La nave da guerra romana era la quinquereme, una galea lunga circa 40 metri e larga da 6 a 7.
I rematori erano disposti su tre ordini, due per remo nei due superiori e uno per remo in quello inferiore. L’equipaggio era composto da 300 marinai (270 dei quali ai remi) e da 120 fanti di marina, con una ventina di ufficiali e sottoufficiali.
I Romani combattevano in mare come sulla terraferma grazie ai “corvi“, delle passerelle lunghe circa 8 metri, imperniate a prua delle navi. Calato sul ponte di una nave nemica, il corvo la tratteneva saldamente permettendo ai soldati di abbordarla e di sfruttare la loro superiorità all’arma bianca.
Le navi da battaglia erano dotate di uno sperone di bronzo a triplice punta (rostro) che sporgeva sott’acqua, con il quale sfondavano, speronandole, le carene delle navi nemiche; erano provviste di catapulte, baliste e altre macchine per lanciare proiettili, oltre che di torri di legno dalle quali bersagliare di frecce il nemico. Come tutte le navi dell’antichità anche quelle romane portavano dipinti a prua due grandi occhi che dovevano proteggere dagli spiriti maligni.
Dal I secolo a.C. i Romani costruirono navi da guerra di ogni dimensione, con sei e anche con dieci ordini di remi (hexeres e deceris), oltre a leggere e veloci triremi (liburnae). Le basi navali più importanti erano a Miseno, presso Napoli, e a Ravenna sull’Adriatico.