Roma, trovato il Lupercale la grotta di Romolo e Remo È nelle profondità del Palatino, sotto la casa di Augusto
CARLO ALBERTO BUCCI
MERCOLEDÌ, 21 NOVEMBRE 2007 LA REPUBBLICA
Il ninfeo
In quella grotta secondo la leggenda furono nutriti dalla lupa i figli di Rea Silvia
Una telecamera in una frattura nella collina permette di filmare il luogo di antichissimi riti
L´occhio elettronico è sceso nelle viscere del Palatino alla ricerca di un rimedio per le vestigia del palazzo di Augusto che minacciano di crollare sul colle dei magnifici edifici imperiali. Ma, a sette metri sotto terra, la sonda elettronica ha trovato un grande vuoto. E lì ha toccato forse il cuore della storia di Roma: la grotta dove, vuole la leggenda sulla fondazione della città, la lupa offrì le sue gonfie mammelle alle bocche affamate di Romolo e Remo; la "nursery" che Augusto abbellì solennemente per trasformare quell´antro oscuro a un passo dal Tevere in luogo fondativo dell´impero. Forse proprio attraverso la magnifica tessitura di mosaici, pietre pomici e valve di conchiglie, dominate da un´aquila bianca su fondo azzurro, che decorano la grande volta sepolta appena ritrovata: il "cielo" di un ninfeo che, tra nicchie e pareti curve, arriva a 16 metri di profondità.
Identificato l´anno scorso il punto dove si era quasi certi potesse trovarsi il lupercale - la grotta-santuario dove il 15 febbraio i romani si recavano per festeggiare il miracoloso allattamento dei gemelli - gli archeologi hanno atteso l´estate per infilare nel foro di 30 centimetri di diametro il laser scanner. E ieri hanno esibito le strepitose foto che il computer ha rielaborato - componendo le centinaia di scatti come in un collage tridimensionale - per mostrare ciò che nessun occhio umano ha, in tempi recenti, mai ammirato. «È incredibile pensare» ha detto ieri il ministro per i Beni culturali, Francesco Rutelli, annunciando la scoperta «che possa essere stato finalmente trovato un luogo mitologico che oggi è diventato finalmente reale». E il soprintendente archeologo, Angelo Bottini, ha certificato: «Abbiamo la ragionevole certezza che quella sia la grotta della lupa». Entusiasta per «una delle più grandi scoperte mai fatte» il professor Andrea Carandini. Mentre l´ex soprintendente, Adriano La Regina, afferma: «Non c´è certezza. E poi la grotta dovrebbe trovarsi più a ovest, di fronte ai templi della Magna Mater e della Vittoria».
Il rito dei lupercali, in onore del dio Luperco, mezzo lupo e mezzo capro, prevedeva la corsa di giovani seminudi che, coperti solo con le pelli degli animali sacrificati, colpivano con strisce di pellame le donne del Palatino: per purificarle e per favorire la fecondità. Il centro della festa era proprio la grotta che, narra Dionigi da Alicarnasso, contemporaneo di Augusto, si trovava ai piedi del colle e vicino al Tevere. I motivi che spingono gli archeologi, guidati da Irene Iacopi, che ha lavorato ai sondaggi con l´ingegner Giorgio Croci, ad essere convinti della bontà dell´identificazione, sono di ordine geografico e "politico". Manca è vero la prova di un simbolo: non ci sono lupi, ma un´aquila. Ma corrisponde il luogo, tra il circo Massimo e i piedi del Palatino, tra i resti del tempio di Apollo e la chiesa di Santa Anastasia, con la sua natura geologica di terra argillosa. E poi c´è la vicinanza con il palazzo di Augusto che, nella principesca dimora, aveva voluto inglobare un altro luogo fortemente simbolico: la mitica capanna di Romolo.
Saranno solo gli scavi a confermare l´ipotesi "grotta di Romolo e Remo" e a rintracciare i possibili collegamenti con la casa di Augusto che, finiti i restauri, sta per essere aperta al pubblico. «Le visite partiranno all´inizio del 2008» ha dichiarato il ministro Rutelli, annunciando i «12 milioni di euro che serviranno a salvare il Palatino». Per Walter Veltroni, sindaco di Roma e leader del Pd la cui sede si trova a un passo dal ritrovamento, «la scoperta del Lupercale è solo un tassello dell´articolato programma di restauri e ricerche che ministero e Comune portano avanti per far tornare alla luce gli straordinari tesori che costituiscono le radici della nostra storia».
