mercoledì 16 dicembre 2009

Il ritorno degli acroliti: un libro racconta la storia degli scavi di Morgantina

Il ritorno degli acroliti: un libro racconta la storia degli scavi di Morgantina
AMELIA CRISANTINO
MARTEDÌ, 15 DICEMBRE 2009 LA REPUBBLICA - Palermo

Alleata dei romani durante la prima guerra punica, passò poi dalla parte dei cartaginesi coniando monete d´oro con la scritta "Sikeliotan"

Demetra e Kore sono tornate a casa, al Museo archeologico di Aidone. I reperti della fine del VI secolo avanti Cristo provengono da scavi clandestini nell´antica città di Morgantina, erano finiti nei musei americani attraverso le aste internazionali e solo una lunga odissea di rogatorie e mediazioni diplomatiche le ha riportate in Sicilia. Le statue fanno da avanguardia a una piccola pattuglia di reperti ugualmente trafugati, per cui si è riusciti ad attivare le procedure di rientro in Italia: già cominciano i preparativi per accogliere la Venere ancora esposta al Paul Getty Museum.
Fino ad oggi Demetra e Kore sono i più antichi esemplari conosciuti di statue eseguite con tecnica acrolitica, cioè con le estremità in marmo e il corpo in legno o terracotta. Sono in grandezza naturale, hanno occhi a mandorla privi di pupille e il sorriso un po´ inquietante, il corpo da sempre destinato a essere ricoperto con stoffe e oggi rivestito dalla stilista Marella Ferrera con un tulle di lana tessuto a telaio.
In occasione del ritorno delle dee, un libro curato da Giuseppe Guzzetta ci permette di ricollocarle nel loro contesto: s´intitola Morgantina a cinquant´anni dalle ricerche sistematiche (Sciascia editore, 141 pagine, 15 euro) e possiamo leggervi di una città fondata nell´età del bronzo di cui si era smarrita la memoria. Nel 1955 era ancora accettata l´ipotesi avanzata da Fazello nel XV secolo, che identificava Morgantina con la sicula Herbita: nel 1884 la prima campagna di scavi aveva portato alla luce una casa ellenistica con pavimenti in mosaico, ma solo nel 1912 Paolo Orsi avanzava i primi dubbi sull´identificazione; il grande archeologo intuiva l´esistenza di un´intera città sepolta sotto il pianoro di Serra Orlando, era tanto sicuro da definirla una "Pompei sicula".
Gli scavi sistematici danno ragione ad Orsi. Cominciano nel 1955 con una missione archeologica americana della Princeton University di cui fa parte re Gustavo di Svezia, archeologo provetto piuttosto insolito che generosamente contribuisce a finanziare i lavori. Sono scavi fortunati, che rivelano un mondo sconosciuto. La tipologia dei reperti conferma la presenza dei Morgeti, popolazione italica che a partire dal XIII secolo avanti Cristo assieme ad Ausoni e Siculi aveva occupato la Sicilia. Morgantina era stata più volte distrutta e riedificata. La prima volta nell´VIII secolo, per essersi opposta all´invasione dei coloni greci. Malcom Bell, che da anni dirige gli scavi, scrive come verso la metà del V secolo avanti Cristo - durante la rivolta dei Siculi contro l´egemonia greca - la città sia stata rifondata in un sito cinque volte più grande del vecchio insediamento. A partire dal IV secolo comincia l´età d´oro: Morgantina è alleata di Siracusa, i resti degli edifici monumentali raccontano di una città ricca di traffici, con un fertile entroterra e naturali vie fluviali che facilitano gli scambi.
Durante la prima guerra punica, come tutta la Sicilia orientale Morgantina è alleata dei Romani. Ma nella seconda guerra punica parteggia per i Cartaginesi, diventa base operativa per la lega siculo-punica. Si libera del presidio romano e conia monete, anche una serie in oro molto bella con l´orgogliosa scritta "Sikeliotan" sul bordo, con un valore di scambio assimilabile a un´odierna banconota da 100 euro. Cioè una moneta "pesante", che rimanda a grossi volumi di traffici e a una solida ricchezza. Nel 211 la città che lo scrittore bizantino Zonara difinì sempre ribelle venne però distrutta dai romani, consegnata in premio ai mercenari spagnoli.
Ed è Silvio Raffiotta a raccontarci la storia delle monete d´oro coniate a Morgantina, tanto rare da non essere mai ritrovate durante gli scavi ufficiali ma, immesse nel mercato internazionale dai trafficanti clandestini, più volte inserite nei cataloghi di prestigiose case d´asta. La loro origine illegale è da tutti conosciuta, per aggirare eventuali rivendicazioni dello Stato d´origine i musei usano mettere temporaneamente in mostra i pezzi «a rischio»: se nessuno li rivendica vengono acquisiti, altrimenti si restituiscono al proprietario. Così è accaduto nel caso del Paul Getty di Malibù che, in attesa degli eventi, nel 1988 collocò gli acroliti di Demetra e Kore in una vetrina. In quel caso, un tombarolo «pentito» informò la magistratura di Enna e le sculture furono reclamate.