L’Arabia
Nel 31 ac Roma permette a Erode di Giudea di invadere l’Arabia settentrionale fino a Filadelfia (Amman) e poi di occupare Auranitis (Hauran) e Traconitis (nel 10 a.C.) e sostenere le conquiste fatte contro il re Oboda III (30-9 a.C.). Caligola e Claudio appoggiano invece i re del regno nabateo Areta IV (9 a.C.40 d.C.) e Malco II (40-75). Dal 47 in poi Malco introduce un sistema di datazione basato sugli anni di regno degli imperatori.
Alla morte di Rabio (75-105) nell’autunno del 105, discordie scoppiate per la successione al trono segnano la fine del regno dei Nabatei. Il legato Cornelio Palma lo sottomette con le truppe portate dall’Egitto e ne proclama l’annessione a Roma: l’Arabia è costituita a provincia e sulle nuove monete compare col nome di Arabia Acquisita. La nuova capitale è Bostra, che nel triennio 111-114 viene collegata al golfo di Aqaba con una via Traiana. Fino nel tardo impero questa via, chiamata successivamente « strata diocletiana », è difesa dai soldati romani dislocati in castelli di stanza nel campo di Bostra. Nel II secolo Petra ha un periodo di splendore al quale risalgono i suoi famosi sepolcri. Il centro di diffusione del Cristianesimo nel V secolo è Bostra. Nel Sud dell’Arabia i Romani apparvero soltanto prima della costituzione della provincia, e vi giunsero dall’Egitto. Elio Gallo, appoggiato dai Nabatei che gli inviano l’infido generale Silleo, guida alla volta di Marib una spedizione che riprende la via del ritorno quando si trova ormai in vista di Marib senza aver riportato nessuna vittoria (25 a.C.).
Il fiorire del commercio con l’India seguito alla conquista romana dell’Egitto favorisce lo sviluppo dell’Arabia. Alle cospicue importazioni di ceramica arretina corrisponde un forte afflusso di oro.
Intorno al 70 gli Himyariti (Omeriti) fondano a spese del Kataban il regno di Saba e di Dhu Raydan con capitali Marib e Sabbatha (Sciabvah) in stretti rapporti con l’Etiopia (Abissinia), che forse già nel 100 a.C. è il loro territorio di colonizzazione. Sorge il regno di Axum. Sotto il re Sciammar Yuharisch (forse al potere dal 310) Saba conquista l’Hadramaut e lo Yamatan, ma subisce l’invasione di Etiopi dell’Abissinia orientale, che conquistano lo Yemen e lo tengono sotto il loro giogo forse fino al 360. Intorno al 378 si compie l’unificazione dell’Arabia meridionale sotto Malikkarib Yuhamin, il cui successore Abkarib Asas, che sembra convertito al giudaismo, avanza fino nell’Arabia centrale. Intorno al 447 crolla la diga di Marib che assicurava l’irrigazione.
Dopo il 420 nel paese dei Gassanidi viene una attiva missione cristiana e a Nejran, diventata un centro del Cristianesimo, sorge una grande chiesa. Intorno al 500 abbiamo una reazione degli insediamenti agricoli ebraici sulla strada di Petra. Il martirio dell’etiope Areta a Nejran, ordinato dal proselita ebraico Dhu Nuwas, provoca l’intervento etiopico. L’Arabia meridionale è ricostruita a regno di Axum, ma nel 575 è conquistata dai Sassanidi, e così si spiega l’appoggio dato dai Bizantini alle richieste etiopiche. Il califfo Omar trapianta i cristiani di Nejran nell’Irak. Nel 630 l’Arabia meridionale diventa parte dell’impero islamico, ma la sua prosperità finisce con l’ultimo crollo della grande diga di Marib, supposto nell’anno 543.
Lo sbocco settentrionale dell’Arabia meridionale nel I secolo d.C. è Taima, posta alla diramazione delle vie commerciali verso Ctesifonte, Bostra, Ma’an, in una catena di insediamenti ebraici. Da Ma’an parte una strada per l’Egitto e per Petra.
Nel 363 l’imperatore Giuliano si vale dei Saraceni arabi come truppe ausiliarie contro i Persiani. Al loro fianco appaiono come successori del regno di Palmira da Imru-ulqais I (300-328) in poi i principi di Hira, « re di tutti gli Arabi », come sono definiti in alcune iscrizioni.
