Medici nell’Esercito Romano
Nell’esercito permanente dell’epoca romana il ruolo del medico era fisso: il patrimonio delle fonti relative a questo argomento è cospicuo grazie al gran numero di iscrizioni che si sono conservate. Responsabile degli infermi e dei medici che dovevano curarli era il praefectus castrorum, un ufficiale di rango equestre. Oltre ai medici esistevano anche dei subordinati, i capsarii, addetti alla cassetta delle bende (capsa). Sui capsarii e sull’infermeria vigilava un soldato scelto (optio) che godeva i privilegi degli immunes, cioè di quei soldati che, a causa dei loro compiti speciali, erano esentati dai consueti doveri della truppa. Sulla Colonna Traiana, ove è raffigurato lo svolgimento della spedizione contro i Daci del 106 d.C., compare un posto di medicazione presso il quale i feriti vengono medicati da altri soldati forniti della stessa loro armatura e soprattutto armati non meno di loro; si trattava dunque di soldati che prestavano le prime cure ai loro commilitoni, e non di immunes.
Le testimonianze sui medici romani raccolte da R. W. Davies offrono un quadro oltremodo vario. Colpisce anzitutto il fatto di trovare in mezzo a loro anche un veterinario, L. Crassico (medicus veterinarius). Le unità militari avevano infatti in dotazione anche degli animali da soma e da tiro, oltre alle bestie da macello necessarie al sostentamento delle truppe; la cura di tutti questi capi era affidata ad un pecuarius. Le truppe a cavallo e i reparti che costituivano una ala o cohors equitata avevano bisogno di un hippiatròs, quale era appunto quel tale C. Aufidio che prestò servizio nell’Africa settentrionale. Una qualifica speciale era quella di Ti. Claudio Giuliano e C. Terenzio Sinforo, che svolgevano le loro mansioni nelle coorti pretoriane, rispettivamente come medicus clinicus e chirurgus. I medici sulle navi della flotta erano chiamati duplicarii, perché ricevevano il doppio della paga a causa della gravosità del loro servizio. Resta di difficile interpretazione invece se i medici, ad esempio i medici ordinarii, detenessero un grado nell’organico della truppa. Tra i loro nomi moltissimi sono di origine greca, anche in quelle legioni in cui servivano soltanto cittadini romani: un medico, anche se non era romano per nascita, aveva più facile accesso al diritto di cittadinanza che non altre persone.
Antje Krug, Medicina nel mondo classico, Giunti, Firenze, 1990, Pagina 219
Nell’esercito permanente dell’epoca romana il ruolo del medico era fisso: il patrimonio delle fonti relative a questo argomento è cospicuo grazie al gran numero di iscrizioni che si sono conservate. Responsabile degli infermi e dei medici che dovevano curarli era il praefectus castrorum, un ufficiale di rango equestre. Oltre ai medici esistevano anche dei subordinati, i capsarii, addetti alla cassetta delle bende (capsa). Sui capsarii e sull’infermeria vigilava un soldato scelto (optio) che godeva i privilegi degli immunes, cioè di quei soldati che, a causa dei loro compiti speciali, erano esentati dai consueti doveri della truppa. Sulla Colonna Traiana, ove è raffigurato lo svolgimento della spedizione contro i Daci del 106 d.C., compare un posto di medicazione presso il quale i feriti vengono medicati da altri soldati forniti della stessa loro armatura e soprattutto armati non meno di loro; si trattava dunque di soldati che prestavano le prime cure ai loro commilitoni, e non di immunes.
Le testimonianze sui medici romani raccolte da R. W. Davies offrono un quadro oltremodo vario. Colpisce anzitutto il fatto di trovare in mezzo a loro anche un veterinario, L. Crassico (medicus veterinarius). Le unità militari avevano infatti in dotazione anche degli animali da soma e da tiro, oltre alle bestie da macello necessarie al sostentamento delle truppe; la cura di tutti questi capi era affidata ad un pecuarius. Le truppe a cavallo e i reparti che costituivano una ala o cohors equitata avevano bisogno di un hippiatròs, quale era appunto quel tale C. Aufidio che prestò servizio nell’Africa settentrionale. Una qualifica speciale era quella di Ti. Claudio Giuliano e C. Terenzio Sinforo, che svolgevano le loro mansioni nelle coorti pretoriane, rispettivamente come medicus clinicus e chirurgus. I medici sulle navi della flotta erano chiamati duplicarii, perché ricevevano il doppio della paga a causa della gravosità del loro servizio. Resta di difficile interpretazione invece se i medici, ad esempio i medici ordinarii, detenessero un grado nell’organico della truppa. Tra i loro nomi moltissimi sono di origine greca, anche in quelle legioni in cui servivano soltanto cittadini romani: un medico, anche se non era romano per nascita, aveva più facile accesso al diritto di cittadinanza che non altre persone.
Antje Krug, Medicina nel mondo classico, Giunti, Firenze, 1990, Pagina 219