Adele Cambria
sabato 4 febbraio 2006,L'Unità
La scoperta negli scavi della «Palestra». Intanto rischiano di chiudere le fontane di villa d’Este
Prima una maschera teatrale di marmo, una statua di atleta e pavimenti di marmo. Poi, dopo due mesi di scavo, la scoperta più eclatante: una scala monumentale rivestita di marmi colorati e accanto, a farle da guardia, una sfinge lunga tre metri, anche questa di marmo, «opera colossale e strepitosa», come la descrive l’archeologo Mari, che l’ha vista riaffiorare da una montagna di terra. È una meraviglia che non smette di stupire, Villa Adriana, dove ieri è tornata alla luce la scala, larga 8 metri emezzo e alta 4, composta da due rampe su cui innalzano dei pilastri rivestiti di marmi colorati, che al centro della gradinata, in origine, cedevano il posto a due sontuose colonne. Quasi sicuramente, era attraverso questa scala che si accedeva alla dimora imperiale. E gli esperti sono concordi: si tratta di reperti eccezionali, databili intorno al 130 dopo Cristo, appena 22 anni dopo dal momento in cui si cominciò a costruire la Villa. Reperti, dunque, che parlano ancora la lingua del grande Adriano, cultore del bello e di quel gusto orientaleggiante, retaggio di una conoscenza profonda di paesi lontani, che fornì un indirizzo preciso agli artigiani romani che scolpirono la sfinge: sembra piuttosto improbabile, infatti, che l’opera sia stata importata dall’Egitto. La scoperta è venuta alla luce nella “palestra” di Villa Adriana, una zona chiusa al pubblico e battezzata così nel ‘500, quando vi furono rinvenute delle statue che ritraevano degli atleti. Un’area che dal 21 novembre è interessata da una campagna di scavo condotta dalla Soprintendenza archeologica del Lazio e finanziata da Arcus (la società che dovrebbe recuperare risorse dalla costruzione delle grandi opere per reinvestirle sui beni culturali) con 3 milioni e 250 mila euro, nell’ambito di un progetto di restauro dell’area archeologica. Ieri, subito dopo il ritrovamento, i reperti sono stati di nuovo ricoperti di terra per motivi di conservazione e ora l’attesa è per la prossima settimana, quando dovrebbero essere dissepolti per la presentazione a stampa e tv. Un tesoro che riappare - non sono ai giornalisti, si spera - per uno che rischia di scomparire: a pochi chilometri da lì, infatti, la rinascimentale Villa d’Este sembra avviata pericolosamente alla chiusura, dopo i tagli decisi dal Ministero dei Beni Culturali. Qui il taglio è stato di 240 milioni di euro, tutti soldi che servivano a filtrare le acque che zampillano dalle fontane. E ora, se il depuratore va fuori uso, per legge anche le fontane dovranno chiudere i rubinetti. Niente più zampilli, niente più visitatori. Quindi addio agli incassi, che arrivavano fino a sei milioni l’anno. Intanto il ministro ai Beni Culturali, Rocco Buttiglione, celebra il ritrovamento e mette le mani avanti: «Anche per questo bisogna tenersi stretto uno strumento come Arcus, che permette di essere presenti con efficacia in casi felici, ma imprevedibili, per i quali la concretezza e la tempestività sono determinanti. E questa deve essere una preoccupazione che deve unire tutti gli italiani senza distinzioni di appartenenza politica, lasciando fuori polemiche astiose». Questione Arcus a parte, più che di polemiche si tratta però di constatazioni. Con un appello rilanciato dal sindaco di Tivoli, Marco Vincenzi: «La straordinaria scoperta a Villa Adriana è l’ennesima dimostrazione che la nostra città è ricca di tesori. Spero che questo sia un ulteriore elemento per convincere il ministro Buttiglione a ripensare ai tagli dei finanziamenti che hanno duramente colpito Villa d’Este, mettendo a rischio la stessa apertura al pubblico del monumento». E nel coro, oltre all’assessore regionale alla Cultura Giulia Rodano, c’è anche quello provinciale Vincenzo Vita. «I tagli alla spesa culturale sono un evidente atto di autolesionismo, come nel caso recente di Villa d’Este».
