venerdì 31 dicembre 2010

La Villa dei Quintili riapre al pubblico

La Villa dei Quintili riapre al pubblico
Sergio Rinaldi Tufi
Il Messaggero – Roma 26/11/2010

Dopo i recenti scavi riapre al pubblico oggi la grande Residenza imperiale
Alla sala da pranzo ottagonale se n'è aggiunta una circolare e sono stati messi in luce i preziosi pavimenti in marmi policromi

Già così come da tempo la conoscevamo, la Villa dei Quintili era straordinaria: imponenti rovine su oltre 23 ettari al V miglio dell'Appia Antica, con un ingresso monumentale a esedra, un giardino, un'area residenziale. con grandi terme (imponenti su un ondulato panorama), una sala ottagonale per banchetti, un ippodromo: ora, dopo scavi recenti, si sono aggiunti nuovi elementi per la conoscenza di una grande residenza imperiale, oggi riaperta al pubblico. "Residenza imperiale", per la verità, non dall' inizio, quando i proprietari erano appunto i fratelli Quintili, consoli nel 151 d.C. e potenti amici degli imperatori Antonino Pio e Marco Aurelio. Ma nel 182 un altro imperatore, Commodo, li accusò di una congiura e li fece uccidere, impossessandosi della Villa stessa e introducendo alcune modifiche: seguiranno interventi anche dei suoi successori. Gli. scavi degli ultimi anni (coordinati da Rita Paris, direttrice del Parco dell'Appia, e condotti da Riccardo Frontoni, Giuliana Galli, Carmen Lalli) si sono svolti soprattutto nell'area residenziale. Alla sala da pranzo ottagonale se ne è aggiunta una circolare ("coenatio rotunda"). cui si accede da una grande esedra; adiacente è una raffinata latrina, detta (ebbene sì) "latrina di rappresentanza". Ma la raffinatezza degli arredi caratterizza tutto il complesso: vecchi e nuovi scavi hanno messo in luce preziosi pavimenti in marmi policromi, mosaici e affreschi, nonché eccellenti sculture. Una bella esposizione dei materiali b in un Antiquarium creato presso l'ingresso per i visitatori, che (a differenza di quello antico) è sull'Appia Nuova (civico 1092). Notevoli, su tutta l'area, le opere di restauro e valorizzazione, cui si aggiunge l'acquisizione del contiguo terreno di Santa Maria Nuova. Qui era in origine la zona "di servizio" della Villa. con due grandi cisterne: sulla prima sorse nel 700 un casale, che ora si progetta di trasformare in punto di accoglienza e orientamento; sulla seconda, circolare (disegnata, sempre nel 700, da Piranesi), si è realizzato un piacevole belvedere. Nella presentazione alla stampa Rita Paris, il sottosegretario Giro, il commissario straordinario Cecchi, la soprintendente Moretti hanno sottolineato che questi lavori hanno un senso più preciso se inseriti nella tutela del Parco, vista, a sua volta, come parte del grande progetto "Roma Archeologia".

Il Foro Romano brilla di notte. Mille luci sulla storia dell'Urbe

Il Foro Romano brilla di notte. Mille luci sulla storia dell'Urbe
Lilli Garrone
Corriere della Sera - Roma 31/12/2010

La storia di Roma risplende con il nuovo impianto di illuminazione dei Fori. Dall'arco. di Tito a quello di Settimio Severo, lungo il percorso della via Sacra, si sono illuminati tutti i monumenti più significativi: il tempio di Saturno e quello di Vespasiano, il portico degli Dei Consenti e il Senato, la Colonna di Foca e il tempio dei Castori. «E’ un'opera strutturale — annuncia il sindaco Gianni Alemanno — non un effetto momentaneo».

Prima le luci soffuse nelle arcate del Colosseo. Poi, passato da poco il tramonto, l'illuminazione dei Fori in un lento crescendo, anche con un po' di suspence. Dall'arco di Tito a quello di Settimio Severo, lungo il percorso della via Sacra, si sono illuminati tutti i monumenti più significativi: il tempio di Saturno e quello di Vespasiano, il portico degli Dei Consenti e il Senato, la Colonna di Foca e il tempio dei Castori «E' un'opera strutturale -- annuncia il sindaco Gianni Alemanno — non un effetto momentaneo»: da ieri sera un grande orologio a tempo illuminerà automaticamente i Fori dal tramonto fino alle due di notte con una luce dal tono bianco naturale per dare un'altissima resa al colore iniziale del monumenti. Un impianto dal costo basso, 100 mila euro, come sottolinea il sovrintendente archeologico Anna Maria Moretti «a basso consumo, il cui costo equivale a quello di un appartamento, ma che restituisce alla città un'area che finalmente può essere goduta anche nelle ore notturne. Un quadro indimenticabile». Non nasconde la sua emozione l'assessore alla Cultura Umberto Croppi, «un'emozione a pieno titolo», la definisce, mentre il sovrintendente ai Beni Culturali Umberto Broccoli ricorda che prima «vi era un buco nero». Anzi, «la luce è il primo grande elemento di tutela dell'area archeologica» aggiunge. L'impianto è stato realizzato utilizzando poco più di 5 kw di potenza (la stessa, appunto, di un appartamento di media dimensione) e ricorrendo alla sistemazione di circa 40 proiettori; le lampade sono ad alto rendimento per ridurre al minimo i consumi energetici; i sostegni dei fari sono collocati all'esterno dei percorsi di visita e quando possibile all'interno di gruppi di vegetazione. La cerimonia nel Tabularium, luogo da dove lo spettacolo sulla via Sacra toglie il fiato, che il sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Giro invita ad aprire: «I turisti — aggiunge polemico - non ci chiedono sconti, ma di poter visitare i luoghi più belli; non vogliono "discount" ma luoghi di eccellenza». Francesco Giro legge una lettera di Sandro Bondi, dove il ministro si «dispiace che il fanatismo non consenta di percepire l'importante lavoro svolto». Aggiunge che «di certo Bondi non si dimetterà» e pensa al futuro: «Illumineremo anche il Palatino e a gennaio apriremo la casa delle Vestali. Stiamo restaurando il lapis niger, luogo simbolo della politica nell'antica Roma».

giovedì 30 dicembre 2010

Monete, utensili in vetro e bronzo, campanellini e vasi di terracotta dentro una cisterna romana

Monete, utensili in vetro e bronzo, campanellini e vasi di terracotta dentro una cisterna romana
Isabella Di Bartolo
LA SICILIA Venerdì 03 Dicembre 2010 Siracusa, pagina 37

Il pozzo delle meraviglie

Sorpresa archeologica in via Di Natale durante i lavori del Comune per la nuova rete fognaria.

Monete romane, vasi in terracotta, campanellini, resti di utensili in vetro e bronzo sono alcune delle meraviglie scoperte dentro un pozzo, a due metri dal livello stradale tra via Di Natale e via Mauceri. Qui, dove sono in corso i lavori per la realizzazione della nuova rete fognaria, è venuta alla luce una cisterna di epoca romana riempita, nel corso dei secoli, da materiale vario di case antiche.
Una «sorpresa» archeologica venuta alla luce durante gli scavi per la posa dei tubi, a due passi da piazza della Vittoria e dal Santuario, sotto gli occhi vigili della squadra della Soprintendenza capeggiata oggi da Rosa Lanteri, responsabile del settore Archeologico dopo il passaggio di testimone con Lorenzo Guzzardi, direttore scientifico degli scavi.
«Si tratta di lavori pubblici che da oltre un anno monitoriamo - afferma la soprintendente Concetta Ciurcina - e che stiamo seguendo con un nuovo dirigente, pur sempre in collaborazione con Guzzardi che ne è stato il coordinatore, e in piena sinergia con il Comune. I rinvenimenti sorprendono poco: Siracusa ha un sottosuolo gravido di resti antichi, sappiamo che dovunque si scavi possano essere intercettati resti e quindi, nel rispetto di questi ultimi, cerchiamo di contemperare le indagini e la salvaguardia archeologica con la necessità di proseguire l'opera pubblica».
In via Di Natale, gli archeologici coordinati da Rosa Lanteri hanno rinvenuto pure tracce di pavimentazione e di un muro con grossi blocchi lapidei. «Sono resti già individuati negli anni '50 - afferma l'archeologa Lanteri - quando qui si edificavano i primi palazzi, dunque sapevamo già come muoverci. Certo, queste scoperte confermano e ci permettono di definire l'assetto urbanistico della Siracusa romana, che qui aveva il suo fulcro. Non si tratta di scavi archeologici puri, ma di interventi nell'ambito di lavori pubblici con le difficoltà che ciò comporta, ma è una grande opportunità per disegnare il mosaico della città antica e delle sue fasi di vita». Insieme con Rosa Lanteri, lavorano gli archeologi Mariella Lentini, Pietro Piazza, Lucia Midolo e Angelo Mondo; e i disegnatori Alessandro Russo e Giuseppe Pelligra, oltre a Riccardo Boccaccio, tecnico della Soprintendenza. Responsabile del cantiere, invece, è Angelo Miraglia che segue i lavori pubblici voluti dal Comune. «La strada sarà liberata prima della festa di Santa Lucia - spiega Concetto La Bianca, assessore al ramo che dirige l'intervento con l'ingegnere Emanuele Fortunato -, stiamo bypassando i resti, salvaguardati, per posizionare i tubi della rete fognaria».
Sul posto anche un «simbolo» della Soprintendenza: il disegnatore Lazzarini che fu braccio destro di Bernabò Brea, Luigi Gentili e gli altri soprintendenti che si sono succeduti sino a oggi. È stato lui a seguire gli scavi degli anni '50 in questo stesso punto della città, così come in molte altre aree di Siracusa. «Quando scavammo mezzo secolo fa - racconta - vennero alla luce resti di abitati, con muri affrescati e pavimenti in cocciopesto. Qui era la parte più bella della Siracusa romana».

mercoledì 29 dicembre 2010

Marsala, tornano alla luce le antiche Terme romane

Marsala, tornano alla luce le antiche Terme romane
Dino Barraco
Giornale di Sicilia 26/11/2010

Dopo il decumano, nuova sensazionale scoperta nell'area del viale Vittorio Veneto: il pavimento a mosaico è quasi integro

