Province (provinciae).
Territori situati fuori d’ltalia e governati da magistrati romani, il cui terreno era considerato proprietà del popolo romano ed era soggetto all’imposta fondiaria in natura (vectigal) o in denaro (stipendium). La prima provincia romana fu la Sicilia (241 a.C.).
1. Periodo repubblicano.
Il generale che aveva conquistato una nuova provincia, assistito da dieci rappresentanti del senato (decem legati), fissava la carta della provincia (lex data provinciae), eventualmente completata dagli editti dei governatori. Il principio di base della politica romana nei confronti delle varie città di provincia era di evitare l’uniformazione, tenendo conto dei particolarismi e moltiplicando le categorie distinte, in modo da contrapporre gli interessi; e ciò nell’intento di tenerle meglio in pugno. Si distinguevano così da una parte le città libere e le città federate (civitates liberae, foederatae), che teoricamente godevano dell’autonomia amminitrativa, erano esenti da imposte e battevano moneta; e dall’altra, le città a costituzione municipale: colonie romane e municipi di diritto romano o latino. Lo statuto di queste diverse città era paragonabile a quello delle corrispondenti città d’Italia, con la differenza che il suolo era soggetto all’imposta fondiaria; infine le città soggette (civitates stipendariae) che ricevevano dal governatore la loro costituzione (lex civitatis). Lo statuto di queste varie categorie era soggetto ad evoluzione in senso favorevole o sfavorevole; tra l’altro ciascuna di esse comprendeva popolazioni assimilate in modo ineguale, soggette e libere. Alla testa della provincia, il governatore era un magistrato o un promagistrato. Secondo l’importanza della provincia e la dignità del magistrato governatore si distinguono le province consolari e quelle pretorie. Il governatore era accompagnato da legati e amici, da un questore, dalle truppe e da ausiliari. La carica era annuale, non retribuita ma in realtà lucrativa. Il potere del governatore era limitato soltanto dalla lex provinciae e dai privilegi concessi a talune città.
2.Periodo imperiale.
La condizione delle città provinciali evolse nel senso dell’uniformazione: tale tendenza era correlati-va alla romanizzazione accentuata dell’Impero; d’altra parte, a partire dall’editto di Caracalla (212) non vi furono più che cittadini soggetti all’imperatore. In ogni provincia fu creato un centro in cui, ogni anno, intorno all’altare di Roma e di Augusto servito da un sacerdote della provincia (sacerdos provinciae), si riuniva un’assemblea (concilium provinciae) sotto la presidenza del governatore. Essa votava un elogio o un biasimo nei riguardi del governatore che era comunicato all’imperatore, il quale ne teneva conto. In età imperiale vi erano due grandi categorie di province: 1 le province senatorie, considerate pacificate, sguarnite di truppe ed affidate a un promagistrato nominato dal senato; due erano consolari (Asia ed Africa); le altre pretorie, ma i governatori avevano tutti il titolo di proconsoli; 2 le province imperiali, in genere più recenti, che richiedevano la presenza di truppe; esse dipendevano direttamente dall’imperatore che governava per interposta persona. Da qui, il titolo dei governatori delle province imperiali (consolari e pretorie): legati Augusti pro praetore, che restavano in carica per un periodo deciso dall’imperatore stesso. Queste province erano disposte in tre categorie per ordine d’importanza: a) le province consolari, governate da un consolare, accompagnato da tre legati ed un questore, che comandava diverse legioni; b) le province pretorie, governate da un pretoriano, accompagnato da un legato e un questore, e che comandava una sola legione; infine le province procuratorie, considerate dominio dell’imperatore, amministrate da intendenti, i procuratores pro legato, o praesides, con poteri civili e militari: queste ultime province erano considerate temporaneamente inassimilabili e formavano una categoria a parte.
Il governatore di una provincia riceveva, come il personale che l’accompagnava, uno stipendio proporzionale all’importanza della provincia stessa. Egli aveva attributi finanziari, giudiziari, politici e, nelle province imperiali, militari. Ma l’esercizio di queste funzioni era strettamente sorvegliato dall’imperatore. La condizione e l’organizzazione delle province furono generalmente buone.
Diocleziano riorganizzò le province dividendo l’Impero in quattro prefetture (Italia, Gallia, Illiria, Oriente), suddivise in dodici diocesi, a loro volta suddivise in 96 province.
