600-510 - Vari elementi di storia Romana
La signoria degli Etruschi durò dal 600 al 510. Alla sua fine, che non coincidette con la fine dell’influenza etrusca, protrattasi invece fino al 475, fu edificato il tempio di Giove sul Campidoglio e adornato con statue di Vulca di Veio. Il giorno e l’anno della sua consacrazione (509) ci sono tramandati nella cronaca del tempio e all’avvenimento è legato il nome di M. Orazio, che è la prima autorità eponima (che dà il nome all’anno) che troviamo. Il suo titolo di praetor maximus è
conservato nella sua traduzione greca. L’istituzione di una magistratura eponima, eletta ogni anno, coincide col decadere della signoria etrusca e l’inizio della repubblica (510). Dapprima legata, secondo il principio primitivo etrusco, con Giunone e Minerva, la nuova divinità titolare del tempio è originaria del culto laziale dei Monti Albani e testimonia del rafforzamento dell’elemento latino-indogermanico in Roma. Il re conserva l’autorità sacerdotale (egli è rex sacrorum, cioè colui che guida i sacrifici), e tutti gli attributi etruschi, tra cui il rapporto con il culto lunare, mentre gli attributi preetruschi-italici si raccolgono nella persona del praetor e ancor più chiaramente in quella del dictator. Reliquie della monarchia sono la dignità senatoria, la gerarchia dei magistrati (soprattutto la sella curulis) e il carro da guerra del trionfatore. Inoltre la più antica nobiltà di Roma deriva dalla cavalleria regia. Questi cosiddetti celeres ottengono in seguito un cavallo chiamato equus publicus, mantenuto a spese dello Stato, e conservano la foggia e i distintivi del grado, cioè l’anello d’oro, le borchie d’argento del cavallo, la trabea o mantello da cavaliere col bordo rosso, la scarpa rossa detta calceus patricius e il bordo rosso (clavus) alla toga e alla tunica: tutti distintivi che passeranno al patriziato romano. Contemporaneamente viene istituito il cognome o nome della gente, cioè nomen gentile.
Cartagine stringe il primo patto della sua storia (509?), riconoscendo come alleati di Roma nel Lazio Ardea, Anzio, Laurento, Circeo e Terracina.
Le date e le cause dei primi sviluppi di Roma sono nella tradizione degli antichi resi irriconoscibili da sovrastrutture dotte posteriori: è caratteristico dei Romani vedere nelle origini di Roma prefigurazioni di avvenimenti posteriori. L’identificazione del fondatore della città con Enea, il suo rapporto con Romolo, o, più anticamente, con Romos o Tarchon o Tarkynios a fianco di Roma dimostra un legame col mito greco, e l’istituzione dei più antichi re di Alba Longa un legame temporale con la fuga di Enea da Troia. Leggendaria è anche la serie dei sette re: Romolo, Numa Pompilio, Tullio Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo. Ma l’alternarsi di Latini e Sabini sul trono e forse anche la doppia denominazione populus Romanus Quiritium e
il culto di due anziché di una divinità della guerra, cioè di Marte e di Quirino, comprovano l’esistenza di due centri. L’avvento della gens Tarquinia (in Vulci troviamo raffigurato un Cneve Tarchnu) determinò la frattura. All’inizio Roma era uno dei membri della Lega religiosa di Alba e Lavinio stretta intorno a Diana Nemorense di Nemi-Ariccia, e non godeva di alcun privilegio. Sui primi secoli della repubblica grava l’oscurità. D’altra parte la leggenda autentica ha il merito di esprimere la ineluttabilità storica di alcuni fatti. Così nello sbarco del troiano Enea c’è chi vi intravede l’immigrazione etrusca dall’Egeo del Nord, nella provenienza di Romolo da Alba Longa la sua appartenenza al popolo dei Latini e il suo seguito di pastori, secondo alcuni, alluderebbe alla priorità della plebe sui gruppi di nobili sopraggiunti. L’origine latina del secondo, del terzo e del sesto re, e di tutta la gens Claudia attesta le saltuarie immigrazioni dai Monti Sabini, mentre il nome di Tarquini viene collegato agli etruschi. Dal rapporto dei Tarquini con Demarato di Corinto si deduce il loro elemento greco, dalla distinzione tra Palatium ed Esquilino si deduce il legame esistente fra l’antico insediamento e il recente ai due lati della valle del Foro. Soltanto il legame di Evandro e Pallantion in Arcadia, legame che dalla poesia pastorale di Virgilio trovò la sua collocazione nel mito della patria Arcadia. Vi sono alcuni riconducono l’etimologia di Palatium al ricordo di una colonizzazione micenea nell’Italia centrale. Antichissime e diffusissime miti si riconoscono nella leggenda dei due gemelli Romolo e Remo, nel loro rapporto con la lupa e col fico (ficus ruminalis) sulla riva del Tevere e nel rito dei corridori-lupi della festa dei Lupercali. La prima tradizione storica si ha invece nella cronologia della successione dei magistrati sul calendario ovverosia sui «fasti », e nella cronaca del sommo sacerdote, il pontifex maximus, che abitava nella cosiddetta « reggia » e annotava anno per anno tutti gli avvenimenti importanti, dalle ricorrenze religiose alle epidemie, su rotoli di tela di lino, chiamati libri lintei, che sono il tipo di narrazione che precede gli annali.
