Antica come Roma l'invettiva dell'amante tradito. Alle Olearie la mostra con i ritrovamenti archeologici degli ultimi anni nella capitale
Adele Cambria
L’Unità, Roma 2 dicembre 2006
SEMMAI qualcuno ancora dubitasse che sotto la città di Roma è ancora in parte sepolto il più grande museo archeologico se non del mondo almeno d'Occidente, la mostra curata dal Soprintendente archeologo di Roma, Angelo Bottini, e che si intitola «Memorie dal sottosuolo - Ritrovamenti archeologici 1980/2006» - aperta al pubblico da oggi fino al 9 aprile 2007 (presso le "Olearie Papali", Piazza della Repubblica 12)- conferma, offrendo ai visitatori un 'aperitivo’ di appena mille reperti, la verità dell'intuizione di di J.W. Goethe. Quando, rievocando l'appassionato viaggio in Italia compiuto nel biennio nel 1786/88 - il libro che ne seguì, pubblicato oltre quarant'anni più tardi, sarebbe diventato la Bibbia del viaggiatore colto -scriveva: «A considerare un'esistenza che risale a duemila anni e più, trasfigurata dalla vicenda dei tempi in modo così vario e talora così radicale, mentre è pur sempre quello stesso suolo, quegli stessi colli, spesso perfino le stesse colonne e le stesse mura. .. si finisce col diventare contemporanei dei grandi disegni del destino». Parlava di Roma, della città del suo tempo, non ancora sistematicamente esplorata nel sottosuolo: ma le cui splendide rovine - come gli acquedotti -affioravano anche a distanza di chilometri dal Colosseo o dal Palatino, nella campagna romana o ai Castelli. Ed ora, appena si incomincia a scendere nelle "Olearie Papali" - le cantine per la raccolta dell'olio che il Pontefice Clemente XIII, manomettendo, non senza spregiudicatezza, alcuni vasti ambienti delle Terme di Diocleziano, istituì per soddisfare i bisogni alimentari della popolazione - si è quasi sopraffatti dall'evidenza di una mappa niente affatto circoscritta al c.d. centro storico attuale: che anzi si dirama per alcune miglia - da Pietralata alla Salaria alla Tiburtina a Settebagni ecc.ecc- segnalando gli infiniti luoghi in cui sono riemersi, negli ultimi 25 anni, gli oggetti dell'esposizione: le olle d'uso quotidiano,(datate VII sec.a.C. ma provviste di civilissimi mestolini individuali), le gemme colorate ed istoriate, e poi statue, fontane, lastre funerarie, se vasche d'alabastro, sarcofagi con la rappresentazione della reciproca fedeltà coniugale "oltre la morte". . ..Ma anche, a contrasto, la lastra di bronzo che reca la maledizione scagliata dall'amante tradito contro la sua donna: «Voi, cani tricipiti di Orco, di quella Cecilia Prima sbranate il fegato, i polmoni, il cuore con le vene, le viscere, le membra, il suo midollo, lacerate gli occhi di quella Cecilia Prima...»
Insomma, a Roma, come nel suo hinterland - e non a caso Andrea Carandini ha sempre sostenuto che la città è stata, fin dalle origine, Urbe - basta scavare, che qualcosa di sbalorditivo salta fuori. Non credete a chi, sempre meno spesso, fortunatamente, sostiene come i "cocci" delle nostre successive e stratificate civilizzazioni, potremmo rivenderceli agli americani senza danno...(Ci fu una proposta in questa direzione ai tempi del Governo Craxi).
Cito velocemente tre delle meraviglie che ho visto.(L'ottimo catalogo, curato da Maria Antonietta Tomei, aiuta a decifrarle tutte compiutamente). Dal Palatino, due capolavori: la Tyche d'Antiochia, un prezioso gruppo marmoreo composto della Dea Fortuna, che "assoggetta" il riccioluto fiume Oronte, dal cui corpo adolescente sgorgava, in età severiana, il getto d'acqua di una fonte: e la bionda tigre d'alabastro orientale, che pur priva della testa e delle zampe, suggerisce lo slancio felino dell'animale. Infine la vasca d'alabastro "cotognino" in cui ci si immergeva probabilmente celebrando i rituali fu-nebri(necropoli di Osteria del Curaro).
Visitando le "Memorie del sottosuolo" ieri mattina in forma privata, in compagnia di alcuni rappresentanti del EDP(Partito Democratico Europeo), il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Francesco Rutelli, ha sottolineato come i reperti in mostra siano «esempi di quella archeologia preventiva che è ormai uno degli strumenti più efficaci per garantire la tutela di un territorio ricchissimo di storia, senza precluderne Io sviluppo». Un esempio: i cantieri archeologici della metropolitana.