MARSALA. A Marsala nuove sensazionali scoperte nell'area archeologica del Viale Vittorio Veneto che si conferma un'autentica miniera di reperti e di testimonianze del ruolo che la città ha avuto dopo le invasioni barbariche. Dopo il "decumano massimo", le tombe risalenti al 6'-7 secolo dopo Cristo con scritte in greco e croci inscritte in cerchi rossi, i resti di abitazioni private, la condotta fognaria ed altri originali reperti riportati alla luce dagli scavi effettuati a "cantiere aperto" dalla "Hera Restauri" di Benevento e la "Restaurarte" di Acireale, un'altra eccezionale scoperta archeologica è stata fatta negli ultimi giorni, sotto la direzione scientifica del dirigente della Soprintendenza di Trapani Rossella Giglio e con il lavoro di scavo fatto dagli archeologi Pierfrancesco Vecchio e Paola Palazzo, con l'assistenza di Maria Grazia Griffo. Si tratta di un impianto termale, perfettamente conservato, inglobato nelle imponenti fortificazioni conservate in altezza per più di due metri. Un impianto che presenta delle colonnine di pietra lavica e terracotta, perfettamente conservate, con tracce dell'antica copertura e una pavimentazione a mosaico pressochè integra. Questa sembra essere della stessa fattura di quella che dal 1939 fa bella mostra di sé nella cosiddetta "insula romana" ed è addirittura in migliore stato di conservazione. L'impianto termale oltre a testimoniare la consistenza archeologica dell'area oggetto della campagna di scavi in corso finanziata per 500 mila euro dal Comune, documenta la presenza di punti nodali della topografia dell'antica Lilibeo, relativi sia all'abitato e alle strade che delimitavano gli isolati, sia le fortificazioni costiere dove, secondo le ricerche svolte negli anni, ci sarebbe una porta monumentale, accesso alla città dall' antico porto. «Le odierne ricerche - dice Rossella Giglio - sono state finalizzate alla verifica scientifica della grande area archeologica di Capo Boeo. «Il progetto che la Soprintendenza sta portando avanti - continua Rossella Giglio - ha consentito di indagare diverse aree fra quelle di maggiore interesse e spicco all'interno del parco archeologico favorendo l'esplorazione di nuovi siti e l'approfondimento di aree già note allo scopo di acquisire maggiori informazioni sulle vicende storiche che hanno caratterizzato le diverse fasi insediative della città dall'età punica a quella medievale». Intanto i lavori lungo il viale Vittorio Veneto hanno riportato alla luce un ulteriore tratto del "decumano massimo" che sarà il fulcro del parco e sarà reso fruibile a turisti e visitatori. Dalla attuale campagna di scavi è emerso fra l'altro che anche le strade laterali e i cardini, così come il "decumano massimo" sono lastricate con basole della cosiddetta "pietra bianca di Trapani".

martedì 28 dicembre 2010

Marmi colorati e meraviglie a spasso nelle terme di Commodo

Marmi colorati e meraviglie a spasso nelle terme di Commodo
FRANCESCA GIULIANI
VENERDÌ, 26 NOVEMBRE 2010 LA REPUBBLICA - Roma

A scavi ultimati apre sull´Appia antica il nuovo percorso per i visitatori con i ritrovamenti di due anni di cantiere Dalla vetreria antica alle stanze decorate

Rita Paris: "Per questa strada è urgente un piano di rilancio di natura urbanistica"

Gli intonaci sono di un colore turchese intenso, i pavimenti incrociano tasselli di ardesia e marmo bardiglio. I mosaici allineano scacchi policromi disposti diagonalmente per colore - nero, rosso, verde, giallo. Non basta dire quello che si vede nel percorso all´interno dei nuovi scavi condotti nell´area della Villa dei Quintili sull´Appia antica: bisogna proprio vederlo, e guardarlo bene perché ora che è alla luce da poco è veramente splendente come la terra l´ha conservato per qualche decina di secoli. È un percorso tutto nuovo in un´area di quattromila metri quadrati, da esplorare fra passerelle, recinzioni e segnaletica (da leggere anche cellulare alla mano attraverso i codici a barre ai lati dei monumenti) inaugurato ieri pomeriggio dal sottosegretario ai Beni culturali Francesco Maria Giro insieme al commissario Roberto Cecchi, alla soprintendente Anna Maria Moretti e alla responsabile dell´Appia antica, l´archeologa Rita Paris.
Gli scavi e i lavori di messa in sicurezza sono stati finanziati con 320mila euro una promenade che offre ai visitatori un affaccio sulla più autentica e suggestiva campagna romana, intatta in piena città, all´ombra delle due enormi sagome di frigidarium e calidarium. Da segnare nel taccuino dei ritrovamenti: due sale per banchetto-triclini, una ottagonale utilizzata in inverno e l´altra rotonda usata in estate, mosaici e le decorazioni dei pavimenti in mattonelle marmoree geometriche. Curiosità: una piccola latrina a nord della sala circolare del triclinio estivo, ambiente al quale si accede da uno degli ambienti di servizio del frigidarium, forse uno spogliatoio, che fu realizzato tra l´epoca dell´imperatore Commodo e quella di Settimo Severo e una vetreria antica per il riuso dei materiali della villa. In fondo al percorso, la cisterna Piranesi anch´essa parzialmente fresca di lavori, da dove si può guardare la Villa a 180 gradi.
In vista, anche i lavori per la tenuta di Santa Maria Nova, la tenuta acquisita dallo Stato e adiacente la Villa, dove i cantieri aprono ad inizio gennaio per durare 18 mesi, sostenuti da uno stanziamento di due milioni di euro. Dopo aver ricordato che «troppo a lungo l´Appia Antica ha subito gli attacchi dell´abusivismo», Giro ha sottolineato che il ministero sta «lavorando con la Regione Lazio per promuovere progetti condivisi per il rilancio del parco archeologico». E Paris ha sottolineato come «Il territorio dell´Appia Antica costituisca un problema complesso, di natura soprattutto urbanistica, che non si risolve solo intervenendo sul patrimonio archeologico».

lunedì 27 dicembre 2010

Il degrado divora i bagni di Agrippa

Il degrado divora i bagni di Agrippa
DOMENICA, 28 NOVEMBRE 2010 IL TIRRENO

Legambiente lancia l’allarme, ma la Soprintendenza non ha i soldi per un intervento radicale di tutela del sito archeologico

Pianosa, i resti della villa romana usati in paese come banco da lavoro

Non solo in Campania, dove di recente è crollata la Casa dei gladiatori di Pomperi. Anche in Toscana, per l’esattezza sull’isola di Pianosa, ci sono rovine romane in stato di abbandono. Si tratta dei “bagni di Agrippa”, il complesso protoimperiale sulla spiaggia di Cala Giovanna, dove 2mila anni fa veniva esiliato il principe Agrippa Postumo, nipote dell’imperatore Augusto.
Oggi, di questi “bagni”, resta soltanto una struttura in stato di abbandono, senza contare i vandalismi. Sul sito, oltre al cemento e al piombo incastonati fra le mura, poggia una tensostruttura protettiva che Umberto Mazzantini, responsabile Legambiente per le isole minori, definisce «una sorta di gazebo della festa dell’Unità».
L’esponente ambientalista sostiene che ci si trova di fronte ad un reperto «lasciato a se stesso» per cui, dice, «bisogna intervenire prima che sia troppo tardi». Ma oltre al danno dell’abbandono, anche la beffa: alcuni resti della villa romana vengono oggi utilizzati come banco da lavoro in un cortile vicino alla spiaggia.
Ma la situazione dei “bagni“ è l’immagine speculare di Pianosa, un’isola in disarmo. La principale causa è la mancanza di risorse per qualsiasi intervento. Che non ci siano soldi lo conferma Silvia Ducci, responsabile dell’area per la Soprintendenza. «E’ una situazione inaccettabile per un sito di questo valore. Noi proviamo a fare il massimo con quello che abbiamo a disposizione» dice. Un piccolo finanziamento sarà usato a primavera per togliere la ruggine dalla tensostruttura e pulire il sito. E c’è un accordo col Comune di Campo Elba per rendere i “bagni” fruibili alle visite turistiche.

domenica 26 dicembre 2010

Rovine palazzo imperiale - Milano

                                                  Rovine palazzo imperiale - Milano

Una giornata nell'antica Roma, di Alberto Angela

Una giornata nell'antica Roma, di Alberto Angela
“Vita quotidiana, segreti e curiosità” è il sottotitolo di questo gradevolissimo libro che con una scrittura semplice ci accompagna per le vie della capitale del 115 d.C. dalle prime luci dell’alba fino a sera, attraverso i differenti strati sociali e le minuzie di quella perduta quotidianità a volte così sorprendente per similitudine con la nostra, quanto lontanissima, d’altro canto, dai nostri comportamenti e abitudini. Società, architettura, commercio, alimentazione, politica, spettacolo, sessualità: tutto è passato in rassegna in quest’antica giornata, senza tralasciare l’etimologia della nostra lingua come le radici dell’odierna civiltà. Una carrellata “televisiva” in pieno “stile Angela” da leggere piacevolmente.

sabato 25 dicembre 2010

Torna la statua di Traiano

Torna la statua di Traiano.
La gioia del sindaco Bello: “Autorizzato anche un calco del monumento”
05 DICEMBRE 2010, CORRIERE ADRIATICO


Ostra Vetere Il colossale “Traiano” di età romana rinvenuto nell’area di Ostra antica potrebbe tornare a Ostra Vetere?

L’idea non è nuova, se è vero che Paolo Pierpaoli la lanciò formalmente nel 1985 dalle pagine del suo libro “Ostra antica”, e che sempre negli anni ottanta un primo tentativo in questa direzione era stato attivato dalla amministrazione presieduta da Alberto Fiorani.

Ma adesso a lanciare la proposta di un “recupero” (temporaneo, ma utile per la realizzazione di un calco in gesso dell’opera) della splendida statua che è oggi uno dei vanti del “Musée d’Art et d’Histoire” di Ginevra è il sindaco Massimo Bello.

Il comune di Ostra Vetere ha diffuso, a questo riguardo, una nota nella quale riferisce quanto il primo cittadino ha avuto modo di dichiarare, a questo riguardo, nella autorevole sede del Consiglio Comunale. Al progetto, ha riferito Massimi Bello, l’amministrazione di Ostra Vetere starebbe lavorando alacremente.

L’obiettivo è sicuramente particolarmente ambizioso, ma tutto sommato anche ragionevole: non si tratta di “recuperare” un capolavoro che è ormai parte integrante del patrimonio del museo ginevrino, ma semplicemente di ottenerne il trasferimento temporaneo a Ostra Vetere (tre anni, dal 2013 al 2016), il che ne renderebbe possibile la realizzazione del calco. Un calco - questo sì - che resterebbe poi in modo permanente nella cittadina.

Il sindaco Bello ha preso di petto la questione: “Stiamo lavorando su questa prospettiva da più anni - afferma - e in queste ultime settimane l’ipotesi ha preso forma”. Stando al comunicato, il dott. Maurizio Landolfi della Soprintendenza Archeologica delle Marche ha, insieme a Massimo Bello, già avuto un primo importante abboccamento col direttore del museo svizzero, Marc André Haldimann, e ha poi approfondito gli aspetti scientifici e tecnici della iniziativa con lo stesso sindaco e col professor Pierluigi Dall’Aglio dell’università di Bologna (ateneo felsineo e Soprintendenza sono stati presenti a Ostra Vetere nelle ultime sei campagne di scavo condotte nell’area archeologica di Ostra).