CARLO ALBERTO BUCCI
MERCOLEDÌ, 21 NOVEMBRE 2007 LA REPUBBLICA
Il ninfeo
In quella grotta secondo la leggenda furono nutriti dalla lupa i figli di Rea Silvia
Una telecamera in una frattura nella collina permette di filmare il luogo di antichissimi riti
L´occhio elettronico è sceso nelle viscere del Palatino alla ricerca di un rimedio per le vestigia del palazzo di Augusto che minacciano di crollare sul colle dei magnifici edifici imperiali. Ma, a sette metri sotto terra, la sonda elettronica ha trovato un grande vuoto. E lì ha toccato forse il cuore della storia di Roma: la grotta dove, vuole la leggenda sulla fondazione della città, la lupa offrì le sue gonfie mammelle alle bocche affamate di Romolo e Remo; la "nursery" che Augusto abbellì solennemente per trasformare quell´antro oscuro a un passo dal Tevere in luogo fondativo dell´impero. Forse proprio attraverso la magnifica tessitura di mosaici, pietre pomici e valve di conchiglie, dominate da un´aquila bianca su fondo azzurro, che decorano la grande volta sepolta appena ritrovata: il "cielo" di un ninfeo che, tra nicchie e pareti curve, arriva a 16 metri di profondità.
Identificato l´anno scorso il punto dove si era quasi certi potesse trovarsi il lupercale - la grotta-santuario dove il 15 febbraio i romani si recavano per festeggiare il miracoloso allattamento dei gemelli - gli archeologi hanno atteso l´estate per infilare nel foro di 30 centimetri di diametro il laser scanner. E ieri hanno esibito le strepitose foto che il computer ha rielaborato - componendo le centinaia di scatti come in un collage tridimensionale - per mostrare ciò che nessun occhio umano ha, in tempi recenti, mai ammirato. «È incredibile pensare» ha detto ieri il ministro per i Beni culturali, Francesco Rutelli, annunciando la scoperta «che possa essere stato finalmente trovato un luogo mitologico che oggi è diventato finalmente reale». E il soprintendente archeologo, Angelo Bottini, ha certificato: «Abbiamo la ragionevole certezza che quella sia la grotta della lupa». Entusiasta per «una delle più grandi scoperte mai fatte» il professor Andrea Carandini. Mentre l´ex soprintendente, Adriano La Regina, afferma: «Non c´è certezza. E poi la grotta dovrebbe trovarsi più a ovest, di fronte ai templi della Magna Mater e della Vittoria».
Il rito dei lupercali, in onore del dio Luperco, mezzo lupo e mezzo capro, prevedeva la corsa di giovani seminudi che, coperti solo con le pelli degli animali sacrificati, colpivano con strisce di pellame le donne del Palatino: per purificarle e per favorire la fecondità. Il centro della festa era proprio la grotta che, narra Dionigi da Alicarnasso, contemporaneo di Augusto, si trovava ai piedi del colle e vicino al Tevere. I motivi che spingono gli archeologi, guidati da Irene Iacopi, che ha lavorato ai sondaggi con l´ingegner Giorgio Croci, ad essere convinti della bontà dell´identificazione, sono di ordine geografico e "politico". Manca è vero la prova di un simbolo: non ci sono lupi, ma un´aquila. Ma corrisponde il luogo, tra il circo Massimo e i piedi del Palatino, tra i resti del tempio di Apollo e la chiesa di Santa Anastasia, con la sua natura geologica di terra argillosa. E poi c´è la vicinanza con il palazzo di Augusto che, nella principesca dimora, aveva voluto inglobare un altro luogo fortemente simbolico: la mitica capanna di Romolo.
Saranno solo gli scavi a confermare l´ipotesi "grotta di Romolo e Remo" e a rintracciare i possibili collegamenti con la casa di Augusto che, finiti i restauri, sta per essere aperta al pubblico. «Le visite partiranno all´inizio del 2008» ha dichiarato il ministro Rutelli, annunciando i «12 milioni di euro che serviranno a salvare il Palatino». Per Walter Veltroni, sindaco di Roma e leader del Pd la cui sede si trova a un passo dal ritrovamento, «la scoperta del Lupercale è solo un tassello dell´articolato programma di restauri e ricerche che ministero e Comune portano avanti per far tornare alla luce gli straordinari tesori che costituiscono le radici della nostra storia».