Corriere della Sera, 07/01/2003
Nel deserto del Gobi vive una popolazione con tratti somatici «romani»
«Noi cinesi, discendenti delle legioni di Crasso» Secondo gli studiosi di Pechino, in alcuni villaggi il 46% degli abitanti ha legami genetici con gli europei. Il contadino Luo Ying: «Gli italiani mi somigliano?»
Ai confini del deserto del Gobi, in una modesta fattoria spazzata da un vento glaciale, a volte Luo Ying sogna l'Italia: «Mi piacerebbe andare a vedere se i romani mi somigliano». Naso diritto e affilato, occhi castani, sopracciglia folte e statura alta, questo contadino cinese ventiseienne viene considerato un «europeo» dai propri vicini... In questi villaggi del distretto di Yongchang, nella provincia di Gansu, sono qualche centinaio a presentare tratti somatici stranieri. Certi hanno capelli castani, rossi o ricciuti, altri hanno occhi chiari oppure un naso troppo grosso per essere Cinese. La carta d'identità di Luo Ying è però categorica: lui è proprio d'etnia han, cioè cinese. «Siamo cinesizzati da molto tempo - afferma Song Guorong, il portavoce di questi cinesi non proprio come gli altri -. Ma noi discendiamo sicuramente dai legionari romani venuti qui duemila anni fa». A 7000 chilometri da Roma, la spiegazione è piuttosto sorprendente. Alcuni legionari romani sarebbero quindi vissuti in Cina tredici secoli prima di Marco Polo? Addossato ai monti Quinlan - al di là dei quali si entra in territorio tibetano - il villaggio di Zhelaizhai, una decina di chilometri a sud di Yongchang, domina il corridoio di Hexi, antico passaggio strategico della via della seta. Dal 1994, un bizzarro padiglione dalle colonne doriche vi ospita un cippo commemorativo. «Un tempo - afferma Han Wenyang - capo del piccolo borgo, c'era una legione romana in questo posto, che si chiamava Liqian». Fu Homer Hasenpflug Dubs, un sinologo americano, a proporre per primo, nel 1955, questa spiegazione basata sugli scritti di Plutarco, di Plinio e sul libro degli Han dell'est (dinastia cinese, 25-220 dopo Cristo). Ecco la sua teoria: nel 53 a.C. Marco Licinio Crasso, triumviro di Roma con Cesare e Pompeo, inizia una campagna contro i Parti con 42.000 uomini. Crasso viene ucciso a Carre, nell'attuale Turchia ed una parte delle sue truppe, caduta nelle mani del nemico, viene inviata in Asia centrale (nell'odierno Turkmenistan) per combattere gli antenati degli unni. Poi, se ne perdono le tracce. Nel 36 avanti Cristo, un esercito cinese riesce per proprio conto a catturare la capitale degli unni (oggi Tashkent, in Uzbekistan) e ne fa decapitare il capo, il quale minacciava da anni il fianco occidentale dell'Impero di mezzo. Fonti cinesi dell'epoca descrivono fortificazioni e formazioni di battaglia conosciute a quel tempo soltanto dai romani. I cinesi accettano la resa di un migliaio di combattenti e ne portano con sé 145, in cattività. Per Dubs, non c'è dubbio: si tratta dei resti della legione perduta di Crasso. Tratti somatici particolari. Restava ancora da localizzare Liqian. Nella primavera del 1989, uno storico cinese, Guan Yiquan, ed un ricercatore australiano, David Harris, identificano come sito più probabile Zhelaizhai. Guan Yiquan stava per pubblicare un lavoro sull'argomento quando morì, nel 1998. Il manoscritto rimase poi in un cassetto, malgrado i tentativi del figlio di farlo pubblicare. Nel frattempo, diversi storici cinesi tentarono di demolire la tesi di Dubs. All'università di Lanzhou, capoluogo del Gansu, lo storico Chen Zhengyi continua però a credervi. Nei mesi scorsi, ha fatto anche una nuova scoperta: Liqian in realtà dev'essere pronunciata «Lijian», e si tratterebbe della trascrizione fonetica della parola latina «legio» (legione). Il corridoio di Hexi è stata un'importante via di passaggio per i mercanti arrivati dall'ovest, precisa Chen Zhengyi. Dunque, vi è sempre stata una mescolanza di popolazioni, ma solo la zona di Yongchang presenta una simile concentrazione d'abitanti dai tratti somatici così particolari. Nel 1999, alcuni genetisti venuti da Pechino hanno esaminato il sangue a 2000 persone provenienti dal paese. Secondo lo storico, il 46 per cento dei test ha rilevato una forma di legame genetico con gli europei; ma questo non dimostra ancora niente. Contattati dall'Università di Pechino all'inizio dell'anno, alcuni genetisti italiani hanno ribattuto che le legioni erano costituite soprattutto da mercenari greci. A tutt'oggi, il mistero di Zhelaizhai resta totale. Da una decina d'anni, però, numerosi abitanti di quest'angolo perduto del Gansu si compiacciono di credere di aver forse avuto per antenati dei gloriosi legionari romani. «Roma antica o meno, tutto ciò non è molto chiaro - ammette Luo Ying con un sorriso da seduttore latino -. Ma non trova che ci somigliamo, lei ed io?» L’Express (traduzione di Laura Toschi)
Nel deserto del Gobi vive una popolazione con tratti somatici «romani»
«Noi cinesi, discendenti delle legioni di Crasso» Secondo gli studiosi di Pechino, in alcuni villaggi il 46% degli abitanti ha legami genetici con gli europei. Il contadino Luo Ying: «Gli italiani mi somigliano?»
