martedì 11 agosto 2009

Quei marmi imperiali della Villa del Casale

Quei marmi imperiali della Villa del Casale
LAURA NOBILE
La Repubblica, Palermo, 9 maggio 2006

I marmi che rivestivano le grandi sale della Villa del Casale, a Piazza Armerina, erano pregiati come quelli dei palazzi imperiali della capitale. Paragonabili per sontuosità ed eleganza alle sale della Domus Aurea di Nerone, rivestite di pregiati marmi d'importazione. O a quelle della Domus Flavia, il palazzo che Domiziano si fece erigere tra l'81 e il '96 sul Palatino e la cui aula regia, dove l'imperatore teneva le udienze, era impreziosita da colonne rivestite di marmi policromi. Un patrimonio formidabile che va ad aggiungersi a quello già preziosissimo, costituito dagli splendidi mosaici della villa aristocratica fatta costruire a metà del IV secolo d. C. Sono alcuni degli elementi emersi durante la giornata di studi su "Geologia e beni culturali in Sicilia: studi e interventi per il recupero edilizio e il restauro monumentale" organizzata dall'ordine dei Geologi e dal Centro regionale del restauro che curerà il progetto di recupero della Villa. Coordinatore dell'intervento l’architetto Guido Meli.
A raccontare il valore dei marmi della Villa del Casale è Patrizio Pensabene, docente di archeologia alla "Sapienza" di Roma e consulente del progetto di recupero per la riconfigurazione della volumetria degli spazi. «L'apparato decorativo dei mosaici di Piazza Armerina resta un unicum al mondo, impressionante per la sua estensione su una superficie di 4500 metri quadrati, la raffinatezza dei dettagli e la raffigurazione dei paesaggi — dice Pensatene — Nell'antichità i rivestimenti marmorei erano più importanti dei mosaici; ne è esempio proprio l'aula Basilicale della Villa, la grande sala di ricevimento interamente rivestita di tarsie marmoree sui pavimenti e aiie pareti ma, per quello che appare oggi, priva di mosaici». Un elemento, per l'archeologo romano, che fornisce anche importanti indicazioni sul proprietario della villa, quasi certamente appartenente al rango senatorio.
Nella grande aula basilicale della Villa, absidata e col portale decorato da colonne alte sei metri in granito rosa di Hassuan, (di cui oggi restano alcuni frammenti), il dominus poteva accogliere anche trecento persone, quasi certamente clientes, provenienti da tutto il latifondo. Qui i marmi policromi del pavimento sono organizzati secondo lo schema dell'opus sedile, a figure geometriche, in fasce divise in quadrati e rettangoli, oppure con fiori e petali sui marmi colorati. E sono rintracciabili anche i segni della criniera di un leone. «Mail carattere di eccezionalità— continua Pensabene,
che nelle adiacenze della Villa sta riportando alla luce un insediamento medievale e una fortificazione bizantina— è dato dal fatto che in base ad accurate analisi i marmi provengono dalle cave imperiali di tutto il Mediterraneo, e in particolare dall'area orientale». Così, sui pavimenti della Villa del Casale e sulle lastre parietali, si possono rintracciare i frammenti di quegli stessi marmi che a Roma erano impiegati nelle residenze dei senatori e della famiglia imperiale: il marmo cosiddetto "africano" di colore verde-azzurro, rosso, o a macchie bianche, che proveniva dall'Asia minore, il "giallo antico", ocra o sbrecciato dalla Tunisia, e dal Peloponneso arrivava il marmo "rosso antico" e il porfido verde, mentre dall'Egitto l'alabastro striato di giallo e il porfido rosso e quello maculato di nero. E ancora, il pavonazzetto fondo bianco a macchie violacee e rosse dalla Turchia, la "lumachella" di colore giallo o viola dall'Asia Minore, il marmo Portasanta, rosso maculato di giallo e arancio da Chio, il "verde antico" dalla Tessaglia e il "greco scritto", bianco con venature grigio-azzurre, dall'Algeria e il marmo "cipollino" dall'Eubea.
«Si tratta, in tutti i casi — prosegue l'archeologo — di marmi di reimpiego, ricavati daresti di edifici abbandonati, magari conservati nei magazzini. Marmi preziosi d'importazione, chiaramente distinguibili dalle pietre e dai vari tipi di calcari locali, che venivano usati soprattutto per i mosaici, realizzati prevalentemente da maestranze di Cartagine».
Nell'aula basilicale, inoltre, interamente rivestita ai pavimenti e alle pareti di lastre di marmo, le uniche tracce rimaste dei mosaici a pasta vitrea e a tessere dorate, appartenevano al soffitto. «I marmi sono presenti anche nelle terme come rivestimenti delle vasche e sulle pareti degli appartamenti del dominus. È la prova che la grande Basilica era la sala principale della Villa; infatti, era molto più costoso far arrivare le lastre di porfido che realizzare i mosaici: dieci metri quadrati di porfido costavano il prezzo di uno schiavo, per i mosaici invece, realizzate con calcari locali, era necessario mettere in conto solo il prezzo della manodopera».
Un altro dato interessante proviene dallo studio delle colonne dell'aula basilicale: «Sono un elemento decorativo imprenscindibile in un'architettura di prestigio. Un'ipotesi possibile è che quelle di Piazza Armerina provengano dal teatro Antico di Taormina, smontate e poi ricollocate qui dopo l'abbandono del teatro in epoca tardo antica».