Roma. Rinasce l'Acquedotto Vergine. A giorni sarà presentato all'Acea, al Comune e alla Sovrintendenza il progetto di restauro
CINZIA TRALICCI
Il Tempo, 15 agosto 2007
UN BY PASS per l'Acquedotto Vergine Antico in attesa del progetto definitivo di ripristino del tratto danneggiato durante 10 scavo di un cantiere ai Parioli. Il passante, realizzato a spese della ditta che ha provocato l'ostruzione, è stato ultimato a luglio in accordo con Acea, Comune e Sovrintendenza. Costituito da un pompaggio e da un tratto di tubazione esterna che aggira il tratto di acquedotto ostruito il by pass - dicono all'Acea - permette di regolare l'alimentazione delle antiche condotte e dunque rifornire l'acqua alle antiche fontane di Roma. Inoltre, la stessa ditta è in procinto di presentare entro poche settimane il progetto definitivo di disostruzione e di restauro del tratto di Acquedotto danneggiato. Progetto che sarà sottoposto al vaglio e all'approvazione di Acea, Comune e Sovritendenza.
Roma è una delle poche città italiane dove esiste un doppio sistema di distribuzione: una rete di trasporto e distribuzione dell'acqua potabile; e un altro per quella non potabile. Questa particolarità consente un uso molto appropriato sia dell'acqua potabile, quella che arriva nelle case e esce dai Nsoni, da cui è possibile bere, sia dell'acqua non potabile che alimenta le fontane pubbliche e monumentali, ad esempio quella di Trevi e del Pantheon, e serve il sistema di annaffia-mento dei giardini comunali. Ovviamente l'Acquedotto Vergine Antico, da non confondere con il Vergine Nuovo, è parte fondamentale del sistema non potabile.
Ma ciò che rende davvero unico l'Aquedotto Vergine Antico è la sua inalterata funzionalità nel corso dei millenni e la sua inviolabilità che ha permesso all'imponente opera di arrivare, tutto sommato intatta, fino ai giorni nostri. Il fascino dell'Acquedotto Vergine Antico è nella sua stessa storia, trascorsa come l'acqua che trasportava all'interno della Città Eterna, documentandone le varie epoche. Altrimenti non si spiegherebbero le tante stramissioni, realizzate anche da televisioni straniere, incentrate proprio sulla bellezza, sull'integrità e sul sistema idraulico del quale gli ingegneri romani furono maestri.
Del resto basta un'occhiata alla scheda sintetica sulla storia dell'Acquedotto per comprendere quanto sia stato importante per lo sviluppo della città: «l'Acquedotto fu costruito da Agrippa e venne inaugurato nel 19 a.C, a servizio dell'impianto termale del Campo Marzio. Le sorgenti erano all'VIII miglio della via Collatina, in una località indicata da Frontino col nome di Agro Lucullano. La tecnica edile che ha ispirato la costruzione del Vergine Antico si basava essenzialmente sull'uso massiccio del calcestruzzo, con cortina in "pous reticulatum" e volte a botte o a sesto acuto. Lo speco era sempre rivestito in calcestruzzo, tranne in rari tratti dove veniva ricavato dalla roccia. Lo sviluppo dell'acquedotto è prevalentemente sotterraneo e il percorso è segnato da manufatti, in muratura a forma piramidale o da cippi in travertino, alcuni dei quali risalenti all'epoca di Tiberio e di Claudio, I sec. d.C. L'Acquedotto è lungo 20 chilometri e nei secoli della Roma imperiale (dal I al VI secolo d.C.) disponeva di una portata di 1.200 litri al secondo».
«Unome "Acqua Vergine" deriva, secondo una leggenda, dalla fanciulla che aveva indicato ai soldati il luogo della sorgente ma, più probabilmente, si riferisce alla chiarezza e purezza dell'acqua. Il percorso seguiva la via Collatina, in parte su arcate e sostruzioni, e raggiungeva l'abitato alle pendici del Pincio. Da qui, le arcate di epoca claudia in parte conservate in via del Nazareno, attraversavano il Campo Marzio, scavalcando l'attuale via del Corso (via Lata). Emblematico in proposito l’«Arco di Claudio» un'arcata dell'acquedotto monumentalizzata per celebrare la conquista della Britannia ad opera di questo imperatore. L'Acquedotto fu costantemente restaurato e tuttora alimenta la Fontana di Trevi, la fontana della Barcaccia a piazza di Spagna, dando il nome a "via dei Condotti" e la fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona».
