ROMA - Restaurati un ciclo di affreschi nel Tempio della Fortuna Virile
di Roberto D’Onofrio
ITALIA SERA Edizione n. 888 del 17/04/2008
Le opere risalgono all’VIII secolo d. C. Nove anni di lavori e costi per 800mila euro
Un ciclo di affreschi d'epoca altomedievale, datato tra l'VIII e il IX secolo, rarissimo sulla scena romana, per la qualità pittorica delle figure e dei dettagli scenografici e per i contenuti, del tutto inediti per temi e fonti, che ricostruisce a suon di aneddoti tutta la vita di Maria, dall'infanzia alla morte, dettata dai Vangeli apocrifi. E' il capolavoro, già scoperto negli anni Venti del Novecento, ma solo ora restaurato e in via di ricomposizione nella cella originaria del Tempio di Portuno, cui si aggiunge il ritrovamento dell'affresco del volto della Vergine Maria, più tardo come datazione, incorniciata da un'ampia aureola in stucco dorato, nascosta dietro la coltre di cemento sulla parete di fondo, dove un tempo si apriva l'abside. Dalle ‘ceneri’ di un prolungato stato di degrado, comincia a risorgere il Tempio di Portuno, più popolarmente conosciuto come della Fortuna Virile, il possente edificio rettangolare di ordine ionico che spicca nella piazza della Bocca della Verità a fare da contraltare monumentale al tempio circolare dedicato ad Ercole. Con una task force messa in campo da soprintendenza archeologica di Roma e World Monuments Fund, la prestigiosa agenzia internazionale dedita alla salvaguardia del patrimonio artistico che ha stanziato 310mila euro circa tra il 2006 e il 2008, accanto ai 585mila euro messi a disposizione dal ministero per i Beni culturali, il monumento è stato sottoposto ad un vasto intervento di restauro che ha preso il via dal 1999, i cui risultati sono stati presentati ieri dal soprintendent archeologico Angelo Bottini e dalla direttrice dei lavori Maria Grazia Filetici. “E' uno degli interventi più complessi della scena romana - dichiara Angelo Bottini - perché il Tempio ha subito il passaggio da luogo di culto pagano a chiesa cristiana tra l'VIII e IX secolo e questo ha comportato notevoli cambiamenti nell'assetto della cella non solo strutturale ma anche decorativo. Cambiamenti accentuatisi poi nella seconda metà del ‘500, quando nel tardo rinascimento quella che era diventata la chiesa di Santa Maria De Secundicerio venne ritrasformata nella chiesa di Santa Maria Egiziaca.
Per poi arrivare al 1925 quando l'architetto Antonio Munoz demolì tutte le modifiche successive per ripristinare, nel bene e nel male, la struttura dell'antico tempio, con la relativa scoperta degli affreschi, che però, paradosalmente, fino a quel momento si erano conservati sotto le pareti posticce, ma che una volta denudati hanno cominciato a deteriorarsi. Po nel '59 il Tempio divenne di proprietà dello Stato”. “Il restauro ha registrato una svolta dal novembre del 2006, anche grazie all'aiuto finanziario del World Monuments Fund, che ci ha consentito - avverte Filetici - di riportare all'antico splendore gli affreschi sopravvissuti che vertevano in uno stato di degrado pazzesco dopo gli ultimi interventi apportati negli anni '60”. “Si tratta di circa 14 metri quadrati di affreschi lasciati in situ, disposti per fasce verticali regolari, ma che un tempo ricoprivano tutte le pareti della cella del tempio - racconta Sandra Acconci, consulente per gli affreschi della soprintendenza - che narravano per sequenze, da leggere orizzontalmente, le vicende della vita di Maria. A questi si devono aggiungere altri sette pannelli, tre provenienti oggi da Palazzo Massimo, gli altri quattro distaccati e lasciati da Munoz qui nella cella. Questi verranno ricomposti sulle pareti secondo l'ordine narrativo”. “Se questa definizione non fosse stata già usata per Santa Maria Antiqua al Foro Romano, i ciclo pittorico potrebbe essere considerato la Cappella Sistina della pittura d'Alto Medioevo, dotata di temi assolutamente rari per Roma - continua Sandra Acconci - Tutto l'apparato è un inno al culto della Vergine. Il ciclo segue un ordine narrativo dall'alto verso il basso, come fosse un rotolo miniato aperto, dove ogni personaggio e luogo viene accompagnato da titoli didascalici. Si parte dall'infanzia di Maria fino alla splendida scena della morte tratta dal Vangelo di San Giuseppe d'Arimatea. Lei appare semisdraiata sul letto in conversazione col figlio Gesù Cristo che la consola. Lei, infatti, temeva di morire, ma Cristo la benedice, la fa addormentare e dopo tre giorni la porta con sé in cielo. Scendendo di registro, scorrono le storie di santi orientali, da San Basilio a Santa Maria Egiziaca. Munoz rinvenne questi affreschi sotto le pareti posticce addossate quando demolì le strutture della chiesa cinquecentesca. Mentre il nuovo frammento di affresco della Vergine appena scoperto era stato eseguito per decorare l'abside scavato sulla parete di fondo quando nel IX secolo il tempio divenne chiesa”. Da un punto di vista strutturale, il restauro coinvolgerà la copertura del tempio, con il ripristino di capriate in legno di castagno caratterizzate da un sistema antisismico di ancoraggi alle mur perimetrali, dove il tetto di tegole e coppi sarà dotato di un nuovo sistema di scorrimento dell'acqua per proteggere i rilievi scultorei del tempio.
