ROMA - riemersi gli ambienti termali e una parte di quelli residenziali della Villa delle Vignacce, nel Parco degli Acquedotti.
di LUCA BRUGNARA
Venerdì 20 Luglio 2007 ,IL MESSAGGERO
Duemila anni nascosta sotto terra, ma ora è venuta alla luce. Grazie agli scavi iniziati un anno fa, sono riemersi gli ambienti termali e una parte di quelli residenziali della Villa delle Vignacce, nel Parco degli Acquedotti. Si tratta di un'area archeologica finora poco conosciuta, se non nelle parti in superficie: la villa venne scoperta nel 1780, con ricerche volute da Papa Pio VI, ma all'epoca erano emerse solo sculture, come le statue di Tyche e Ganimede, oggi ai Musei Vaticani. Ora, gli scavi hanno permesso di considerare almeno una parte della villa del I secolo dopo Cristo e non di età adrianea (II secolo), come finora si riteneva e soprattutto una delle più ampie e ricche di epoca imperiale. «La villa - spiegano i condirettori degli scavi, Darius A. Arya e Dora Cirone - ha avuto diversi proprietari, tra cui Quinto Servilio Pudente, ricco proprietario di fabbriche di laterizi del II secolo d.C. E' uno dei più importanti ritrovamenti del suburbio romano degli ultimi anni».
Le terme presentano due o tre piani e gli esperti ipotizzano che fossero di ampie dimensioni e sontuosamente decorate: durate le operazioni, sono riemersi marmi, tra cui capitelli, colonne, capitelli di lesena, frammenti di statue e rilievi. Ancora ben conservati i mosaici pavimentali, in tessere bianche e nere, con decori geometrici, che si aggiungono al ritrovamento di un crollo di volta, rivestita da un mosaico in paste vitree, con motivi di piccole palme colorate di verde e giallo. Gli scavi sono a ridosso di via Lemonia e rientrano nelle due campagne condotte tra il 2006 e il 2007 dalla Sovrintendenza comunale ai Beni culturali, con l'American Institute for Roman Culture e la sponsorizzazione di 75.000 euro di American Express. «L'impianto termale - precisa Cirone - è stato utilizzato per molti secoli, dal I al VI, ha avuto successive ristrutturazioni tra il II e III secolo d.C. Sono presenti decori mai scoperti finora, come il pavimento della latrina, fatto solo con frammenti di anfore».
Ma la villa testimonia anche le tappe della storia romana. «In età successiva - aggiunge l'archeologa - le terme furono spostate in un'altra area, più a sud e questa parte divenne una sorta di deposito. La struttura venne poi trasformata in una sorta di fortilizio, con la chiusura di numerose porte e finestre: è probabile che ciò avvenne durante l'assedio di Roma da parte dei Goti, stanziati a Torre del Fiscale. Il toponimo "Vignacce" può derivare dalle vigne dell'800, quando il parco era della famiglia Torlonia o da "pignacce" con cui si chiamavano i cocci di anfore rotte usati per alleggerire le strutture delle volte». Le operazioni dureranno, complessivamente, 5 anni. «La collaborazione con l'American Institute for Roman Culture - sostiene Paola Virgili, della Sovrintendenza comunale - è frutto di una convenzione in base alla quale è stato concesso il sito del Parco degli Acquedotti mediante una sponsorizzazione no-profit. Gli scavi, approvati e supervisionati dalla Sovrintendenza comunale, sono a spese dell'American Institute, che si occuperà delle operazioni di restauro, copertura e messa in sicurezza dell'area». Gli scavi sono visitabili, fino al 27 luglio, il mercoledì e il giovedì, dalle 16 alle 17.
di LUCA BRUGNARA
Venerdì 20 Luglio 2007 ,IL MESSAGGERO
Duemila anni nascosta sotto terra, ma ora è venuta alla luce. Grazie agli scavi iniziati un anno fa, sono riemersi gli ambienti termali e una parte di quelli residenziali della Villa delle Vignacce, nel Parco degli Acquedotti. Si tratta di un'area archeologica finora poco conosciuta, se non nelle parti in superficie: la villa venne scoperta nel 1780, con ricerche volute da Papa Pio VI, ma all'epoca erano emerse solo sculture, come le statue di Tyche e Ganimede, oggi ai Musei Vaticani. Ora, gli scavi hanno permesso di considerare almeno una parte della villa del I secolo dopo Cristo e non di età adrianea (II secolo), come finora si riteneva e soprattutto una delle più ampie e ricche di epoca imperiale. «La villa - spiegano i condirettori degli scavi, Darius A. Arya e Dora Cirone - ha avuto diversi proprietari, tra cui Quinto Servilio Pudente, ricco proprietario di fabbriche di laterizi del II secolo d.C. E' uno dei più importanti ritrovamenti del suburbio romano degli ultimi anni».
Le terme presentano due o tre piani e gli esperti ipotizzano che fossero di ampie dimensioni e sontuosamente decorate: durate le operazioni, sono riemersi marmi, tra cui capitelli, colonne, capitelli di lesena, frammenti di statue e rilievi. Ancora ben conservati i mosaici pavimentali, in tessere bianche e nere, con decori geometrici, che si aggiungono al ritrovamento di un crollo di volta, rivestita da un mosaico in paste vitree, con motivi di piccole palme colorate di verde e giallo. Gli scavi sono a ridosso di via Lemonia e rientrano nelle due campagne condotte tra il 2006 e il 2007 dalla Sovrintendenza comunale ai Beni culturali, con l'American Institute for Roman Culture e la sponsorizzazione di 75.000 euro di American Express. «L'impianto termale - precisa Cirone - è stato utilizzato per molti secoli, dal I al VI, ha avuto successive ristrutturazioni tra il II e III secolo d.C. Sono presenti decori mai scoperti finora, come il pavimento della latrina, fatto solo con frammenti di anfore».
Ma la villa testimonia anche le tappe della storia romana. «In età successiva - aggiunge l'archeologa - le terme furono spostate in un'altra area, più a sud e questa parte divenne una sorta di deposito. La struttura venne poi trasformata in una sorta di fortilizio, con la chiusura di numerose porte e finestre: è probabile che ciò avvenne durante l'assedio di Roma da parte dei Goti, stanziati a Torre del Fiscale. Il toponimo "Vignacce" può derivare dalle vigne dell'800, quando il parco era della famiglia Torlonia o da "pignacce" con cui si chiamavano i cocci di anfore rotte usati per alleggerire le strutture delle volte». Le operazioni dureranno, complessivamente, 5 anni. «La collaborazione con l'American Institute for Roman Culture - sostiene Paola Virgili, della Sovrintendenza comunale - è frutto di una convenzione in base alla quale è stato concesso il sito del Parco degli Acquedotti mediante una sponsorizzazione no-profit. Gli scavi, approvati e supervisionati dalla Sovrintendenza comunale, sono a spese dell'American Institute, che si occuperà delle operazioni di restauro, copertura e messa in sicurezza dell'area». Gli scavi sono visitabili, fino al 27 luglio, il mercoledì e il giovedì, dalle 16 alle 17.