venerdì 4 dicembre 2009

COM' ERA ROMA...PRIMA DI ROMA

Il sole 24 Ore, 29/05/1988
Archeologia, sotto la citta' - Gli scavi nella grande necropoli alle porte della capitale hanno portato alla luce preziosi reperti che risalgono al leggendario periodo della fondazione
COM' ERA ROMA...PRIMA DI ROMA
Sommario Di recente sulla Laurentina sono riaffiorati dal silenzio dei secoli i componenti di un' intera famiglia aristocratica coeva di Romolo: i ricchi corredi delle tombe principesche illuminano la remota epoca delle origini della citta' eterna e forniscono una sorprendente conferma ai racconti di Plinio il Vecchio e Tito Livio sulla nascita dell' urbe
Alessandro Bedini (Sovrintendente alle antichita' del Lazio)

L' immagine di Roma antica e' comunemente affidata ai personaggi e ai monumenti della Roma imperiale, altrettanto concreti e imponenti quanto la molteplice tradizione scritta pervenutaci attraverso i secoli. Ma chi erano e come vivevano i fondatori della grandezza di Roma? Fino a qualche decennio fa di poco aiuto e' stata la ricerca archeologica di queste epoche remote che, avviata con successo alla fine del secolo scorso, ha dovuto presto cedere il posto ai temi dell' eta' dell' espansione romana piu' consoni alle esigenze ideologiche del Regime. D' altra parte le notizie tramandateci da Livio, Dionigi di Alicarnasso, Diodoro Siculo, dall' arrivo di Enea nel Lazio fino alla cacciata di Tarquinio il Superbo, sono state relegate dalla critica storica nel campo della leggenda, suggestiva si' , ma priva di qualsiasi attendibilita' . Solo con il riaffermarsi in Italia della ricerca archeologica preistorica e protostorica, che per scherno era stata definita la , si e' iniziato, ironia della sorte, a far luce su questi secoli privi di tradizione scritta| Si e' effettuato allora il recupero dei dati raccolti alla fine dell' Ottocento, poi abbandonati e in molti casi andati dispersi e si e' avviato il processo di distinzione fra la cultura etrusca e quella latina, ridefinendo il ruolo di quest' ultima nell' ambito dell' ambiente tirrenico tra Etruschi a Nord e il mondo greco coloniale a Sud. Gia' nel 1976 la grande mostra della Civilta' del Lazio Primitivo tenutasi a Roma e passata poi a Parigi, Bucarest e Budapest dava un quadro rinnovato delle conoscenze su Roma e il Lazio arcaico, pieno di stimoli per un approfondimento della ricerca. Da allora gli archeologi, precedendo l' incalzante espansione edilizia della citta' moderna che sta inglobando mano a mano i vari centri abitati che all' epoca delle origini circondavano Roma, sono andati moltiplicando le scoperte a Gabi, Castel di Decima, Ficana, Acqua Acetosa Laurentina, La Rustica, Fidene, Crustumerium, Antenne... Ci vorranno anni di studio per rielaborare tutti questi dati, ma gia' si possono mettere a fuoco alcuni aspetti delle strutture sociali e della vita quotidiana della Roma dei sette re, dando cosi' una base di concretezza alle fonti storiche considerate finora con scetticismo. Un' occasione ideale per intraprendere questo viaggio nel passato e' offerto dagli scavi in atto in localita' Acqua Acetosa all' ottavo chilometro da Roma sulla Via Laurentina, dove appunto e' stato rinvenuto uno di quei centri i cui nomi ci sono stati tramandati da Plinio il Vecchio, forse Tellene che insieme a Politorium, attuale Castel di Decima, e Ficana, attuale Acilia, e' ricordata da Livio perche' distrutta dal quarto re Anco Marzio per realizzare l' espansione di Roma verso il mare. Per la sua conservazione e la possibilita' di effettuarne una esplorazione sistematica costituisce un esempio unico per avere un quadro completo della vita di una comunita' latina arcaica, con il risultato quindi di ricostruire per analogia la Roma dei primissimi secoli. La sua ubicazione all' interno di un nuovo quartiere urbano rappresenta inoltre un caso emblematico di convivenza fra antico e moderno, tale da farlo scegliere come modello di sistemazione museale e da inserirlo nel Progetto Memorabilia. La presenza di imponenti fortificazioni databili nella prima meta' dell' VIII secolo a.C. testimonia concretamente, insieme ad altri esempi nel Lazio, della volonta' di dare al centro abitato un carattere piu' unitario proprio nell' epoca a cui la tradizione ascrive la di Roma. Lo scavo della necropoli permette di seguire attraverso l' esame dei corredi, della struttura e dell' organizzazione delle tombe lo sviluppo sociale all' interno di questa comunita' . Dopo una fase iniziale con sepolture dai corredi omogenei, denotanti una sostanziale parita' sociale, con la seconda meta' dell' VIII secolo a.C. si assiste a una maggior articolazione e differenziazione dei gruppi familiari (le gentes di tradizione storica) con l' emergere di alcuni individui che per le prerogative e gli attributi distintivi di un rango piu' elevato si qualificano come dei principi guerrieri, quindi dei capi regnanti del tutto corrispondenti ai re romani ricordati dagli storici antichi. Di recente sono riaffiorati dal silenzio dei secoli i componenti di una intiera famiglia aristocratica che, sepolti attorno al loro capostipite, testimoniano il loro predominio sul luogo per la durata di un secolo, coevi dunque a Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio. Di essi non ci restano ne' i nomi ne' tanto meno le sembianze, ma abbiamo la possibilita' di ricostruire alcuni tratti del loro gusto e della loro personalita' toccando gli oggetti di cui hanno fatto uso e ricostruendo