venerdì 25 aprile 2008

La supercolla dei romani

La supercolla dei romani
I guerrieri romani riparavano i propri accessori di battaglia con una supercolla che conserva ancora le sue proprietà adesive a distanza di 2000 anni, secondo quanto scoperto al Rheinischen Landes Museum di Bonn, Germania.

Nella mostra, Behind the St1ver Mask, aperta fino al 16 Febbraio 2008, è possibile vedere le prove di questo antico adesivo usato per montare foglie di alloro in argento sugli elmi dei legionari.

Frank Willer, direttore del restauro del museo, ha trovato le tracce di questa supercolla mentre esaminava un elmo dissotterrato nel 1986 nei pressi della città tedesca di Xanten, in quello che una volta era il letto del fiume Reno. L’elmo, che risale al I secolo a. C. è stato affidato al museo per il restauro.

Ho scoperto la colla per caso, mentre rimuovevo un piccolo campione del metallo con una minuscola sega.
Il calore prodotto dallo strumento fece staccare le foglie d'argento dell’elmo, rivelando tracce della colla» ha spiegato Willer, stupito che, nonostante la lunga esposizione agli elementi, la supercolla non avesse perso le sue proprietà.

Altri accessori per la battaglia conservati nel museo mostrano tracce di decorazioni d'argento molto probabilmente incollate al metallo tramite lo stesso adesivo.
Sfortunatamente gli oggetti sono troppo deteriorati perché sia possibile rinvenire tracce della supercolla.

Tuttavia, l'elmo trovato a Xanten presenta una quantità del materiale sufficiente a stabilire le modalità di utilizzo dell'adesivo.

«Secondo le analisi, la colla dei Romani era fatta di bitume, resina e grasso animale» ha fatto sapere Willer a conferma di alcuni studi condotti dai ricercatori della University of Bradford e Liverpool (Gran Bretagna) negli anni '90.

Finora i ricercatori tedeschi non sono riusciti a ricreare la supercolla.
Sempre secondo quanto comunicato da Willer, alla colla «veniva probabilmente aggiunto qualche tipo di materiale inorganico come la fuliggine o la sabbia di quarzo per renderla più resistente». .


Fonte: Hera n° 97, febbraio 2008