Dal giorno della sua inaugurazione oltre 2000 anni fa, l'Acquedotto «visse» gli alti e i bassi della storia di Roma tra distruzione e restauri. «Il primo rifacimento di significativa importanza è attribuito a Costantino, ed è documentato dall'iscrizione riportata su una lapide rinvenuta a via Nazionale nel corso degli scavi per la costruzione del Palazzo delle Esposizioni. A partire dalla fine del IV secolo la decadenza di Roma è un processo inarrestabile, a seguito del trasferimento della capitale da Roma a Bisanzio, e difatti l'Acquedotto viene danneggiato pesantemente durante i due sacchi del V sec. ad opera dei visigoti di Alarico, nel 410 d.C e da parte dei vandali di Genserico e nel 455 d.C. Verso la fine dello stesso secolo la sovranità sull'Italia del re Ostrogoto Teodorico, garantisce un secondo restauro dell'Acquedotto. Ma, nonostante le opere di rifacitura, viene seriamente danneggiato durante la ripresa delle operazioni belli-che che vedono fronteggiarsi Goti e legioni Bizantini per la supremazia sulla penisola, e in particolare il Vergine Antico è ostruito in più punti a seguito degli assedi portati alla città dalle milizie barbare di Vitige e Totila, rispettivamente nel 537 e nel 546 d.C».
Nel Medioevo l'Acquedotto visse di alterne fortune: «dai restauri di papa Adria-no I nel 784, agli assedi da parte saracena negli anni successivi e a quelli di Enrico VI nel 1081. Ma i danni più ingenti il Vergine Antico U riportò a seguito dell'incendio di Roma provocato dall'assedio del Barbarossa nel 1167. L'acquedotto ri: tornò agli antichi splendori solo tre secoli dopo, nel 1453, grazie al lavoro di Leon Battista Alberti, su committenza di papa Nicolo V, che costruì la terminazione dell' acquedotto al Trivio (punto di collocazione della Fontana di Trevi). Successive opere di riqualificazione furono realizzate da Sisto IV nel 1484, da Pio IV Medici nel 1559 e da Sisto V nel 1570. Papa Gregorio XIII, intomo al 1580, fece costruire delle ramificazioni all'Acquedotto Vergine per alimentare i rioni di Ponte, Parione, Campo Marzio e Sant'Eustachio. Ma il momento di maggior splendore dell'Acquedotto fu raggiunto nel 1744, con la fine dei lavori della Fontana di Trevi, progetto disegnato e realizzato sotto la guida del romano Nicola SalviAItri lavori di ammodernamento furono realizzati tra a termine tra il 1825 e il 1845 dai ponteficipapi Leone XII e da Gregorio XVI. Invece tra il 1932 e il 1935, sotto il governatorato comunale del Boncompagni, furono realizzate ulteriori opere, al fine di tutelare l'opera augustea {sempre funzionante, beninteso) dall'ampliamento urbanistico di quegli anni».
Infine l'Acea condusse, tra il 1957 e il 1960, la più imponente ispezione e operazione di controllo del manufatto idrico, rilevando le caratteristiche morfologiche dell'acquedotto, lo stato di conservazione, i dati topografici e producendo la principale documentazione fotografica dello speco.
CINZIA TRALICCI
Il Tempo, 15 agosto 2007
UN BY PASS per l'Acquedotto Vergine Antico in attesa del progetto definitivo di ripristino del tratto danneggiato durante 10 scavo di un cantiere ai Parioli. Il passante, realizzato a spese della ditta che ha provocato l'ostruzione, è stato ultimato a luglio in accordo con Acea, Comune e Sovrintendenza. Costituito da un pompaggio e da un tratto di tubazione esterna che aggira il tratto di acquedotto ostruito il by pass - dicono all'Acea - permette di regolare l'alimentazione delle antiche condotte e dunque rifornire l'acqua alle antiche fontane di Roma. Inoltre, la stessa ditta è in procinto di presentare entro poche settimane il progetto definitivo di disostruzione e di restauro del tratto di Acquedotto danneggiato. Progetto che sarà sottoposto al vaglio e all'approvazione di Acea, Comune e Sovritendenza.
Roma è una delle poche città italiane dove esiste un doppio sistema di distribuzione: una rete di trasporto e distribuzione dell'acqua potabile; e un altro per quella non potabile. Questa particolarità consente un uso molto appropriato sia dell'acqua potabile, quella che arriva nelle case e esce dai Nsoni, da cui è possibile bere, sia dell'acqua non potabile che alimenta le fontane pubbliche e monumentali, ad esempio quella di Trevi e del Pantheon, e serve il sistema di annaffia-mento dei giardini comunali. Ovviamente l'Acquedotto Vergine Antico, da non confondere con il Vergine Nuovo, è parte fondamentale del sistema non potabile.
Ma ciò che rende davvero unico l'Aquedotto Vergine Antico è la sua inalterata funzionalità nel corso dei millenni e la sua inviolabilità che ha permesso all'imponente opera di arrivare, tutto sommato intatta, fino ai giorni nostri. Il fascino dell'Acquedotto Vergine Antico è nella sua stessa storia, trascorsa come l'acqua che trasportava all'interno della Città Eterna, documentandone le varie epoche. Altrimenti non si spiegherebbero le tante stramissioni, realizzate anche da televisioni straniere, incentrate proprio sulla bellezza, sull'integrità e sul sistema idraulico del quale gli ingegneri romani furono maestri.
