PRATO. Rinasce l’antico tempio di Bacco
MERCOLEDÌ, 19 DICEMBRE 2007 il tirreno - Prato
Affidati al Centro restauro Piacenti i preziosi reperti di Capannori
Le travi romane sono immerse in grandi vasche piene di acqua sterile per ripulirle dalle scorie
Il ritrovamento dei resti di un tempio ligneo dedicato al dio Dioniso (o Bacco) durante gli scavi per la costruzione del nuovo casello autostradale di Capannori, avvenuto nel maggio 2006, viene considerata una scoperta di eccezionale importanza. Si tratta infatti dell’unico edificio in legno di epoca romana che è riuscito a sopravvivere per oltre duemiladuecento anni. E questo grazie alla coltre di limo fluviale che lo ha preservato dagli agenti esterni con una sorta di “effetto Pompei”. Più che immaginabile la cura e l’attenzione con la quale si sta provvedendo al trattamento conservativo delle travi in attesa di una futura esposizione nel museo che la società Autostrade Spa intende costruire proprio sotto il nuovo casello. Da alcuni mesi le dodici travi di quercia, lunghe tre metri e larghe 18 centimetri, sono custodite con religioso amore all’interno del laboratorio di restauro Piacenti di via Marradi.
«Si tratta di un lavoro molto delicato - spiega Gianmarco Piacenti - perché le travi, sopravvissute per tutte questi secoli, sono imbevute d’acqua. Il rischio che si incorre in questi casi è quello di asciugare il legno e vederselo frantumare. Per questo le travi sono al momento mantenute dentro delle vasche riempite con acqua sterile in modo da eliminare tutte le impurità, compresi i batteri, in attesa di arrivare al processo di consolidamento. Lo scopo finale è quello di sostituire l’acqua, che al momento funge per così dire da collante, con un’altra sostanza. Stiamo studiando insieme all’Università di Firenze quale sia la soluzione migliore da adottare. Anche perché - aggiunge Piacenti - vi sono altri esempi, come la nave vichinga di Oslo, che inducono alla prudenza. A distanza di una ventina di anni quel legno infatti si sta sgretolando». Il lavoro si prospetta molto lungo: sono previsti altri tre anni prima di poter pensare di riportare le travi sul luogo del loro ritrovamento. Oltretutto finora la società Autostrade ha finanziato il trattamento conservativo ma non quello di consolidamento. Ma che la società Autostrade crede fermamente in questa entusiasmante operazione di archeologia è fuor di dubbio visto il progetto del museo sotterraneo dedicato ai reperti romani dell’area del Frizzone.
Chi sogna ad occhi aperti aspettando il momento di ricomporre il puzzle romano è il direttore degli scavi del Frizzone, Michelangelo Zecchini, direttore del Dipartimento archeologia dell’Unesco. «E’ una scoperta che è unica al mondo - sottolinea Zecchini - e ci siamo arrivati un po’ per caso. Avevamo esaminato l’area del Frizzone dall’alto e ci appariva relativamente tranquilla. In genere i reperti romani non si trovano in profondità ma sotto un metro di superficie. E così è stato per le “cento fattorie”. Durante le trivellazioni compiute per accertare l’eventuale presenza di ordigni bellici, ad un paio di metri di profondità, abbiamo rinvenuto piccoli frammenti di ceramica. E’ stata quindi delimitata l’area, compiuti saggi in profondità ed abbiamo trovato un bellissimo pavimento. Poi è affiorata una vasca per la produzione del vino. Sono state quindi ampliate le ricerche scoprendo che ci trovavamo davanti ad un’area sacra enorme strutturata in più fasi cronologiche a partire dal 200 a.C. I legni del sacello, il tempietto di legno, che aveva una dimensione di tre metri per tre metri, si sono preservati grazie alle varie alluvioni provocate dall’odierno Serchio. Le acque hanno spazzato via il tetto ma hanno ricoperto col limo azzurrognolo la parte interrata. Insieme al legno abbiamo trovato coleotteri e mosche, vegetali, che oggi sono oggetto di studio».
Sempre nella stessa area, insieme alle travi rinvenute anche anfore, bicchieri, boccali, coppe e una terracotta raffigurante Dioniso con la cetra usata come decorazione esterna. «La presenza di un tempietto in pietra, ricostruito 25 anni anni dopo - spiega Zecchini - rappresenta un’ulteriore testimonianza che si trattava di un’area sacra. Lì abbiamo trovato anche quattro scheletri di neonati e i resti ossei di un cane». Tutti reperti che verranno messi in mostra, insieme al tempio ligneo ora affidato alle cure del Centro di restauro Piacenti, nella futura grande teca sotterranea, in modo da offrire un’inedita e preziosa lezione sull’architettura religiosa romana.
