IL PONTE COSTRUITO DA CESARE SUL RENO
Il disegno del ponte fu questo. Due travi per parte, dello spessore di un piede e mezzo, un poco appuntite all’estremità inferiore, misurate in proporzione alla profondità del fiume, venivano accoppiate fra loro alla distanza di due piedi una dall’altra. Per mezzo di macchine venivano poi immerse nel fiume; indi confitte e assicurate a colpi di battipali, ma non perpendicolari, bensì inclinate, con una pendenza simile a quella del tetto di una casa, in modo che piegavano secondo il senso della corrente. Di fronte a queste due palafitte ne venivano collocate altre due, ugualmente assicurate fra loro, alla distanza di quaranta piedi piLi a valle, ma con la pendenza rivolta contro la pressione e l’urto della corrente. Queste due coppie, dopoché vi s’era fatta passare sopra una trave larga due piedi (quanto cioè. erano distanti una dall’altra), venivano tenute a rispettiva distanza a cominciare da sopra per mezzo di due chiavi di legno per parte.
E poiché erano forzate e tenute ferme in senso opposto, tanto era la solidità del lavoro e tale la sua natura, che, quanto più la corrente infuriava, tanto più i travicelli di sostegno si tringevano. Queste pile erano poi collegate con traverse poste per il lungo, ricoperte di travi e fascine, inoltre, dalla parte a valle, erano piantati sostegni in obliquo, i quali, protesi a modo di arieti e collegati con l’intera opera dovevano sostenere l’impeto della corrente, mentre, a monte, a breve distanza dalle pile, erano piantati altri sostegni, talché, se i barbari avessero mandato giù tronchi o barche per rovinare la costruzione, queste opere di difesa ne avrebbero attutito il colpo e il ponte sarebbe stato salvo.
CESARE
Il disegno del ponte fu questo. Due travi per parte, dello spessore di un piede e mezzo, un poco appuntite all’estremità inferiore, misurate in proporzione alla profondità del fiume, venivano accoppiate fra loro alla distanza di due piedi una dall’altra. Per mezzo di macchine venivano poi immerse nel fiume; indi confitte e assicurate a colpi di battipali, ma non perpendicolari, bensì inclinate, con una pendenza simile a quella del tetto di una casa, in modo che piegavano secondo il senso della corrente. Di fronte a queste due palafitte ne venivano collocate altre due, ugualmente assicurate fra loro, alla distanza di quaranta piedi piLi a valle, ma con la pendenza rivolta contro la pressione e l’urto della corrente. Queste due coppie, dopoché vi s’era fatta passare sopra una trave larga due piedi (quanto cioè. erano distanti una dall’altra), venivano tenute a rispettiva distanza a cominciare da sopra per mezzo di due chiavi di legno per parte.
E poiché erano forzate e tenute ferme in senso opposto, tanto era la solidità del lavoro e tale la sua natura, che, quanto più la corrente infuriava, tanto più i travicelli di sostegno si tringevano. Queste pile erano poi collegate con traverse poste per il lungo, ricoperte di travi e fascine, inoltre, dalla parte a valle, erano piantati sostegni in obliquo, i quali, protesi a modo di arieti e collegati con l’intera opera dovevano sostenere l’impeto della corrente, mentre, a monte, a breve distanza dalle pile, erano piantati altri sostegni, talché, se i barbari avessero mandato giù tronchi o barche per rovinare la costruzione, queste opere di difesa ne avrebbero attutito il colpo e il ponte sarebbe stato salvo.
CESARE