La Repubblica 12.10.09
Alle Scuderie del Quirinale "Roma. La pittura di un impero"
Tutti i colori del nostro mondo antico
di Giuseppe M. Della Fina
«Ciò che sopravvive dall´antichità sopravvive per lo più grazie a un caso, sovente un caso capriccioso» così osserva Andrew Wallace-Hadrill nel saggio di apertura del catalogo che accompagna la mostra Roma. La pittura di un impero allestita a Roma negli spazi delle Scuderie del Quirinale (sino al 17 gennaio 2010).
L´osservazione è particolarmente vera proprio per la pittura: si pensi, ad esempio, a quello che ha significato la scoperta di Pompei e Ercolano: senza le loro testimonianze avremmo potuto solo immaginare e con molta difficoltà il ruolo svolto dalla pittura parietale nelle decorazioni delle domus romane.
I curatori dell´esposizione, coordinati da Eugenio La Rocca, hanno voluto offrire un´antologia della pittura romana che si è conservata e mostrarne le potenzialità: la possibilità, da un lato, di parlarci - in una qualche maniera - della pittura scomparsa e delle sue scelte; dall´altra di suggerirci la presenza di un legame stretto e misterioso tra la produzione romana - o se si vuole greco-romana - e quella moderna e contemporanea. Un filo che affiora nel confrontare singole opere, o andando a rileggere le considerazioni critiche di alcuni artisti e talvolta le loro confessioni.
I curatori avevano anche un altro obiettivo consistente nell´offrire un contributo visivo al superamento di un´immagine dell´Antico legata al colore bianco dei marmi, mentre osserva La Rocca: «tutto nel mondo antico era colorato». Uno scopo raggiunto: percorrendo la mostra, con le sue cento opere, si è attratti dai colori prima che dalle forme dell´Antico. Si osservano con curiosità le soluzioni cromatiche, prima di cercare di comprendere la scena raffigurata o l´inquadramento cronologico.
Aspetti ovviamente importanti e ben analizzati lungo il percorso espositivo, ma che interessano subito dopo. L´allestimento, curato da Luca Ronconi e Margherita Palli, l´attenzione prestata all´illuminazione di ogni singola opera più che all´insieme delle sale favorisce un simile approccio: volti, uomini e donne, architetture più o meno reali, alberi, fiori, uccelli, pesci, barche, oggetti comuni balzano agli occhi e rivivono per un breve intervallo di tempo: un piccolo miracolo che si verifica ogni volta sappiate vederlo.
Ciò non significa che l´esposizione punti sullo spettacolare, anzi tutto è molto discreto e per questo l´Antico riesce a mostrarsi, a parlare, a farsi capire. Cosa ci comunica? Dice che la pittura romana non era un fenomeno unitario e non avrebbe potuto essere altrimenti avendo attraversato diversi secoli - in mostra abbiamo opere che vanno dal II secolo a.C. al IV d.C. - e interessato gran parte dell´area mediterranea e dell´Europa. Informa che le testimonianze delle città vesuviane sono importantissime, ma non in grado d´illustrare a pieno lo sviluppo della pittura nel mondo romano se non altro per la loro distruzione dovuta all´eruzione del 79 d.C. e la conseguente impossibilità di fornire informazioni sugli sviluppi successivi.
Trasmette il messaggio di un suo collegamento stretto, ma non di una dipendenza acritica dalla raffinatissima esperienza pittorica greca e della capacità di divenire, a sua volta, un modello di riferimento per le realizzazioni successive. Suggerisce la presenza di una tensione tra un´arte colta, legata a Roma come centro del potere e alle sue classi dirigenti, e una più popolare.
Alle Scuderie del Quirinale "Roma. La pittura di un impero"
Tutti i colori del nostro mondo antico
di Giuseppe M. Della Fina
«Ciò che sopravvive dall´antichità sopravvive per lo più grazie a un caso, sovente un caso capriccioso» così osserva Andrew Wallace-Hadrill nel saggio di apertura del catalogo che accompagna la mostra Roma. La pittura di un impero allestita a Roma negli spazi delle Scuderie del Quirinale (sino al 17 gennaio 2010).
L´osservazione è particolarmente vera proprio per la pittura: si pensi, ad esempio, a quello che ha significato la scoperta di Pompei e Ercolano: senza le loro testimonianze avremmo potuto solo immaginare e con molta difficoltà il ruolo svolto dalla pittura parietale nelle decorazioni delle domus romane.
I curatori dell´esposizione, coordinati da Eugenio La Rocca, hanno voluto offrire un´antologia della pittura romana che si è conservata e mostrarne le potenzialità: la possibilità, da un lato, di parlarci - in una qualche maniera - della pittura scomparsa e delle sue scelte; dall´altra di suggerirci la presenza di un legame stretto e misterioso tra la produzione romana - o se si vuole greco-romana - e quella moderna e contemporanea. Un filo che affiora nel confrontare singole opere, o andando a rileggere le considerazioni critiche di alcuni artisti e talvolta le loro confessioni.
I curatori avevano anche un altro obiettivo consistente nell´offrire un contributo visivo al superamento di un´immagine dell´Antico legata al colore bianco dei marmi, mentre osserva La Rocca: «tutto nel mondo antico era colorato». Uno scopo raggiunto: percorrendo la mostra, con le sue cento opere, si è attratti dai colori prima che dalle forme dell´Antico. Si osservano con curiosità le soluzioni cromatiche, prima di cercare di comprendere la scena raffigurata o l´inquadramento cronologico.
Aspetti ovviamente importanti e ben analizzati lungo il percorso espositivo, ma che interessano subito dopo. L´allestimento, curato da Luca Ronconi e Margherita Palli, l´attenzione prestata all´illuminazione di ogni singola opera più che all´insieme delle sale favorisce un simile approccio: volti, uomini e donne, architetture più o meno reali, alberi, fiori, uccelli, pesci, barche, oggetti comuni balzano agli occhi e rivivono per un breve intervallo di tempo: un piccolo miracolo che si verifica ogni volta sappiate vederlo.
Ciò non significa che l´esposizione punti sullo spettacolare, anzi tutto è molto discreto e per questo l´Antico riesce a mostrarsi, a parlare, a farsi capire. Cosa ci comunica? Dice che la pittura romana non era un fenomeno unitario e non avrebbe potuto essere altrimenti avendo attraversato diversi secoli - in mostra abbiamo opere che vanno dal II secolo a.C. al IV d.C. - e interessato gran parte dell´area mediterranea e dell´Europa. Informa che le testimonianze delle città vesuviane sono importantissime, ma non in grado d´illustrare a pieno lo sviluppo della pittura nel mondo romano se non altro per la loro distruzione dovuta all´eruzione del 79 d.C. e la conseguente impossibilità di fornire informazioni sugli sviluppi successivi.
Trasmette il messaggio di un suo collegamento stretto, ma non di una dipendenza acritica dalla raffinatissima esperienza pittorica greca e della capacità di divenire, a sua volta, un modello di riferimento per le realizzazioni successive. Suggerisce la presenza di una tensione tra un´arte colta, legata a Roma come centro del potere e alle sue classi dirigenti, e una più popolare.