L’appello di Lizzani: la Rai mandi in onda «Roma imago urbis»
Maurizio Pluda
17 dicembre 2009, corriere della sera
Il caso Lodato in mezzo mondo, da noi è sparito
Il giallo del kolossal (15 film) mai trasmesso
MILANO — «È incredibile: è possibile vederla nella Sezione d’arte romana del Metropolitan Museum of Art di New York e invece la Rai continua a tenerla chiusa in un cassetto. E da 15 anni!».
Carlo Lizzani, l’87enne maestro del cinema italiano, s’è tenuto dentro il rospo per tutto questo tempo, ma ora non ce la fa più: «Lancio un appello ai dirigenti della nostra tv pubblica, esprimendo sorpresa, stupore e delusione: signori, mandate finalmente in onda Roma imago urbis ».
«Si tratta — spiega il regista — di un’autentica enciclopedia sulla civiltà di Roma antica, un kolossal colto composto da quindici documentari girati in 24 Paesi e tre continenti. Io ho fatto da consulente cinematografico, perché non avevo il tempo di seguire sul campo le riprese: la regia è di Luigi Bazzoni. Dietro di noi c’era un comitato scientifico composto da dodici accademici dei Lincei diretto dal compianto Giulio Carlo Argan. E la Rai ha partecipato all’impresa, comprando i diritti d’antenna nel ’94 per l’equivalente di tre milioni di euro di oggi: ebbene, sono passati ormai quindici anni e Roma imago urbis non è stata mai trasmessa
». Che si tratti di un prodotto doc, di quelli che «fanno l’essenza stessa del servizio pubblico televisivo» (come dice ancora Lizzani) è certificato da due altri nomi che compaiono nel «cast». Uno è quello dell’architetto Paolo Portoghesi, che ha fatto da consulente al progetto. L’altro è quello di Vittorio Storaro: il tre volte premio Oscar è stato infatti il direttore della fotografia di questo «kolossal colto». «E pensate — racconta Giacomo Pezzali, che con la sua Trans world film lo ha prodotto — che Storaro per lavorare con noi rinunciò a due faraoniche offerte dagli Usa. È davvero incredibile come la Rai tratta un simile gruppo di eccellenze italiane: ma non dovrebbe essere proprio la tv pubblica una vetrina del meglio del nostro Paese?».
Per sgomberare il terreno da possibili equivoci, Pezzali tiene a sottolineare come l’appello di Lizzani (che lui fa ovviamente proprio) non sia questione di vil denaro. «Voglio lanciare un messaggio: sono pronto a cedere alla Rai i diritti per l’estero dell’opera, così altro che recuperare i tre milioni di euro che hanno investito, li farebbero pure fruttare. Tanto per capirci, ben nove capi di Stato europei ci diedero il loro placet. E in Libia trattammo con Gheddafi, mentre in Iraq il nostro interlocutore fu l’allora ministro degli Esteri, Tareq Aziz».
Per rafforzare il concetto, Pezzali ricorda anche un aneddoto: «Un giorno è venuto da me l’ambasciatore cinese in Italia, perché aveva appena visto l’opera. Mi disse: 'Le consiglio di girarne uno in più, dedicato alla Cina'. Di fronte al mio stupore, mi ricordò che durante una delle tante guerre fra i romani e i persiani, una legione riuscì a sfilarsi da un assedio e a rifugiarsi in Cina». Ma Pezzali non ha alcuna voglia di riaprire il capitolo produttivo di Roma
imago urbis.
Anche perché è già sufficientemente corposo. Un budget totale di 22 milioni di euro per realizzare i quindici documentari di un’ora l’uno. Da «Mythus» (sulle origini mitologiche della città) a «Viae» passando per tutto il pantheon culturale, civile, ingegneristico e, ovviamente, bellico: quindici capitoli che raccontano di come una repubblica si fece impero.
Maurizio Pluda
17 dicembre 2009, corriere della sera
Il caso Lodato in mezzo mondo, da noi è sparito
Il giallo del kolossal (15 film) mai trasmesso
MILANO — «È incredibile: è possibile vederla nella Sezione d’arte romana del Metropolitan Museum of Art di New York e invece la Rai continua a tenerla chiusa in un cassetto. E da 15 anni!».
Carlo Lizzani, l’87enne maestro del cinema italiano, s’è tenuto dentro il rospo per tutto questo tempo, ma ora non ce la fa più: «Lancio un appello ai dirigenti della nostra tv pubblica, esprimendo sorpresa, stupore e delusione: signori, mandate finalmente in onda Roma imago urbis ».
«Si tratta — spiega il regista — di un’autentica enciclopedia sulla civiltà di Roma antica, un kolossal colto composto da quindici documentari girati in 24 Paesi e tre continenti. Io ho fatto da consulente cinematografico, perché non avevo il tempo di seguire sul campo le riprese: la regia è di Luigi Bazzoni. Dietro di noi c’era un comitato scientifico composto da dodici accademici dei Lincei diretto dal compianto Giulio Carlo Argan. E la Rai ha partecipato all’impresa, comprando i diritti d’antenna nel ’94 per l’equivalente di tre milioni di euro di oggi: ebbene, sono passati ormai quindici anni e Roma imago urbis non è stata mai trasmessa
». Che si tratti di un prodotto doc, di quelli che «fanno l’essenza stessa del servizio pubblico televisivo» (come dice ancora Lizzani) è certificato da due altri nomi che compaiono nel «cast». Uno è quello dell’architetto Paolo Portoghesi, che ha fatto da consulente al progetto. L’altro è quello di Vittorio Storaro: il tre volte premio Oscar è stato infatti il direttore della fotografia di questo «kolossal colto». «E pensate — racconta Giacomo Pezzali, che con la sua Trans world film lo ha prodotto — che Storaro per lavorare con noi rinunciò a due faraoniche offerte dagli Usa. È davvero incredibile come la Rai tratta un simile gruppo di eccellenze italiane: ma non dovrebbe essere proprio la tv pubblica una vetrina del meglio del nostro Paese?».
Per sgomberare il terreno da possibili equivoci, Pezzali tiene a sottolineare come l’appello di Lizzani (che lui fa ovviamente proprio) non sia questione di vil denaro. «Voglio lanciare un messaggio: sono pronto a cedere alla Rai i diritti per l’estero dell’opera, così altro che recuperare i tre milioni di euro che hanno investito, li farebbero pure fruttare. Tanto per capirci, ben nove capi di Stato europei ci diedero il loro placet. E in Libia trattammo con Gheddafi, mentre in Iraq il nostro interlocutore fu l’allora ministro degli Esteri, Tareq Aziz».
Per rafforzare il concetto, Pezzali ricorda anche un aneddoto: «Un giorno è venuto da me l’ambasciatore cinese in Italia, perché aveva appena visto l’opera. Mi disse: 'Le consiglio di girarne uno in più, dedicato alla Cina'. Di fronte al mio stupore, mi ricordò che durante una delle tante guerre fra i romani e i persiani, una legione riuscì a sfilarsi da un assedio e a rifugiarsi in Cina». Ma Pezzali non ha alcuna voglia di riaprire il capitolo produttivo di Roma
imago urbis.
Anche perché è già sufficientemente corposo. Un budget totale di 22 milioni di euro per realizzare i quindici documentari di un’ora l’uno. Da «Mythus» (sulle origini mitologiche della città) a «Viae» passando per tutto il pantheon culturale, civile, ingegneristico e, ovviamente, bellico: quindici capitoli che raccontano di come una repubblica si fece impero.