Insomma, l’ipotesi prende corpo e Bello appare indirizzato a coltivarla, ribadendo l’intenzione del comune di investire nel settore della cultura come “volano” di nuovi flussi turistici, in un’ottica di valorizzazione della immagine e delle fortune del paese.
RAOUL MANCINELLI,

venerdì 24 dicembre 2010

Bacoli, evacuati tre edifici sulle grotte romane

Bacoli, evacuati tre edifici sulle grotte romane
Corriere del Mezzogiorno 4 dic 2010 Napoli

NAPOLI - Lo sgombero di tre edifici pericolanti che sorgono al di sopra della grotta di Cocceio, il cunicolo scavato in epoca romana per collegare il lago d’Averno con Cuma, è stato disposto dalla Procura per motivi di sicurezza, dopo che la Soprintendenza ai beni archeologici aveva inviato una segnalazione. Il provvedimento del pm Federico Bisceglia stato attuato ieri pomeriggio tra le proteste da parte di guardia forestale e polizia di stato; solo due, fortunatamente, le famiglie interessate (uno degli edifici è infatti un deposito). La situazione di pericolo fu segnalata per la prima volta al Comune di Bacoli nel 1999, ma, secondo gli investigatori, nessun provvedimento è stato da allora mai preso per mettere in sicurezza gli stabili e le ordinanze di sgombero emesse dal Comune non sono mai state eseguite. La Soprintendenza, constatato che, anche a seguito delle abbondanti piogge delle ultime settimane, la situazione si è aggravata, ha deciso di informare il pm segnalando il «pericolo gravissimo». Gli edifici sorgono sopra l’antico cunicolo, costruito intorno al 37 a.C. da Lucio Cocceio Aucto, e in particolare nel punto in cui il diaframma di terreno vulcanico è più sottile. Il sequestro con conseguente sgombero rappresenta un provvedimento d’urgenza; nei prossimi giorni il pm approfondirà la situazione degli edifici, verificando in particolare se la loro costruzione sia stata autorizzata o meno. Un altro aspetto da chiarire riguarda la mancata applicazione delle ordinanze di sgombero, notificate ma di fatto mai eseguite. La vicenda, che segue di pochi giorni i gravissimi crolli di Pompei, ripropone il problema della gestione e della salvaguardia dei beni culturali in provincia di Napoli. La grotta di Cocceio fu gravemente danneggiata dall’esplosione di un deposito di armi avvenuta durante la seconda guerra mondiale; successivamente, l’intera zona è stata stravolta dalla cementificazione selvaggia.

giovedì 23 dicembre 2010

Cornice Arco di Vespasiano

                                                       Cornice Arco di Vespasiano

mercoledì 22 dicembre 2010

Marsala, antiche terme rinvenute a Capo Boeo

Marsala, antiche terme rinvenute a Capo Boeo

Archeologia

Marsala (Tp). Un impianto termale perfettamente conservato, inglobato in imponenti fortificazioni alte oltre due metri, una probabile porta monumentale di accesso dal porto all'antica città di Lilibeo e un tratto di pavimentazione del decumano massimo sono venuti alla luce a Marsala durante gli scavi archeologici in corso nell'area del parco archeologico di Capo Boeo. Le scoperte vengono definite di "eccezionale importanza"in una nota della Soprintendenza ai Beni culturali. (Fonte Ansa)
edizione online, 25 novembre 2010
http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2010/11/105410.html

martedì 21 dicembre 2010

100.000 monete romane trovate in Francia

100.000 monete romane trovate in Francia
Aezio
Quotidiano di storia e archeologia, 9-12-2010

dicembre 9, 2010

Gli scavi archeologici nei pressi di Autun, in Francia, hanno portato alla scoperta di un antico quartiere fatto di botteghe e abitazioni agiate.

Durante le ultime settimane di ricerca, gli archeologi hanno inoltre rinvenuto un grande deposito di monete di epoca romana.

Sepolte in una fossa sigillata con delle piastrelle, vi erano circa 100.000 monete romane risalenti alla fine del III secolo d.C. Si tratta di monete di bronzo molto piccole, ciascuna pesante all’incirca 0,4 grammi, per un totale di circa 38 kg.

Sono degli esemplari “non ufficiali”, come d’altronde era ampiamente diffuso durante quel periodo molto travagliato che fu la seconda metà del terzo secolo. In quel lasso di tempo l’impero romano venne colpito da una serie di crisi gravissime: le guerre tra pretendenti al trono, le epidemie, il peso finanziario e politico dell’esercito, la pressione alle frontiere, la crisi economica, ecc.

Lo stato non era in grado di garantire pienamente la continuità e il controllo del sistema monetario. Cominciarono quindi ad apparire monetazioni in bronzo di poco valore, che possiamo chiamare “denaro di necessità”: sebbene prodotte da individui, erano più o meno tollerate dallo stato. Imitavano scarsamente le emissioni ufficiali e le effigi erano difficilmente identificabili.

Le monete trovate a Autun somigliano a quelle tipiche del terzo secolo, come per esempio quelle fatte coniare sotto l’imperatore Tetrico.
L’alto contenuto di rame nelle monete ha pure permesso al cesto di vimini, in cui i pezzi erano conservati, di preservarsi parzialmente.


Anche se forse avevano un certo valore, probabilmente le monete non erano un tesoro nascosto, ma un deposito di pezzi dismessi per essere rifusi. La fossa si trovava non a caso all’interno di una fonderia.

Per ripristinare una sana economia monetaria, alcuni imperatori avevano avviato riforme e tentato di sostituire le monete vecchie che non avevano altro valore che non fosse quello del loro metallo.

Il deposito di monete di Autun potrebbe essere legato alle riforme di Diocleziano durante la Tetrarchia (fine III secolo – inizio del IV).

Fonte: Inrap.

I marmi di Cascella. E riapre al pubblico l'Aula Ottagona

I marmi di Cascella. E riapre al pubblico l'Aula Ottagona
Edoardo Sassi
Corriere della Sera – Roma 17/12/2010

Ha vissuto 87 anni, protagonista di una militanza creativa durata ben oltre il mezzo secolo, fino a ritrovarsi riconosciuto tra i più grandi esponenti della statuaria italiana del Novecento. Fu, negli ultimi anni di vita (era nato a Pescara nel 1921, è scomparso nel 2oo8) anche presidente dell'Accademia di San Luca, nonché amico e sodale di artisti e letterati che ne apprezzarono l'opera in marmo, pietra e travertino, da Sebastian Matta a Raffaele Carrieri. Eppure, oggi, Pietro Cascella viene inevitabilmente, immediatamente e anche forse un po' ingiustamente, associato all'idea dello scultore-preferito-amico-personale del premier Silvio Berlusconi, e moltissimo anche del ministro Sandro Bondi, che proprio Cascella presentò per la prima volta al fondatore di Forza Italia. Prova ne sia che digitando su Google il nome di Cascella (Pietro, ché i Cascella furono e sono una dinastia di artisti da generazioni, a partire dal capostipite Basilio, campione di modernismo liberty, e fino al figlio e nipote di Pietro, Tommaso Cascella e Matteo Basile) le ricerche che vengono suggerite in automatico sono, nell'ordine: «Cascella Berlusconi», «Cascella scultore» e «Cascella mausoleo Berlusconi». Già, mausoleo. Perché come è noto Cascella, progettandolo dalla metà degli anni Ottanta, realizzò nei primi anni del decennio successivo il leggendario mausoleo funebre che si trova nel parco della villa di Arcore. E la tomba Berlusconi è uno dei 16 lavori esposti nella mostra retrospettiva dedicata allo scultore e inaugurata ieri nell'Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano. Ovviamente si tratta del bozzetto in travertino, 5o centimetri di altezza per 8o di lunghezza, anzi del «tappo» del mausoleo, che in quanto funebre, in originale è di enormi dimensioni e dotato di cripta ipogea. Titolo dell'opera, del 1986, «Volta celeste», in sintonia con il tema della mostra, intitolata «Pietro Cascella al Planetario: i segreti del cielo». La rassegna, a cura di Elena Pontiggia, riapre infatti ufficialmente al pubblico (e definitivamente, secondo quando detto ieri dai vertici del ministero peri Beni culturali, dopo lavori durati, a più riprese, molti anni e ora condotti a termine dalla Soprintendenza archeologica di Roma) uno dei gioielli antichi meno visti della città, l'Aula Ottagona appunto, celebre sede, dal 1928 al 1980, del Planetario di Roma, dove fu collocato lo storico proiettore Zeiss donato negli anni Trenta dalla Germania come parte dell'indennizzo per i danni della Prima Guerra. Straordinario ambiente, stratificato nei secoli (scendendo di qualche metro o dal pavimento in vetro si possono vedere resti di età tardo repubblicana e ambienti seicenteschi) l'Aula è parte del grandioso sistema termale voluto da Diocleziano nel III secolo, forse un'area di sosta tra la palestra e il calidarium oggi inglobato nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. E là dove un tempo «lucean le stelle» artificiali, si fanno ora ammirare, fino al 20 marzo, i lavori del maestro abruzzese (in mostra anche un video sulla sua vita, di Eleonora Margnelli), con un elegante e scenografico allestimento circolare (ottima anche l'illuminazione) in cui il caratteristico tratto classico dello scultore ben dialoga con alcune sculture provenienti da antiche Terme ed esposte permanentemente nell'Aula, da secoli sovrastata dall'imponente cupola (23 metri di diametro) simile a quella del Panteon. Alla mostra (tel. 06.39967700) si accede con biglietto unico, valido per tre giorni nelle quattro le sedi del Museo nazionale romano. Biglietteria in via Parigi (Chiesa di Sant'Isidoro), ingresso in via Giuseppe Romita.

«Ora Canne diventi parco regionale»

«Ora Canne diventi parco regionale»
Carmen Carbonara
Corriere del Mezzogiorno - Bari 4/12/2010

Barletta. Il progetto per gestire direttamente l'area della storica battaglia declassata dal governo
Proposta di legge del consigliere Mennea a tutela del sito archeologico

BARLETTA — Una legge ad hoc per tutelare e valorizzare il sito di Canne della Battaglia, passando per la creazione di un parco archeologico regionale. E' il progetto cui sta lavorando il consigliere regionale pd, Ruggiero Mennea, che la proporrà tra qualche giorno per il varo e l'approvazione alla commissione regionale Assetto del territorio. Lo scopo dell'istituzione del parco è salvare dal degrado un patrimonio archeologico enorme, dove ci sono tracce (stratificate) della presenza umana a partire dalla Preistoria per arrivare fino al Medioevo. Di mezzo anche quelle della celeberrima battaglia che, il 2 agosto 216 avanti Cristo, vide i romani soccombere per mano dei Cartaginesi guidati da Annibale. Canne, nonostante il suo indubbio valore storico culturale, è però stata declassata di recente dal ministero dei Beni culturali in virtù del numero basso di visitatori. E, proprio per questo, ha perso alcuni servizi, a partire dal bookshop che chiuderà a metà mese, con conseguente perdita di tre posti di lavoro. Questo significa, innanzitutto, una minore possibilità per il sito di essere fruito. Sia il comitato che da anni si occupa della valorizzazione di Canne che il Comune di Barletta, hanno cercato rimedi a questa situazione. Ma, fino ad ora, con scarso successo. Mentre nel 2003 si è registrato il crollo di una considerevole parte del muraglione di contenimento nell'area delle basiliche, restaurato nel 1998, al quale non si è mai posto rimedio. Un fatto strano, secondo quanto denunciato a più riprese il comitato pro Canne, perché nel 2007 si è messo mano all'ampliamento dell'Antiquarium voluto dalla Cassa del Mezzogiorno nel 1958. «L'istituzione del parco archeologico regionale - spiega Mennea - consentirebbe, innanzitutto, di veicolare fondi regionali e nazionali in maniera diretta sul sito. E, soprattutto, renderebbe l'area più vincolata rispetto a quanto non lo sia oggi». Non ci sono molti esempi di parchi così intesi in Italia. Uno è quello delle battaglie di Tolentino e Castelfilardo, nel Maceratese. «Con questo tipo di tutela più diretta - aggiunge Mennea - Canne sarebbe un parco funzionale e non più una cattedrale nel deserto, perché sarebbe in relazione anche con il parco fluviale del1'Ofanto che è stato istituito dalla Regione, ma non ha ancora organi direttivi». Il parco di Canne non rientra nell'area di quello fluviale, ma le cose potrebbero cambiare nel caso in cui nell'area protetta venissero inclusi anche l'area archeologica degli Ipogei di Trinitapoli e quella di Canosa. Le penalizzazioni per Canne , in realtà, non sono mancate nemmeno in passato. Come quando, in coincidenza con il periodo estivo, le Ferrovie hanno soppresso le corse dei convogli della tratta Barletta-Spinazzola che hanno un fermata proprio a Canne, consentendo una maggiore fruizione del sito. L'area, paradossalmente, è invece un sito di interesse per le forze armate. Intorno alla celebre collina della battaglia, si svolgono periodicamente esercitazioni belliche.

