Roma. Le rovine non spiegate
Andrea Carandini
Corriere della Sera, 4/4/2006
Povero magniloquente luogo di parate, con giardinetti e fondali da cinema povero: ecco la via dell'Impero perduto. Anche dopo i recenti scavi, che hanno rivelato i monumenti antichi e il loro spoglio, l'amenità è lontana. Servirebbe una riflessione su quanto trovato e su come presentare spazi tanto vuoti, ridando loro un minimo di significato architettonico. Gli sterri degli anni '30 — pessimi dal punto di vista scientifico — avevano saputo ripristinare quel minimo elle serve all'occhio per intendere le rovine; grazie, gli operai di allora sapevano lavorare come quelli romani! Oggi si scava bene ma la pubblicazione ahimè tarda, e lo stile della presentazione è deludente... Costa ammettere ciò, ma la «cosa» è sotto gli occhi.
Data la povertà dei resti, è importante estendere gli scavi, anziché ridurli. Cosa sarebbe Place de la Concorde senza i suoi bordi se non il non-luogo della ghigliottina? I vuoti diventano pieni se contenuti: cosi gli elevati spoliati devono ritrovare una qualche consistenza ed essere spiegati in un vicino museo della città, di cui mai si parla. Dunque, discorso sulle rovine e discorso museale devono essere formulati insieme. Non possiamo avere a Roma solo belle statuine, curiosi oggettini. Occorre finalmente illustrare paesaggi urbani e costruzioni.
L'esperimento Fuksas era interessante — nuvole a parte — ma bene hanno fatto altri tre architetti a chiedere il concorso; ma su cosa? Per fortuna le due soprintendenze hanno cominciato finalmente ad agire come un solo uomo, eppure serve anche un dibattito allargato oltre uffici e burocrazie, dal quale dovrebbero sorgere le linee guida generali su cui concorrere.
A Roma non vi è rendiconto annuale o biennale di scoperte e progetti archeologici; questo è triste. Un foro per l'archeologia ci manca, e si vede.
La via dei Fori andrebbe alleggerita, ristretta, e quanto la sosterrà dovrà contenere i servizi, che altrimenti finirebbero sparsi o sospesi fra le rovine. Quanti altri percorsi post-antichi ripristinare come ponti sui monumenti sarà materia del contendere. Chiarezza della storia e qualità del progetto dovrebbero ridare al luogo quel senso e quella piacevolezza che il piccone mussoliniano ha distrutto: per sempre?
Lo scavo crea non il passato, ma un paesaggio contemporaneo volto a ritrovarlo. L'idea di questo paesaggio manca ancora...
Andrea Carandini
Corriere della Sera, 4/4/2006
Povero magniloquente luogo di parate, con giardinetti e fondali da cinema povero: ecco la via dell'Impero perduto. Anche dopo i recenti scavi, che hanno rivelato i monumenti antichi e il loro spoglio, l'amenità è lontana. Servirebbe una riflessione su quanto trovato e su come presentare spazi tanto vuoti, ridando loro un minimo di significato architettonico. Gli sterri degli anni '30 — pessimi dal punto di vista scientifico — avevano saputo ripristinare quel minimo elle serve all'occhio per intendere le rovine; grazie, gli operai di allora sapevano lavorare come quelli romani! Oggi si scava bene ma la pubblicazione ahimè tarda, e lo stile della presentazione è deludente... Costa ammettere ciò, ma la «cosa» è sotto gli occhi.
Data la povertà dei resti, è importante estendere gli scavi, anziché ridurli. Cosa sarebbe Place de la Concorde senza i suoi bordi se non il non-luogo della ghigliottina? I vuoti diventano pieni se contenuti: cosi gli elevati spoliati devono ritrovare una qualche consistenza ed essere spiegati in un vicino museo della città, di cui mai si parla. Dunque, discorso sulle rovine e discorso museale devono essere formulati insieme. Non possiamo avere a Roma solo belle statuine, curiosi oggettini. Occorre finalmente illustrare paesaggi urbani e costruzioni.
L'esperimento Fuksas era interessante — nuvole a parte — ma bene hanno fatto altri tre architetti a chiedere il concorso; ma su cosa? Per fortuna le due soprintendenze hanno cominciato finalmente ad agire come un solo uomo, eppure serve anche un dibattito allargato oltre uffici e burocrazie, dal quale dovrebbero sorgere le linee guida generali su cui concorrere.
A Roma non vi è rendiconto annuale o biennale di scoperte e progetti archeologici; questo è triste. Un foro per l'archeologia ci manca, e si vede.
La via dei Fori andrebbe alleggerita, ristretta, e quanto la sosterrà dovrà contenere i servizi, che altrimenti finirebbero sparsi o sospesi fra le rovine. Quanti altri percorsi post-antichi ripristinare come ponti sui monumenti sarà materia del contendere. Chiarezza della storia e qualità del progetto dovrebbero ridare al luogo quel senso e quella piacevolezza che il piccone mussoliniano ha distrutto: per sempre?
Lo scavo crea non il passato, ma un paesaggio contemporaneo volto a ritrovarlo. L'idea di questo paesaggio manca ancora...