di Roberto D’Onofrio
ITALIA SERA Edizione n. 888 del 17/04/2008
Le opere risalgono all’VIII secolo d. C. Nove anni di lavori e costi per 800mila euro
Un ciclo di affreschi d'epoca altomedievale, datato tra l'VIII e il IX secolo, rarissimo sulla scena romana, per la qualità pittorica delle figure e dei dettagli scenografici e per i contenuti, del tutto inediti per temi e fonti, che ricostruisce a suon di aneddoti tutta la vita di Maria, dall'infanzia alla morte, dettata dai Vangeli apocrifi. E' il capolavoro, già scoperto negli anni Venti del Novecento, ma solo ora restaurato e in via di ricomposizione nella cella originaria del Tempio di Portuno, cui si aggiunge il ritrovamento dell'affresco del volto della Vergine Maria, più tardo come datazione, incorniciata da un'ampia aureola in stucco dorato, nascosta dietro la coltre di cemento sulla parete di fondo, dove un tempo si apriva l'abside. Dalle ‘ceneri’ di un prolungato stato di degrado, comincia a risorgere il Tempio di Portuno, più popolarmente conosciuto come della Fortuna Virile, il possente edificio rettangolare di ordine ionico che spicca nella piazza della Bocca della Verità a fare da contraltare monumentale al tempio circolare dedicato ad Ercole. Con una task force messa in campo da soprintendenza archeologica di Roma e World Monuments Fund, la prestigiosa agenzia internazionale dedita alla salvaguardia del patrimonio artistico che ha stanziato 310mila euro circa tra il 2006 e il 2008, accanto ai 585mila euro messi a disposizione dal ministero per i Beni culturali, il monumento è stato sottoposto ad un vasto intervento di restauro che ha preso il via dal 1999, i cui risultati sono stati presentati ieri dal soprintendent archeologico Angelo Bottini e dalla direttrice dei lavori Maria Grazia Filetici. “E' uno degli interventi più complessi della scena romana - dichiara Angelo Bottini - perché il Tempio ha subito il passaggio da luogo di culto pagano a chiesa cristiana tra l'VIII e IX secolo e questo ha comportato notevoli cambiamenti nell'assetto della cella non solo strutturale ma anche decorativo. Cambiamenti accentuatisi poi nella seconda metà del ‘500, quando nel tardo rinascimento quella che era diventata la chiesa di Santa Maria De Secundicerio venne ritrasformata nella chiesa di Santa Maria Egiziaca.
Per poi arrivare al 1925 quando l'architetto Antonio Munoz demolì tutte le modifiche successive per ripristinare, nel bene e nel male, la struttura dell'antico tempio, con la relativa scoperta degli affreschi, che però, paradosalmente, fino a quel momento si erano conservati sotto le pareti posticce, ma che una volta denudati hanno cominciato a deteriorarsi. Po nel '59 il Tempio divenne di proprietà dello Stato”. “Il restauro ha registrato una svolta dal novembre del 2006, anche grazie all'aiuto finanziario del World Monuments Fund, che ci ha consentito - avverte Filetici - di riportare all'antico splendore gli affreschi sopravvissuti che vertevano in uno stato di degrado pazzesco dopo gli ultimi interventi apportati negli anni '60”. “Si tratta di circa 14 metri quadrati di affreschi lasciati in situ, disposti per fasce verticali regolari, ma che un tempo ricoprivano tutte le pareti della cella del tempio - racconta Sandra Acconci, consulente per gli affreschi della soprintendenza - che narravano per sequenze, da leggere orizzontalmente, le vicende della vita di Maria. A questi si devono aggiungere altri sette pannelli, tre provenienti oggi da Palazzo Massimo, gli altri quattro distaccati e lasciati da Munoz qui nella cella. Questi verranno ricomposti sulle pareti secondo l'ordine narrativo”. “Se questa definizione non fosse stata già usata per Santa Maria Antiqua al Foro Romano, i ciclo pittorico potrebbe essere considerato la Cappella Sistina della pittura d'Alto Medioevo, dotata di temi assolutamente rari per Roma - continua Sandra Acconci - Tutto l'apparato è un inno al culto della Vergine. Il ciclo segue un ordine narrativo dall'alto verso il basso, come fosse un rotolo miniato aperto, dove ogni personaggio e luogo viene accompagnato da titoli didascalici. Si parte dall'infanzia di Maria fino alla splendida scena della morte tratta dal Vangelo di San Giuseppe d'Arimatea. Lei appare semisdraiata sul letto in conversazione col figlio Gesù Cristo che la consola. Lei, infatti, temeva di morire, ma Cristo la benedice, la fa addormentare e dopo tre giorni la porta con sé in cielo. Scendendo di registro, scorrono le storie di santi orientali, da San Basilio a Santa Maria Egiziaca. Munoz rinvenne questi affreschi sotto le pareti posticce addossate quando demolì le strutture della chiesa cinquecentesca. Mentre il nuovo frammento di affresco della Vergine appena scoperto era stato eseguito per decorare l'abside scavato sulla parete di fondo quando nel IX secolo il tempio divenne chiesa”. Da un punto di vista strutturale, il restauro coinvolgerà la copertura del tempio, con il ripristino di capriate in legno di castagno caratterizzate da un sistema antisismico di ancoraggi alle mur perimetrali, dove il tetto di tegole e coppi sarà dotato di un nuovo sistema di scorrimento dell'acqua per proteggere i rilievi scultorei del tempio.