lunedì 20 dicembre 2010

Le navi romane, la nostra Pompei Senza soldi dal ministero, scavi bloccati e rischio allagamenti

Le navi romane, la nostra Pompei Senza soldi dal ministero, scavi bloccati e rischio allagamenti
CARLO VENTURINI
SABATO, 04 DICEMBRE 2010 IL TIRRENO - Pisa

PISA.Se a Pompei i muri crollano, a Pisa gli archeologi puliscono i servizi igienici e mettono l’olio nelle pompe idrovore. Accade agli scavi o delle navi romane nei pressi della stazione S.Rossore, uno scavo che, iniziato nel 1998, con le sue 16 imbarcazioni di varie epoche antiche, è la “miniera d’oro” del nascituro museo agli Arsenali medicei. Da almeno un anno il cantiere dello scavo è fermo per mancanza di fondi ed il lavoro va avanti con continuità solo nel laboratorio del centro per il restauro del legno bagnato, che è centro di riferimento per l’Italia e per l’Europa.
«Da mesi non riceviamo più un solo euro di finanziamento e quindi ci dobbiamo arrangiare», confessa Andrea Camilli, direttore dello scavo. Il “Camilli” italiano guadagna 1600 euro, il suo collega inglese guadagna 7 volte tanto e non è costretto, come fa Camilli, ad andare da ben sei mesi, in cantiere con propri mezzi e soprattutto il collega anglofono di Camilli non deve cambiare l’olio delle pompe. «Diciamo che non mi sono specializzato proprio con l’ambizione di cambiare l’olio alle pompe», commenta amareggiato. E quindi chi glielo fa fare? «La mia coscienza», taglia corto il direttore. E pensare che per andare a lavorare e studiare su quello scavo c’è la coda di archeologi e ricercatori che vengono dalla Turchia, dalla Francia e dagli Stati Uniti.
«La direzione regionale dei beni culturali fa il massimo e lo fa bene», dice Camilli. Peccato però che per tutto il 2010, Camilli ha dovuto fare i conti con solo 300mila euro arrivati dal Ministero.
«I conti sono presto fatti - dice - i soldi ci bastano solo per pagare le bollette. Il cantiere è di fatto fermo da un anno». Lo scavo appare in ordine, pulito, e ben tenuto a dimostrazione che nonostante la penuria dei fondi, gli archeologi si sono rimboccati le maniche e fanno di tutto anche se qualcuno li definì «fannulloni». «Facciamo il minimo indispensabile per evitare il degrado e per mantenere in sicurezza il cantiere», precisa il direttore. Le potenti pompe aspirano l’acqua per mantenere lo scavo asciutto, uno scavo che è proprio sulla falda freatica.
L’anno scorso, durante l’esondazione del Serchio, si è avuto un allagamento con danni per 20mila euro, soldi che non sono ancora arrivati. Se piove di quel che tuona e se si dovesse rompere un’altra pompa forse non ci sarebbero i soldi per ripararla o sostituirla in tempi brevi. Un altro allagamento nel cantiere potrebbe essere un’ipotesi non così remota e i danni rischiano di essere irreparabili. «Esatto - commenta Camilli - è proprio così».
La cosa che più amareggia circa la questione dei fondi, è che dal 1998 fino al 2010, di finanziamenti ne sono arrivati per circa 13 milioni di euro. Uno studio di fattibilità ne aveva previsti più di 25. E per fortuna, il privato ci ha messo una pezza. Forse non tutti ricordano infatti che le prime tre navi recuperate furono custodite per ben tre anni, presso lo stabilimento della Teseco di Ospedaletto. E sempre presso la Teseco ha ospitato la squadra di tecnici per il restuaro di queste prime imbarcazioni ed anche per procedere alla catalogazione di centinaia di reperti o frammenti archeologici.
«In Francia uno studio economico fatto dal governo - spiega Camilli - ha rivelato che ogni euro investito nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, ne porta 19 di indotto». Ma c’è chi ha detto che con la cultura non si mangia. «Abbiamo il centro per il restauro del legno bagnato - spiega Camilli - che potrebbe diventare una spin off del ministero perché è un centro di eccellenza in grado di lavorare anche per conto terzi e per Paesi stranieri». I soldi investiti in cultura non sono un vuoto a perdere.

domenica 19 dicembre 2010

Un tesoro di 30 barche

Un tesoro di 30 barche
CA.VE.
SABATO, 04 DICEMBRE 2010 IL TIRRENO - Pisa

LA STORIA DELLA SCOPERTA

PISA.Nel cantiere delle Navi Antiche di Pisa sono state riportate alla luce 5 navi di dimensioni oscillanti tra i 9 ed i 13 metri. Dalla stratigrafia ne sono sono state individuate con certezza altre 16 ma in totale dovrebbero essere 30 a giudicare dai resti di fasciame rinvenuto. Se il museo delle navi romane aprirà a gennaio, due delle navi recuperate verranno esposte.
Le vicende del cantiere delle navi risalgono al 1998: per la costruzione di un centro direzionale delle Ferrovie, fu allestito il cantiere che ha portato subito al rinvenimento dei relitti, interi o parzialmente conservati. Le attività, tra luglio 2004 e dicembre 2005, hanno portato al completamento di un’area di scavo, la 4, dove si trovava la Nave C, già asportata nel 2002. Si è inoltre indagata la stratigrafia nell’area 2-3, tra la Nave B e la Nave E ed infine, nell’area 5, è stato portato a termine lo scavo della Nave D, sollevata e trasportata nel Centro di restauro del legno bagnato il 30 novembre 2005.
Lo scavo e l’asportazione della Nave D hanno inoltre permesso l’identificazione dello scafo completo di una sottostante imbarcazione fluviale (Nave I). L’arco di tempo delle imbarcazaioni, svelato dai relitti e dai diversi carichi, va dal III sec. a C. al VII secolo d.C.
La cosiddetta Nave B è quella più antica, ed è stata rimessa in luce al momento per oltre nove metri e mezzo di lunghezza e per una larghezza di 4,30 metri. La nave era adagiata sul fondo sabbioso piegata su un fianco e conservava parte del carico. Si tratta di un’imbarcazione costruita a doppio fasciame, per ottenere una maggiore stabilità e solidità anche in condizioni di basso fondale. Gli elementi che costituiscono lo scafo sono rinforzati da chiodi di bronzo con alta percentuale di rame per evitare fenomeni di ossidazione. I materiali rinvenuti sono anfore, ceramiche a pareti sottili, lucerne, coppe di vetro, oggetti in cuoio, in legno e in osso e una moneta di bronzo di Agrippa; materiali che permettono di datare questa nave alla prima età augustea.
Il cantiere delle navi romane è stato visitato dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, dal ministro dei beni culturali Giovanna Melandri e dal collega Giulio Urbani.



APRE A GENNAIO? Attesa per il museo


PISA.Il museo della antiche navi aprirà a gennaio; forse sì, forse no. Da più parti infatti, si avanza l’ipotesi di un ulteriore slittamento della inaugurazione del museo agli Arsenali Medicei. A giudicare dall’esterno, non appaiono segni evidenti di allestimento dell’ingresso e il Natale con le sue vacanze è alle porte.
Il materiale documentale, archivistico e di informazione è ultimato o in fase avanzata di ultimazione. Il tempo però è agli sgoccioli. Del museo delle antiche navi se ne è parlato sin dal 1998 e via via si sono succedute date inaugurali sempre poi posticipate per penuria di fondi. Il museo infatti doveva aprire già a dicembre di quest’anno. Quello che è stato completato è il tracciato museale. Sulla destra, dove fino a qualche mese fa c’era la caserma della Guardia di Finanza, verrà creata la cosiddetta area dei servizi con bar accessibili anche dai lungarni, uffici e alloggi vari. Il cuore del museo sarà il quinto padiglione, dove verrà esposta la Nave D e un modello a grandezza naturale della “Alkedo”. La nave «D» ha uno scafo di 14 metri e risale al II secolo a.C.

sabato 18 dicembre 2010

Angelo Brelich Tre Variazione Romane Sul Tema Delle Origini

Angelo Brelich Tre Variazione Romane Sul Tema Delle Origini

La possibile svolta nel cuore degli scavi per i reperti romani

La possibile svolta nel cuore degli scavi per i reperti romani
05 DICEMBRE 2010, CORRIERE ADRIATICO

Porto Recanati E’ cominciato allo spuntar del sole e terminato dopo il tramonto l’ultimo imprevisto capitolo del giallo di Cameyi. I raggi lunghi degli estremi del giorno hanno accompagnato l’inizio e la fine delle ricerche della ragazzina bengalese in un laghetto vicino all’Hotel House di Porto Recanati. Si sono arresi che la luce naturale si era spenta da un po’ i cinque sommozzatori che hanno cercato la quindicenne pakistana nell’invaso acqueo artificiale. Una zona al centro di scavi archeologici, dove sono spuntati reperti di una colonia romana: anfore e statuette. Nessuna traccia invece di Cameyi. Fumata nera dalle ricerche conclude con i poliziotti, anche dell’unità cinofila di Genova, con i faretti in mano. Non si trova Cameyi, svanita da sabato 29 maggio. L’attende la sua famiglia, che ha perso capo, il papà della quindicenne è stato stroncato da un male incurabile. La mamma è sola con i due figli piccoli e quello più grande, tutti appesi al destino. Non è servito a risolvere il mistero neppure il passaggio in Tv: sulla scomparsa della quindicenne si sono accese le telecamere di “Chi l’ha visto?”. Niente. Fatta sparire da qualcuno? Fuga volontaria? Chissà dove finita,

venerdì 17 dicembre 2010

«Sito Unesco per le navi romane». La proposta degli Amici dei musei per attivare finanziamenti

«Sito Unesco per le navi romane». La proposta degli Amici dei musei per attivare finanziamenti
GIOVANNI PARLATO
DOMENICA, 05 DICEMBRE 2010 IL TIRRENO - Pisa

Il presidente Del Corso «Spetta alle istituzioni farsi portavoce»

