La Repubblica 14.10.08
Com´era l´educazione ad Atene e Roma. La lezione dell’antichità
di Maurizio Bettini
Protagora chiedeva a ogni studente diecimila dracme per un corso completo. Naturalmente si poteva trovare anche a meno. Pochi anni dopo, Isocrate chiederà solo mille dracme
Siamo nel V secolo a. C., sulla scena ateniese sono comparsi da poco i cosiddetti sofisti. Si chiamano Protagora, Gorgia, Antifonte, Prodico, Ippia. Chi sono? Nientemeno che i primi professori dell´insegnamento superiore che la storia della nostra cultura possa registrare. I sofisti riuniscono intorno a sé i ragazzi che accorrono alle loro lezioni, o che vengono affidati loro dalle famiglie. Il corso dura dai tre ai quattro anni, e i professori/sofisti si fanno pagare bene. Protagora, abile "imprenditore" della cultura, chiedeva a ogni studente diecimila dracme per un corso completo. Considerando che a quel tempo un operaio qualificato guadagnava ad Atene una dracma al giorno, se ne deduce che, alla scuola di Protagora, il costo di un corso equivaleva a circa ventisette anni del lavoro di un operaio. Naturalmente si poteva trovare anche a meno. I sofisti offrivano anche, a quel che pare, "segmenti formativi" più brevi e a minor prezzo. Lezioni specifiche, in cui il professore si impegnava a trattare a fondo un soggetto per quaranta dracme a persona.
Che cosa insegnavano i sofisti? Il loro progetto educativo era il seguente: formare cittadini capaci di amministrare bene gli affari propri e quelli dello Stato. Il loro insegnamento, dunque ha finalità essenzialmente pratiche. Non si tratta di formare degli uomini buoni e saggi, ovvero dei filosofi che pratichino la virtù, ma delle persone "efficaci", anche e soprattutto sul piano della parola e del discorso pubblico. Quello che importa non è trovare la verità, ma avere la capacità di persuadere un uditorio. I sofisti insegnano l´arte della persuasione, fondamentale nella politica e negli affari. Oggi, probabilmente, dedicherebbero la loro attenzione anche alla pubblicità.
La cosa più interessante, comunque, è vedere il modo in cui questi sofisti insegnavano. Per attrarre studenti il sofista si dà molto tono. Pretende di essere onnisciente, infallibile. Platone racconta che, quando fa lezione, il sofista siede addirittura su un seggio più elevato di quelli su cui seggono i suoi uditori (ah, il fascino eterno della cattedra!), e può perfino indossare il grande mantello di porpora tipico del rapsodo: ossia il poeta tradizionale, che canta le gesta degli eroi sull´onda dei versi di Omero. Anche noi abbiamo conosciuto docenti la cui strategia didattica consisteva, principalmente, nel darsi importanza. Dalla parte degli studenti, poteva invece manifestarsi il fenomeno del rapimento giovanile per l´intellettuale affascinate, che crea attorno a sé un circolo di adepti o di prediletti. Di questo entusiasmo giovanile ci resta un quadro indimenticabile datoci da Platone nella scena iniziale del Protagora. Il giovane Ipparco è pieno di emozione per l´arrivo in città del celebre Protagora, un sofista straniero da cui ci si attendono lezioni straordinarie; mentre Socrate si fa un dovere di smontare l´ingenuo entusiasmo del ragazzo con una serie di argomentazioni razionali. Nella sua strategia didattica, come ben sappiamo, Socrate non ha mai fatto ricorso all´arte del darsi importanza. Forse per questo continua a essere considerato il modello ideale del maestro.
Spostiamoci adesso a Roma. Svetonio, il biografo degli imperatori, ci racconta quanto segue: «Vespasiano fu il primo a stanziare una somma annua di centomila sesterzi, prelevata dalle casse dello Stato, da destinare all´insegnamento della retorica greca e latina». Anche se le cattedre istituite furono solo due, e riguardarono esclusivamente la città di Roma, si tratta di una novità importante. Con questa decisione di Vespasiano, nel I secolo d. C., lo Stato crea infatti delle cattedre di insegnamento a proprie spese. In altre parole, nasce l´istruzione superiore a carattere pubblico.
A coprire il primo insegnamento di retorica latina fu il grande Quintiliano, un professore dal curriculum impeccabile. Risultato del suo insegnamento fu infatti quella Istituzione dell´oratore che ha costituito per secoli uno dei pilastri dell´educazione occidentale. Ci si può stupire del fatto che l´investimento statale di Vespasiano riguardasse solo la retorica, e non altre discipline a carattere più tecnico o scientifico. Il fatto è che per l´imperatore, così come per tutta la civiltà antica, istruzione superiore era sinonimo di formazione alla vita pubblica, un campo in cui la retorica esercitava un predominio indiscusso. La cosa interessante, comunque, è che Svetonio ci racconta anche un aneddoto che costituisce quasi una giustificazione emblematica del comportamento dell´imperatore.
Pare dunque che un ingegnere (mechanicus) avesse proposto a Vespasiano il progetto di una macchina, tramite la quale si sarebbero potute trasportare enormi colonne con poca spesa e con il minimo sforzo. L´imperatore lo ricompensò, ma non volle realizzare il progetto: «Lasciami dar da mangiare al popolino!» fu la sua spiegazione. Che bisogno ci sarebbe stato di formare dei tecnici, sia pur capaci di costruire macchine meravigliose, quando c´era "il popolino" a disposizione?
