Romani e Germani
I Romani presero coscienza dell’estensione e della relativa unità del mondo germanico verso l’epoca di Augusto. Ebbero allora bisogno di un termine per designarli, e questo fu « Germani », introdotto senza dubbio nella lingua letteraria dallo storico greco Posidonio , nel I sec. a. C. e reso comunque popolare dai Commentari di Cesare. Questo termine, sembra che in un primo tempo designasse delle tribù in gran parte celtizzate della riva sinistra del Reno, i Germani cisrhenani. Ci si può dunque chiedere se il vocabolo non sia per caso di origine celtica, a somiglianza di Cenomani, Paemani, ecc. In ogni caso, i Germani stessi non si sono mai dati un nome generico; solo tardi, (VIII secolo?) quelli rimasti sul continente dopo la migrazione anglo-sassone si sono forgiati il nome, poco significativo, di Deutsche, letteralmente « genti del popolo », che in principio servi soprattutto a sottolineare la differenza tra elementi germanici e romani nell’Impero carolingio.
La scoperta del mondo germanico da parte dell’antichità classica fu fatta dapprima per via marittima (Pitea di Marsiglia, IV secolo a. C.). Poi vi furono alcuni contatti con le avanguardie delle prime migrazioni: Bastarni e Sciti sul mar Nero (fine III sec. a. C.), Cimbri e Teutoni in Norico, Gallia, Spagna e Italia (113-101 a. C.). Ma per averne una visione complessiva occorsero le campagne di Cesare e d’Augusto. Dopo un secolo di guerre e di contatti commerciali, i Romani furono in grado di tentare delle sintesi; quelle del geografo Strabone (verso il 18 d. C.), di Plinio il Vecchio (prima del 79 d. C.), di Tacito nella sua « Germania », opera disgraziatamente troppo letteraria (nel 98), e infine di Tolomeo 16 (verso il 150 d. C.).
(L. Musset, Les invasions: les vagues germaniques.
Presses Universitaires de France, Parigi, 1965, pp. 47-48).
I Romani presero coscienza dell’estensione e della relativa unità del mondo germanico verso l’epoca di Augusto. Ebbero allora bisogno di un termine per designarli, e questo fu « Germani », introdotto senza dubbio nella lingua letteraria dallo storico greco Posidonio , nel I sec. a. C. e reso comunque popolare dai Commentari di Cesare. Questo termine, sembra che in un primo tempo designasse delle tribù in gran parte celtizzate della riva sinistra del Reno, i Germani cisrhenani. Ci si può dunque chiedere se il vocabolo non sia per caso di origine celtica, a somiglianza di Cenomani, Paemani, ecc. In ogni caso, i Germani stessi non si sono mai dati un nome generico; solo tardi, (VIII secolo?) quelli rimasti sul continente dopo la migrazione anglo-sassone si sono forgiati il nome, poco significativo, di Deutsche, letteralmente « genti del popolo », che in principio servi soprattutto a sottolineare la differenza tra elementi germanici e romani nell’Impero carolingio.
La scoperta del mondo germanico da parte dell’antichità classica fu fatta dapprima per via marittima (Pitea di Marsiglia, IV secolo a. C.). Poi vi furono alcuni contatti con le avanguardie delle prime migrazioni: Bastarni e Sciti sul mar Nero (fine III sec. a. C.), Cimbri e Teutoni in Norico, Gallia, Spagna e Italia (113-101 a. C.). Ma per averne una visione complessiva occorsero le campagne di Cesare e d’Augusto. Dopo un secolo di guerre e di contatti commerciali, i Romani furono in grado di tentare delle sintesi; quelle del geografo Strabone (verso il 18 d. C.), di Plinio il Vecchio (prima del 79 d. C.), di Tacito nella sua « Germania », opera disgraziatamente troppo letteraria (nel 98), e infine di Tolomeo 16 (verso il 150 d. C.).
(L. Musset, Les invasions: les vagues germaniques.
Presses Universitaires de France, Parigi, 1965, pp. 47-48).