Gli Amici dei musei d’Italia lanciano un appello-proposta alle istituzioni locali, università comprese, affinché si facciano portavoce presso il governo del riconoscimento degli scavi delle antiche navi scoperte a Pisa come sito dell’Unesco.
L’idea è di Mauro Del Corso, presidente nazionale e pisano, dell’associazione degli Amici dei musei. Lo sfogo del direttore del cantiere delle navi romane, Andrea Camilli, («da mesi non riceviamo un solo euro di finanziamento») ha trovato nell’appassionato studioso quella sensibilità per rilanciare il problema, non sotto la veste d’una provocazione ma di una «proposta che non credo sia una chimera», sottolinea Del Corso il quale vede nella poca visibilità degli scavi archeologici il punto debole. «Domandiamoci perché di Pompei ha parlato il mondo e del cantiere pisano non ne parla nessuno», riflette il presidente il quale, da pisano, è soddisfatto che il sito archeologico faccia da richiamo verso esperti che si mettono in coda da mezzo mondo per capire il valore scientifico della scoperta, ma Del Corso sa bene che ci vuole ben altro per rilanciare l’immagine e fare catapultare a Pisa l’attenzione del governo e dei mass-media.
«I sacrifici del direttore Camilli e di tutto il personale - commenta Mauro Del Corso - sono innegabili, ma non si può andare avanti così. Credo che siamo di fronte ad una scoperta che per qualità e quantità abbia una sua unicità e un enorme valore scientifico. Su queste basi, noi chiediamo che lo scavo sia riconosciuto come sito Unesco. Siamo di fronte ad una Pompei del sommerso marino che si trova sulla terra ferma. In questo modo, si potrebbe ottenere quella visibilità fondamentale, ma si potrebbero anche attivare le risorse economiche necessarie poiché, con i tagli del governo ai beni culturali, da soli non ce la potremmo mai fare».
Da qualche anno, l’Unesco ha abbinato al mantenimento del sito anche la presentazione di un piano di gestione economica. Per esempio, tutti sanno che piazza dei Miracoli è un sito Unesco e la Primaziale elabora periodicamente un piano di gestione economico per la manutenzione di tutta l’area.
Mauro Del Corso nel riconoscimento di sito Unesco vede una leva che possa porre lo scavo non più solo all’attenzione degli esperti, ma all’attenzione di tutto il mondo in modo da uscire da quell’isolamento mediatico in cui ora si trova. «Alle comunità scientifiche - spiega il presidente nazionale dell’Associazione degli amici dei musei - spetta il compito di redigere un piano che supporti la richiesta di riconoscimento. E in questo non va dimenticato che siamo di fronte ad una nuova tecnica quale il restauro del legno bagnato. Inoltre, quale naturale completamento dello scavo c’è il museo degli Arsenali Medicei. Mentre alle istituzioni locali spetta il compito di proporre il sito ai ministeri dei beni culturali, ma anche al ministero del turismo».
Lo studioso pisano ricorda anche che - come per gli Uffizi di Firenze e il centro urbano di Venezia - intorno al sito delle navi romane si potrebbe raccogliere un comitato internazionale di sponsor in modo da raccogliere ancora più attenzione e risorse.
Infine, Mauro Del Corso ricorda, in modo quanto polemico quanto costruttivo: «C’è mai stato un eurodeputato che ha portato il caso delle navi all’attenzione di Bruxelles?».

giovedì 16 dicembre 2010

Donna stollata

                                                                   Donna stollata

mercoledì 15 dicembre 2010

Riapre il "piccolo Colosseo" passeggiata nell´archeologia

Riapre il "piccolo Colosseo" passeggiata nell´archeologia
LAURA LARCAN
MARTEDÌ, 07 DICEMBRE 2010 LA REPUBBLICA - Roma

Da gennaio le visite e una grande mostra con reperti rarissimi Passerelle, rampe e nuova illuminazione

Gli archeologi lo definiscono il "piccolo Colosseo", anche se ha visto la luce quasi un secolo prima dell´Anfiteatro Flavio, divenendone un ideale modello di riferimento con la elegante facciata in travertino scandita a tre ordini di arcate. È il Teatro di Marcello, uno dei più antichi edifici per ludi scaenici romani conservatisi fino a noi, che aprirà al pubblico entro il 10 gennaio con un importante progetto di valorizzazione museale abbinato ad una grande mostra, "A teatro 2000 anni fa" che fino a giugno documenterà con circa 50 reperti la storia del teatro. Evento eccezionale se si considera che l´ultima apertura risale al 1929, quando il monumento fu oggetto di un complesso intervento di scavo e restauro che lo liberò anche dalle botteghe e abitazioni che avevano prolificato sotto le arcate.
L´operazione è frutto di una sinergia strategica tra la Sovraintendenza comunale ai beni culturali e l´associazione Metamorfosi presieduta da Pietro Folena, che ne è l´ideatore, in stretta collaborazione con la Commissione Cultura e l´Assessorato alla Cultura del Comune di Roma. Il progetto, finanziato con 500 mila euro sostenuti da una cordata di partner privati capitanati da Metamorfosi, punta alla messa in sicurezza delle parti sopravvissute dell´edificio antico che ha sofferto pesanti manomissioni e trasformazioni a partire dal Medioevo, fino a quando venne edificato sopra le arcate della facciata il palazzo passato dalla proprietà dei Savelli agli Orsini.
Il percorso di visita punta a evocare tutta la grandiosità di questo gioiello, progettato da Cesare ma completato da Augusto, che ne ampliò la struttura per ospitare fino a ventimila spettatori, per poi inaugurarlo nel 13 a.C. dedicandolo al nipote e genero Marcello, figlio della sorella Ottavia, designato come suo successore ma morto prematuramente. All´area del monumento si potrà accedere dal Ghetto, con la sistemazione dei percorsi all´esterno, e da via del Teatro di Marcello. La vertigine vera, però, la regalano gli ambulacri monumentali, quello dorico al piano terra e quello ionico al livello superiore: seicento metri di passeggiata ciascuno, sotto le volte di oltre otto metri d´altezza che scandiscono le quindici arcate.
È qui che sfileranno i capolavori della mostra organizzata da Metamorfosi con il progetto scientifico della Sovrintendenza in collaborazione coi Musei Capitolini. Protagonisti, pezzi archeologici come l´unica testa ritratto di Marcello, prestito della Fondazione Sorgente, o le maschere che originariamente ornavano le chiavi di volta delle arcate del teatro di Marcello e oggi conservate nel foyer dell´Argentina. Dagli ambulacri partono, poi, gli affacci sui tanti dettagli vitali della struttura originaria. Il teatro di Marcello sarà fruibile attraverso una serie di interventi light e all´occorrenza reversibili. Nuove rampe di scale in vetro e ferro battuto sovrapasseranno quelle antiche impraticabili, mentre lastre di cristallo alzeranno le balaustre lungo i fornici dell´ambulacro superiore. Sempre qui, sarà pareggiata la pavimentazione con tavolate in legno per coprire le vecchie lampade sporgenti da terra poste in occasione dei lavori per il Giubileo del 2000. Il tutto con un nuovo impianto di illuminazione.

martedì 14 dicembre 2010

Tod's-Chef bietet Millionen far die Rettung des Kolosseums

Tod's-Chef bietet Millionen far die Rettung des Kolosseums
Katharina Kort
Handelsblatt 6/12/2010

Der Gründer and Chef der Edel-Schuhmarke Tod's Diego della Valle ist immer für eine Überraschung gut. Erst im Oktober ist der 56 J5hrige zum größten Aktionär der US-Luxus-Kaufhauskette Saks aufgestiegen. Jetzt will er das römische Kolosseum vor dem Verfall retten. Der Unternehmer bietet dem Staat 25 Millionen Euro, um die weltberühmte Arena innerhalb von drei Jahren komplett zu restaurieren - and trifft im Ministerium für Kunstgüter auf Interesse. Der Unternehmer legt damit einen Finger in die Wunde der italienischen Politik. Nicht nur in Pompeji fallen die Häuser zusammen, auch das Kolosseum wird mangels Instandhaltung brüchig. Eine öffentliche Ausschreibung zur Rettung des Bauwerks endete im Oktober ohne Ergebnis. Nun will della Valle Hand anlegen - ausgerechnet der Unternehmer, der Berlusconi vor vier Jahren bei einer Versammlung der Industriellen als Scharlatan bezeichnet hatte, woraufhin Berlusconi zum Tod's- Boykott aufrief. Seitdem hat della Valle jede politische Äußerung penibel vermieden and sich auf eigene Projekte konzentriert. Dazu gehört auch das gemeinsame Unternehmen NTV mit Ferrari-Präsident Luca Cordero di Montezemolo, das private Hochgeschwindigkeitszüge im Wettbewerb mit der Staatsbahn fahren lassen will.

lunedì 13 dicembre 2010

Un comitato per le navi. Verso la raccolta di firme per il riconoscimento Unesco

Un comitato per le navi. Verso la raccolta di firme per il riconoscimento Unesco
MARTEDÌ, 07 DICEMBRE 2010 IL TIRRENO -- Pisa

Pisa. La proposta lanciata dagli Amici dei musei d’Italia accolta dagli enti locali

Dopo la denuncia del nostro giornale e l’appello-proposta lanciato dagli Amici dei musei d’Italia, si sta formando un comitato promotore per fare diventare il sito archeologico delle antiche navi sito Unesco. Anche “Il Tirreno” aderisce e lancerà una raccolta di firme affinché gli stessi cittadini sostengano il progetto.

PISA. Si sta formando un comitato promotore in sostegno della proposta di fare diventare il sito archeologico delle antiche navi sito Unesco. Dopo la denuncia del nostro giornale - «Le navi, la nostra Pompei» - l’appello-proposta lanciato da Mauro Del Corso, presidente nazionale degli Amici dei musei d’Italia, trova attenzione in città e fra le istituzioni locali.
«Il sito archeologico delle antiche navi - afferma Andrea Pieroni, presidente della Provincia - è sicuramente unico al mondo e merita un riconoscimento adeguato pari al valore dei ritrovamenti. È chiaro che oltre all’impegno delle istituzioni locali, ci deve essere un forte impegno del ministero dei Beni culturali. Credo che l’idea lanciata da Mauro Del Corso meriti di essere approfondita fino in fondo».
«L’idea lanciata dagli Amici dei musei ha un suo fondamento», dice a sua volta il sindaco Marco Filippeschi. «È vero - aggiunge - che il sito archeologico ha una sua unicità e noi siamo pronti a impegnarci. Ma bisogna anche non perdere di vista il museo delle navi il quale è direttamente collegato ai risultati degli scavi. Occorre un sistema fra museo, scavi e laboratorio di restauro del legno bagnato senza dimenticare che il governo aveva preso degli impegni ben precisi sia sugli scavi che sul museo. Impegni non mantenuti per cui ancora non sappiamo quando di preciso potremo aprire il museo delle navi».
Anche “Il Tirreno” farà la sua parte appoggiando la promozione del sito delle navi presso l’Unesco. E, oltre ad assicurare a una adeguata campagna informativa, lancerà una raccolta di firme in modo che gli stessi cittadini possano partecipare e sostenere il progetto.
«Il primo compito da analizzare è il profilo scientifico in modo da essere certi che ci siano i requisiti per il riconoscimento Unesco - spiega Mauro Del Corso - quindi poi sarà compito delle istituzioni dare gambe al progetto. Al sito archeologico ora manca quella visibilità mediatica che lo ponga al centro dell’interesse collettivo. E credo che poiché l’Unesco chiede una gestione economica del sito, la consulenza dell’Opera della Primaziale che gestisce il sito Unesco di piazza dei Miracoli, sia necessaria».

domenica 12 dicembre 2010

A rischio 32 siti archeologici

A rischio 32 siti archeologici
Sole 24 ore Roma 24/11/2010

Dalla Domus Aurea ai Fori: servono 27 milioni per salvare il patrimonio artistico dal degrado
Bando per il Colosseo: Della Valle pronto a finanziare il restauro

