QUEI MUSEI DELLE CITTÀ CHE IN ITALIA MANCANO
ANDREA CARANDINI
la Repubblica 09/06/2008
Il Bel Paese è sciupato, ma i centri urbani sono salvi e per fortuna anche tratti di campagna, per cui abbiamo la storia recente davanti a noi. Si tratta, in realtà, di un´illusione, ché i paesaggi si trasformano e vanno interpretati, ma il risultato cumulativo permane ed è leggibile. Gli studi sulle nostre città dal tardo Medioevo dovrebbero essere più precisi nello spazio e nel tempo, e soprattutto essere mostrati. Tendiamo a pensare che le cose si spiegano da sole; in Europa la pensano diversamente e per questo hanno i musei delle città. Le metropoli sono labirinti difficilmente penetrabili: questo Oltralpe si sa; ma noi, sempre i più bravi, di spiegazioni facciamo a meno.
Ma l´Italia di epoca romana e dell´alto Medioevo sono finiti sotto terra, né li abbiamo davanti agli occhi se non a sprazzi. Il sommerso, prima di essere tutelato, deve essere individuato, altrimenti l´aratro prosegue nell´erosione. Le informazioni sui paesaggi invisibili si trovano tra i solchi dei campi, indagabili solamente da gruppi di giovani; per questo un grande giacimento di conoscenze si trova nei computer delle università italiane, sconosciuto al ministero per i Beni culturali, e si trovano anche negli archivi delle soprintendenze, irraggiungibili dagli stessi funzionari, condannati a scavare tra le carte. Di questo problema si è occupata una commissione paritetica istituita dal passato governo che ha portato a norme circa i "sistemi informativi archeologici", già comunicate alle soprintendenze, ma il lavoro dovrebbe proseguire. Questi uffici hanno bisogno urgente di nuove leve, ma anche della digitalizzazione degli archivi e di nuovi dati sul territorio, per cui andrebbero intensificate le collaborazioni con le università: dove si conoscono dieci insediamenti ce ne sono cento.
Perfino Roma non è ricostruibile dai colossi che emergono, perché le rovine sono per lo più di età imperiale - per cui restano nel buio secoli di storia regia, repubblicana, alto-medievale - e perché nonostante la magniloquenza dei monumenti si tratta di apparizioni scucite, che invocano una costellazione di indizi per essere capite. Ciò spiega perché tra il tardo Medioevo e gli inizi dell´800 si integravano le lacune fra i grandi monumenti in maniera fantastica... Solo le ricerche topografiche e gli scavi dalla seconda metà dell´800 hanno portato alla Forma Urbis di Lanciani, glorioso monumento scientifico, ormai superato e comunque mai tradotto in racconto per comuni mortali, a cui in una democrazia bisognerebbe pensare. Comunicare: una colpa? Salvo i musei della Cripta di Balbo, dei Mercati di Traiano e della Civiltà romana, abbiamo a Roma collezioni di oggetti mobili, per lo più sculture (manca un museo della vita quotidiana). Queste raccolte sono di grande importanza per intendere la cultura figurativa antica, ma Vaticani, Capitolini e Museo Nazionale non mostrano l´oggetto principale: Roma e il suburbio. Se quindi un museo della città è importante per i paesaggi urbani tardo-medievali e moderni, per quelli proto-storici, antichi ed alto-medievali si rivela indispensabile.
Nel caso di Roma sarebbe affascinante trasformare il Circo Massimo in un edificio in parte esposto e in parte reso ameno, e anche utilizzare l´edificio in fondo al Circo - come era intenzione della passata amministrazione - per accogliere il museo dell´impero, togliendolo all´isolamento dell´Eur e aggiornandolo, il museo della città interamente da attuare e possibilmente anche il museo della vita quotidiana. L´assessore della nuova amministrazione, Umberto Croppi, si è mostrato in una dichiarazione favorevole ad un museo della città e non va intimidito. Ogni colle di Roma merita un racconto per periodi, illustrato da frammenti architettonici, da reperti di scavo, da documentazione iconografica e scritta pertinente. Non è questione di depredare altri musei; qui al centro dell´attenzione è ciò che in quelli viene ignorato: i contesti, le architetture... Hegel pose l´architettura in coda alle altre arti, ma alla coscienza nostra essa appare invece arte fondamentale, perché le altre ricomprende ed accoglie (nelle Facoltà di Lettere la storia dell´architettura viene ignorata!). Interessano le grandi architetture ma anche le costruzioni tutte, considerate nel tessuto continuo e cangiante dell´abitato. Inoltre gli edifici andrebbero spiegati non solo in planimetria ma in ricostruzioni tridimensionali, grazie alla multimedialità (si veda la sperimentazione riuscita sotto Palazzo Valentini).
Sostenere che «basta Roma a raccontare se stessa»(Salvatore Settis, Il Sole 24 Ore, 25 maggio) significa non aver interrogato i turisti al Foro (come mi capita di fare mentre scavo), assetati di informazioni che mai trovano (mancano didascalie anche ai principali monumenti). Roma è ricchissima, complicatissima e neppure un archeologo che non sia specialista in materia arriva a intenderla anche per grandi linee, figuriamoci gli altri. Che un museo di introduzione alla conoscenza della città possa mortificare Roma o sia foglia di fico per coprire scempi edilizi non pare credibile (cercherò di informare e convincere Settis). Un buon servizio è sempre vanto per la città e gli scempi del territorio rimangono inespiabili. Musei della città vanno sorgendo in Italia: a Brescia, dove è trasparente il passaggio dalla città romana al comune medievale e tra i due un terra nera di coltivazione; a Ravenna-Classe, dove si potrebbe raccontare la capitale imperiale tardo-antica. Museificare implica sempre "confinare" la grandiosa totalità del reale. Che altro strumento abbiamo?
