Scoperto il secondo porto di Roma: sbarcavano gli animali destinati al Colosseo
di GIULIO MANCINI
Sabato 23 Settembre 2006, Il Messaggero
Vi facevano sbarcare le fiere e gli animali esotici destinati, solo dopo un periodo di quarantena, agli spettacoli nelle arene e nel Colosseo. Un porto alternativo a quello di Ostia per evitare il rischio contagio tra quegli animali, i naviganti e i cibi destinati alle tavole imperiali.
Si trovava all’Infernetto, il quartiere incastonato tra le pinete di Castelporziano e di Castelfusano lungo la via Cristoforo Colombo, uno dei porti dell’antica Roma. Quello che era solo un indizio avanzato da archeologici dilettanti una quindicina d’anni fa, ha trovato conferma in alcuni ritrovamenti e nello studio avviato dalla Soprintendenza di Ostia. «E’ un’ipotesi giustissima sulla quale stiamo concretamente lavorando da più di un anno annuncia l’archeologa Flora Panariti della Sovrintendenza di Ostia E’ molto probabile che in questa zona, interessata da un vastissimo stagno, venissero fatti sbarcare gli animali esotici impiegati per i giochi dei romani. E che sempre qui quelle bestie venissero mantenuti per un breve periodo di quarantena».
A spingere gli studi verso questa affascinante scoperta sono stati una serie di ritrovamenti avvenuti dal 1999 sino ai giorni nostri. Quelle scoperte sono state anticipate ieri in un’assemblea congli studenti e saranno organizzati in uno studio metodologico della Sovrintendenza di Ostia. Un acquedotto interrato dalla sezione di un metro per un’altezza di tre con diversi pozzi d’ispezione, quindi di ampia portata idrica, è stato scoperto in via Bedollo su un terreno destinato ad accogliere una materna e un asilo comunali. Una villa rustica con impianto produttivo e tre scheletri (una madre con due figli) sono venuti alla luce a ridosso di un boschetto di via Nicolini. Un viottolo in ”calcinacci” dell’epoca imperiale si trova nell’appezzamento tra via Canale della Lingua e via Bertoni. «Un’iscrizione su una lapide scoperta nelle vicinanze risalente all’epoca Domizianea ovvero alla metà del I secolo dopo Cristo aggiunge l’archeologo Andrea Carbonara indica come il luogo funzionasse da centro di raccolta degli animali per i giochi di Roma».
Tutti i rinvenimenti sono databili tra la prima metà del I secolo dopo Cristo e la metà di quello successivo. Epoca che coincide con la costruzione dell’Anfiteatro Flavio o Colosseo, iniziato nel 70 d.C e aperto ai giochi dall’80.
Un’ulteriore conferma a questa rivelazione degli studiosi è il rinvenimento dello scheletro di un elefante nel 1938 nella zona di via del Martin Pescatore angolo via di Castelporziano. «Quell’elefante ribadisce Panariti lo ritroviamo nell’iscrizione di una lapide scoperta presso la necropoli Laurentina, poco distante da qui, nella quale si commemora un certo Stefano sovrintendente ai cammelli. Sulla lastra di marmo sono incise una figura d’elefante, una di cammello e una di giraffa».
«Nel 1990 ricorda Paolo Isaia della cooperativa ”Ricerca e territorio” che cura l’Ecomuseo due archeologi autodidatti, Lorenzo Barbieri e Giorgio Pascolini, documentarono la scoperta di bitte per l’attracco delle navi e alcune infrastrutture. Purtroppo quegli impianti si trovavano su terreni privati e tutto è andato distrutto. E’ rimasto solo impresso nel nostro documentario ”Descrivendo la storia nel tempo libero”».
Perchè Roma aveva bisogno di un secondo porto se quello di Claudio prima e quello di Traiano dopo, a Ostia, svolgevano egregiamente la loro funzione? «I romani risponde l’archeologa Panariti amavano gli animali esotici che impiegavano in molti giochi. Proveniendo, però, da terre lontane, magari infestate da malattie sconosciute, non potevano viaggiare insieme con alimenti e naviganti. E’ verosimile che arrivassero all’Infernetto separati dal resto dei traffici e che qui, presso alcune ville rustiche, venissero sottoposti alla quarantena».
giulio.mancini@ilmessaggero.it
di GIULIO MANCINI
Sabato 23 Settembre 2006, Il Messaggero
Vi facevano sbarcare le fiere e gli animali esotici destinati, solo dopo un periodo di quarantena, agli spettacoli nelle arene e nel Colosseo. Un porto alternativo a quello di Ostia per evitare il rischio contagio tra quegli animali, i naviganti e i cibi destinati alle tavole imperiali.