Trentadue monumenti malati gravi, sui quali si stanno effettuando 65 interventi d'urgenza con una spesa che si aggira intorno ai 27 milioni. Dal Palatino alle Terme di Caracalla, dal tempio di Minerva Medica all'Appia antica, fino all'acquedotto Claudio. La mappa dei siti archeologici "sorvegliati speciali", per evitare disastri come quello della casa dei gladiatoria Pompei, è contenuta nel piano di investimenti del commissario delegato per le aree archeologiche di Roma e Ostia antica, Roberto Cecchi. Che avverte: «La situazione è difficile e non ci permette di escludere i rischi. Quello che bisogna fare, e che stiamo facendo, è prima mettere mano alle emergenze e poi effettuare una serie continua di interventi mirati alla conservazione, per evitare di arrivare al punto critico». Intanto si attende ancora di sapere quali saranno gli sponsor disposti a mettere sul piatto del restauro del Colosseo 23 milioni per completare gli interventi previsti sull'anfiteatro. Di certo si sa solo che Diego della Valle è pronto a scendere in campo. Il proprietario della Tod's ha infatti risposto al bando dei Beni culturali che si è chiuso il 30 ottobre. Silenzio sul resto dell'operazione e sul numero delle offerte giunte: bocche cucite al ministero, no comment dal Campidoglio.

sabato 11 dicembre 2010

WELCOME CENTRE? PER SCOPRIRE ROMA È MEGLIO UN LIBRO

WELCOME CENTRE? PER SCOPRIRE ROMA È MEGLIO UN LIBRO
ADRIANO LA REGINA
MERCOLEDÌ, 08 DICEMBRE 2010 LA REPUBBLICA - Roma

Il culmine dell´attenzione, nella presentazione del programma di riqualificazione dell´area archeologica centrale, è stato raggiunto con la relazione dell´assessore Croppi sull´istituendo museo in via dei Cerchi. Tutto il resto era già noto: i lavori in corso e quelli annunciati dal Comune e dal Ministero consistono nella normale attuazione di programmi già formulati da anni.
Il museo è invece qualcosa di nuovo, tanto nuovo che è ancora indefinito. Il tema è però avvincente visto che si preannuncia la disponibilità degli edifici che si trovano tra la piazza della Bocca della Verità e il Circo Massimo: 25.000 metri quadrati di superficie da destinare a nuove funzioni dopo lo sgombero di uffici e di altre occupazioni. La parte adibita a sede, ora dismessa, dell´anagrafe elettorale in via dei Cerchi era già un museo; reca infatti ancora leggibile sulla facciata ‘Palazzo dei Musei´, ed ospitò le pregevoli collezioni del Museo della Civiltà Romana, ora all´EUR.
L´isolato è di enorme interesse non solo artistico – vi è incastonata la basilica di S. Maria in Cosmedin – ma anche archeologico; vi sono infatti i resti dell´Ara Massima di Ercole e di altre antichità che dovrebbero essere meglio esplorate in occasione dei lavori.
Il nuovo Museo della Città è concepito per ‘mostrare l´evoluzione storica e urbanistica di Roma; il punto di partenza fisico e simbolico di un percorso di visita della città (Welcome Centre)´. Una parte degli spazi dell´isolato sarebbe inoltre usata per ospitare un albergo di qualità superiore. Tutto questo si può fare, naturalmente, ma non sarebbe un museo. Un museo archeologico per rappresentare la storia di un particolare àmbito urbano è nella Crypta Balbi. Una descrizione delle trasformazioni subite dall´intera città di Roma dall´antichità ad oggi si può invece ottenere molto meglio con un libro.
Si stenta a comprendere che un museo, per quanto adeguato alle nuove tecniche di comunicazione, per quanto innovato nelle sue modalità di sostentamento, è pur sempre un luogo di diffusione della conoscenza, di studio e di ricerca. È un luogo di conoscenza analitica, perché vi si conservano ed offrono al pubblico documenti originali. Studio e ricerca sono i presupposti della conoscenza. Ma ieri non se ne è parlato.

venerdì 10 dicembre 2010

Per le navi romane interventi a rilento

Per le navi romane interventi a rilento
Fra. Me.
Sole 24ore – centro nord 24/11/2010

Servono altri 7 milioni per i restauri delle navi romane di Pisa, un'area archeologica unica nel suo genere. L'allarme è lanciato da Andrea Cammilli, responsabile del sito. È l'ennesima conferma delle poche risorse a disposizione dei beni culturali: appena 15 milioni l'anno in tutta l'area.

Una trentina di navi mercantili e da diporto di varie dimensioni risalenti all'epoca romana, rinvenute per caso nel 1998 durante i lavori di costruzione di un centro direzionale delle Ferrovie nei pressi di Pisa San Rossore. Un cimitero di scafi con oggetti relativi alla vita di bordo, alla navigazione e ai commerci, stratificati nel tempo, che offrono uno spaccato unico nel panorama dell'archeologia marina Anfore, vasi, monete, gioielli, pettini e calzature attualmente conservati all'interno del Cantiere delle navi antiche, in vista di una futura sistemazione nel Museo delle navi antiche. Ma quella che viene considerata la "Pompei del mare", una enciclopedia della navigazione di rilevanza internazionale, oggi rischia il degrado. Lo conferma Andrea Camilli, responsabile del sito archeologico tra i primi dieci più visitati in Europa: «Il cantiere è considerato di estrema importanza grazie allo straordinario livello di conservazione del legno e dei materiali. Collegato al cantiere è stato attrezzato un Centro di restauro del legno bagnato, tra i primi al mondo». Gli scali, accumulatisi nell'ambito divari eventi alluvionali dal II secolo a C. al VII secolo d. C., oggi vengono conservati a stento a causa della progressiva riduzione dei finanziamenti. I restauratori sono costretti a tenere ferme attrezzature da milioni di euro e si limitano al mantenimento dei materiali finora rinvenuti, evitandone in questo modo l'ulteriore deterioramento. In dodici anni le attività sono costate circa 12 milioni di euro: ne basterebbero altri 7,5 in cinque anni per il completamento degli scavi, attualmente bloccati a metà dell'opera «Grazie al consistente impegno della direzione regionale abbiamo mantenuto finanziamenti pari a 300mila euro l'anno, che tuttavia sono sufficienti solo al mantenimento "a fermo" delle strutture». Le navi, oramai allo scoperto, sono ulteriormente vulnerabili. Inoltre, il cantiere è situato nel punto più basso della piana pisana, luogo in cui si raccolgono tutte le acque in caso di alluvione.«L'anno scorso - sottolinea Cammilli - abbiamo speso oltre 200milaeuro per sopperire al disagio causato dalla pioggia, fondi che si sono dovuti sottrarre alla manutenzione». Il cantiere e i laboratori di restauro erano finora stati aperti al pubblico grazie a un percorso di visita in sicurezza: oggi sono chiusi a causa della mancanza di finanziamenti.

giovedì 9 dicembre 2010

Toscana Scoperto un tempio romano in Maremma

Toscana Scoperto un tempio romano in Maremma
Il Giornale della Toscana 18/11/2010

E’ tornato alla luce il santuario di Diana Umbronensis la dea latina delle selve. L'area sacra di età romana, databile tra il II e il III secolo d.C., è stata scoperta vicino alla foce del fiume Ombrone, in provincia di Grosseto. Un team di archeologi ha scavato, in località Scoglietto, lungo la strada che conduce a Marina di Alberese attraverso il Parco regionale della Maremma, un tempio composto da un piccolo sacello e almeno sette ambienti, alcuni dei quali con interessanti pavimentazioni in 'opus signinum' e mosaico. Nella struttura, che ha una superficie di circa 350 metri quadrati, sono state rinvenute tre statue raffiguranti Diana e suo fratello Apollo. Il perfetto stato di conservazione ha permesso inoltre di riportare alla luce l'intero deposito votivo, composto da 35 lucerne, 10 monete, un bronzetto devozionale raffigurante un cane, due fiale in vetro e un vago di collana in pasta vitrea. La campagna di scavi nell'area del Parco della Maremma è arrivata al suo secondo anno; durante la prima campagna, nel 2009, fu riportato alla luce un tempio databile tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C. «Questa nuova scoperta, probabilmente la più importante a livello regionale in Toscana degli ultimi trent'anni, conferma come la zona del Parco della Maremma ospitasse, in epoca romana, un florido e strutturato insediamento che non fungeva solo e semplicemente da punto di smercio per i prodotti provenienti dal Mediterraneo», si legge in un comunicato diffuso dal gruppo di archeologi che fa capo ad Alessandro Sebastian, Elena Chirco e Matteo Colombini che sta conducendo lo scavo sotto la supervisione della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana.

mercoledì 8 dicembre 2010

Il Teatro Romano e le sue sculture

Il Teatro Romano e le sue sculture
CORRIERE DEL VENETO 19 nov 2010 Verona

Frutto di un lavoro che procede dal 1998 sui tanti e preziosi materiali conservati nei depositi, un lavoro organizzato dall’assessorato alla Cultura con esposizioni cicliche raccolte sotto l’etichetta di «Invisibilia», al Museo Archeologico sono oggi visibili materiali inediti per la mostra «Il Teatro Romano e le sue sculture». Un’esposizione di particolare valore, come spiega la conservatrice e curatrice Margherita Bolla: «Pur se frammentari, i pezzi esposti mostrano un’evidente qualità artistica e un grande significato connesso proprio al complesso monumentale del Teatro Romano». Il pezzo più pregiato è una sfinge in marmo (nella foto), rimasta per 50 anni divisa in più parti nei depositi. Fu ritrovata negli scavi ottocenteschi di Andrea Monga e da lui ricomposta assemblando parti incongrue tra loro. La sfinge, che probabilmente decorava un sedile riservato alle personalità, è stata completamente restaurata e riportata a uno stato più vicino possibile a quello originario. I pezzi più affascinanti sono i pochi frammenti in bronzo dorato, mai esposti finora, di una statua equestre, probabilmente di un imperatore, accostabile a quella di Marco Aurelio a Roma, finita sotto i colpi della fame antica di metalli. Non solo di interesse locale

martedì 7 dicembre 2010

Ein Anruf bei...Giuseppe Proietti, römischer Landeskonservator, der eine Penisprothese für eine antike Statue des Kriegsgottes Mars genehmigte

Ein Anruf bei...Giuseppe Proietti, römischer Landeskonservator, der eine Penisprothese für eine antike Statue des Kriegsgottes Mars genehmigte
Marten Rolff
Süddeutsche Zeitung 20/11/2010

