giovedì 6 marzo 2008

Ave Marco Aurelio, Roma ti saluta

Ave Marco Aurelio, Roma ti saluta
di DANILO MAESTOSI
23/12/2005, Il Messaggero, Roma

Eccolo Marco Aurelio, tornato finalmente imperatore anche a casa sua, nel cuore del Campidoglio, dopo un lungo, umiliante letargo in uno sgabuzzino di vetro. Troneggia austero e imponente con il suo cavallo su una grande pedana come una star che sfila in passerella, umiliando al confronto la copia che gli ha rubato il posto all’aperto al centro della piazza di Michelangelo. Ed ecco la nuova sala high tech , firmata da Carlo Aymonino, che da ora in poi sarà la sua reggia: una elegante pianta ad esedra pavimentata di pietra rosa e chiusa in alto da un mosaico di lastre di vetri quadrate che cattura, moltiplicando i riflessi sulla doratura del monumento restaurato, la luce del giorno.
«Che meraviglia. L’antico e il moderno che si specchiano l’uno nell’altro e si alimentano a vicenda. E’ questa fusione di linguaggi la ricetta su cui Roma continua a fondare il suo boom di capitale modello della cultura. Ed il sigillo di questa importante tappa d’ampliamento dei musei capitolini, che giunge al traguardo dopo tanto tempo», sorride emozionato il sindaco Walter Veltroni, dando il via insieme all’assessore alla cultura Gianni Borgna alla festa d’inaugurazione.
Già, un prestigioso biglietto da visita d’architettura contemporanea quello che questa nuova sala, ricavata dal vecchio dimesso giardinetto di collegamento tra palazzo dei Conservatori e villa Caffarelli offre ai visitatori. Anche se qualcuno, come lo stesso Carlo Aymonino, o l’archeologo Andrea Carandini, storce il naso per il basamento, una sorta di trampolino bicolore, grigio rosa, firmato da un altro architetto, Francesco Stefanori, un po’ troppo massiccio e stridente. E comunque un colpo d’occhio di notevole impatto, impreziosito dalle altre statue che fanno compagnia al Marco Aurelio: il colosso dorato di Ercole che lo fronteggia e i quattro frammenti di bronzo del colosso di Costantino che gli fanno da quinta.
Ma lo spettacolo non finisce qui. Attraversata la sala, affacciandosi dalla balaustra che le fa da fondale lo sguardo si inabissa per sette metri in una trincea che mette in vista la possenti mura di fondazione del tempio di Giove capitolino, riemerse durante i lavori di riconversione del cortile. E al di là della vetrata cattura un altro prospetto di grandi blocchi di tufo dello stesso edificio. «Un colosso di pietra, costruito nel sesto secolo a.C, sotto il regno dei Tarquini, che precede la costruzione del Partenone e rivaleggia con la sua mole - spiega Anna Sommella, direttrice dei musei capitolini - Restituirne alla vista i resti che erano inglobati e nascosti da altre murature o ancora interrati, era occasione da non perdere. Un omaggio doveroso a un monumento così importante e alla Roma più antica che pochi conoscono». La rivisitazione di questa città degli albori, altra calamita forte di questa festa d’inaugurazione, è il leit motiv delle nuove sale recuperate giù in basso e riallestite con un inedito taglio divulgativo. Ecco il modellino che ricostruisce la pianta e la forma del tempio di Giove. Ecco montate su un altro pannello frammenti di ante fisse e coperture di terracotta di luoghi sacri coevi che consentono di immaginarne la ricchezza dell’apparato decorativo. Ecco la suggestiva ricostruzione dei frammenti e delle statue del frontone del tempio della Mater matuta di S.Omobono, altro gioiello della Roma dei Tarquini. Ed ecco una serie di stupendi disegni che con molto rigore ci restituiscono l’aspetto di questo spicchio di città in gestazione sopra la balza scoscesa della rupe Tarpea.