Com´era l´educazione ad Atene e Roma. La lezione dell’antichità
di Maurizio Bettini
Protagora chiedeva a ogni studente diecimila dracme per un corso completo. Naturalmente si poteva trovare anche a meno. Pochi anni dopo, Isocrate chiederà solo mille dracme
Siamo nel V secolo a. C., sulla scena ateniese sono comparsi da poco i cosiddetti sofisti. Si chiamano Protagora, Gorgia, Antifonte, Prodico, Ippia. Chi sono? Nientemeno che i primi professori dell´insegnamento superiore che la storia della nostra cultura possa registrare. I sofisti riuniscono intorno a sé i ragazzi che accorrono alle loro lezioni, o che vengono affidati loro dalle famiglie. Il corso dura dai tre ai quattro anni, e i professori/sofisti si fanno pagare bene. Protagora, abile "imprenditore" della cultura, chiedeva a ogni studente diecimila dracme per un corso completo. Considerando che a quel tempo un operaio qualificato guadagnava ad Atene una dracma al giorno, se ne deduce che, alla scuola di Protagora, il costo di un corso equivaleva a circa ventisette anni del lavoro di un operaio. Naturalmente si poteva trovare anche a meno. I sofisti offrivano anche, a quel che pare, "segmenti formativi" più brevi e a minor prezzo. Lezioni specifiche, in cui il professore si impegnava a trattare a fondo un soggetto per quaranta dracme a persona.
Che cosa insegnavano i sofisti? Il loro progetto educativo era il seguente: formare cittadini capaci di amministrare bene gli affari propri e quelli dello Stato. Il loro insegnamento, dunque ha finalità essenzialmente pratiche. Non si tratta di formare degli uomini buoni e saggi, ovvero dei filosofi che pratichino la virtù, ma delle persone "efficaci", anche e soprattutto sul piano della parola e del discorso pubblico. Quello che importa non è trovare la verità, ma avere la capacità di persuadere un uditorio. I sofisti insegnano l´arte della persuasione, fondamentale nella politica e negli affari. Oggi, probabilmente, dedicherebbero la loro attenzione anche alla pubblicità.
La cosa più interessante, comunque, è vedere il modo in cui questi sofisti insegnavano. Per attrarre studenti il sofista si dà molto tono. Pretende di essere onnisciente, infallibile. Platone racconta che, quando fa lezione, il sofista siede addirittura su un seggio più elevato di quelli su cui seggono i suoi uditori (ah, il fascino eterno della cattedra!), e può perfino indossare il grande mantello di porpora tipico del rapsodo: ossia il poeta tradizionale, che canta le gesta degli eroi sull´onda dei versi di Omero. Anche noi abbiamo conosciuto docenti la cui strategia didattica consisteva, principalmente, nel darsi importanza. Dalla parte degli studenti, poteva invece manifestarsi il fenomeno del rapimento giovanile per l´intellettuale affascinate, che crea attorno a sé un circolo di adepti o di prediletti. Di questo entusiasmo giovanile ci resta un quadro indimenticabile datoci da Platone nella scena iniziale del Protagora. Il giovane Ipparco è pieno di emozione per l´arrivo in città del celebre Protagora, un sofista straniero da cui ci si attendono lezioni straordinarie; mentre Socrate si fa un dovere di smontare l´ingenuo entusiasmo del ragazzo con una serie di argomentazioni razionali. Nella sua strategia didattica, come ben sappiamo, Socrate non ha mai fatto ricorso all´arte del darsi importanza. Forse per questo continua a essere considerato il modello ideale del maestro.
Spostiamoci adesso a Roma. Svetonio, il biografo degli imperatori, ci racconta quanto segue: «Vespasiano fu il primo a stanziare una somma annua di centomila sesterzi, prelevata dalle casse dello Stato, da destinare all´insegnamento della retorica greca e latina». Anche se le cattedre istituite furono solo due, e riguardarono esclusivamente la città di Roma, si tratta di una novità importante. Con questa decisione di Vespasiano, nel I secolo d. C., lo Stato crea infatti delle cattedre di insegnamento a proprie spese. In altre parole, nasce l´istruzione superiore a carattere pubblico.
A coprire il primo insegnamento di retorica latina fu il grande Quintiliano, un professore dal curriculum impeccabile. Risultato del suo insegnamento fu infatti quella Istituzione dell´oratore che ha costituito per secoli uno dei pilastri dell´educazione occidentale. Ci si può stupire del fatto che l´investimento statale di Vespasiano riguardasse solo la retorica, e non altre discipline a carattere più tecnico o scientifico. Il fatto è che per l´imperatore, così come per tutta la civiltà antica, istruzione superiore era sinonimo di formazione alla vita pubblica, un campo in cui la retorica esercitava un predominio indiscusso. La cosa interessante, comunque, è che Svetonio ci racconta anche un aneddoto che costituisce quasi una giustificazione emblematica del comportamento dell´imperatore.
Pare dunque che un ingegnere (mechanicus) avesse proposto a Vespasiano il progetto di una macchina, tramite la quale si sarebbero potute trasportare enormi colonne con poca spesa e con il minimo sforzo. L´imperatore lo ricompensò, ma non volle realizzare il progetto: «Lasciami dar da mangiare al popolino!» fu la sua spiegazione. Che bisogno ci sarebbe stato di formare dei tecnici, sia pur capaci di costruire macchine meravigliose, quando c´era "il popolino" a disposizione?