Zama, l’ultima battaglia
Era l’inizio del 202: Scipione si dispose a raggiungere Annibale, al quale era stato affidato il comando dell’esercito punico, verso Zama, a sud ovest di Cartagine.
Prima di scendere in campo, Annibale chiese di incontrarsi con Scipione, ed il drammatico colloquio fra i due nemici avvenne infatti: i due eserciti erano fermi a 5 km di distanza l’uno dall’altro; i due capi accompagnati ognuno da una piccola scorta, avanzarono e poi da soli, con un interprete, scesero da cavallo e si trovarono di fronte. Nessuno seppe mai che cosa Annibale e Scipione si siano detti. Polibio ha scritto che, dopo la proditoria rottura dell’armistizio, le condizioni poste da Roma erano assai pil’i gravi di quelle ratificate dal Senato romano; e di qui il « nulla di fatto » con cui si concluse il colloquio~ La mattina dopo i due eserciti si dettero battaglia. Secondo Appiano, Annibale disponeva di 50.000 uomini, veterani delle campagne d’Italia, mercenari galli e liguri assoldati da Mago-ne, cartaginesi e libici appena mobilitati. La fanteria era ph’i numerosa di quella romana, ma la cavalleria, 2.000 numidi e uno squadrone cartaginese, era inferiore e disponeva però di 80 elefanti. Annibale tentò con successivi assalti di sfondare la formazione romana al centro dove erano stati concentrati i legionari: prima gli elefanti, poi i diversi corpi di truppe cominciando da quelli meno agguerriti, mentre la vecchia guardia sarebbe intervenuta solo alla fine, per dare il colpo di grazia.
Scipione sventò abilmente questo piano: si premun~ contro~ l’urto degli elefanti sostituendo all’abituale ordine dei repar~ ti disposti a scacchiera, una formazione in colonne, separate da larghi corridoi nei quali furono lasciati penetrare i pachi-~ dermi per colpirli al ventre. La cavalleria romana avrebbe pri-,~ ma attaccato quella cartaginese, per convergere poi ed abbat-,~ tersi sul centro.
La battaglia ebbe due fasi: la prima in cui le ondate d’assalto~ puniche si spezzarono contro il muro delle legioni; nella secon
da, la cavalleria romana vittoriosa assalf alle spalle la falange cartaginesc, massacrandola.
Il genio militare di Annibale non rifulse a Zama, ma anche Scipione non ebbe alcuna audace innovazione tattica. Annibale si ritirò con pochi cavalieri ad Hadrumetum, dove aveva vasti possedimenti terrieri, e di li andò a Cartagine. Pochi giorni dopo Cartagine mandò da Scipione i suoi plenipotenziari ad implorare la pace e furono dettate queste condizioni: Cartagine sarebbe rimasta libera e senza presidi romani, amica anzi e alleata di Roma, ma avrebbe consegnato la flotta meno 10 triremi. Non avrebbe dovuto fare guerre in Africa senza il consenso di Roma, e mai fuori dell’Africa. Doveva pagare duecento talenti cuboici d’argento all’anno per cmquant’anni.
Cartagine accettò queste condizioni e il Senato di Roma le ratificò.
Scipione ebbe a Roma gli onori del trionfo, di cui gli rimase a perpetuo ricordo il cognome trionfale di « Africano » che egli allora assunse.
da "Annibale e L'oriente contro l'occidente", pag- 92-93
Era l’inizio del 202: Scipione si dispose a raggiungere Annibale, al quale era stato affidato il comando dell’esercito punico, verso Zama, a sud ovest di Cartagine.
Prima di scendere in campo, Annibale chiese di incontrarsi con Scipione, ed il drammatico colloquio fra i due nemici avvenne infatti: i due eserciti erano fermi a 5 km di distanza l’uno dall’altro; i due capi accompagnati ognuno da una piccola scorta, avanzarono e poi da soli, con un interprete, scesero da cavallo e si trovarono di fronte. Nessuno seppe mai che cosa Annibale e Scipione si siano detti. Polibio ha scritto che, dopo la proditoria rottura dell’armistizio, le condizioni poste da Roma erano assai pil’i gravi di quelle ratificate dal Senato romano; e di qui il « nulla di fatto » con cui si concluse il colloquio~ La mattina dopo i due eserciti si dettero battaglia. Secondo Appiano, Annibale disponeva di 50.000 uomini, veterani delle campagne d’Italia, mercenari galli e liguri assoldati da Mago-ne, cartaginesi e libici appena mobilitati. La fanteria era ph’i numerosa di quella romana, ma la cavalleria, 2.000 numidi e uno squadrone cartaginese, era inferiore e disponeva però di 80 elefanti. Annibale tentò con successivi assalti di sfondare la formazione romana al centro dove erano stati concentrati i legionari: prima gli elefanti, poi i diversi corpi di truppe cominciando da quelli meno agguerriti, mentre la vecchia guardia sarebbe intervenuta solo alla fine, per dare il colpo di grazia.
Scipione sventò abilmente questo piano: si premun~ contro~ l’urto degli elefanti sostituendo all’abituale ordine dei repar~ ti disposti a scacchiera, una formazione in colonne, separate da larghi corridoi nei quali furono lasciati penetrare i pachi-~ dermi per colpirli al ventre. La cavalleria romana avrebbe pri-,~ ma attaccato quella cartaginese, per convergere poi ed abbat-,~ tersi sul centro.
La battaglia ebbe due fasi: la prima in cui le ondate d’assalto~ puniche si spezzarono contro il muro delle legioni; nella secon
da, la cavalleria romana vittoriosa assalf alle spalle la falange cartaginesc, massacrandola.
Il genio militare di Annibale non rifulse a Zama, ma anche Scipione non ebbe alcuna audace innovazione tattica. Annibale si ritirò con pochi cavalieri ad Hadrumetum, dove aveva vasti possedimenti terrieri, e di li andò a Cartagine. Pochi giorni dopo Cartagine mandò da Scipione i suoi plenipotenziari ad implorare la pace e furono dettate queste condizioni: Cartagine sarebbe rimasta libera e senza presidi romani, amica anzi e alleata di Roma, ma avrebbe consegnato la flotta meno 10 triremi. Non avrebbe dovuto fare guerre in Africa senza il consenso di Roma, e mai fuori dell’Africa. Doveva pagare duecento talenti cuboici d’argento all’anno per cmquant’anni.
Cartagine accettò queste condizioni e il Senato di Roma le ratificò.
Scipione ebbe a Roma gli onori del trionfo, di cui gli rimase a perpetuo ricordo il cognome trionfale di « Africano » che egli allora assunse.
da "Annibale e L'oriente contro l'occidente", pag- 92-93
Cremonese, Roma, 1974,