Dizionario della Civiltà Romana, Gremese, Roma, 1990, pp. 200-201
Territori situati fuori d’ltalia e governati da magistrati romani, il cui terreno era considerato proprietà del popolo romano ed era soggetto all’imposta fondiaria in natura (vectigal) o in denaro (stipendium). La prima provincia romana fu la Sicilia (241 a.C.).
1. Periodo repubblicano.
Il generale che aveva conquistato una nuova provincia, assistito da dieci rappresentanti del senato (decem legati), fissava la carta della provincia (lex data provinciae), eventualmente completata dagli editti dei governatori. Il principio di base della politica romana nei confronti delle varie città di provincia era di evitare l’uniformazione, tenendo conto dei particolarismi e moltiplicando le categorie distinte, in modo da contrapporre gli interessi; e ciò nell’intento di tenerle meglio in pugno. Si distinguevano così da una parte le città libere e le città federate (civitates liberae, foederatae), che teoricamente godevano dell’autonomia amminitrativa, erano esenti da imposte e battevano moneta; e dall’altra, le città a costituzione municipale: colonie romane e municipi di diritto romano o latino. Lo statuto di queste diverse città era paragonabile a quello delle corrispondenti città d’Italia, con la differenza che il suolo era soggetto all’imposta fondiaria; infine le città soggette (civitates stipendariae) che ricevevano dal governatore la loro costituzione (lex civitatis). Lo statuto di queste varie categorie era soggetto ad evoluzione in senso favorevole o sfavorevole; tra l’altro ciascuna di esse comprendeva popolazioni assimilate in modo ineguale, soggette e libere. Alla testa della provincia, il governatore era un magistrato o un promagistrato. Secondo l’importanza della provincia e la dignità del magistrato governatore si distinguono le province consolari e quelle pretorie. Il governatore era accompagnato da legati e amici, da un questore, dalle truppe e da ausiliari. La carica era annuale, non retribuita ma in realtà lucrativa. Il potere del governatore era limitato soltanto dalla lex provinciae e dai privilegi concessi a talune città.
2.Periodo imperiale.
La condizione delle città provinciali evolse nel senso dell’uniformazione: tale tendenza era correlati-va alla romanizzazione accentuata dell’Impero; d’altra parte, a partire dall’editto di Caracalla (212) non vi furono più che cittadini soggetti all’imperatore. In ogni provincia fu creato un centro in cui, ogni anno, intorno all’altare di Roma e di Augusto servito da un sacerdote della provincia (sacerdos provinciae), si riuniva un’assemblea (concilium provinciae) sotto la presidenza del governatore. Essa votava un elogio o un biasimo nei riguardi del governatore che era comunicato all’imperatore, il quale ne teneva conto. In età imperiale vi erano due grandi categorie di province: 1 le province senatorie, considerate pacificate, sguarnite di truppe ed affidate a un promagistrato nominato dal senato; due erano consolari (Asia ed Africa); le altre pretorie, ma i governatori avevano tutti il titolo di proconsoli; 2 le province imperiali, in genere più recenti, che richiedevano la presenza di truppe; esse dipendevano direttamente dall’imperatore che governava per interposta persona. Da qui, il titolo dei governatori delle province imperiali (consolari e pretorie): legati Augusti pro praetore, che restavano in carica per un periodo deciso dall’imperatore stesso. Queste province erano disposte in tre categorie per ordine d’importanza: a) le province consolari, governate da un consolare, accompagnato da tre legati ed un questore, che comandava diverse legioni; b) le province pretorie, governate da un pretoriano, accompagnato da un legato e un questore, e che comandava una sola legione; infine le province procuratorie, considerate dominio dell’imperatore, amministrate da intendenti, i procuratores pro legato, o praesides, con poteri civili e militari: queste ultime province erano considerate temporaneamente inassimilabili e formavano una categoria a parte.
Il governatore di una provincia riceveva, come il personale che l’accompagnava, uno stipendio proporzionale all’importanza della provincia stessa. Egli aveva attributi finanziari, giudiziari, politici e, nelle province imperiali, militari. Ma l’esercizio di queste funzioni era strettamente sorvegliato dall’imperatore. La condizione e l’organizzazione delle province furono generalmente buone.
Diocleziano riorganizzò le province dividendo l’Impero in quattro prefetture (Italia, Gallia, Illiria, Oriente), suddivise in dodici diocesi, a loro volta suddivise in 96 province.
Dizionario della Civiltà Romana, Gremese, Roma, 1990, pp. 200-201