Giovanni Ciattini
MERCOLEDÌ, 19 DICEMBRE 2007 il tirreno - Prato
Affidati al Centro restauro Piacenti i preziosi reperti di Capannori
Le travi romane sono immerse in grandi vasche piene di acqua sterile per ripulirle dalle scorie
Il ritrovamento dei resti di un tempio ligneo dedicato al dio Dioniso (o Bacco) durante gli scavi per la costruzione del nuovo casello autostradale di Capannori, avvenuto nel maggio 2006, viene considerata una scoperta di eccezionale importanza. Si tratta infatti dell’unico edificio in legno di epoca romana che è riuscito a sopravvivere per oltre duemiladuecento anni. E questo grazie alla coltre di limo fluviale che lo ha preservato dagli agenti esterni con una sorta di “effetto Pompei”. Più che immaginabile la cura e l’attenzione con la quale si sta provvedendo al trattamento conservativo delle travi in attesa di una futura esposizione nel museo che la società Autostrade Spa intende costruire proprio sotto il nuovo casello. Da alcuni mesi le dodici travi di quercia, lunghe tre metri e larghe 18 centimetri, sono custodite con religioso amore all’interno del laboratorio di restauro Piacenti di via Marradi.
«Si tratta di un lavoro molto delicato - spiega Gianmarco Piacenti - perché le travi, sopravvissute per tutte questi secoli, sono imbevute d’acqua. Il rischio che si incorre in questi casi è quello di asciugare il legno e vederselo frantumare. Per questo le travi sono al momento mantenute dentro delle vasche riempite con acqua sterile in modo da eliminare tutte le impurità, compresi i batteri, in attesa di arrivare al processo di consolidamento. Lo scopo finale è quello di sostituire l’acqua, che al momento funge per così dire da collante, con un’altra sostanza. Stiamo studiando insieme all’Università di Firenze quale sia la soluzione migliore da adottare. Anche perché - aggiunge Piacenti - vi sono altri esempi, come la nave vichinga di Oslo, che inducono alla prudenza. A distanza di una ventina di anni quel legno infatti si sta sgretolando». Il lavoro si prospetta molto lungo: sono previsti altri tre anni prima di poter pensare di riportare le travi sul luogo del loro ritrovamento. Oltretutto finora la società Autostrade ha finanziato il trattamento conservativo ma non quello di consolidamento. Ma che la società Autostrade crede fermamente in questa entusiasmante operazione di archeologia è fuor di dubbio visto il progetto del museo sotterraneo dedicato ai reperti romani dell’area del Frizzone.
Chi sogna ad occhi aperti aspettando il momento di ricomporre il puzzle romano è il direttore degli scavi del Frizzone, Michelangelo Zecchini, direttore del Dipartimento archeologia dell’Unesco. «E’ una scoperta che è unica al mondo - sottolinea Zecchini - e ci siamo arrivati un po’ per caso. Avevamo esaminato l’area del Frizzone dall’alto e ci appariva relativamente tranquilla. In genere i reperti romani non si trovano in profondità ma sotto un metro di superficie. E così è stato per le “cento fattorie”. Durante le trivellazioni compiute per accertare l’eventuale presenza di ordigni bellici, ad un paio di metri di profondità, abbiamo rinvenuto piccoli frammenti di ceramica. E’ stata quindi delimitata l’area, compiuti saggi in profondità ed abbiamo trovato un bellissimo pavimento. Poi è affiorata una vasca per la produzione del vino. Sono state quindi ampliate le ricerche scoprendo che ci trovavamo davanti ad un’area sacra enorme strutturata in più fasi cronologiche a partire dal 200 a.C. I legni del sacello, il tempietto di legno, che aveva una dimensione di tre metri per tre metri, si sono preservati grazie alle varie alluvioni provocate dall’odierno Serchio. Le acque hanno spazzato via il tetto ma hanno ricoperto col limo azzurrognolo la parte interrata. Insieme al legno abbiamo trovato coleotteri e mosche, vegetali, che oggi sono oggetto di studio».
Sempre nella stessa area, insieme alle travi rinvenute anche anfore, bicchieri, boccali, coppe e una terracotta raffigurante Dioniso con la cetra usata come decorazione esterna. «La presenza di un tempietto in pietra, ricostruito 25 anni anni dopo - spiega Zecchini - rappresenta un’ulteriore testimonianza che si trattava di un’area sacra. Lì abbiamo trovato anche quattro scheletri di neonati e i resti ossei di un cane». Tutti reperti che verranno messi in mostra, insieme al tempio ligneo ora affidato alle cure del Centro di restauro Piacenti, nella futura grande teca sotterranea, in modo da offrire un’inedita e preziosa lezione sull’architettura religiosa romana.
Giovanni Ciattini