uno squarcio di vita vissuta, quello della loro cerimonia funebre, cosi' carica di significati ideologici presso gli antichi. Si sa pertanto che venivano sepolti in tombe a camera con dimensioni di oltre metri 4 per 3, con pilastri di legno o di pietra sostenenti un tetto ligneo sormontato da un tumulo di schegge di tufo e terra. All' interno il defunto era deposto su di un letto funebre dopo una cerimonia che prevedeva lo spargimento di offerte, probabilmente libagioni, e la rottura dei vasi contenitori, i cui frammenti venivano sparsi sul fondo della tomba. Gli uomini hanno accanto le loro armi, spada e lancia, e alcuni oggetti di ornamento, spille e affibbiagli di cinturone, di metallo prezioso. Le donne presentano ricche acconciature con numerose spille di bronzo, d' argento o rivestite di ambra intarsiata con lamine d' oro, bracciali, collane di vaghi di ambra e pasta vitrea e fermatrecce di argento o d' oro con delicata lavorazione a filigrana. Il fuso e la conocchia stanno a indicare la loro funzione di vigili e laboriose padrone di casa, come la tradizione descrive le matrone romane, mentre per gli uomini grossi coltelli sacrificali con spiedi e alari indicano la loro funzione di padri di famiglia a cui spetta il compito del sacrificio e la distribuzione delle carni. Sulla destra del corpo veniva deposto il carro da parata, probabilmente lo stesso usato per il trasporto del feretro. Alle pareti venivano appesi scudi di cuoio rivestiti di lamina di bronzo dalla ricca decorazione geometrica a sbalzo che, insieme ai flabelli, ai poggiapiedi, ai grandi vassoi-incensieri e agli oggetti di oreficeria caratterizzano anche i corredi principeschi delle tombe di Cuma, in Campania, della vicina Etruria e della piu' lontana Verucchio, oltre gli Appennini. I re di Roma pertanto erano collegati alle altre aristocrazie italiche, usando gli stessi beni di prestigio la cui circolazione era basata sul sistema del dono, in modo simile a quello attestato nel mondo omerico. Nelle ricche tombe di Verucchio si ha inoltre la strabiliante testimonianza, offerta al pubblico proprio in questi giorni presso il Museo Civico di Bologna, di tutti quegli oggetti di sostanza organica deperibile, come utensili e finimenti di legno, cuoio o paglia, mobili e tessuti dalle forme piu' fantasiose ed elaborate, di cui altrove restano solo misere tracce. Su tavoli o scaffali o semplicemente a terra venivano deposti infine i numerosi vasi, fino a un centinaio, usati per conservare o consumare i cibi. Sono vasi di argilla dipinta di importazione o di imitazione greca, o di bucchero importati dalla vicina Etruria, o di impasto di produzione locale dalle forme elaborate e originali come gli eleganti askoi e i grandi sostegni dipinti o traforati, sormontati da enormi tazze o da crateri di tipico gusto orientalizzante, ornati da protomi di grifo. Tali recipienti erano usati nei banchetti per miscelare e attingervi il vino. La produzione del vino nel Lazio arcaico e' fatta risalire dalle fonti al secondo re di Roma Numa Pompilio in effetti esso era in uso fra i gruppi aristocratici latini fin dalla fine dell' VIII secolo a.C., come provano gli acini di uva rinvenuti nelle tombe del Foro Romano e le anfore vinarie di importazione da ambiente fenicio deposte nelle ricche tombe della Laurentina e di Castel di Decima. La provenienza esotica del vino accresceva la sua preziosita' e come tale veniva offerto in queste tombe principesche insieme agli oggetti di prestigio denotanti il rango dei defunti, allo stesso modo in cui, insieme agli oggetti piu' ricercati, esso figura nelle stanze dei tesori dei palazzi omerici. La costruzione di tombe a camera rivela un accumulo di ricchezza da parte di questi gruppi familiari la cui autorita' si basava fondamentalmente sul possesso della terra da cui traevano le indispensabili risorse e le premesse del loro ruolo di prestigio. La loro volonta' di distinguersi con un tenore di vita sfarzoso e' rispecchiata non solo nelle sepolture, ma anche nei resti delle abitazioni che stanno emergendo dagli scavi di Ficana, di Satricum e nel cuore stesso di Roma alle pendici del Palatino. L' ostentazione del lusso nella sfera pubblica oltre che dalla celebrazione di ricchi banchetti, secondo l' usanza mutuata dall' ambiente greco coloniale, era assicurata dalle armi da parata, da vesti riccamente adorne e dall' impiego di carri a due ruote che da uso bellico passano a mezzi di trasporto denotanti il rango. Le ricche tombe tramandavano infine il ricordo di questi con l' aspetto monumentale evidenziato dai tumuli che le sovrastavano. Le sepolture che circondano le tombe principesche, con le loro dimensioni ridotte e il carattere piu' modesto dei corredi, tradiscono chiaramente un rapporto di dipendenza o di clientela nei confronti delle prime, fornendoci cosi' una testimonianza concreta del processo di stratificazione sociale nel Lazio in corso di definitivo consolidamento con il conseguente passaggio da una fase preurbana a una fase urbana vera e propria, che si realizza per Roma alla fine del VII secolo a.C. in corrispondenza dell' affermarsi della dinastia dei Tarquini. Il mutamento di rito funebre che mette fine alla deposizione di oggetti nelle tombe nel corso del VI secolo a.C. ci impedisce di seguire ulteriormente la storia dell' abitato della Laurentina Acqua Acetosa attraverso l' esame dei corredi tombali e la parola passa alla tradizione scritta e ai resti monumentali di Roma.