mercoledì 23 aprile 2008

VERONA ROMANA.il complesso sotto la Banca Popolare

VERONA ROMANA. conclusi i restauri del complesso sotto la Banca Popolare
Bartolo Fracaroli
Lunedì 8 Ottobre 2007, L'ARENA

Un suggestivo quadro d’insieme a disposizione della cittadinanza previa prenotazione

L’avevano trovata le benne delle ruspe nel 1976, durante gli scavi per la completa ristrutturazione del palazzo ex Forti, a cura dell’architetto Cini Boeri, tra via San Cosimo e via Zambelli che si affaccia su piazza Nogara, opera tardo settecentesca dell’architetto Cristofoli. E’ l’impianto, 20 per 20, di una casa romana di 16 vani, sorta a cavallo dell’anno zero e rinnovata nel III secolo d. C., a meno 3,68 metri sotto il piano stradale, lungo un cardo del quale permangono evidenti la lasticatura, ed altri brani di edifici d’alta epoca, sotto la sede principale.
Sono stati così restituiti alla storia veronese, d’insieme: mosaici a motivi geometrici, vegetali e floristici di delicata policromia, brani di encausti su pareti affrescate in nero e rosso pompeiano, due vasche di marmo e una fontana, fognature, lacerti dell’acquedotto, stanze invernale dai pavimenti riscaldati a circolazione d’aria calda da un adiacente forno di carbone, uno splendido porticato ad U con rocchi di colonne e capitelli tuscanici e tracce vistose dell’incendio che nel 590 (come da precisa testimonianza di Paolo Diacono) distrusse la città.
Il Banco Popolare, proprietario dell’immobile provvide subito, sotto la direzione della Soprintendenza Archeologica, ad una accurata messa in luce e restauro dell’insieme, così chi entra negli uffici centrali o nella banca Aletti, o sfila sulla facciata, intravede già da un oblò questa testimonianza rara e straordinaria dell’edilizia romana a Verona, laddove si conoscono templi, ville suburbane (in via Marsala) ed è stato trovato il Campidoglio, la Curia, la Basilica, le Terme, ma mancava l’assetto planimetrico di un edificio abitativo dell’epoca. Altri coevi di edilizia residenziale privata sono nel cortile del Tribunale, in vicolo Borgo Tascherio 13 e in vicolo Rensi.
I mosaici sono un valore aggiunto in tessere rosa, gialle, bianche e nere, compongono croci, nodi di Salomone, rombi a lati inflessi, trecce, quadrati, ogive e cerchi. Il portico, in otto colonne di tufo, da sul cortile pavimentato da lastre di calcare polite dalla pioggia, mentre due grandi vasche in marmo rosso di Verona raccoglievano l’acqua piovana dal tetto a due falde.
Il suggestivo quadro d’insieme è leggibile da una moderna passerella di metallo e riscontrabile da un’esaustiva leggenda a muro. Basta farsi accompagnare da un usciere della banca prenotando alla portineria di via Filzi (045 8675111).
A distanza di 30 anni dal salvataggio archeologico, l’inquinamento atmosferico, le nuove tecniche di restauro, i nuovi indirizzi conservativi e la necessità di una illuminazione "nascosta", hanno chiesto altri lavori che si sono da poco conclusi. Sono gli stessi adottati ad Ostia, Paestum, Pompei ed Ercolano per veri e propri rioni di abitazioni romane sopravvissute per due millenni fino a noi, interventi attuati con gran cura dalla restauratrice Daniela Campagnola e dall’architetto Stefano Bocchini, del servizio tecnico del Banco che spiegano: «Con il passare del tempo pulviscolo e residui grassi si erano depositati sui paramenti murari e sulle preziose pavimentazioni musive, inoltre erano visibili fenomeni di disgregazione delle componenti in pietra arenaria. Con l’intervento di restauro è stato possibile ripristinare le condizioni ottimali sia della pavimentazione che degli alzati recanti gli affreschi».
Si è rimosso il Paraloid spalmato sui pavimenti opacizzati, sono stati tolti i cordoli di cemento che cedevano sali alla contiguità coi reperti, si sono messi in vista i muri portanti (ciottoli di fiume e malte) tramite impacchi di acqua deionizzata e soluzioni tensioattive, sono stati puliti gli alzati, procedendo al consolidamento degli intonaci ed al recupero del cromatismo originale dei mosaici ed evidenziando le bruniture dell’incendio subito che segnò la fine dell’edificio.
Le stesse tessere (piccole nei decori e grandi nel porticato) sono state consolidate insieme ai pavimenti di coccio pesto. L’apparato lapideo è stato di nuovo riconnesso con stuccature. Anche l’aria dell’impianto di condizionamento viene ora filtrata per un microclima adeguato.
Sono molte le scolaresche che vanno a conoscere la casa romana di piazza Nogara e ne restano affascinate, ancor di più quando viene loro illustrato che, sopra di essa, sorgeva il convento dei Frati Serviti della Scala, del chiostro del quale restano tre archi retti da colonne e capitelli del ’400 in marmo che finirono conglobati nell’edificio della fine del ’700 e che questo, fino al 1954, era collegato all’attuale convento dal lato di via Stella - adiacente la chiesa della Scala - da un passaggio aereo, un ponte abbattuto quando la strada venne allargata. Sono le stratificazioni della storia.