Del resto basta un'occhiata alla scheda sintetica sulla storia dell'Acquedotto per comprendere quanto sia stato importante per lo sviluppo della città: «l'Acquedotto fu costruito da Agrippa e venne inaugurato nel 19 a.C, a servizio dell'impianto termale del Campo Marzio. Le sorgenti erano all'VIII miglio della via Collatina, in una località indicata da Frontino col nome di Agro Lucullano. La tecnica edile che ha ispirato la costruzione del Vergine Antico si basava essenzialmente sull'uso massiccio del calcestruzzo, con cortina in "pous reticulatum" e volte a botte o a sesto acuto. Lo speco era sempre rivestito in calcestruzzo, tranne in rari tratti dove veniva ricavato dalla roccia. Lo sviluppo dell'acquedotto è prevalentemente sotterraneo e il percorso è segnato da manufatti, in muratura a forma piramidale o da cippi in travertino, alcuni dei quali risalenti all'epoca di Tiberio e di Claudio, I sec. d.C. L'Acquedotto è lungo 20 chilometri e nei secoli della Roma imperiale (dal I al VI secolo d.C.) disponeva di una portata di 1.200 litri al secondo».
«Unome "Acqua Vergine" deriva, secondo una leggenda, dalla fanciulla che aveva indicato ai soldati il luogo della sorgente ma, più probabilmente, si riferisce alla chiarezza e purezza dell'acqua. Il percorso seguiva la via Collatina, in parte su arcate e sostruzioni, e raggiungeva l'abitato alle pendici del Pincio. Da qui, le arcate di epoca claudia in parte conservate in via del Nazareno, attraversavano il Campo Marzio, scavalcando l'attuale via del Corso (via Lata). Emblematico in proposito l’«Arco di Claudio» un'arcata dell'acquedotto monumentalizzata per celebrare la conquista della Britannia ad opera di questo imperatore. L'Acquedotto fu costantemente restaurato e tuttora alimenta la Fontana di Trevi, la fontana della Barcaccia a piazza di Spagna, dando il nome a "via dei Condotti" e la fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona».
Dal giorno della sua inaugurazione oltre 2000 anni fa, l'Acquedotto «visse» gli alti e i bassi della storia di Roma tra distruzione e restauri. «Il primo rifacimento di significativa importanza è attribuito a Costantino, ed è documentato dall'iscrizione riportata su una lapide rinvenuta a via Nazionale nel corso degli scavi per la costruzione del Palazzo delle Esposizioni. A partire dalla fine del IV secolo la decadenza di Roma è un processo inarrestabile, a seguito del trasferimento della capitale da Roma a Bisanzio, e difatti l'Acquedotto viene danneggiato pesantemente durante i due sacchi del V sec. ad opera dei visigoti di Alarico, nel 410 d.C e da parte dei vandali di Genserico e nel 455 d.C. Verso la fine dello stesso secolo la sovranità sull'Italia del re Ostrogoto Teodorico, garantisce un secondo restauro dell'Acquedotto. Ma, nonostante le opere di rifacitura, viene seriamente danneggiato durante la ripresa delle operazioni belli-che che vedono fronteggiarsi Goti e legioni Bizantini per la supremazia sulla penisola, e in particolare il Vergine Antico è ostruito in più punti a seguito degli assedi portati alla città dalle milizie barbare di Vitige e Totila, rispettivamente nel 537 e nel 546 d.C».
Nel Medioevo l'Acquedotto visse di alterne fortune: «dai restauri di papa Adria-no I nel 784, agli assedi da parte saracena negli anni successivi e a quelli di Enrico VI nel 1081. Ma i danni più ingenti il Vergine Antico U riportò a seguito dell'incendio di Roma provocato dall'assedio del Barbarossa nel 1167. L'acquedotto ri: tornò agli antichi splendori solo tre secoli dopo, nel 1453, grazie al lavoro di Leon Battista Alberti, su committenza di papa Nicolo V, che costruì la terminazione dell' acquedotto al Trivio (punto di collocazione della Fontana di Trevi). Successive opere di riqualificazione furono realizzate da Sisto IV nel 1484, da Pio IV Medici nel 1559 e da Sisto V nel 1570. Papa Gregorio XIII, intomo al 1580, fece costruire delle ramificazioni all'Acquedotto Vergine per alimentare i rioni di Ponte, Parione, Campo Marzio e Sant'Eustachio. Ma il momento di maggior splendore dell'Acquedotto fu raggiunto nel 1744, con la fine dei lavori della Fontana di Trevi, progetto disegnato e realizzato sotto la guida del romano Nicola SalviAItri lavori di ammodernamento furono realizzati tra a termine tra il 1825 e il 1845 dai ponteficipapi Leone XII e da Gregorio XVI. Invece tra il 1932 e il 1935, sotto il governatorato comunale del Boncompagni, furono realizzate ulteriori opere, al fine di tutelare l'opera augustea {sempre funzionante, beninteso) dall'ampliamento urbanistico di quegli anni».
Infine l'Acea condusse, tra il 1957 e il 1960, la più imponente ispezione e operazione di controllo del manufatto idrico, rilevando le caratteristiche morfologiche dell'acquedotto, lo stato di conservazione, i dati topografici e producendo la principale documentazione fotografica dello speco.