Il re Numano (378-418) rafforza una catena di castelli. Il suo successore Mundir I (Alamundaros, 430-473), circuito dai governanti della Persia e dell’Impero d’oriente, riconduce Bahram V sul trono persiano. La dinastia dei Lakhmidi si mostra tollerante nei riguardi dei Cristiani nestoriani, ma fino al tempo di Giustiniano costituisce per l’Impero d’oriente un pericolo, perché attira a sé i nomadi col pretesto di una lega difensiva. Nel 502 Numano II marcia contro Cane. Ma a difesa della « strata diocletiana » l’Impero d’oriente non può valersi che dei singoli sceicchi beduini, i cosiddetti filarchi, al margine delle province più meridionali dell’Arabia (che nel 358 è stata divisa in « Palaestina salutaris e tertia ») e dei Chinditi, che giungono dal 490 in poi dai dintorni della Mecca e sono condotti da Harith, capo della Thalaba dell’Arabia centrale.
I Chinditi s’impadroniscono di Hiras, e fanno di Mundir III (505-553) un docile strumento dei loro disegni, finché questi non viene liberato dal re dei Persiani Cosroe I e si rivolta nel 528 contro l’Impero d’oriente, organizzando una serie di razzie alla maniera beduina. A questo attacco dal deserto l’Impero d’oriente risponde con un secondo attacco e creando re e patrizio il filarco Areta (Harith) della casa sud-arabica dei Gassanidi.
Come già in Germania, (regno di Hira, che dura fino al 604), lentamente vengono civilizzati dal contatto con la cultura provinciale della Siria: tuttavia essi non si tramutano in sedentari. Le loro sedi sono città-accampamenti chiamati hira, (tra esse si ricordi Djabya a sud-ovest di Damasco) e da quelle si svilupperanno, come pure dai castelli di frontiera ancora occupati dai Romani, i centri islamici. I Gassanidi sono monofisiti, e questo è il motivo per cui sotto Giustino II si estranieranno del tutto dall’Impero d’oriente. La loro capitale è Resafa-Sergiupolis e la loro influenza raggiunge il confine dell’Arabia meridionale. Così i Gassanidi tengono a freno ancora per un secolo la spinta espansionistica degli Arabi della Mecca.
Nel 31 ac Roma permette a Erode di Giudea di invadere l’Arabia settentrionale fino a Filadelfia (Amman) e poi di occupare Auranitis (Hauran) e Traconitis (nel 10 a.C.) e sostenere le conquiste fatte contro il re Oboda III (30-9 a.C.). Caligola e Claudio appoggiano invece i re del regno nabateo Areta IV (9 a.C.40 d.C.) e Malco II (40-75). Dal 47 in poi Malco introduce un sistema di datazione basato sugli anni di regno degli imperatori.
Alla morte di Rabio (75-105) nell’autunno del 105, discordie scoppiate per la successione al trono segnano la fine del regno dei Nabatei. Il legato Cornelio Palma lo sottomette con le truppe portate dall’Egitto e ne proclama l’annessione a Roma: l’Arabia è costituita a provincia e sulle nuove monete compare col nome di Arabia Acquisita. La nuova capitale è Bostra, che nel triennio 111-114 viene collegata al golfo di Aqaba con una via Traiana. Fino nel tardo impero questa via, chiamata successivamente « strata diocletiana », è difesa dai soldati romani dislocati in castelli di stanza nel campo di Bostra. Nel II secolo Petra ha un periodo di splendore al quale risalgono i suoi famosi sepolcri. Il centro di diffusione del Cristianesimo nel V secolo è Bostra. Nel Sud dell’Arabia i Romani apparvero soltanto prima della costituzione della provincia, e vi giunsero dall’Egitto. Elio Gallo, appoggiato dai Nabatei che gli inviano l’infido generale Silleo, guida alla volta di Marib una spedizione che riprende la via del ritorno quando si trova ormai in vista di Marib senza aver riportato nessuna vittoria (25 a.C.).
Il fiorire del commercio con l’India seguito alla conquista romana dell’Egitto favorisce lo sviluppo dell’Arabia. Alle cospicue importazioni di ceramica arretina corrisponde un forte afflusso di oro.