Die Restaurierung der berühmten Doppelstatue von Mars and Venus erzürnt die Italiener. Viele erkennen das kostbare Marmor-Ensemble aus dem zweiten Jahrhundert v. Chr., das im römischen Regierungssitz Palazzo Chigi steht, nicht wieder. Auf Geheiß Berlusconis wurden bei der Statue ein Arm der Venus sowie eine Hand and das fehlende Geschlechtsteil des römischen Kriegsgottes ersetzt. Manche vermuten nun, es sei sogar verlängert worden - auf besonderen Wunsch des Premiers, der zuletzt vor allem wegen Sexpartygerüchten in die Schlagzeilen geraten war. Roms früherer Chefkonservator Giuseppe Proietti halt die Aufregung für unnötig.
SZ: Signor Proietti, Sie haben die Restaurierung der Mars-Venus-Gruppe genehmigt, sind Sie mit dem Ergebnis zufrieden?
Proietti: Das kann ich leider nicht beantworten. Ich muss zugeben, das Ergebnis noch gar nicht gesehen zu haben, weil ich während der Arbeiten pensioniert wurde. Aber ich möchte betonen, dass das Wort "Restaurierung", das jetzt viele nutzen, nicht richtig ist. Es handelt sich vielmehr um eine ästhetische Ergänzung der Statue.
SZ: Wo liegt denn da der Unterschied?
Proietti: Das ist etwas völlig anderes. Die Statue ist eine antike römische Kopie eines griechischen Originals, wie es sie vor allem in der Kaiserzeit häufig gegeben hat. Ihre Ergänzungen beruhen auf einer sorgfaltigen wissenschaftlichen Studie, für die Abbildungen anderer Kopien desselben griechischen Vorbildes miteinander verglichen wurden. Bei der ästhetischen Korrektur hat man auf keine Weise in das römische Original eingegriffen. Die ergänzenden Teile wurden mit einer sehr innovativen Technik angefügt und sie können nahezu spurlos wieder abgenommen werden. Außerdem machen Frakturen für jeden sichtbar, wo die Trennung zwischen dem historischen und dem neuen Material verläuft.
SZ: Die vielen Wortspiele in der italienischen Presse legen nahe, dass sich viele nun vor allem für eine Frage interessieren: Signor Proietti, ist der Penis des Kriegsgottes unter Aufsicht der Wissenschaft einfach verlängert worden?
Proietti: Wie gesagt, ich kenne das Ergebnis noch nicht. Mir sind höchstens Abbildungen des Geschlechtsteils von anderen Kopien bekannt, aber der Verdacht einer Vergrößerung hat mich bisher wirklich nicht beschäftigt. Ehrlich gesagt, ich verstehe dieses große Echo nicht ganz. Da wird meiner Meinung nach von einigen auch recht pauschal geurteilt.
SZ: Dann ist es ungerecht, wenn einige jetzt mutmaßen, das erotische Interesse Ihres Ministerpräsidenten mache nicht einmal mehr vor der römischen Antike halt?
Proietti: Sagen wir: Womöglich war die Terminierung bei der Fertigstellung der Statue etwas ungünstig. Und zu einem anderen Zeitpunkt hatte es wohl nicht so eine Aufregung um ein Geschlechtsteil gegeben. Aber für die Wiederherstellung des Ensembles hat diese Diskussion mit Sicherheit keine Rolle gespielt. Der Vorschlag, antike Statuen ästhetisch zu ergänzen, ist ja wirklich nicht neu. Er wurde in der Regierung zum Beispiel bereits im Vorfeld des Italien-Besuches von Wladimir Putin gemacht. Damals war Putin noch russischer Präsident and es gab die Oberlegung, ob der Anblick korrigierter Büsten in der Residenz für den Gast nicht interessanter wäre.
SZ: Kunstkritiker sprechen bei der neuen Ästhetik der Mars-Venus-Gruppe nun höhnisch von Hollywoodstil.
Proietti: Natürlich ist das auch eine Geschmacksfrage. Aber die Standards italienischer Restauratoren sind allgemein sehr hoch, sie geben ihr Wissen in der ganzen Welt weiter. Auch ich persönlich trete sehr für den Erhalt des Originalzustandes ein. Andererseits ist die ästhetische Ergänzung mit internationalen Vorgaben der Denkmalpflege durchaus vereinbar. Auch wenn Sie nicht jedem gefällt. Bei der Statue im Palazzo Chigi war sicher von Bedeutung, dass sie nicht in einem Museum steht, sondern offizielle Besucher sie passieren.
SZ: Wie wird dieser Streit nun enden?
Proietti: Ich weiß es wirklich nicht, aber man konnte sich auf einen Kompromiss einigen. Warum zeigt man nicht einfach zwei Versionen des Ensembles?

lunedì 6 dicembre 2010

Il parco con la vecchia città romana. E Ventimiglia va alla ricerca delle sue origini

Il parco con la vecchia città romana. E Ventimiglia va alla ricerca delle sue origini
MERCOLEDÌ, 24 NOVEMBRE 2010 LA REPUBBLICA - Genova

Siglato nei giorni scorsi in Provincia a Imperia il protocollo d´intesa per la realizzazione a Ventimiglia del progetto "Parco archeologico della città romana di Albintilium - restauro del teatro romano". L´intesa ha come obiettivo la stesura della progettazione esecutiva del restauro del Teatro Romano, che include la rifunzionalizzazione per spettacoli dell´edificio teatrale antico e una contestuale sistemazione dell´area circostante al teatro, per una sua migliore conoscenza e fruizione pubblica. Inoltre sancisce l´avvio del programma complessivo di valorizzazione dell´area archeologica.
L´accordo è stato firmato dal presidente della Provincia di Imperia Luigi Sappa con il direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Liguria, Maurizio Galletti, il soprintendente per i Beni archeologici della Liguria Filippo Maria Gambari e il sindaco di Ventimiglia, Gaetano Scullino.

domenica 5 dicembre 2010

Che vogliamo farne delle mura Aureliane?

Che vogliamo farne delle mura Aureliane?
Giulia Vola
Gioia 26/11/2010

Lungo i suoi 12 chilometri si incontrano transenne, filo spinato, piante che hanno messo radici, officine, depositi. Milioni di romani le costeggiano tutti i giorni, e sono talmente parte della città che ci vuole un occhio estraneo per capire il loro inestimabile valore archeologico. Fino al prossimo crollo

Sabato mattina, il sole splende su Roma. A Piramide Cestia un turista tedesco si avvicina al cancello che custodisce alcune rovine: «Is it open?., è aperto, chiede alla gattara con le chiavi in mano. «Only for cats», solo per i gatti, risponde lei, richiudendosi la porta alle spalle. «Questa è la casa dei gatti», cerca di convincerlo. «Può pagare il biglietto e vedere le rovine dall'alto». Il tedesco non capisce, gira i tacchi e se ne va. Un altro biglietto perso, commenta lei, «fine della visita, addio ai soldi che il biondo avrebbe volentieri scucito pur di camminare tra millenni di storia pietrificata». La gattara si chiama Matilde Falli, è sulla sessantina, ha occhi chiari e modi decisi. Ventisette anni fa trovò sei cuccioli infilzati su uno spiedo e decise di fare a modo suo: «Chiesi a un'amica archeologa della Soprintendenza un luogo dove prendermi cura dei gatti abbandonati e lei mi aiutò a ottenere l'autorizzazione ad accedere nell'area archeologica della Piramide. Da allora ci occupiamo dei gatti e del sito». Meno male: se non ci fosse lei, le confinanti mura Aureliane avrebbero qualche mattone di meno: «Di notte i vandali staccano pezzi interi, i barboni abbandonano bottiglie e i passanti scambiano il Muro per un orinatoio». La notte prima ha chiamato la Soprintendenza. «Mi hanno risposto di tenere gli occhi aperti e, in caso di emergenza di chiamare i carabinicri. Qui ognuno deve fare per sé. Ma prendersi cura dei gatti è più facile che occuparsi di tutte queste rovine». Arrivo a Roma in treno. Il benvenuto me lo dà il tempio di Minerva Medica, un edificio che emerge dai binari ricoperto di piante, sporco, abbandonato. «In realtà è un grande ninfeo del IV secolo», spiega Maria Rosa Patti, archeologa e, quando non scava, guida turistica, «un impressionante esempio dell'architettura tardo-antica. E’ uno scandalo che sia conservato così». Uscita da Termini mi metto nei panni del tedesco. Panico. «Nel raggio di cento metri ci sono il Museo Nazionale Romano, la chiesa michelangiolesca di Santa Maria degli Angeli e le Terme di Diocleziano», fa notare l'archeologa, «si arriva al Foro in quindici minuti a piedi. Eppure non c'è nemmeno un'indicazione». Vedere per credere: la piazza è piena di turisti che rigirano la mappa per capire dove andare. «In Italia non manca solo la tutela ma anche la valorizzazione del patrimonio artistico». Marxiano Melotti, professore di Archeologia e Turismo all'Università di Milano, è amareggiato: «E’ come se tutto ciò non ci appartenesse, non lo valorizziamo e non lo sfruttiamo. Il danno culturale, scientifico ed economico è incalcolabile. Non è ammissibile che manchino le segnalazioni, che straordinari tesori siano invisitabili e altri custoditi da personale inadeguato che non apre il cancello perché è a pranzo con i parenti». Stefano Ferri, archeologo e professore di storia dell'arte nei licei tira le somme amareggiato: «Abbiamo un'enorme responsabilità verso l'umanità». Eppure anche gli archeologi sono abbandonati, come le rovine. Hanno stipendi da fame, fanno due o tre lavori e sono in balia dei venti della politica. I numeri, considerando i fondi europei assegnati all'Italia per il periodo 20072013, sono chiari. L'ultimo monitoraggio sulla spesa realizzata dalle regioni meridionali per le risorse culturali, ci dice che su un totale di 5,9 miliardi di curo stanziati, solo il 5,1% è stato sfruttato: «Un tesoro inutilizzato», commenta Romolo Augusto Staccioli, professore di Antichità Italiche alla Sapienza, «mentre importanti opere d'arte attendono da anni un restauro e i musei che accusano i segni del degrado languono». La lista è lunga.
In via di Porta San Lorenzo le mura Aureliane ospitano un'autocarrozzeria. Solo a Roma ci sarebbe il Torrione di via Prenestina, «tra i più grandiosi mausolei a forma di tumulo del I secolo». E la Villa Gordiani «con un parco costellato di resti archeologici a rischio di crollo». E il Colombario di largo Preneste e le antiche mura Serviane della metà del VI secolo avanti Cristo «di notevolissimo valore storico». Nessuno è in grado di spiegare il perché dell'incuria. I fatti però, sono sotto gli occhi di tutti. Come le mura Aureliane, che ogni giorno milioni di romani costeggiano a piedi, in macchina, in tram. «Hanno 1.800 anni e fino al 1870 hanno difeso la città», fa notare Stefano Ferri. «Non ci pensiamo, eppure potrebbero crollare. E’ già successo». Il 15 aprile 2001 cascarono venti metri, il 18 giugno 2007 si staccò un capitello in marmo, il l novembre si sbriciolò un tratto alto 10 metri e largo 15, il 30 marzo 2010 alcuni mattoni sono atterrati su un'auto. «Ma le mura sono lunghe», obietta Ferri, «dei 19 chilometri ne sono rimasti 12,5. Furono costruite velocemente, usando anche materiale di scarto, l'incuria non ne aiuta la conservazione. Il problema è che i punti a rischio sono in zone trafficate». Saliamo su un taxi e andiamo a cercarli. Da Porta Metronia passando per Porta Latina, fino a Porta San Sebastiano è un susseguirsi di transenne, tubolari in ferro e fili spinati arrugginiti, cartelli gialli di pericolo sbiaditi e piante che hanno messo radice tra un mattone e l'altro. Carlo Lorenzi è un romano di Roma, tutti i giorni fa mezz'ora di corsa costeggiando il percorso. Non ha paura dei crolli? «Sto attento e le tengo d'occhio». E non le dispiace che nessuno si occupi delle Mura? «Mi dispiace di più che ci siano privilegiati che si sono fatti i giardini pensili all'interno delle torrette all'altezza di santa Bibiana, pagando due lire di affitto». Non va meglio a Porta Maggiore, dove un tratto di acquedotti romani inglobato nelle Aureliane deve convivere con il capolinea dei mezzi pubblici: «Le vibrazioni dei tram sono pericolose per la solidità degli edifici, soprattutto se assemblati in epoche diverse», sottolinea Ferri. «I crolli avvengono più facilmente in concomitanza di modifiche architettoniche». In questo caso avremmo il due per uno. Giorgio Bacconi, romano della Garbatella, aspetta il tram. Interrogato, fa spallucce: «Nessuna meraviglia: a viale Carlo Felice alle mura s'appoggiava un deposito dell'Atac; a via Castro Pretorio un deposito dell'Ama, l'azienda dei rifiuti. E dentro Porta Tiburtina ci sta un'officina. Creda a me: Aureliano si rivolta nell'avello». Nella tomba. C'è da credergli e da preoccuparsi. Interrogato alla Camera su Pompei, il Ministro della Cultura Sandro Bondi ha dichiarato che «nuovi crolli non si possono escludere». Intervistato da La Stampa, l'ex ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli è stupito che «con i tagli non ci sia un crollo al giorno». Inaugurando il tempio di Venere e Roma - inaccessibile da trent'anni - il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro ha dichiarato che «i crolli ci sono e ci saranno, e contarli è puerile». Patrizio Pensabene, ordinario di Archeologia classica alla Sapienza, rimanda la battuta al mittente e tocca il tasto dolente: «E’ puerile sottovalutare il pericolo: è un miracolo se non sono morto con i miei allievi sotto il crollo della Domus Aurea. Fino a una settimana prima eravamo lì a scavare». E allora, se lo Stato non ce la fa, ben venga il federalismo demaniale: «Il Colosseo incassa 43 milioni l'anno ma da 30 aspetta un restauro», dice Staccioli. «I soldi si perdono in mille rivoli e le decisioni in centinaia di uffici». Per ovviare alla mancanza di personale il professore ha proposto di arruolare i cittadini e gli immigrati che bivaccano intorno alle mura, «perché il primo gesto parte dal basso». Gli hanno risposto picche. Idem all'incursione dei privati. Il professor Pensabene un sospetto ce l'ha: «Perché i privati fanno la corsa a finanziare mostre e collezioni museali ma si tirano indietro quando si tratta di territorio? L'imprenditoria teme che l'archeologia blocchi la speculazione edilizia e viceversa. II risultato è l'immobilismo o, peggio, la perdita di una villa antica per un supermercato in più». L'importante, sottolinea Pensabene, «è che ci sia conoscenza: senza, non può esserci tutela». Antonio Insalaco, curatore archeologo presso la Sovrintendenza ai Beni Culturali, «un esempio di restauro che non è costato un soldo allo Stato» ce l'ha: il vicus Capriarius, alias la Città dell'Acqua, «un vasto complesso di età imperiale riportato alla luce tra il 1999 e il 2001 con la disponibilità del gruppo Cremonini». Il sito è visitabile, i biglietti si vendono e i turisti sono entusiasti. Insomma, se come ha ribadito il ministro dell'Economia Giulio'I'remonti, «gli italiani non mangiano cultura», chi la cultura la fa, nutrendo il cervello di chi la fruisce, deve poter lavorare e mangiare. «E allora», si chiede provocatoria l'archeologa Maria Rosa Patti, «se è vero che con la cultura non si mangia, con i soldi delle mie tasse ci mangio io. Forse messa così suona diversamente, e qualcuno inizia a prenderci sul serio».