La signoria degli Etruschi durò dal 600 al 510. Alla sua fine, che non coincidette con la fine dell’influenza etrusca, protrattasi invece fino al 475, fu edificato il tempio di Giove sul Campidoglio e adornato con statue di Vulca di Veio. Il giorno e l’anno della sua consacrazione (509) ci sono tramandati nella cronaca del tempio e all’avvenimento è legato il nome di M. Orazio, che è la prima autorità eponima (che dà il nome all’anno) che troviamo. Il suo titolo di praetor maximus è
conservato nella sua traduzione greca. L’istituzione di una magistratura eponima, eletta ogni anno, coincide col decadere della signoria etrusca e l’inizio della repubblica (510). Dapprima legata, secondo il principio primitivo etrusco, con Giunone e Minerva, la nuova divinità titolare del tempio è originaria del culto laziale dei Monti Albani e testimonia del rafforzamento dell’elemento latino-indogermanico in Roma. Il re conserva l’autorità sacerdotale (egli è rex sacrorum, cioè colui che guida i sacrifici), e tutti gli attributi etruschi, tra cui il rapporto con il culto lunare, mentre gli attributi preetruschi-italici si raccolgono nella persona del praetor e ancor più chiaramente in quella del dictator. Reliquie della monarchia sono la dignità senatoria, la gerarchia dei magistrati (soprattutto la sella curulis) e il carro da guerra del trionfatore. Inoltre la più antica nobiltà di Roma deriva dalla cavalleria regia. Questi cosiddetti celeres ottengono in seguito un cavallo chiamato equus publicus, mantenuto a spese dello Stato, e conservano la foggia e i distintivi del grado, cioè l’anello d’oro, le borchie d’argento del cavallo, la trabea o mantello da cavaliere col bordo rosso, la scarpa rossa detta calceus patricius e il bordo rosso (clavus) alla toga e alla tunica: tutti distintivi che passeranno al patriziato romano. Contemporaneamente viene istituito il cognome o nome della gente, cioè nomen gentile.
Cartagine stringe il primo patto della sua storia (509?), riconoscendo come alleati di Roma nel Lazio Ardea, Anzio, Laurento, Circeo e Terracina.
Le date e le cause dei primi sviluppi di Roma sono nella tradizione degli antichi resi irriconoscibili da sovrastrutture dotte posteriori: è caratteristico dei Romani vedere nelle origini di Roma prefigurazioni di avvenimenti posteriori. L’identificazione del fondatore della città con Enea, il suo rapporto con Romolo, o, più anticamente, con Romos o Tarchon o Tarkynios a fianco di Roma dimostra un legame col mito greco, e l’istituzione dei più antichi re di Alba Longa un legame temporale con la fuga di Enea da Troia. Leggendaria è anche la serie dei sette re: Romolo, Numa Pompilio, Tullio Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo. Ma l’alternarsi di Latini e Sabini sul trono e forse anche la doppia denominazione populus Romanus Quiritium e
il culto di due anziché di una divinità della guerra, cioè di Marte e di Quirino, comprovano l’esistenza di due centri. L’avvento della gens Tarquinia (in Vulci troviamo raffigurato un Cneve Tarchnu) determinò la frattura. All’inizio Roma era uno dei membri della Lega religiosa di Alba e Lavinio stretta intorno a Diana Nemorense di Nemi-Ariccia, e non godeva di alcun privilegio. Sui primi secoli della repubblica grava l’oscurità. D’altra parte la leggenda autentica ha il merito di esprimere la ineluttabilità storica di alcuni fatti. Così nello sbarco del troiano Enea c’è chi vi intravede l’immigrazione etrusca dall’Egeo del Nord, nella provenienza di Romolo da Alba Longa la sua appartenenza al popolo dei Latini e il suo seguito di pastori, secondo alcuni, alluderebbe alla priorità della plebe sui gruppi di nobili sopraggiunti. L’origine latina del secondo, del terzo e del sesto re, e di tutta la gens Claudia attesta le saltuarie immigrazioni dai Monti Sabini, mentre il nome di Tarquini viene collegato agli etruschi. Dal rapporto dei Tarquini con Demarato di Corinto si deduce il loro elemento greco, dalla distinzione tra Palatium ed Esquilino si deduce il legame esistente fra l’antico insediamento e il recente ai due lati della valle del Foro. Soltanto il legame di Evandro e Pallantion in Arcadia, legame che dalla poesia pastorale di Virgilio trovò la sua collocazione nel mito della patria Arcadia. Vi sono alcuni riconducono l’etimologia di Palatium al ricordo di una colonizzazione micenea nell’Italia centrale. Antichissime e diffusissime miti si riconoscono nella leggenda dei due gemelli Romolo e Remo, nel loro rapporto con la lupa e col fico (ficus ruminalis) sulla riva del Tevere e nel rito dei corridori-lupi della festa dei Lupercali. La prima tradizione storica si ha invece nella cronologia della successione dei magistrati sul calendario ovverosia sui «fasti », e nella cronaca del sommo sacerdote, il pontifex maximus, che abitava nella cosiddetta « reggia » e annotava anno per anno tutti gli avvenimenti importanti, dalle ricorrenze religiose alle epidemie, su rotoli di tela di lino, chiamati libri lintei, che sono il tipo di narrazione che precede gli annali.