Ai confini del deserto del Gobi, in una modesta fattoria spazzata da un vento glaciale, a volte Luo Ying sogna l'Italia: «Mi piacerebbe andare a vedere se i romani mi somigliano». Naso diritto e affilato, occhi castani, sopracciglia folte e statura alta, questo contadino cinese ventiseienne viene considerato un «europeo» dai propri vicini... In questi villaggi del distretto di Yongchang, nella provincia di Gansu, sono qualche centinaio a presentare tratti somatici stranieri. Certi hanno capelli castani, rossi o ricciuti, altri hanno occhi chiari oppure un naso troppo grosso per essere Cinese. La carta d'identità di Luo Ying è però categorica: lui è proprio d'etnia han, cioè cinese. «Siamo cinesizzati da molto tempo - afferma Song Guorong, il portavoce di questi cinesi non proprio come gli altri -. Ma noi discendiamo sicuramente dai legionari romani venuti qui duemila anni fa». A 7000 chilometri da Roma, la spiegazione è piuttosto sorprendente. Alcuni legionari romani sarebbero quindi vissuti in Cina tredici secoli prima di Marco Polo? Addossato ai monti Quinlan - al di là dei quali si entra in territorio tibetano - il villaggio di Zhelaizhai, una decina di chilometri a sud di Yongchang, domina il corridoio di Hexi, antico passaggio strategico della via della seta. Dal 1994, un bizzarro padiglione dalle colonne doriche vi ospita un cippo commemorativo. «Un tempo - afferma Han Wenyang - capo del piccolo borgo, c'era una legione romana in questo posto, che si chiamava Liqian». Fu Homer Hasenpflug Dubs, un sinologo americano, a proporre per primo, nel 1955, questa spiegazione basata sugli scritti di Plutarco, di Plinio e sul libro degli Han dell'est (dinastia cinese, 25-220 dopo Cristo). Ecco la sua teoria: nel 53 a.C. Marco Licinio Crasso, triumviro di Roma con Cesare e Pompeo, inizia una campagna contro i Parti con 42.000 uomini. Crasso viene ucciso a Carre, nell'attuale Turchia ed una parte delle sue truppe, caduta nelle mani del nemico, viene inviata in Asia centrale (nell'odierno Turkmenistan) per combattere gli antenati degli unni. Poi, se ne perdono le tracce. Nel 36 avanti Cristo, un esercito cinese riesce per proprio conto a catturare la capitale degli unni (oggi Tashkent, in Uzbekistan) e ne fa decapitare il capo, il quale minacciava da anni il fianco occidentale dell'Impero di mezzo. Fonti cinesi dell'epoca descrivono fortificazioni e formazioni di battaglia conosciute a quel tempo soltanto dai romani. I cinesi accettano la resa di un migliaio di combattenti e ne portano con sé 145, in cattività. Per Dubs, non c'è dubbio: si tratta dei resti della legione perduta di Crasso. Tratti somatici particolari. Restava ancora da localizzare Liqian. Nella primavera del 1989, uno storico cinese, Guan Yiquan, ed un ricercatore australiano, David Harris, identificano come sito più probabile Zhelaizhai. Guan Yiquan stava per pubblicare un lavoro sull'argomento quando morì, nel 1998. Il manoscritto rimase poi in un cassetto, malgrado i tentativi del figlio di farlo pubblicare. Nel frattempo, diversi storici cinesi tentarono di demolire la tesi di Dubs. All'università di Lanzhou, capoluogo del Gansu, lo storico Chen Zhengyi continua però a credervi. Nei mesi scorsi, ha fatto anche una nuova scoperta: Liqian in realtà dev'essere pronunciata «Lijian», e si tratterebbe della trascrizione fonetica della parola latina «legio» (legione). Il corridoio di Hexi è stata un'importante via di passaggio per i mercanti arrivati dall'ovest, precisa Chen Zhengyi. Dunque, vi è sempre stata una mescolanza di popolazioni, ma solo la zona di Yongchang presenta una simile concentrazione d'abitanti dai tratti somatici così particolari. Nel 1999, alcuni genetisti venuti da Pechino hanno esaminato il sangue a 2000 persone provenienti dal paese. Secondo lo storico, il 46 per cento dei test ha rilevato una forma di legame genetico con gli europei; ma questo non dimostra ancora niente. Contattati dall'Università di Pechino all'inizio dell'anno, alcuni genetisti italiani hanno ribattuto che le legioni erano costituite soprattutto da mercenari greci. A tutt'oggi, il mistero di Zhelaizhai resta totale. Da una decina d'anni, però, numerosi abitanti di quest'angolo perduto del Gansu si compiacciono di credere di aver forse avuto per antenati dei gloriosi legionari romani. «Roma antica o meno, tutto ciò non è molto chiaro - ammette Luo Ying con un sorriso da seduttore latino -. Ma non trova che ci somigliamo, lei ed io?» L’Express (traduzione di Laura Toschi)