sabato 4 dicembre 2010

"No al parking nel cuore dei Parioli salviamo l´antica cisterna romana"

"No al parking nel cuore dei Parioli salviamo l´antica cisterna romana"
VALERIA FORGNONE
DOMENICA, 21 NOVEMBRE 2010 LA REPUBBLICA - Roma

Residenti in rivolta per i lavori in via Micheli. "Alberi abbattuti, uno scempio"

Una collinetta nel cuore dei Parioli sta per trasformarsi in un mega parcheggio. Nel fazzoletto di verde che sottoterra nasconde resti archeologici e una cisterna romana del I secolo d. C., querce, allori e robinie sono state abbattute per fare spazio a 700 posti auto. Aldilà del cancello nero, prima del civico 78 in via Pietro Antonio Micheli, si scorgono tronchi accatastati, rami tagliati e alberi mozzati che affondavano le proprie radici accanto a reperti di epoca romana. E tra residenti, comitati di quartiere e associazioni ambientaliste scoppia la protesta. «Fermate quello scempio. È scomparso un angolo incontaminato. Il cemento sommergerà i resti archeologici», ripetono gli abitanti della stretta stradina, traversa di viale Bruno Buozzi.
Le ruspe sono già a lavoro, in via Micheli, con tanto di cartello che riporta il permesso a costruire (Dia n.53208). L´area verde che appartiene a un privato si trasformerà in un grande parking con 700 posti auto, nonostante la presenza sotterranea di un´importante cisterna romana «che vincolava tutta la zona in questione, grazie al decreto Ronchey del 1994. Purtroppo un ricorso al Tar del Lazio ha limitato il vincolo alla sola sede archeologica, tuttora sorvegliata dalla soprintendenza di Roma. Ciò ha permesso al proprietario dell´area, con l´apporto del Servizio giardini, di iniziare i lavori di scavo per un´eventuale futura costruzione. Inoltre è stata eliminata tutta la vegetazione spontanea», spiega Angela Levi Bianchini, che vive al civico 78 e ha lasciato nelle cassette della posta degli altri residenti di via Micheli una lettera per sensibilizzarli sulla questione.
Ma c´è di più. Oltre al disboscamento e alla cisterna romana minacciata dal cemento, gli abitanti sono preoccupati per i futuri disagi a cui andranno incontro in una strada stretta divisa in due sensi e su cui affacciano due scuole: il liceo Goffredo Mameli e la elementare Guglielmina Ronconi. E contro la realizzazione del nuovo parking si è schierato anche il Wwf. «L´area era stata risparmiata grazie alla presenza di una cisterna di epoca romana. Questo aveva favorito l´insediarsi di una rigogliosa vegetazione spontanea con querce, allori, robinie e altre essenze. Ora le piante sono state decimate con le motoseghe. Quell´angolo di verde è minacciato da un´enorme autorimessa che provocherà altri danni: aumenterà il traffico e l´inquinamento che sarà dannoso per la salute dei bambini», osserva Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf Italia. Mentre l´avvocato Luca Orsini del comitato di viale Bruno Buozzi, dove nascerà un altro parking, domanda: «Vorremmo sapere chi ha dato i permessi per costruire? Quest´opera rientra nella follia dei parcheggi, invece di creare nuovi parchi si getta il cemento».
Ma la soprintendenza ai Beni Archeologici, rappresentata da Marina Piranomonte che ha sempre difeso la cisterna romana, assicura che in quell´area non si costruirà nulla, gli scavi serviranno a portare avanti le indagini per capire meglio se esistono altri resti e novità importanti e che i lavori di disboscamento sono utili per liberare i reperti. Anche Andrea Signorini, delegato alla mobilità nel II municipio promette: «Bisognerà sorvegliare la zona con ispezioni settimanali perché se sottoterra viene ritrovato qualche resto non sempre viene segnalato. Ora sono iniziati i sondaggi geognostici per conto della soprintendenza per capire se può essere rilasciato il permesso al privato a costruire. Verificheremo atto per atto, se la documentazione presentata al municipio tramite il IX dipartimento è completa. E controlleremo anche se la costruzione dei box non creerà ulteriori disagi alla viabilità».

venerdì 3 dicembre 2010

Archeologia, siti a rischio La villa romana di Saturo

Archeologia, siti a rischio La villa romana di Saturo
di FRANCESCO MAZZOTTA
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO 21 nov 2010 Lecce

E’ un pilastro del futuro polo museale di Taranto ma ha urgente bisogno di interventi di risanamento per evitare crolli e far ripartire gli scavi

E’una bella giornata d’autunno. Dal mare spira vento di scirocco. E la vista è mozzafiato dall’acropoli che sovrasta il promontorio sul quale insiste il Parco archeologico di Saturo, a pochi chilometri da Taranto, lungo la costa ionico-salentina. Secondo l’Associazione nazionale archeologi, che dopo il crollo di Pompei ha lanciato l’allarme e denunciato il profondo degrado nel quale ristagna larga parte del patrimonio del Paese, l’area è uno dei siti pugliesi a rischio. E dopo aver descritto la geografia nel suo complesso (vedi «strappino» qui sotto, ndr.), il Corriere del Mezzogiorno da oggi inizia a raccontare le varie criticità caso per caso.

Dalla collinetta che domina l’area di Saturo, dove le testimonianze vanno dal neolitico all’età romana, si scorgono a distanza i resti di un complesso termale del III-IV secolo d.C. ormai divorato dall’erba e dalle piante di capperi. «Guai a tirarle: si rischia di sradicare i basamenti», avverte Gianluca Guastella, presidente di Polisviluppo. È la cooperativa di giovani archeologi tarantini che dal 2006 - a costo zero per Soprintendenza e Comune di Leporano - si è impegnata nel rilancio del parco avendo come unica fonte di finanziamento un punto ristoro (da non confondere col vicino caffè-ristorante Satyrion). Il contratto scade ad aprile del 2011. E in ballo c’è un sostanzioso finanziamento per un progetto di recupero totale del sito, dove le rovine - mal protette da recinzioni divelte in più punti - sono alla mercé di vandali e tombaroli, oltre che delle intemperie.

Il progetto di risanamento lo ha presentato la stessa cooperativa a Invitalia, l’Agenzia nazionale che agisce su mandato del Governo. «Con il Marta (Museo archeologico di Taranto, ndr.) e il Parco archeologico di Manduria, l’area di Saturo - spiega Guastella - sarà uno dei tre pilastri del Polo museale di Taranto». Il finanziamento richiesto include gli scavi, che qui non si fanno dal 1980. Servirebbero, per esempio, per riportare completamente alla luce la villa del III secolo d.C. abbarbicata sulle rocce che danno sul mare. Se si scende dalla collina, per fiancheggiare la villa lungo la scogliera, si vede spuntare dal suolo il soffitto di una cisterna dove veniva riscaldata l’acqua per i bagni. «Ci auguriamo - dice Guastella - che il Ministero finanzi gli scavi e metta tutto in sicurezza secondo i piani previsti dalla Soprintendenza, con la quale condividiamo molte idee».

A metà strada tra le terme e la villa svetta una torre del XVI secolo, per la quale è un eufemismo parlare di degrado. «Una parte rischia di crollare da un momento all’altro», assicura Guastella indicando il punto pericolante con una mano, mentre con l’altra passa in rassegna le scritte con le quali sono state imbrattate le mura esterne. Nella parte alta dell’insediamento c’è un’altra cisterna, del II secolo d.C.: durante la seconda guerra mondiale fu adibita per l’impasto del cemento con cui costruire i bunker, presenti in gran numero su questa parte di costa; ai romani serviva per raccogliere l’acqua sorgiva che forniva non solo le terme ma anche Taranto con l’acquedotto Aqua Nymphalis. Poche tracce sono presenti solo in città e rischiano di sbriciolarsi: per questo l’acquedotto è finito nella mappa redatta dall’Associazione archeologi, che mette in lista anche le Colonne doriche per l’assenza di una diagnosi di staticità. Rimanendo sull’acropoli di Saturo, basta abbassare lo sguardo e notare a pochi metri le testimonianze di un santuario greco, la cui presenza indica come questo lembo di terra sia stato un centro di culto. Un altro santuario, ma indigeno, indicato nella mappa dell’Ana, si trova poco fuori l’area di Saturo, in zona Gandoli: gli scavi sono iniziati, ma per mancanza di fondi durano appena 20 giorni all’anno. Ad est della collina che sovrasta il parco, nella valle di Porto Pirrone, si trova anche una piccola necropoli a fossa di età classico-ellenistica, mentre dalla parte opposta ci sono i resti di un villaggio dell’età del bronzo. E non è tutto. Perché secondo l’università di Pavia non è da escludere che qui, sulle sponde dove la leggenda vuole sia sbarcato Falanto, il fondatore della capitale della Magna Grecia, siano transitati persino gli etruschi.