lunedì 7 dicembre 2009

Sotto la piramide Cestia resta l'incanto

Sotto la piramide Cestia resta l'incanto
VALERIO MAGRELLI
10 FEB 2006 CORRIERE DELLA SERA cronaca

Sparando a palle incatenate, la stampa americana ha attaccato l'amministrazione italiana, indicando nel «Cimitero Acattolico» un luogo negletto e a rìschio di distruzione. Due articoli apparsi sul «New York Times» e sull'«Herald Tribune» hanno denunciato la cronica mancanza dì fondi in cui versa questo sito prestigioso

In tempi dì guerre religiose, questo allarme lanciato da oltreoceano, ha avuto un forte impatto, anche perché, oltre alla splendida collocazione, contribuiscono al fascino del cosiddetto «Cimitero Protestante» i nomi di grandissimi scrittori che vi furono sepolti: poeti inglesi (John Keats e Percy Bysshe Shelley), italiani (Bario Bellezza e Amelia Rossetti), americani (Gregory Corso).

L'ultima volta che sì parlò di questo spazio, fu nel 2000, quando la salma dì Carlo Emilio Gadda vi fu traslata dopo una lunga serie di polemiche. Tra gli ospiti più illustri, vanno poi ricordati uomini politici come Antonio Làbriola, Mohammed Nahgdi (il leader della resistenza iraniana ucciso a Roma nel 1993 dai servizi segreti dì Teharan) e soprattutto Antonio Gramsci, al quale nel 1957 Pasolini dedicò una raccolta di versi.
Con una descrizione del cimitero, si aprono infatti «Le ceneri di Gramsci»,commossa rievocazione del «buio giardino straniero»-.

Non sono invece qui, malgrado le affermazioni di alcuni siti internet, né Richard Wagner, né Friedrich Nietzsche, il primo inumato a Bayreuth, sede del famoso teatro, il secondo a a Ròcken, paese natale del filosofo.


A parte queste sviste, la rete offre indicazioni attendibili. Leggiamo per esempio che fino al 1837 (data in cui fu istituito il Campo Verano) numerosi e pìccoli cimiteri circondavano la città. All'inizio del Settecento, la comunità degli stranieri residenti a Roma 'aveva acquisito per i propri defunti un'area a ridosso della Piramide, non potendo seppellirli entro le Mura Aureliane.


Il divieto cessò ai primi dell'Ottocento, ma le cerimonie funebri degli acattolici avvenivano di notte, per limitare le manifestazioni di intolleranza religiosa. Infatti, ancora nel 1810, Ze cronache raccontano di sepolcri profanati da fanatici e ubriachi. Fu così che, nel 1817, i rappresentanti diplomatici dì Prussia, Hannover e Russia ottenennero il permesso di recingere il cimitero.
Fin qui la storia. Eppure, nei mesi scorsi, proprio mentre si celebrava l'anniversario della morte dì Pier Paolo Pasolini, due romanzi italiani sono tornati a fare del «Cimitero degli Inglesi» un luogo letterario privilegiato. Il primo, «L'amore della luna”, è dì Elido Fazi, che firma, per la sua stessa casa editrice, una fervida biografia di Keats.

Il testo, in verità, si sofferma sull'ultimo perìodo vissuto dallo scrittore, concentrandosi anzi su un unico mese. L'Italia, il Mediterraneo, il «caldo Sud», attraversano l'opera di questo autore con infinito struggimento, fino agli ultimi giorni trascorsi a Roma. Traslata nel cimitero acattolico, la sua salma fu tumulata sotto la stele che reca le parole del ben noto epitaffio: «Qui giace uno il cui nome fu scritto sull'acqua».
Completamente diverso il secondo libro, «L'incontro», in cui Vincenzo Cerami racconta le peripezìe di uno studente esperto di enigmìstica. Per decifrare un misterioso indovinello, l'eroe si troverà a ripercorrere suo malgrado le vicende italiane degli anni di piombo, fino a cercare indizi in una lapide: «Era un piccolo cimitero tutt'altro che lugubre, all'ombra di pini e sontuosi cipressi appena polveroso, con i giardini retrostanti dì una villa nobiliare. Pochi visitatori, e fuori dalle mura il traffico sembra-va procédere in sordina. Gli uccellì cantavano nascosti negli alberi».
Siamo di nuovo all'interno del nostro parco ombroso, mentre Cerami affida a queste pagine la chiave del romanzo, notando come la bellezza dell'enigmistica consista nel giocare «con i significanti e non con i significati», separando gli uni dagli altri.
Ma il cimitero, e tanto più un cimitero del genere, è spazio dì fusione e metamorfosi. Per questo, deterritorializzato, marginale, celato dalla sua magica piramide, il «buio giardino straniero», metà anglosassone e metà egiziano, ci ricorda una morte che invece di dividere, unisca, al di là di qualsiasì religione.
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nel disegno, dal nostro archivio, la piramide Cestia