Il palatino è di tutti
Andrea Carandini
Corriere della sera, cronaca roma, 7/5/2003
Sono decenni che scavo un ettaro di Palatino, dove son risorte le mura romulee, le case dell'aristocrazia arcaica e di quella tardo-repubblicana, quelle dei primi re, il culto dei Lari, i mercati dell’impero, ma è come se lavorassimo lontano, in Arizona... La città ha troppe rarità ed è distratta, non riesce ad appassionarsi alle scoperte che sempre si fanno; né piange i monumenti che rovinano. Abbiamo gli stranieri lungo lo scavo sulla Sacra via: guardano, fanno domande, e noi?
Roma avrebbe bisogno di uno «stato della situazione» fatto ogni anno, dì un dibattito fra varie competenze, di uno sforzo per far capire le rovine. Basterebbero numeretti ad ogni monumento e un libretto «a parte» che spieghi. Invece migrano le genti accaldate ed i muri non riescono a dire ciò che sanno. Se il rispetto si accompagnasse a una conoscenza, se le diverse indagini venissero ricomposte in un quadro organico, leggibile, ecco che le coscienze, anche degli italiani, si sveglierebbero e sarebbe meno arduo rinvenire i mezzi per salvare questo immenso bene.
Non è un caso che il sovrintendente La Regina abbia lanciato giorni fa il suo grido per lo stato di tanti monumenti, in particolare del Palatino, centro dell'abitato proto-urbano, della fondazione romulea, delle attività sacrali e politiche della città, delle case consoli, dei palazzi di Imperatori e Papi... Il Palatino era uno di quei rilievi frequenti nel Lazio, con grotte ai piedi, alberi sui pendii e un piccolo pianoro in cima, il tutto di argilla e in tufi che si sgretolano. Lì Nerone cominciò a costruire
come un gigante e poi gli altri imperatori, su una fragile torta, ed ora, di qui, di là e in mezzo il tutto smotta.
Si crede che il Palatino sia conosciuto, ed invece è in larga parte ignoto e se non si conosce la storia di questo luogo è difficile anche restaurarlo. Interi palazzi imperiali, a partire dalla Casa di Augusto sono inediti, inaccessibili perche pericolanti e il Circo Massimo ridotto a miserevole valletta...
Bisognerebbe non solo batter cassa, ma spiegare cosa è il Palatino e lanciare un progetto di conoscenza, di consolidamento (definitivo) e di valorizzazione-comunicazione. Ma il Palatino sappiamo tutti che è importante, mi si risponderà. Sì, come tante zone del mondo con grande nome, di cui poco sappiamo. Il Palatino non è della Soprintendenza, e neppure della città o dell’università: è di tutti, ma se non è capito
e amato dalla gente non lo salveremo.
Gli interventi dall'alto possono giungere, ma in maniera episodica, e la Soprintendenza più non ce la fa a tamponare i disastri. Ci vogliono non tanti corpi separati di stato e di nazione, che agiscono ottimamente, però chiusi in se; ma una maggiore convergenza e cooperazione, una vera unione, per convincere che in questo modo non si può andare avanti, che se il Palatino un giorno crollasse sarebbe la fine simbolica della tutela archeologica in questo paese.
Il fuoco che si è sviluppato dietro San Teodoro è indice di allarmi e sorveglianze inadeguate. Ripensare anche all'ingresso gratuito al Foro?
Andrea Carandini
Corriere della sera, cronaca roma, 7/5/2003
Sono decenni che scavo un ettaro di Palatino, dove son risorte le mura romulee, le case dell'aristocrazia arcaica e di quella tardo-repubblicana, quelle dei primi re, il culto dei Lari, i mercati dell’impero, ma è come se lavorassimo lontano, in Arizona... La città ha troppe rarità ed è distratta, non riesce ad appassionarsi alle scoperte che sempre si fanno; né piange i monumenti che rovinano. Abbiamo gli stranieri lungo lo scavo sulla Sacra via: guardano, fanno domande, e noi?
Roma avrebbe bisogno di uno «stato della situazione» fatto ogni anno, dì un dibattito fra varie competenze, di uno sforzo per far capire le rovine. Basterebbero numeretti ad ogni monumento e un libretto «a parte» che spieghi. Invece migrano le genti accaldate ed i muri non riescono a dire ciò che sanno. Se il rispetto si accompagnasse a una conoscenza, se le diverse indagini venissero ricomposte in un quadro organico, leggibile, ecco che le coscienze, anche degli italiani, si sveglierebbero e sarebbe meno arduo rinvenire i mezzi per salvare questo immenso bene.
Non è un caso che il sovrintendente La Regina abbia lanciato giorni fa il suo grido per lo stato di tanti monumenti, in particolare del Palatino, centro dell'abitato proto-urbano, della fondazione romulea, delle attività sacrali e politiche della città, delle case consoli, dei palazzi di Imperatori e Papi... Il Palatino era uno di quei rilievi frequenti nel Lazio, con grotte ai piedi, alberi sui pendii e un piccolo pianoro in cima, il tutto di argilla e in tufi che si sgretolano. Lì Nerone cominciò a costruire
come un gigante e poi gli altri imperatori, su una fragile torta, ed ora, di qui, di là e in mezzo il tutto smotta.
Si crede che il Palatino sia conosciuto, ed invece è in larga parte ignoto e se non si conosce la storia di questo luogo è difficile anche restaurarlo. Interi palazzi imperiali, a partire dalla Casa di Augusto sono inediti, inaccessibili perche pericolanti e il Circo Massimo ridotto a miserevole valletta...
Bisognerebbe non solo batter cassa, ma spiegare cosa è il Palatino e lanciare un progetto di conoscenza, di consolidamento (definitivo) e di valorizzazione-comunicazione. Ma il Palatino sappiamo tutti che è importante, mi si risponderà. Sì, come tante zone del mondo con grande nome, di cui poco sappiamo. Il Palatino non è della Soprintendenza, e neppure della città o dell’università: è di tutti, ma se non è capito
e amato dalla gente non lo salveremo.
Gli interventi dall'alto possono giungere, ma in maniera episodica, e la Soprintendenza più non ce la fa a tamponare i disastri. Ci vogliono non tanti corpi separati di stato e di nazione, che agiscono ottimamente, però chiusi in se; ma una maggiore convergenza e cooperazione, una vera unione, per convincere che in questo modo non si può andare avanti, che se il Palatino un giorno crollasse sarebbe la fine simbolica della tutela archeologica in questo paese.
Il fuoco che si è sviluppato dietro San Teodoro è indice di allarmi e sorveglianze inadeguate. Ripensare anche all'ingresso gratuito al Foro?