Le tecniche divinatorie
Gli antichi riconoscevano agli
Etruschi una competenza superiore in campo religioso, consapevoli che nella
società etrusca il sacro occupava un posto centrale. Lo storico latino Livio
ricorda che gli Etruschi si dedicavano a pratiche religiose più di ogni altro
popolo ed eccellevano nell'arte di coltivarle. Infatti, per gli Etruschi il
mondo era disseminato di segni mandati dagli dei, per cui misero a punto una
scienza che permettesse di individuare tali segni e di capirli. Essi
svilupparono raffinate tecniche divinatorie, che ebbero poi molta fortuna a
Roma fino alla tarda antichità: interpretazione dei fulmini, del volo degli
uccelli e dei prodigi, esame delle viscere delle vittime sacrificali. La
concezione etrusca di una presenza diffusa della divinità nel mondo e del
continuo sforzo per conoscerne la volontà è illustrata bene da un passo di
Seneca: «Questa è la differenza tra noi e gli Etruschi: noi crediamo che i
fulmini siano provocati dallo scontro tra le nubi; essi che le nubi si
scontrino per provocare i fulmini. Poiché rapportano tutto alla divinità, sono
convinti che le cose non hanno un significato in quanto accadono, ma che
accadono per portare un significato»(Questioni naturali, II,32,2).
Tra le varie arti divinatorie,
si ricordavano come peculiari degli Etruschi l'esame dei fulmini e delle
viscere. Per quanto riguarda i fulmini, tutti i precetti per interpretarli
erano stati raccolti in appositi libri (Libri fulgurales), frammenti dei
quali sono riportati da scrittori latini. I fulmini erano accuratamente
classificati distinguendo il punto di impatto, il luogo toccato, gli effetti
provocati; importantissimo era individuare la parte del cielo da cui
provenivano e la direzione, per potere identificare quale dio mandava il segno.
Infatti, gli Etruschi avevano idealmente diviso il cielo in settori occupati
dalle varie divinità: a seconda della provenienza del fulmine si poteva
comprendere quale era la divinità autrice e se si trattava di un segno
favorevole o sfavorevole.
L'altra tecnica, l'extipicina,
prevedeva l'esame del fegato delle vittime sacrificali, per trarne auspici sul
futuro. Anche in questo caso tutte le informazioni erano state raccolte in
appositi libri, i Libri aruspicini, di cui però non ci è rimasto niente.
Ma dal modellino bronzeo di fegato ovino trovato presso Piacenza, sappiamo che
anche in questo caso gli Etruschi avevano idealmente diviso l'organo in tante
caselle, ognuna assegnata ad una divinità. Molto importante era l'esame
dell'escrescenze anatomiche: il così detto lobus piramidalis, la cui
assenza era un presagio terribile, e la vescica biliare, dedicata a Nettuno.
Dall'esame di questa vescica si traevano presagi su eventi collegati alle
acque, come avvenne per la battaglia navale di Azio tra Antonio e Ottaviano nel
31 a.C.