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nella foto: Villa Adriana - Edifici verso la Valle detta di Tempe
sabato 4 febbraio 2006,L'Unità
La scoperta negli scavi della «Palestra». Intanto rischiano di chiudere le fontane di villa d’Este
Prima una maschera teatrale di marmo, una statua di atleta e pavimenti di marmo. Poi, dopo due mesi di scavo, la scoperta più eclatante: una scala monumentale rivestita di marmi colorati e accanto, a farle da guardia, una sfinge lunga tre metri, anche questa di marmo, «opera colossale e strepitosa», come la descrive l’archeologo Mari, che l’ha vista riaffiorare da una montagna di terra. È una meraviglia che non smette di stupire, Villa Adriana, dove ieri è tornata alla luce la scala, larga 8 metri emezzo e alta 4, composta da due rampe su cui innalzano dei pilastri rivestiti di marmi colorati, che al centro della gradinata, in origine, cedevano il posto a due sontuose colonne. Quasi sicuramente, era attraverso questa scala che si accedeva alla dimora imperiale. E gli esperti sono concordi: si tratta di reperti eccezionali, databili intorno al 130 dopo Cristo, appena 22 anni dopo dal momento in cui si cominciò a costruire la Villa. Reperti, dunque, che parlano ancora la lingua del grande Adriano, cultore del bello e di quel gusto orientaleggiante, retaggio di una conoscenza profonda di paesi lontani, che fornì un indirizzo preciso agli artigiani romani che scolpirono la sfinge: sembra piuttosto improbabile, infatti, che l’opera sia stata importata dall’Egitto. La scoperta è venuta alla luce nella “palestra” di Villa Adriana, una zona chiusa al pubblico e battezzata così nel ‘500, quando vi furono rinvenute delle statue che ritraevano degli atleti. Un’area che dal 21 novembre è interessata da una campagna di scavo condotta dalla Soprintendenza archeologica del Lazio e finanziata da Arcus (la società che dovrebbe recuperare risorse dalla costruzione delle grandi opere per reinvestirle sui beni culturali) con 3 milioni e 250 mila euro, nell’ambito di un progetto di restauro dell’area archeologica. Ieri, subito dopo il ritrovamento, i reperti sono stati di nuovo ricoperti di terra per motivi di conservazione e ora l’attesa è per la prossima settimana, quando dovrebbero essere dissepolti per la presentazione a stampa e tv. Un tesoro che riappare - non sono ai giornalisti, si spera - per uno che rischia di scomparire: a pochi chilometri da lì, infatti, la rinascimentale Villa d’Este sembra avviata pericolosamente alla chiusura, dopo i tagli decisi dal Ministero dei Beni Culturali. Qui il taglio è stato di 240 milioni di euro, tutti soldi che servivano a filtrare le acque che zampillano dalle fontane. E ora, se il depuratore va fuori uso, per legge anche le fontane dovranno chiudere i rubinetti. Niente più zampilli, niente più visitatori. Quindi addio agli incassi, che arrivavano fino a sei milioni l’anno. Intanto il ministro ai Beni Culturali, Rocco Buttiglione, celebra il ritrovamento e mette le mani avanti: «Anche per questo bisogna tenersi stretto uno strumento come Arcus, che permette di essere presenti con efficacia in casi felici, ma imprevedibili, per i quali la concretezza e la tempestività sono determinanti. E questa deve essere una preoccupazione che deve unire tutti gli italiani senza distinzioni di appartenenza politica, lasciando fuori polemiche astiose». Questione Arcus a parte, più che di polemiche si tratta però di constatazioni. Con un appello rilanciato dal sindaco di Tivoli, Marco Vincenzi: «La straordinaria scoperta a Villa Adriana è l’ennesima dimostrazione che la nostra città è ricca di tesori. Spero che questo sia un ulteriore elemento per convincere il ministro Buttiglione a ripensare ai tagli dei finanziamenti che hanno duramente colpito Villa d’Este, mettendo a rischio la stessa apertura al pubblico del monumento». E nel coro, oltre all’assessore regionale alla Cultura Giulia Rodano, c’è anche quello provinciale Vincenzo Vita. «I tagli alla spesa culturale sono un evidente atto di autolesionismo, come nel caso recente di Villa d’Este».
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nella foto: Villa Adriana - Edifici verso la Valle detta di Tempe