L’antica Roma sotto i sampietrini di Matelica
di PIERFRANCESCO GIANNANGELI
Domenica 11 Giugno 2006, Il Messaggero (Pesaro)
Il reportage. Gli scavi restituiscono vestigia significative d’epoca imperiale: testimonianza di un periodo ricco e culturalmente avanzato
Scopriamo i mosaici di emozionante bellezza tornati alla luce nel centro storico
MATELICA La città restituisce, un pezzo alla volta, gli splendori del suo passato. Che Matelica in epoca romana sia stata un importante centro, nel cuore dell'Impero, non è una notizia nuova. Che, ancora oggi, a Matelica siano possibili ritrovamenti di straordinaria bellezza è una notizia buona. A poco a poco dagli strati meno profondi dell'acciottolato che riveste il centro storico si stanno riaffacciando le vestigia mozzafiato di un'epoca i cui contorni sfumano nella notte dei tempi.
Il centro storico di Matelica è da qualche mese interessato da lavori alle infrastrutture che, come sempre accade in questi casi, hanno rivoltato come un calzino la pavimentazione. E' proprio nel corso di queste opere che dalle viscere della città "nuova" sono usciti i segni - precisi, inequivocabili, ben conservati - del "municipium" romano. Mosaici dai molti colori, altri in bianco e nero, disegni di pietra di esseri umani, animali fantastici, cornici che digradano dalle forme più arzigogolate ai tratteggi più semplici e lineari. Alcuni ritrovamenti sono già stati messi in custodia nel bel Museo archeologico cittadino, altri ci finiranno presto, dopo essere stati delicatamente staccati dal terreno e ricomposti nello spazio al chiuso.
Sono infatti mani delicate, ma nello stesso tempo forti e sicure, quelle che lavorano in questi giorni nel cantiere organizzato sul lato meridionale di corso Vittorio Emanuele, la via più centrale della città, quella che conduce dritta sulla grande piazza Enrico Mattei da un lato e dall'altra parte si apre sulla più piccola piazza Garibaldi. Al cantiere lavorano quasi tutte ragazze, giovani archeologhe dirette dai vertici della Soprintendenza marchigiana (Giuliano De Marinis e Mara Silvestrini). Sembra, questo posto, il set di un film di Indiana Jones. Gente in maglietta e jeans, o in tuta, mani e volti sporchi di polvere. Passano la maggior parte del tempo ripiegati su se stessi, con gli occhi che si consumano su ogni più piccolo dettaglio delle meraviglie che il tempo sta restituendo poco alla volta. Il cantiere è coperto da tettoie di tela bianca - come nel deserto - ma se il sole prende la mira dall'alto e lancia i suoi raggi, qui fa caldo lo stesso. Ragazze e ragazzi, però, sembrano non sentire nulla, concentrati sulle proprie attività. Azioni che spesso, per il comune mortale o il semplice passante, sembrano incomprensibili, sono invece fondamentali per la Storia. Si capisce perfettamente che se la passione non ce l'hai, l'archeologo non è uno di quei mestieri che puoi fare.
Le meraviglie stanno a terra, nell'area dove i sampietrini sono stati sollevati. Guardando in basso e con un po' di fantasia, pare di entrare in una stanza e di vederne gli occupanti. A terra, appunto, c'è un mosaico: intorno una cornice a treccia, dentro linee di pietra nera si rincorrono e si intrecciano nel motivo della svastica (che nell'antichità era molto usato), dentro volti dai tratti decisi, i capelli morbidi e le spalle robuste. Probabilmente sono personaggi maschili di origine mitologica. Segno che gli abitanti della casa, in quel lontano II secolo dopo Cristo, erano colti. Ma se erano colti, allora erano anche ricchi e potenti: conoscevano il mondo greco, forse viaggiavano in lungo e in largo. Di sicuro c'è che si erano scelti con attenzione le maestranze, perché quel mosaico è il frutto di menti e braccia esperte, probabilmente venute da fuori.