Si trovava all’Infernetto, il quartiere incastonato tra le pinete di Castelporziano e di Castelfusano lungo la via Cristoforo Colombo, uno dei porti dell’antica Roma. Quello che era solo un indizio avanzato da archeologici dilettanti una quindicina d’anni fa, ha trovato conferma in alcuni ritrovamenti e nello studio avviato dalla Soprintendenza di Ostia. «E’ un’ipotesi giustissima sulla quale stiamo concretamente lavorando da più di un anno annuncia l’archeologa Flora Panariti della Sovrintendenza di Ostia E’ molto probabile che in questa zona, interessata da un vastissimo stagno, venissero fatti sbarcare gli animali esotici impiegati per i giochi dei romani. E che sempre qui quelle bestie venissero mantenuti per un breve periodo di quarantena».
A spingere gli studi verso questa affascinante scoperta sono stati una serie di ritrovamenti avvenuti dal 1999 sino ai giorni nostri. Quelle scoperte sono state anticipate ieri in un’assemblea congli studenti e saranno organizzati in uno studio metodologico della Sovrintendenza di Ostia. Un acquedotto interrato dalla sezione di un metro per un’altezza di tre con diversi pozzi d’ispezione, quindi di ampia portata idrica, è stato scoperto in via Bedollo su un terreno destinato ad accogliere una materna e un asilo comunali. Una villa rustica con impianto produttivo e tre scheletri (una madre con due figli) sono venuti alla luce a ridosso di un boschetto di via Nicolini. Un viottolo in ”calcinacci” dell’epoca imperiale si trova nell’appezzamento tra via Canale della Lingua e via Bertoni. «Un’iscrizione su una lapide scoperta nelle vicinanze risalente all’epoca Domizianea ovvero alla metà del I secolo dopo Cristo aggiunge l’archeologo Andrea Carbonara indica come il luogo funzionasse da centro di raccolta degli animali per i giochi di Roma».
Tutti i rinvenimenti sono databili tra la prima metà del I secolo dopo Cristo e la metà di quello successivo. Epoca che coincide con la costruzione dell’Anfiteatro Flavio o Colosseo, iniziato nel 70 d.C e aperto ai giochi dall’80.
Un’ulteriore conferma a questa rivelazione degli studiosi è il rinvenimento dello scheletro di un elefante nel 1938 nella zona di via del Martin Pescatore angolo via di Castelporziano. «Quell’elefante ribadisce Panariti lo ritroviamo nell’iscrizione di una lapide scoperta presso la necropoli Laurentina, poco distante da qui, nella quale si commemora un certo Stefano sovrintendente ai cammelli. Sulla lastra di marmo sono incise una figura d’elefante, una di cammello e una di giraffa».
«Nel 1990 ricorda Paolo Isaia della cooperativa ”Ricerca e territorio” che cura l’Ecomuseo due archeologi autodidatti, Lorenzo Barbieri e Giorgio Pascolini, documentarono la scoperta di bitte per l’attracco delle navi e alcune infrastrutture. Purtroppo quegli impianti si trovavano su terreni privati e tutto è andato distrutto. E’ rimasto solo impresso nel nostro documentario ”Descrivendo la storia nel tempo libero”».
Perchè Roma aveva bisogno di un secondo porto se quello di Claudio prima e quello di Traiano dopo, a Ostia, svolgevano egregiamente la loro funzione? «I romani risponde l’archeologa Panariti amavano gli animali esotici che impiegavano in molti giochi. Proveniendo, però, da terre lontane, magari infestate da malattie sconosciute, non potevano viaggiare insieme con alimenti e naviganti. E’ verosimile che arrivassero all’Infernetto separati dal resto dei traffici e che qui, presso alcune ville rustiche, venissero sottoposti alla quarantena».
giulio.mancini@ilmessaggero.it