Intorno al 70 gli Himyariti (Omeriti) fondano a spese del Kataban il regno di Saba e di Dhu Raydan con capitali Marib e Sabbatha (Sciabvah) in stretti rapporti con l’Etiopia (Abissinia), che forse già nel 100 a.C. è il loro territorio di colonizzazione. Sorge il regno di Axum. Sotto il re Sciammar Yuharisch (forse al potere dal 310) Saba conquista l’Hadramaut e lo Yamatan, ma subisce l’invasione di Etiopi dell’Abissinia orientale, che conquistano lo Yemen e lo tengono sotto il loro giogo forse fino al 360. Intorno al 378 si compie l’unificazione dell’Arabia meridionale sotto Malikkarib Yuhamin, il cui successore Abkarib Asas, che sembra convertito al giudaismo, avanza fino nell’Arabia centrale. Intorno al 447 crolla la diga di Marib che assicurava l’irrigazione.
Dopo il 420 nel paese dei Gassanidi viene una attiva missione cristiana e a Nejran, diventata un centro del Cristianesimo, sorge una grande chiesa. Intorno al 500 abbiamo una reazione degli insediamenti agricoli ebraici sulla strada di Petra. Il martirio dell’etiope Areta a Nejran, ordinato dal proselita ebraico Dhu Nuwas, provoca l’intervento etiopico. L’Arabia meridionale è ricostruita a regno di Axum, ma nel 575 è conquistata dai Sassanidi, e così si spiega l’appoggio dato dai Bizantini alle richieste etiopiche. Il califfo Omar trapianta i cristiani di Nejran nell’Irak. Nel 630 l’Arabia meridionale diventa parte dell’impero islamico, ma la sua prosperità finisce con l’ultimo crollo della grande diga di Marib, supposto nell’anno 543.
Lo sbocco settentrionale dell’Arabia meridionale nel I secolo d.C. è Taima, posta alla diramazione delle vie commerciali verso Ctesifonte, Bostra, Ma’an, in una catena di insediamenti ebraici. Da Ma’an parte una strada per l’Egitto e per Petra.
Nel 363 l’imperatore Giuliano si vale dei Saraceni arabi come truppe ausiliarie contro i Persiani. Al loro fianco appaiono come successori del regno di Palmira da Imru-ulqais I (300-328) in poi i principi di Hira, « re di tutti gli Arabi », come sono definiti in alcune iscrizioni.
Il re Numano (378-418) rafforza una catena di castelli. Il suo successore Mundir I (Alamundaros, 430-473), circuito dai governanti della Persia e dell’Impero d’oriente, riconduce Bahram V sul trono persiano. La dinastia dei Lakhmidi si mostra tollerante nei riguardi dei Cristiani nestoriani, ma fino al tempo di Giustiniano costituisce per l’Impero d’oriente un pericolo, perché attira a sé i nomadi col pretesto di una lega difensiva. Nel 502 Numano II marcia contro Cane. Ma a difesa della « strata diocletiana » l’Impero d’oriente non può valersi che dei singoli sceicchi beduini, i cosiddetti filarchi, al margine delle province più meridionali dell’Arabia (che nel 358 è stata divisa in « Palaestina salutaris e tertia ») e dei Chinditi, che giungono dal 490 in poi dai dintorni della Mecca e sono condotti da Harith, capo della Thalaba dell’Arabia centrale.
I Chinditi s’impadroniscono di Hiras, e fanno di Mundir III (505-553) un docile strumento dei loro disegni, finché questi non viene liberato dal re dei Persiani Cosroe I e si rivolta nel 528 contro l’Impero d’oriente, organizzando una serie di razzie alla maniera beduina. A questo attacco dal deserto l’Impero d’oriente risponde con un secondo attacco e creando re e patrizio il filarco Areta (Harith) della casa sud-arabica dei Gassanidi.
Come già in Germania, (regno di Hira, che dura fino al 604), lentamente vengono civilizzati dal contatto con la cultura provinciale della Siria: tuttavia essi non si tramutano in sedentari. Le loro sedi sono città-accampamenti chiamati hira, (tra esse si ricordi Djabya a sud-ovest di Damasco) e da quelle si svilupperanno, come pure dai castelli di frontiera ancora occupati dai Romani, i centri islamici. I Gassanidi sono monofisiti, e questo è il motivo per cui sotto Giustino II si estranieranno del tutto dall’Impero d’oriente. La loro capitale è Resafa-Sergiupolis e la loro influenza raggiunge il confine dell’Arabia meridionale. Così i Gassanidi tengono a freno ancora per un secolo la spinta espansionistica degli Arabi della Mecca.