanto putridume, esistono ancora persone per bene, qualcuno che, magari in silenzio e a rischio della carriera, si ostina nel suo lavoro e si assume il peso delle proprie idee, come nel caso di quell'Ispettore Centrale del Ministero per i Beni Culturali (che non conosciamo, che non ci leggerà mai, ma che, comunque, qui ringraziamo per la sua onestà) il quale, incaricato, a suo tempo, di indagare sulla vicenda, esaminata la documentazione, esprimeva nel lontano luglio del '98, le seguenti valutazioni: " L'attuale padiglione che contiene e protegge l'Ara Pacis rientra nel contesto della moderna sistemazione di Piazza Augusto Imperatore scaturita da una precisa impostazione ideologica. A parte ogni possibile valutazione in ordine alle qualità formali ed alla sua acquisita storicizzazione consolidata nel paesaggio urbano, l'immobile sembra tutt'ora rispondere allo scopo originario, pur non dovendosi escludere eventuali adeguamenti di tipo impiantistico e/o museale oltre ovviamente ai necessari interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Premesse tali considerazioni che peraltro trovano riscontro anche in quanto espresso dal prof. Muratore nelle sue successive note del 30.3.96 e del 4.3.98, circa il progetto di sostituzione non sembra sia stato adeguatamente valutato l'impatto ambientale del nuovo edificio anche in relazione ai rapporti di contiguità e intervisibilità con le vicine emergenze monumentali quali le chiese di S. Rocco e S. Girolamo ed il Palazzo Borghese. L'importanza ed il livello progettuale della proposta comportano pertanto una valutazione più ampia ed articolata sotto diversi profili..."
Naturalmente, di tutto questo non si fece nulla e le cose sono proseguite secondo copione.