D'altra parte, ricchi lo erano anche i proprietari della casa che sorgeva lungo il corso, perché i mosaici policromi ritrovati nello scorso novembre - quelli degli amorini che cavalcano i delfini, la croce con il rosone, e gli animali fantastici - non erano cosa per tutti. Ora resterebbe da indagare proprio sotto piazza Garibaldi, dal momento che ai suoi estremi nord e sud è venuto fuori questo ben di dio. Tutto fa pensare a nuove, piacevoli sorprese. La speranza è che si cominci presto.
di PIERFRANCESCO GIANNANGELI
Domenica 11 Giugno 2006, Il Messaggero (Pesaro)
Il reportage. Gli scavi restituiscono vestigia significative d’epoca imperiale: testimonianza di un periodo ricco e culturalmente avanzato
Scopriamo i mosaici di emozionante bellezza tornati alla luce nel centro storico
MATELICA La città restituisce, un pezzo alla volta, gli splendori del suo passato. Che Matelica in epoca romana sia stata un importante centro, nel cuore dell'Impero, non è una notizia nuova. Che, ancora oggi, a Matelica siano possibili ritrovamenti di straordinaria bellezza è una notizia buona. A poco a poco dagli strati meno profondi dell'acciottolato che riveste il centro storico si stanno riaffacciando le vestigia mozzafiato di un'epoca i cui contorni sfumano nella notte dei tempi.
Il centro storico di Matelica è da qualche mese interessato da lavori alle infrastrutture che, come sempre accade in questi casi, hanno rivoltato come un calzino la pavimentazione. E' proprio nel corso di queste opere che dalle viscere della città "nuova" sono usciti i segni - precisi, inequivocabili, ben conservati - del "municipium" romano. Mosaici dai molti colori, altri in bianco e nero, disegni di pietra di esseri umani, animali fantastici, cornici che digradano dalle forme più arzigogolate ai tratteggi più semplici e lineari. Alcuni ritrovamenti sono già stati messi in custodia nel bel Museo archeologico cittadino, altri ci finiranno presto, dopo essere stati delicatamente staccati dal terreno e ricomposti nello spazio al chiuso.
Sono infatti mani delicate, ma nello stesso tempo forti e sicure, quelle che lavorano in questi giorni nel cantiere organizzato sul lato meridionale di corso Vittorio Emanuele, la via più centrale della città, quella che conduce dritta sulla grande piazza Enrico Mattei da un lato e dall'altra parte si apre sulla più piccola piazza Garibaldi. Al cantiere lavorano quasi tutte ragazze, giovani archeologhe dirette dai vertici della Soprintendenza marchigiana (Giuliano De Marinis e Mara Silvestrini). Sembra, questo posto, il set di un film di Indiana Jones. Gente in maglietta e jeans, o in tuta, mani e volti sporchi di polvere. Passano la maggior parte del tempo ripiegati su se stessi, con gli occhi che si consumano su ogni più piccolo dettaglio delle meraviglie che il tempo sta restituendo poco alla volta. Il cantiere è coperto da tettoie di tela bianca - come nel deserto - ma se il sole prende la mira dall'alto e lancia i suoi raggi, qui fa caldo lo stesso. Ragazze e ragazzi, però, sembrano non sentire nulla, concentrati sulle proprie attività. Azioni che spesso, per il comune mortale o il semplice passante, sembrano incomprensibili, sono invece fondamentali per la Storia. Si capisce perfettamente che se la passione non ce l'hai, l'archeologo non è uno di quei mestieri che puoi fare.
Le meraviglie stanno a terra, nell'area dove i sampietrini sono stati sollevati. Guardando in basso e con un po' di fantasia, pare di entrare in una stanza e di vederne gli occupanti. A terra, appunto, c'è un mosaico: intorno una cornice a treccia, dentro linee di pietra nera si rincorrono e si intrecciano nel motivo della svastica (che nell'antichità era molto usato), dentro volti dai tratti decisi, i capelli morbidi e le spalle robuste. Probabilmente sono personaggi maschili di origine mitologica. Segno che gli abitanti della casa, in quel lontano II secolo dopo Cristo, erano colti. Ma se erano colti, allora erano anche ricchi e potenti: conoscevano il mondo greco, forse viaggiavano in lungo e in largo. Di sicuro c'è che si erano scelti con attenzione le maestranze, perché quel mosaico è il frutto di menti e braccia esperte, probabilmente venute da fuori.
D'altra parte, ricchi lo erano anche i proprietari della casa che sorgeva lungo il corso, perché i mosaici policromi ritrovati nello scorso novembre - quelli degli amorini che cavalcano i delfini, la croce con il rosone, e gli animali fantastici - non erano cosa per tutti. Ora resterebbe da indagare proprio sotto piazza Garibaldi, dal momento che ai suoi estremi nord e sud è venuto fuori questo ben di dio. Tutto fa pensare a nuove, piacevoli sorprese. La speranza è che si cominci presto.