Marcello Salvadore
Due donne romane: immagini del matrimonio antico
Sellerio, Palermo, 1990
Le donne del titolo sono Marcia e Porcia, rispettivamente moglie e figlia di Catone Uticense, e sono ambedue esempi tanto significativi quanto marginali di certi aspetti della storia e della cultura romana. Di entrambe sappiamo poco altro rispetto a quanto è discusso in queste pagine: la prima, figlia di console, alcuni anni dopo il matrimonio con l’Uticense, fu da questo prestata all’amico Ortensio, che desiderava figli da una donna della famiglia di Catone: figura silenziosa, ella si trova coinvolta nella vicenda che la riguarda. Dell’altra fu lodata dagli antichi la fedeltà e fu presentata all’immaginario come caso esemplare di affetto coniugale, suicida per non sopravvivere al marito. Se da una parte è credibile la storia della cessione di Marcia — mi sembrerebbe altrimenti favola troppo ben costruita —, il modo della morte dell’altra forse non è altrettanto vero; tuttavia ciò poco importa: o per meriti suoi o per essere figlia di Catone o, ancora, per essere stata moglie di Bruto se ne costruì, anche attraverso un falso palese — la sua verginità al momento delle nozze con il cesaricida —, una immagine in parte irreale ma comunque sincera di un modo eroico di vivere.
In queste pagine mi sono occupato di diritto matrimoniale in quanto ciò si è reso inevitabile nell’esame del singolare passaggio della prima delle due donne da Catone ad Ortensio; le osservazioni che seguono si riferiscono comunque ad aspetti particolari del fidanzamento e del matrimonio romani.
(…)
Dalla premessa
Due donne romane: immagini del matrimonio antico
Sellerio, Palermo, 1990
Le donne del titolo sono Marcia e Porcia, rispettivamente moglie e figlia di Catone Uticense, e sono ambedue esempi tanto significativi quanto marginali di certi aspetti della storia e della cultura romana. Di entrambe sappiamo poco altro rispetto a quanto è discusso in queste pagine: la prima, figlia di console, alcuni anni dopo il matrimonio con l’Uticense, fu da questo prestata all’amico Ortensio, che desiderava figli da una donna della famiglia di Catone: figura silenziosa, ella si trova coinvolta nella vicenda che la riguarda. Dell’altra fu lodata dagli antichi la fedeltà e fu presentata all’immaginario come caso esemplare di affetto coniugale, suicida per non sopravvivere al marito. Se da una parte è credibile la storia della cessione di Marcia — mi sembrerebbe altrimenti favola troppo ben costruita —, il modo della morte dell’altra forse non è altrettanto vero; tuttavia ciò poco importa: o per meriti suoi o per essere figlia di Catone o, ancora, per essere stata moglie di Bruto se ne costruì, anche attraverso un falso palese — la sua verginità al momento delle nozze con il cesaricida —, una immagine in parte irreale ma comunque sincera di un modo eroico di vivere.
In queste pagine mi sono occupato di diritto matrimoniale in quanto ciò si è reso inevitabile nell’esame del singolare passaggio della prima delle due donne da Catone ad Ortensio; le osservazioni che seguono si riferiscono comunque ad aspetti particolari del fidanzamento e del matrimonio romani.
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Dalla premessa