Adele Cambria
L’Unità, Roma 2 dicembre 2006
SEMMAI qualcuno ancora dubitasse che sotto la città di Roma è ancora in parte sepolto il più grande museo archeologico se non del mondo almeno d'Occidente, la mostra curata dal Soprintendente archeologo di Roma, Angelo Bottini, e che si intitola «Memorie dal sottosuolo - Ritrovamenti archeologici 1980/2006» - aperta al pubblico da oggi fino al 9 aprile 2007 (presso le "Olearie Papali", Piazza della Repubblica 12)- conferma, offrendo ai visitatori un 'aperitivo’ di appena mille reperti, la verità dell'intuizione di di J.W. Goethe. Quando, rievocando l'appassionato viaggio in Italia compiuto nel biennio nel 1786/88 - il libro che ne seguì, pubblicato oltre quarant'anni più tardi, sarebbe diventato la Bibbia del viaggiatore colto -scriveva: «A considerare un'esistenza che risale a duemila anni e più, trasfigurata dalla vicenda dei tempi in modo così vario e talora così radicale, mentre è pur sempre quello stesso suolo, quegli stessi colli, spesso perfino le stesse colonne e le stesse mura. .. si finisce col diventare contemporanei dei grandi disegni del destino». Parlava di Roma, della città del suo tempo, non ancora sistematicamente esplorata nel sottosuolo: ma le cui splendide rovine - come gli acquedotti -affioravano anche a distanza di chilometri dal Colosseo o dal Palatino, nella campagna romana o ai Castelli. Ed ora, appena si incomincia a scendere nelle "Olearie Papali" - le cantine per la raccolta dell'olio che il Pontefice Clemente XIII, manomettendo, non senza spregiudicatezza, alcuni vasti ambienti delle Terme di Diocleziano, istituì per soddisfare i bisogni alimentari della popolazione - si è quasi sopraffatti dall'evidenza di una mappa niente affatto circoscritta al c.d. centro storico attuale: che anzi si dirama per alcune miglia - da Pietralata alla Salaria alla Tiburtina a Settebagni ecc.ecc- segnalando gli infiniti luoghi in cui sono riemersi, negli ultimi 25 anni, gli oggetti dell'esposizione: le olle d'uso quotidiano,(datate VII sec.a.C. ma provviste di civilissimi mestolini individuali), le gemme colorate ed istoriate, e poi statue, fontane, lastre funerarie, se vasche d'alabastro, sarcofagi con la rappresentazione della reciproca fedeltà coniugale "oltre la morte". . ..Ma anche, a contrasto, la lastra di bronzo che reca la maledizione scagliata dall'amante tradito contro la sua donna: «Voi, cani tricipiti di Orco, di quella Cecilia Prima sbranate il fegato, i polmoni, il cuore con le vene, le viscere, le membra, il suo midollo, lacerate gli occhi di quella Cecilia Prima...»
Insomma, a Roma, come nel suo hinterland - e non a caso Andrea Carandini ha sempre sostenuto che la città è stata, fin dalle origine, Urbe - basta scavare, che qualcosa di sbalorditivo salta fuori. Non credete a chi, sempre meno spesso, fortunatamente, sostiene come i "cocci" delle nostre successive e stratificate civilizzazioni, potremmo rivenderceli agli americani senza danno...(Ci fu una proposta in questa direzione ai tempi del Governo Craxi).
Cito velocemente tre delle meraviglie che ho visto.(L'ottimo catalogo, curato da Maria Antonietta Tomei, aiuta a decifrarle tutte compiutamente). Dal Palatino, due capolavori: la Tyche d'Antiochia, un prezioso gruppo marmoreo composto della Dea Fortuna, che "assoggetta" il riccioluto fiume Oronte, dal cui corpo adolescente sgorgava, in età severiana, il getto d'acqua di una fonte: e la bionda tigre d'alabastro orientale, che pur priva della testa e delle zampe, suggerisce lo slancio felino dell'animale. Infine la vasca d'alabastro "cotognino" in cui ci si immergeva probabilmente celebrando i rituali fu-nebri(necropoli di Osteria del Curaro).
Visitando le "Memorie del sottosuolo" ieri mattina in forma privata, in compagnia di alcuni rappresentanti del EDP(Partito Democratico Europeo), il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Francesco Rutelli, ha sottolineato come i reperti in mostra siano «esempi di quella archeologia preventiva che è ormai uno degli strumenti più efficaci per garantire la tutela di un territorio ricchissimo di storia, senza precluderne Io sviluppo». Un esempio: i cantieri archeologici della metropolitana.