ANDREA CARANDINI
la Repubblica 09/06/2008
Il Bel Paese è sciupato, ma i centri urbani sono salvi e per fortuna anche tratti di campagna, per cui abbiamo la storia recente davanti a noi. Si tratta, in realtà, di un´illusione, ché i paesaggi si trasformano e vanno interpretati, ma il risultato cumulativo permane ed è leggibile. Gli studi sulle nostre città dal tardo Medioevo dovrebbero essere più precisi nello spazio e nel tempo, e soprattutto essere mostrati. Tendiamo a pensare che le cose si spiegano da sole; in Europa la pensano diversamente e per questo hanno i musei delle città. Le metropoli sono labirinti difficilmente penetrabili: questo Oltralpe si sa; ma noi, sempre i più bravi, di spiegazioni facciamo a meno.
Ma l´Italia di epoca romana e dell´alto Medioevo sono finiti sotto terra, né li abbiamo davanti agli occhi se non a sprazzi. Il sommerso, prima di essere tutelato, deve essere individuato, altrimenti l´aratro prosegue nell´erosione. Le informazioni sui paesaggi invisibili si trovano tra i solchi dei campi, indagabili solamente da gruppi di giovani; per questo un grande giacimento di conoscenze si trova nei computer delle università italiane, sconosciuto al ministero per i Beni culturali, e si trovano anche negli archivi delle soprintendenze, irraggiungibili dagli stessi funzionari, condannati a scavare tra le carte. Di questo problema si è occupata una commissione paritetica istituita dal passato governo che ha portato a norme circa i "sistemi informativi archeologici", già comunicate alle soprintendenze, ma il lavoro dovrebbe proseguire. Questi uffici hanno bisogno urgente di nuove leve, ma anche della digitalizzazione degli archivi e di nuovi dati sul territorio, per cui andrebbero intensificate le collaborazioni con le università: dove si conoscono dieci insediamenti ce ne sono cento.
Perfino Roma non è ricostruibile dai colossi che emergono, perché le rovine sono per lo più di età imperiale - per cui restano nel buio secoli di storia regia, repubblicana, alto-medievale - e perché nonostante la magniloquenza dei monumenti si tratta di apparizioni scucite, che invocano una costellazione di indizi per essere capite. Ciò spiega perché tra il tardo Medioevo e gli inizi dell´800 si integravano le lacune fra i grandi monumenti in maniera fantastica... Solo le ricerche topografiche e gli scavi dalla seconda metà dell´800 hanno portato alla Forma Urbis di Lanciani, glorioso monumento scientifico, ormai superato e comunque mai tradotto in racconto per comuni mortali, a cui in una democrazia bisognerebbe pensare. Comunicare: una colpa? Salvo i musei della Cripta di Balbo, dei Mercati di Traiano e della Civiltà romana, abbiamo a Roma collezioni di oggetti mobili, per lo più sculture (manca un museo della vita quotidiana). Queste raccolte sono di grande importanza per intendere la cultura figurativa antica, ma Vaticani, Capitolini e Museo Nazionale non mostrano l´oggetto principale: Roma e il suburbio. Se quindi un museo della città è importante per i paesaggi urbani tardo-medievali e moderni, per quelli proto-storici, antichi ed alto-medievali si rivela indispensabile.
Nel caso di Roma sarebbe affascinante trasformare il Circo Massimo in un edificio in parte esposto e in parte reso ameno, e anche utilizzare l´edificio in fondo al Circo - come era intenzione della passata amministrazione - per accogliere il museo dell´impero, togliendolo all´isolamento dell´Eur e aggiornandolo, il museo della città interamente da attuare e possibilmente anche il museo della vita quotidiana. L´assessore della nuova amministrazione, Umberto Croppi, si è mostrato in una dichiarazione favorevole ad un museo della città e non va intimidito. Ogni colle di Roma merita un racconto per periodi, illustrato da frammenti architettonici, da reperti di scavo, da documentazione iconografica e scritta pertinente. Non è questione di depredare altri musei; qui al centro dell´attenzione è ciò che in quelli viene ignorato: i contesti, le architetture... Hegel pose l´architettura in coda alle altre arti, ma alla coscienza nostra essa appare invece arte fondamentale, perché le altre ricomprende ed accoglie (nelle Facoltà di Lettere la storia dell´architettura viene ignorata!). Interessano le grandi architetture ma anche le costruzioni tutte, considerate nel tessuto continuo e cangiante dell´abitato. Inoltre gli edifici andrebbero spiegati non solo in planimetria ma in ricostruzioni tridimensionali, grazie alla multimedialità (si veda la sperimentazione riuscita sotto Palazzo Valentini).
Sostenere che «basta Roma a raccontare se stessa»(Salvatore Settis, Il Sole 24 Ore, 25 maggio) significa non aver interrogato i turisti al Foro (come mi capita di fare mentre scavo), assetati di informazioni che mai trovano (mancano didascalie anche ai principali monumenti). Roma è ricchissima, complicatissima e neppure un archeologo che non sia specialista in materia arriva a intenderla anche per grandi linee, figuriamoci gli altri. Che un museo di introduzione alla conoscenza della città possa mortificare Roma o sia foglia di fico per coprire scempi edilizi non pare credibile (cercherò di informare e convincere Settis). Un buon servizio è sempre vanto per la città e gli scempi del territorio rimangono inespiabili. Musei della città vanno sorgendo in Italia: a Brescia, dove è trasparente il passaggio dalla città romana al comune medievale e tra i due un terra nera di coltivazione; a Ravenna-Classe, dove si potrebbe raccontare la capitale imperiale tardo-antica. Museificare implica sempre "confinare" la grandiosa totalità del reale. Che altro strumento abbiamo?