sabato 12 dicembre 2009

L'insospettabile pittura di Roma

L'insospettabile pittura di Roma
Paola Pariset
LA PROVINCIA DI COMO, 10 DICEMBRE 2009

i dipinti dell'impero
Non solo brutte copie di quella greca: una mostra getta nuova luce sull'arte imperiale

Una menade tiene in baccio teneramente un erote, quasi una prefigurazione degli innumerevoli dipinti della Madonna con Bambino dal Rinascimento in poi: è la rara iconografia di un affresco parietale della Casa di Cecilio Giocondo a Pompei (I secolo d. C.), che compare nella mostra Roma. La pittura di un Impero, aperta nella capitale entro le Scuderie del Quirinale sino al 17 gennaio 2010, curata da Eugenio La Rocca (insieme col catalogo SKIRA), promossa dalle Soprintendenze Archeologiche di Roma e Napoli, dal Palaexpo, da MondoMostre e presentata sotto le oniriche luci di Luca Ronconi e Margherita Palli. La mostra presenta i più begli esempi di affreschi parietali romani di età imperiale, del primo secolo avanti e dopo Cristo, del secondo, ed infine anche ritratti tardi a foglia d'oro del III secolo, oltre a quelli del Fayum. Ne parliamo con Antonio Paolucci - direttore dei Musei Vaticani (prestatori di molte delle cento opere esposte, provenienti da ville e domus del territorio nazionale) e membro del comitato scientifico della mostra.
Professore, questa rara iconografia nella pittura romana come si spiega?
Essa allude al tema dell'amore, importante per la simbologia di un affresco interno ad una casa, luogo della famiglia, che si basa sull'amore, la nascita, la vita. È uno degli esempi della creatività e della qualità della pittura romana, che non è solo una cattiva copia di quella greca, e che raggiunge vertici di qualità anche se i nomi degli artisti non ci sono quasi mai pervenuti.
Si potrebbe capovolgere la tesi tradizionale della sudditanza della pittura romana verso quella greca, mente a questo punto sarebbe paradossalmente la pittura greca in debito verso quella romana?
In certo senso sì, perché l'Impero romano - e tengo a dire che è la prima volta dal dopoguerra, dopo 60 anni, che si torna a parlare di Impero - fu strumento formidabile e insostituibile di diffusione della cultura artistica, una cultura che proveniva da quella greca, oltrechè da quella etrusca ed egizia. Noi infatti non possediamo nulla, nulla ci è rimasto della pittura ellenica, di Polignoto, Parrasio, Zeusi, Apelle: ma la pittura romana, di coloro cioè che poterono ammirare e studiare i capolavori di quegli artisti, ci ha consentito di definirne lo stile, i caratteri, e di essi poi i mezzi di diffusione ad amplissimo raggio della Roma imperiale garantirono ovunque la conoscenza. Questo anche è stato l'Impero, la possibilità di recuperare la pittura greca.
Roma anche architettonicamente era colorata? Non offriva un panorama di marmi bianchi?
La mostra di pochi anni fa in Palazzo Altemps a Roma, sui decori marmorei della Domus del Gianicolo di età giulio-claudia, ci ha testimoniato una volta per tutte che ville ed edifici pubblici erano policromi, ed i romani avevano appreso dai greci tutte le possibili tecniche del colore, l'affresco, la tempera, il mosaico, l'encausto, l'intarsio. Ma dove la pittura greca riaffiora maggiormente e sembra idealmente continuare - a parte perciò gli affreschi decorativi sulle mura delle ville dei nobili e delle case popolari, ispirati alla pace campestre, ai miti greci ed omerici, alle scene di genere e alle nature morte - è nei ritratti qui esposti, provenienti dal Fayum ed eseguiti su tavolette poste sul viso della mummia.
Dunque la ritrattistica costituisce un settore a sé della mostra?
Essa rappresenta la pittura colta, rispetto alle decorazioni parietali sulle mura domestiche, finalizzate alla distensione degli animi dopo il lavoro. Per le caratteristiche formali, ma anche psicologiche, in questi volti intensi dai grandi occhi penetranti, davvero la pittura greca prosegue il suo cammino.